La questione dei divieti di navigabilità sui fiumi in Umbria mi coinvolge particolarmente come appassionato canoista oltre che come referente nazionale della UISP Area Acquaviva e, non ultimo, come ex socio di Legambiente.
In Umbria, unica regione d'Italia, vige dal 1998 il divieto di navigazione in canoa e rafting sui fiumi a salmonidi dal 1 novembre al 28 febbraio, prorogata al 31 marzo dalla L.R. 15/08. Grazie a questo divieto lo storico raduno sul che il C,.C. Norcia organizzava sul Corno non si è più svolto.
Per capire meglio la situazione venutasi a creare in Umbria è interessante approfondire alcuni passaggi della stessa Legge 15/08 che all’ art. 14, sancisce “….la partecipazione alla gestione della fauna ittica e del suo ambiente delle associazioni dei pescatori sportivi e delle associazioni ambientaliste e naturalistiche riconosciute a livello nazionale e presenti in forma organizzata sul territorio della regione”. Alle stesse riconosce il diritto a svolgere “… attività di vigilanza, a collaborare con le provincie …alla difesa ed al recupero ambientale dei corpi idrici e a partecipare alla gestione sociale delle acque”. Viene inoltre stabilito che, alle medesime associazioni, “….. possono essere concessi contributi per la realizzazione di progetti di gestione del patrimonio ittico e degli ecosistemi acquatici”.
Un normativa “sartoriale”, cucita su misura delle esigenze di una particolare categoria di stakeholder/ pescatori sportivi che alla stessa subordina e limita l’esercizio degli sport fluviali arrivando al punto di vietare i rilasci d’acqua per uso sportivo, anche quelli occasionali.
Il legislatore sembrerebbe animato da un vero e proprio accanimento contro gli sport fluviali percepiti come categoria da avversare.
In ossequio a queste agevolazioni Legambiente Umbria, oltre a svolgere la benemerita l’attività istituzionale di tutela e valorizzazione della natura che tutti conosciamo, tramite il settore Gestione Ecosistemi Fluviali gestisce l’Area No Kill di Borgo Cerreto, svolgendo un servizio di vigilanza ambientale (non solo ittica) coordinato con il corpo di Polizia Provinciale. Un unico soggetto si trova così a svolgere le funzioni di controllore che, oltre a controllare sé stesso controlla gli altri a tutela della propria esclusività, peraltro titolato a comminare pesanti sanzioni ai contravventori.
Le posizioni di Legambiente Umbria appaiono rappresentative della particolare categoria di stakeholder o portatori di interessi costituti dalle frange estreme di pescatori alla mosca (riconducibili a sigle quali SIM e PIPAM) che, millantando la pesca No KILL come forma suprema di tutela del fiume ne rivendicano la fruizione esclusiva. In realtà la loro unica preoccupazione è la tutela della fauna ittica, ovvero delle prede, l’attenzione alla tutela degli ambienti fluviali ( o meglio, alla “Gestione degli Ecosistemi Fluviali”) è quindi puramente strumentale e finalizzato alla predazione.
I pescatori alla mosca / gestori delle Aree No Kill da tempo vanno conducendo una vera e propria azione di lobbie che in Umbria attraverso le strutture regionali di Legambiente è riuscita ad imporre una normativa che di fatto sancisce il loro esclusivo diritto alla fruizione del fiume. Mi corre l’obbligo di ricordare che nel 2006 c’è stato un tentativo di esportare tale “modus operandi” nel vicino Abruzzo, come può ben testimoniare l’amico Claudio Rufa, fermato con altri canoisti durante una discesa dell’Aventino da un personaggio qualificatosi come guardia ambientale, referente dei Legambiente Abruzzo / Gestione Ecosistemi Fluviali nonché titolare di un’area No Kill tutelata da apposita delibera comunale. Forte dell’autorità così conferitagli il personaggio pretendeva di comminare la sanzione di 300 € a ciascuno dei componenti il gruppo di discesa.
La stessa situazione si ripropone ora in Campania, sul Sele, dove una delibera ad hoc del comune di Contursi ha sancito l’ interdizione alle attività di “disturbo” all’Area No Kill recentemente istituita nello stesso tratto da tempo frequentato dalla ass. Campania Adventure di Antonello Pontecorvo.
Per anni sono stato socio di Legambiente, collaborando nella iniziative di tutela dei fiumi “Operazioni Fiumi” sull’Aniene e sul Tevere, conosco quindi il valore e il ruolo di questa importante associazione ambientalista.
La convinzione che in Umbria sia in atto da tempo un “deragliamento” rispetto ai fini istituzionali di tutela delle natura e dei fiumi mi spinse a presentare una richiesta di chiarimenti alla direzione nazionale di Legambiente arrivando ad un incontro con la precedente resp.le ragionale Vanessa Palucchi, senza tuttavia ottenere alcun riscontro.
In qualità di coordinatore della UISP Area Acquaviva ho partecipato negli anni a diversi incontri con Legambiente Umbria per cercare di dirimere le questioni ed arrivare ad un accordo che, almeno sull’applicazione dei regolamenti provinciali, attenuasse ragionevolmente i divieti sanciti legge regionale. A fronte di una significativa disponibilità al dialogo da parte di esponenti dei pescatori sportivi, da parte di Legambiente Umbria ho dovuto constatare un convinto irrigidimento delle proprie posizioni con proposte di regolamentazione che inasprivano ulteriormente le restrizioni alla navigazione sportiva considerata come fonte di devastazione degli ambienti bentonici da sedicenti studi scientifici sostanzialmente finalizzati al compiacimento del committente come da link
http://www.legambientenera.it/file%20pdf/Proposte_2008_%20legambiente.pdf Le conseguenze di questa accanimento ricadono ad es. sul CC Terni che per organizzare la Maratona sul Nera si vede costretto a presentare ogni volta una Valutazione d’Impatto Ambientale a firma di tecnico abilitato (!); lo stesso Mauro Pitotti presid. del CC Terni sollevò la questione sulle pagine di questo Forum
http://forum.ckfiumi.net/index.php?topic=1521.0.
Beninteso, anche Armando Mattioli, al pari dei gestori delle Aree No Kill è da considerarsi un portatore di interessi particolari, in quanto gestore di una compagnia commerciale di rafting, ma le questioni che solleva riguardano più in generale il diritto alla libera, condivisa e sostenibile fruizione del fiume e, più oltre, la democratica partecipazione ai processi decisori finalizzati alla gestione del bene comune rappresentato dai bacini fluviali, peraltro prevista dalle normativa comunitaria c.d. Direttiva Acque. 2000/60. Uno strumento applicativo di questa Direttiva è il Contratto di Fiume che prevede espressamente il coinvolgimento attivo e la partecipazione della fascia più ampia di soggetti nelle scelte per la gestione delle risorse idriche.
Il CdF è in sostanza un accordo tra le parti per adottare un sistema di regole condivise in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo prioritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale.
Quanto sopra è stato oggetto di approfondimento nel convegno tenutosi a Norcia nel novembre dello scorso anno dal significativo titolo “VERSO UN CONTRATTO DI FIUME PER LA TUTELA E VALORIZZAZIONE AMBIENTALE DELLA VALNERINA” a seguito del quale la presidente di Legambiente Umbria, dopo aver ribadito l’ inderogabilità delle proprie ragioni, ha rifiutato l’invito a partecipare alla proposta di avvio di un contratto di fiume locale.
Gian Piero Russo
Coordinatore Area AcquavivaUISP