PREMESSA: mi piace scherzare e provocare; che non se la prenda nessuno; non vorrei ritrovarmi con il kayak sabotato alla prossima uscita!
Una Bianchi da strada e una Graziella pieghevole non sono una più faticosa dell'altra. La Bianchi, però, consente di raggiungere velocità maggiori con il medesimo sforzo della Graziella. Con la Bianchi non solo potrete andare piano quanto con la Graziella ma con minore dispendio di energie. Questa è una ovvietà, tuttavia per una trascurabile minoranza tra i milioni di canoisti nel mondo, ma anche tra i kayaker da mare, questa ovvietà non è traslabile alle pagaie.
Le pagaie non si distinguono tra più o meno faticose.
La fatica dipende esclusivamente dalla forza che il canoista imprime nel pagaiare.
Le pagaie si distinguono tra più e meno efficienti, ovvero tra pagaie che, imprimendo la stessa forza, creano più o meno vortici.
Tutto il resto sono solo "sensazioni" prive di fondamento.
Il fatto che un gruppetto non ben identificato di kayaker abbia avuto la “sensazione” di fare meno fatica con la pagaia groenlandese è poco significativo: hanno fatto meno fatica rispetto a quale pagaia e, soprattutto, a pagaie con quali misure? Non mi rispondano genericamente a una pagaia tradizionale, perché va considerata anche alla forma, la lunghezza e larghezza della pala, oltre alla lunghezza dell’asta. Inoltre, hanno sceso il fiume alternando i vari tipi di pagaie da un giorno all’altro o ciascuno solo la stessa pagaia? Nel caso le abbiano alternate, erano esclusivamente “pagaie equivalenti per resistenza in acqua”? Hanno mantenuto la stessa frequenza cardiaca durante le prove? Altrimenti di cosa stiano parlando? Di sensazioni, appunto. È ovvio che se una persona alta circa 1,70 m, non molto allenata, oltre la mezza età, utilizzasse al posto della sua pagaia groenlandese una tradizionale 220 x 19 (ovvero una delle misure più vendute), arriverebbe più stando al termine di una lunga pagaiata. Non perché è meglio la pagaia groenlandese, ma perché quella tradizionale era della misura sbagliata. Se avesse scelto una misura corretta, la fatica sarebbe stata la medesima ma avrebbe mantenuto una velocità media di poco superiore oppure avrebbe impiegato lo stesso tempo ma sarebbe arrivato un pochino meno stanco (ritmi blandi assottigliano le differenze tra pagaie come tra scafi).
Al di là dell’esperienza individuale, istituti di ricerca indagano sulle forme delle pagaie e degli scafi per trovare quelli più performanti nelle varie andature e situazioni, come il Versuchsanstalt für Wasserbau und Schiffbau o l’Institut für Forschung und Entwicklung von Sportgeräten, giusto per citarne due tra i più famosi. Sinceramente mi sembrano più credibili i loro studi delle sensazioni del gruppetto di amici amatoriali con cui scorrazzo per mari in allegria, bivaccando di qua e di là.
Il discorso è, invece, diverso se consideriamo il rischio d’infiammazioni a livello di tendini in soggetti scarsamente allenati, predisposti a tali problemi o anziani, derivante dall’uso delle diverse tipologie di pagaie. Le pagaie groenlandesi riducono tale rischio, ma un’attenta scelta della pagaia in termini di forme, misure e rigidità dei materiali tra quelle tradizionali o tra quelle wing comunque lo minimizza.
Il progresso scientifico e tecnologico ha portato a continue innovazioni (nel bene e nel male, con conseguenze positive e negative), tuttavia in molti ambiti ci sono gruppi che negano l’evidenza.
Nessuno nega che se mi cadesse un sasso di mano, questo potrebbe colpirmi l'allucione. Infatti tutti vi prestiamo la dovuta attenzione, in pace alla buon anima di Galileo Galilei.
Alcuni negazionisti, invece, negano la sfericità della Terra, procurando rivoltolamenti nella bara al povero Ferdinando Magellano.
Poi ci sono i rettiliani...
