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Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #15 il: Gennaio 29, 2010, 04:06:48 am *
Vavrinec  Hradilek non credo che arrivi al metro e cinquanta di altezza da terra, ma se prendete la circonferenza dei suoi bicipiti, degli avambracci e del torace superate abbondantemente i due metri. Il 2009 gli ha regalato belle soddisfazioni:  campione europeo Under 23 nel K1 uomini, oro ai mondiali nella gara a squadre con Ivan Pisvejc  e Michal Buchtel, 7^ agli Europei e terzo in Coppa del Mondo dietro a Kauzer e Molmenti, ma davanti a Walsh. E’ nato e vive a Praga. Nella sua città si muove con uno strano monopattino adattato alla sue caratteristiche antropologiche con tanto di freni. In canoa ci va da sempre e il suo modo di andare lo rende unico: potente, ma soprattutto canoa a 360 gradi. Fa parte di quella generazione che ha nel sangue lo slalom, ma non disdegna lo scafo di plastica. Ama i percorsi tra le porte, ma nello stesso tempo cerca l’adrenalina nelle cascate e nei torrenti senza fermate.  E’ sullo stile di Fabian Dorfler, Dejan Kraly, Alexander  Grimm, Enrico Lazzarotto, Mike Dawson coloro che la canoa la vivono come un momento unico e libero.  Pochi problemi e fantasia tra le porte, tante emozioni senza fiato sui fiumi di tutto il mondo… l’importante è pagaiare per sentirsi vivi per realizzare un sogno che si portano dentro da sempre! Anche Eric Jackson è nato slalomista per poi diventare il re del rodeo.
Il bravo Hradilek è  arrivato in Nuova Zelanda qualche settimana fa a Rotorua e, come dice lui, ha ripreso confidenza con la pagaia visto che a casa, fino alla sua partenza, ha pagaiato veramente poco. Il ghiaccio non gli ha mai lasciato spazio per poterlo fare. Al campo di slalom di Troja, un quartiere dell’affascinante Praga,  in Repubblica Ceka ora c’è un bell’anello per lo sci di fondo, non male per allenarsi e poi al club certo i pesi da sollevare non mancano  e i suoi bicipiti ce lo confermano. Mi ricorda tanto Tony Prjion Junior quando nel 1987 vinse il mondiale in K1 men a Bourg St. Maurice, facevi prima saltarlo che a girargli intorno. Di questo mondiale ne parlavo giusto qualche settimana fa con Riccardo Volpe (Richard Fox) davanti ad una bistecca di canguro cucinata sul suo barbeque. Lui per ben due volte nella gara individuale e una a squadre  sbagliò la porta numero 11 si ostinava a farla diretta, mentre il resto del mondo, Prjion compreso,  la faceva in retro per entrare di punta in un’onda gigantesca che ti portava come un espresso dentro la porta 12. Fox non si diede per vinto neppure nella gara a squadre, sbagliò ancora nella prima manche che portò ad un 50 pesante per il suo team ed infine nella seconda manche ci riuscì:  gli inglesi vinsero l’ennesimo titolo a squadre davanti a juogoslavi e francesi. Pierpaolo Ferrazzi, Dario Ferrazzi e il sottoscritto finimmo settimi troppe penalità per aspirare ad una medaglia che arrivò due anni più tardi.
Hradilek dopo la gara di domenica andrà per una settimana a sud della Nuova Zelanda per qualche discesa su qualche fiume di grossa portata, lo ritroverò sull’aereo il 9 febbraio quando cioè torneremo a Sydney e quindi a Penrith. A febbraio in Australia ci sarà da divertirsi visto che sono previsti numerosi arrivi per le gare del 19, 20 e 21. Questa è un’altra storia che prenderà forma e colore e che non mancherò di raccontarvi!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North  28 gennaio 2010 – New Zeland

Skillo

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #16 il: Gennaio 30, 2010, 09:45:16 am *
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Montagne, verdi boschi di conifere, tundra, pascoli per pecore, pascoli per bovini, pochi villaggi che se sulla carta sono segnati con una certa importanza, in realtà li puoi attraversare, rispettando i limiti di 50 chilometri all’ora, in poco più di 3 minuti.
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Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Palmerston North – New Zeland 26/01/2010


50 km/h x 3 minuti = 2,5 km    Se non ci sono semafori (molti) stai parlando di città grosse quasi quanto Verona (circa 3 km est-ovest?)
Vabbè le onde, ma occhio anche ai conti, Ettore  :D :D :D

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #17 il: Gennaio 30, 2010, 09:49:33 am *
Skillo non sono città come Verona sono "Villaggi" leggi bene e concedimi qualche libertà poetica!

Occhio all'onda!

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #18 il: Gennaio 30, 2010, 09:52:10 am *
Mi sono forzato a non scriverlo, perché se ci penso mi si aggrovigliano le budella, il fegato si spezza, il cuore sanguina, gli occhi piangono, ma non posso fare finta di niente e passarci sopra! Avevo cercato fino a ieri le cose negative, che però faticavo a trovare. Poi mi sono detto che sono qui per fare canoa e raccontare le meraviglie di questo mondo che ogni giorno mi affascina sempre di più. Oggi l’irreparabile: sono andato in palestra di corsa. Non l’avessi mai fatto! Uscito di casa, che sta praticamente a 4 minuti a piedi dalla piazza principale di Palmerston North, su Fergusson street (in onore al campione olimpico di canoa)  ho scoperto che  dopo pochi minuti si entra in un  parco che, tra viottoli immersi nel bosco, laghetti dipinti su uno scenario irreale, ponticelli che attraversano un fiumiciattolo,  faggi con tanta storia da raccontare, larici giganteschi, erbetta verde brillante, arrivi diretto alla palestra della Massey University. Non ne volevo parlare, non volevo citare questa parola “Massey University”. Perché queste strutture, questi idilliaci paesaggi, questi alberi che sembrano sorriderti così lucenti e amici, queste piste ciclabili,  questa palestra che a confronto il palazzetto dello sport di Verona sembra la cuccia per Toby, il cane di un mio fraterno amico,  esistono solo altrove e non da noi? Perché le Università italiane sono luoghi consacrati e votati al buio e all’isolamento, dove la parola sport è bandita?  Eppure il sapere dovrebbe essere la luce, la gioia dell’animo, il riflesso verso un mondo aperto e comprensivo. Dovrebbe far capire a tutti che sport e studio vanno a braccetto, mentre da noi si sposa con spritz e sigarette. Correndo per i viali incontri studenti distesi all’ombra intenti a leggere, professori con pile di compiti da correggere comodamente seduti nel parco a dedicare tempo e gioia al loro lavoro. Ad accoglierti nella hall dell’area ricreativa un tipo decisamente simpatico, e affabile, Mike,  che ci apre le porte ai sogni con un sorriso e con la massima disponibilità. La palestra pesi è una signora palestra e non mancano i bilancieri e la pedana per lo strappo e lo slancio. Gli studenti e i professori intenti a sudare fianco a fianco e a lanciarsi sfide sotto la panca. Adiacente una palestra con parquet dove ci sono 5 campi da basket allineati,  il sogno, credo, dell’allenatore di pallacanestro del mio C1 destro preferito. Dietro un lungo corridoio che ti porta ai campi da  squash e alle tre  sale per la danza. Ma ciò che veramente ti lascia senza parole è vedere tanti  giovani e professori,  visti i capelli brizzolati e l’occhialino da intellettuale,  che seguono le lezioni di steep, life pump, di streching di kickboxing e danza moderna.  Tutti intenti a sfruttare al meglio il tempo dedicato al proprio fisico. Fuori le aule, ora vuote visto il periodo di esami e non di lezione, che contornano la struttura. Anche le casette a due piani che ospitano gli studenti sembrano uscite da un attenta analisti  legata alle necessità di ognuno per vivere con facilità e senza spreco di energie. Qui studio e sport si fondono in un unico contesto. La bacheca di vetro ricca di trofei e foto anche d’epoca,  lunga quanto un lato della palestra, ti fa capire l’importanza che viene data alle partite  di rugby, calcio, cricket, nuoto, bici e canoa fra le varie università. Gli articoli di giornale concretizzano momenti di storia, raccontando le varie imprese. Le foto poi degli  studenti che hanno conseguito la laurea e contestualmente hanno partecipato ai Giochi Olimpici sono in bell’evidenza sotto la scritta: “if You are a sport  talent the Massey University help you discovery your talent in the study: contact us”.
Spero però di uscire presto da questa incredibile realtà, visto che per i miei figli tutto ciò in Italia rimane un’utopia,  e soprattutto prendo alla lettera le parole di  Carlos Ruiz Zafon che, con Marina, la sua ultima opera letteraria  che mi ha tenuto compagnia in questa settimana, fa dire ad  Oscar, il protagonista narratore: “probabilmente ricordiamo solo quello che non è mai accaduto”.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North – New Zeland 30/01/2010