E, infine, i peggiori: i winghiani. Questi, addirittura, si ostinano a pagaiare per lunghissime distanze (attraversate oceaniche, circumnavigazioni di continenti) e a ritmi blandi (in altre parole in percorsi ideali all’uso di pagaie groenlandesi) con lo scempio tecnologico delle pagaie wing!
Per poi non dire degli agonisti, tutti winghiani, e non solo i campioni ma anche i più scarsi, non solo su acqua piatta ma anche lungo fiumi vorticosi o in mari agitati, non solo su brevi distanze ma anche lunghe e lunghissime, non solo in kayak ma anche in surf sky! Una follia generale! Eppure, non c’è alcun regolamento che vieti l’uso delle pagaie groenlandesi, ma nessuno le usa. E pensare che potrebbero tagliare il traguardo meno affaticati, utilizzando una pagaia groenlandese!
A questo punto mi sorge un grave dubbio. Sono più credibili Erik Boomer, Paul Caffyn, Freya Hoffmeister o Aleksander Doba (che da 70enne ha compiuto attraversate da 10.000 km a botta, pagaiando a una lentezza esasperante, anche per i 700 kg che doveva “trascinare”) o il gruppetto di amici con cui scorrazzo per mari in allegria? Perché questi personaggi preferiscono le wing in mare su distanze così lunghe, nonostante le loro blande andature? Proprio non si spiega.
Se Josefa Idem (ho scelto apposta una persona che non si allena più da anni ma che ha sviluppato esperienza e sensibilità straordinarie nel nostro campo: a occhi bendati saprebbe riconoscere una differenza di solo 5 mm nella larghezza delle pale o una modifica irrilevante nella forma) facesse un test su un bacino con fondale maggiore di 3 m, senza vento, senza corrente, sempre con il medesimo kayak, sempre nelle stesse condizioni fisiche, sempre a una andatura di lunga distanza, mantenendo sempre la stessa frequenza cardiaca, ecc. con pagaie di diversa tipologia (dopo averle provate e riprovate per "sentirsele sue", poiché non credo abbia molta esperienza di pagaie tradizionali e groenlandesi), al termine delle prove le sue considerazioni per me sarebbero certezze, al di là che le conclusioni già si sanno e che mi fidi della mia capacità di valutazione, con quasi 60.000 km di canoa alle spalle su acque di ogni tipo. Potrei fare anche altri nomi alternativi a Josefa, che non provengono dall'agonismo.
Quale delle pagaie in foto è una pagaia groenlandese? Giusto per capire di cosa stiamo parlando.
Alcune sono molto diverse dalle altre, ad esempio la n° 7 si avvicina alle nostre tradizionali ungheresi, eppure anche questa è una Inuit! Stesso discorso vale per gli scafi (la foto allegata è soggetta a copyright; l'uso mi è stato gentilmente concesso dall'autore Harvey Golden).
Povero Ken Taylor, se si fosse immaginato come alcuni canoisti si sarebbero fissati su certi aspetti dei kayak e delle pagaie Inuit, forse avrebbe scelto un altro argomento per la sua tesi universitaria!
Un kayaker marino tra quelli da me più stimati (e non perché usi pagaie wing, nonostante non sia mai stato un atleta, abbia passato da tempo la mezza età e in canoa prediliga i ritmi blandi e contemplativi) mi ha fatto alcune considerazioni, che credo non siano poi così campate per aria: al di là di una scelta di puro piacere tra una stile e un altro, e ben vengano tali scelte, tuttavia molti kayaker da mare scelgono per convinzione, non per il piacere di avere tra le mani un bell’oggetto in legno ricco di storia (e alcuni non disdegnano il carbonio). Questi kayaker si radunano con persone che utilizzano kayak e pagaie analoghi; frequentano scuole e corsi specifici; si sentono partecipi di una comunità che valorizza alcune tradizioni; tendono ad assimilare una visione prevalente e a cui sono educati i nuovi kayaker; mentre i leader sono autoreferenziali, per preservare la visione comune e alimentare le loro attività che da essa derivano.