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #19 il: Febbraio 01, 2010, 06:18:30 am *
Diversi anni fa Mauro Manganotti,  un buon C1 destro con cui ho  condiviso molti anni della nostra gioventù e molte avventure di pagaia,  si inventò una scuola di canoa itinerante, l’idea fu poi ripresa da Francesco Salvato. In sostanza il buon Mauro, per noi da sempre Ovo, organizzava dei corsi di canoa su diversi fiumi e i suoi allievi avevano così la possibilità di approfondire gli aspetti tecnici, ma nello stesso tempo scoprivano nuove realtà e si esercitavano su rapide diverse. Quindi, visto che i cellulari non erano in uso  e internet non  era ancora uscito dalle basi militari e dalle università statunitensi, non aveva una vera e propria base se non  il numero di telefono fisso  . Ecco io mi sento un po’ così: una sorta di allenatore itinerante. Ho la fortuna di possedere un cellulare con una tariffa passport (se ti chiamano spendo un 1 euro ci parlo 30 minuti, mentre l’altro paga la sua tariffa ordinaria prevista dal suo piano telefonico) e anche mia mamma, spaventata normalmente dai costi per il fatto che chiamare lontano potrebbe valere una fortuna, se n’è resa conto e così praticamente tutti i giorni mi augura la buona notte al suo buongiorno. Poi c’è internet che mi aggiorna sulle “buone azioni” che il buon Silvio elargisce con magnanimità e mi tiene aggiornato sul bollettino, decisamente di parte, della nostra amata Fick: la nuova grafica non mi piace e confonde non poco le idee:  è forse questo lo scopo del cambiamento? Non servirebbe… sono già abbastanza confusi da soli!  A Ckfiumi poi un grazie perché ci fa condividere questa passione che vale ben una vita!
Non avendo una vera e propria base operativa devo affidarmi alla tecnologia che mi viene sempre più incontro riducendo di molto tutto il materiale di cui necessito per svolgere al meglio la mia professione. E pensare che un tempo per registrare  le immagini di una allenamento o di una gara utilizzavo una telecamera a spalla con la cassetta VHS. Quella telecamera, una Panasonic che conservo ancora, l’acquistai ad Andorra dopo diversi mesi di ricerca e approfondimenti in materia. Le batterie erano lunghe e pesanti e per ricaricarle si necessitava di un marchingegno enorme. Ricordo che il dubbio era se puntare su una telecamera con cassetta VHS oppure su un altro modello con mini VHS che necessitava però di un estensore per essere vista nei normali lettori di cassette collegati al televisore. L’archivio di tutte questo materiale registrato, a casa, mi occupa parecchio spazio anche se lo custodisco con estrema cura e gelosia difendendolo dagli attacchi di Zeno che ogni tanto si rifugia nel mio spazio in cantina e ci passa le ore a guardare vecchie gare ed allenamenti dei tempi passati. Dal 1982 al 2004 tutte le immagini sono su video cassette VHS, ve le ricordate? Gigantesche con il nastro che a volte gioca brutti scherzi. Solo dal 2005 ho iniziato a digitalizzare ed archiviare su tera che stanno piano piano invadendo casa. 
Oggi ho una telecamera Sanyo che non arriva al chilo, mi sta in tasca e quando serve è operativa in un batter d’occhio. Registro su delle memory card da 4 GB. Per rivedere poi basta cacciare la schedina nel PC e il gioco è fatto. Fra non molto però abbandonerò Microsoft e entrerò nel mondo Apple,  ho troppe pressioni per farlo! Mi danno dell’antico e la cosa non mi  piace, questa è la scusa ufficiale, però quella reale è che in effetti Apple è decisamente superiore per ciò che riguarda l’ elaborazione  immagini e  foto. Altro vantaggio è la tranquillità praticamente assoluta di non prender virus, almeno fin quando dura e come dice il mio amico Vladi Panato finche  dura facciamola durare!

Il cronometro, da molto tempo, l’ho sostituito con due orologi Casio CHR 100, la praticità dell’oggetto da polso credo che sia comprensibile a tutti: lo porti sempre con te e non c’è dubbio che tu li possa dimenticare. Anche qui c’è stata una grande evoluzione. La salvezza è stato l’inserimento delle memorie, il mio ne tiene 200 x 2 uguale 400 tempi (spero di non sbagliare questo conto altrimenti Skillo mi riprende), più che a sufficienza, non devi scrivere e lo fai dopo con calma.
L’altro problema di un allenatore itinerante è il peso dei bagagli che deve portarsi appresso. Oggi si viaggia con i voli low-cost a prezzi stracciatissimi, ma bisogna stare attenti a cosa ti porti dietro e allora ci sono piccoli stratagemmi come quello di puntare molto sul bagaglio a mano ed informarsi bene sulla situazione del tempo nel luogo dove si andrà. Questo è un grosso vantaggio. Molte volte ci si porta via cose inutili e pesanti. In alcuni luoghi poi vale la pena acquistare magliette e calzoncini sul posto così come sapone e creme varie, che tra l’altro non uso: le creme intendevo, non il sapone! Per evitare peso e spazio l’ultima chicca arriva dal caricabatteria universale che funziona per:  telefono, macchinetta fotografica, reflex e telecamera… non male 4 in uno!
L’allenatore itinerante cambia spesso luogo e quindi le stanze dove soggiorna le personalizza giorno dopo giorno. Cartine geografiche della zona, foto che scatto e stampo, foto della mia famiglia, foto che arrivano da casa e disegni che a volte mi diverto a fare prima di addormentarmi. Ci sono poi oggetti che mi fanno compagnia come le boccette della sabbia che raccolgo, qualche pietra di fiume o qualche legno segnato dal tempo, le candele che accese mi scaldano il cuore.  A volte ciò che ci circonda assume un ruolo importante per farci stare bene e per regalare gioia al nostro spirito se pur lontano da casa e dai propri affetti: tutta questione di organizzazione.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North, 31 gennaio 2010 – giorno di gara che vi racconterò
                           domani… oggi è andata così!


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Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #20 il: Febbraio 02, 2010, 07:57:14 pm *
Sue Natoli ce l’ha messa tutta per dare credibilità alla prima gara dell’ICF World Ranking, disputata il 31 gennaio a Mangahoe a sud dell’Isola del Nord in New Zeland, ma le condizioni meteorologiche e del fiume certo non l’hanno aiutata. Chi è Sue Natoli è presto detto. Una signora sui 50 anni  passati da  qualche anno che vive in Australia e che fa parte del boarding slalom International Canoe Federation presieduto  da Jean Michel Pron. Bando alle chiacchiere  veniamo ai fatti. Tra i kappa solo quattro atleti sono scesi sotto i 90 secondi e ha avuto la meglio con 88,77 il ventitreenne australiano Will Forsythe sul francese Raphael Revoche  89,57 e in terza posizione, ma con il miglior tempo e una penalità,  Vavrinec Hradilek. Il quarto kappa uno sceso sotto il muro del minuto e mezzo è stato Eoin Rheinisch 89,56 ma due penalità lo hanno relegato al settimo posto. Tra le donne le sorelle Lawerence hanno fatto gara a se e solo la neozelandese Jane Nicholas ha tentato di opporre resistenza finendo però in terza posizione, nella gara vinta da Katerine su Rosalyne. Il distacco però del 16% dal miglior K1men ci fa capire che le donne non hanno fatto una grandissima performance, sarebbe valso tra l’ottavo e il decimo posto in una gara di Coppa. Nella canadese monoposto podio tutto francese: primo Nicolas Peschier, con il 7% dal primo K1 men, secondo Edern Le  Ruyet  e terzo Perre Antoine  Tillard. Per la verità il campo non offriva molto… non me ne voglia nessuno.
A parte i risultati,  che potete scaricare sul mio blog, si è visto fin dalle prime battute di questa stagione che gli atleti si stanno sempre di più avvicinando uno all’altro. Prendete ad esempio Huw Swetnam ottavo agli europei, quinto ai mondiali a nove decimi dalla medaglia, campione europeo a squadre e vice-campione del mondo a squadre, non è riuscito ad andare sotto i 90 secondi eppure lui è un atleta abbastanza costante per tutta la stagione. La differenza ormai tra i kappa uno uomini è minima. L’impressione è quella che per arrivare a giocarsi le medaglie bisogna comunque avere una linea di gara all’attacco, ma con una vera e propria strategia. Non solo la sparata su tutto, ma la sparata con testa. Non si può andare sempre con il piede sull’acceleratore, ma bisogna puntare su fluidità e linee veloci ovunque. Ancora una volta gli intermedi, se pur su un tracciato decisamente facile per questi atleti, non ci lasciano dubbi: paga la costanza su tutto il percorso.
Le risalite ancora una volta si dimostrano per molti atleti il punto cruciale specialmente in fase di uscita. Anche le manovre in retro costituiscono per alcuni dei punti oscuri. A tutto ciò si deve inserire una parte di coraggio nell’affrontare determinate manovre in gara. Nel momento cruciale a volte manca la convinzione in se stessi per mettere in atto manovre che in allenamento si fanno con molta facilità. Ecco centrato il problema: se pur ci si allena a fare manovre complesse molto spesso non si dà importanza all’errore e la percentuale di riuscita è troppo bassa perché possa considerarsi acquisita. Le ragioni possono essere molteplici. Per la mia esperienza noto una certa rilassatezza in allenamento ad accettare tocchi di porta o errori banali che viceversa possono e devono essere risolti se pur con fatica e con la consapevolezza che anche questo sistema va allenato. Mi spiego meglio. Si dà poco peso al tocco in allenamento con l’affermazione che poi in gara non ci sarà… purtroppo non è sempre vero. La morale della favola è che in realtà non ci si allena per l’obiettivo primario che è e rimane: una manche da 90 a 100 secondi!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Rotorua, 2 febbraio 2010 … domani vi parlo di questo posto decisamente particolare o lo 
                                            conoscete già?

P.S. dal sud della Nuova Zelanda arrivano cattive notizie la spedizione di Mike Dawson, Vavrinek Hradilek e Ciaran Heurteau si è interrotta. Sembra, dalle poche notizie arrivate, che Ciaran si sia spallato. Hradilek si è fermato con lui, mentre Dawson ha dato l’allarme dopo due ore di canoa su un fiume enorme che ha fatto da solo. L’elicottero non ha potuto decollare perché ormai era notte e i due hanno passato la notte all’addiaccio nella giungla.


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Skillo

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #21 il: Febbraio 02, 2010, 08:19:40 pm *
Skillo non sono città come Verona sono "Villaggi" leggi bene e concedimi qualche libertà poetica!

Occhio all'onda!
E dai, fatti prendere un po' in giro  :D  Concedimi che se 'sti villagi sono grossi come Verona li posso chiamare città.
Ok, ora leggo le tue nuove belle mail e la pianto di stuzzicarti.

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #22 il: Febbraio 05, 2010, 08:46:57 am *
Ieri le canoe da slalom sono rimaste in giardino sostituite dai kayak di plastica per un pomeriggio passato alla grande sul Kaituna river dove avrei visto volentieri all’opera anche il mio amico L8 tra salti, ritorni d’acqua e  gole immerse nella giungla. Il Kaituna river nasce dal lago Rotoiti e finisce dopo  poco più di 45 chilometri. La parte che interessa però ai canoisti è lunga poco più di 3 chilometri. Pochi, ma sufficienti per grandi brividi. Commercialmente parlando viene venduto come il salto più alto in assoluto che si possa fare con il gommone – 6/7 metri di adrenalina pura! Così la vedono sulla pubblicità e a giudicare comunque dalle urla che precedono e seguono il salto non ci vanno tanto lontano. Il fiume, largo poco più di una 15 di metri, scende a valle con grandi pozze, precedute da salti via via sempre più grandi per arrivare alle famose “Okere Falls”. In realtà non vi volevo parlare del fiume o delle cascate, visto che se navigate in internet trovate parecchio materiale e vi potete documentare a fondo, vi volevo invece rendere partecipi di uno strano stato d’animo che ho vissuto accompagnando i ragazzi nella discesa. Io sono uno slalomista nato sui fiumi e poi via via mi sono evoluto o se vogliamo adeguato ai percorsi artificiali. Il fiume però è rimasto dentro di me come una sorta di mito, di forza, di energia e gioia. Il concetto arriva dal fatto che trovo appagante pagaiare sulla corrente che corre, fermarmi a surfare su qualche onda, entrare e uscire in velocità dalle morte. Restare per una frazione di secondo su un’onda durante una discesa e capire dove orientare la mia canoa: lo sguardo e la mente che inquadrano la situazione e trovano la soluzione immediata guidati dalle informazioni che arrivano dalla canoa attraverso i recettori del corpo: la vista approva e dà l’ultimo ok, la mente richiama il motore ad operare. Già! tutto ciò l’ho ricercato per molti e molti anni, in quelle meravigliose discese libere come il volo del gabbiano Livingston a provare nuove evoluzioni, nuove emozioni. L’ho ricercato negli allenamenti a volte estenuanti, nelle lunghe ore passate seduto in uno scafo lungo 4 metri e largo 60 cm. Già… ecco il problema: la mia incapacità di rivivere tutto ciò ingabbiato in uno scafo non più lungo della mia pagaia. Ho imparato a pagaiare sulle “Olimpia 400”, ho amato a tal punto la canoa che ho deciso che diventasse la mia professione con la “Sanna” di Prijon, ho messo in canoa i miei figli su una “Reflex 4”, oggi per cercare di restare vivo pagaio su una “Kapsle 360”. Eppure non riesco trovare emozioni e motivazioni  a lanciarmi su un salto con una canoa che non sento mia, con un mezzo che non “respira”, con uno strumento che non ha anima. La canoa da slalom in fiberglass va dove la porti tu, la canoa in polietilene va dove vuole portarti lei. La canoa in fiberglass si muove con e per  te, con la canoa in polietilene ti muovi tu e  per lei. Con la canoa in fiberglass  ci passeggi con la canoa in polietilene ti spalli! Ovvio sono solo mie personalissime idee e  non voglio assolutamente aprire un dibattito su cosa è meglio e perché… volevo solo farvi partecipi di una sensazione, di un  momento, di un pensiero!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Rotorua 5 febbraio 2010 – New Zeland traning camp river Kaituna

P.S. La spedizione nel sud della New Zeland a cui avevo accennato nel pezzo del 2 febbraio si è conclusa nel miglior modo possibile: recuperato l’irlandese infortunato  dopo una notte nella giungla, quindi, dopo il ricovero in ospedale, foto sui giornali e interviste  … vissero tutti felici e contenti!


Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #23 il: Febbraio 07, 2010, 12:45:02 pm *
Non c’è bisogno di consultare internet per capire che bovini, ovini e ungulati superano  numericamente di gran lunga  l’essere umano. In Nuova Zelanda puoi guidare per ore su strade immerse nella natura e non incontrare nessun cristiano, ma essere continuamente osservato da quadrupedi che se ne stanno tranquillamente immersi nei loro pensieri a riempirsi la pancia di un’erbetta tanto fresca e verde da far invidia anche a noi! Sono ovunque. Fissi lo sguardo in un punto qualsiasi e scopri enormi mandrie di manzi che occupano un’intera vallata. Alzi la vista e sui cucuzzoli di montagne rotonde scorgi pecore che colorano di bianco il prato. Ti concentri e ti rendi conto che ai bordi delle strade molto spesso trovi recinti per caricare gli animali, osservi con attenzione e capisci che effettivamente i villaggetti che incontri dispersi nella foresta non sono altro che punti di ritrovo per chi lavora in quei luoghi così appartati. Ti rendi conto anche quando bevi il latte alla mattina che ha un sapore pieno, appagante, fresco: buono! Se poi fai la spesa ti accorgi di pagare la metà la carne di manzo rispetto al  pollo. La prima poco più di 5 euro al chilo mentre il pollo lo paghi anche 11  euro. Poi chiedi, ti informi e scopri che la Nuova Zelanda non usa nessun anticrittogamico, concime o altro per cercare di far rendere di più la terra.
Gli abitanti sono poco più di 4 milioni con una densità di  15 abitanti per chilometro quadrato. Le pecore sono poco più di 10 milioni per una densità di 470 per chilometro quadrato! In Italia la densità è di 200 persone per chilometro quadrato.
Cosa ti offre questo paese, che come giustamente mi ha fatto notare il mio amico Agostino Trombetta ora in prestito al basket ma di fede canoistica, sembra un’Italia girata, è incredibile. Oggi siamo stati a “Orakei Korako” sul lago Ohakuri terra dei Maori dove in mezzo alla montagna escono soffioni d’acqua calda e fanghi bollenti. Il tutto dà un’immagine al luogo piuttosto lunare. Per la verità l’area si estende per diversi chilometri e  Rotorua, dove siamo alloggiati, è ricca di zone termali.
L’ allenamento di oggi, come avrete capito,  è stato il riposo. Eh si! anche il recupero psico-fisico è da considerare una parte molto importante nel  piano di lavoro. Il riposo è il  momento in cui il lavoro prende forma e si consolida nell’atleta. Offre la possibilità di distrarre la mente e nello stesso tempo di ricaricarla desiderosa di tornare in acqua a lavorare. Si sa che con la fame si gusta di più il cibo e quindi anche tenere completamente fermi gli atleti per 24 ore può rivelarsi molto positivo per ripartire con un altro ciclo di carico affamati più che mai! 

Rotorua, 7 febbraio 2010 – Slalom traning camp

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #24 il: Febbraio 08, 2010, 10:59:12 pm *
Prima o poi mi fermo a chiedere! Non riesco a capire il motivo per cui qui in New Zeland i concessionari delle auto espongono i modelli con il cofano aperto con in bella mostra il motore. Forse si potrebbe pensare che c’è qualcuno che vende le autovetture senza la parte più importante? Mah, sono proprio strani ‘sti “Kiwi”!
L’altra cosa che non capisco è perché da queste parti  non risciacquano i piatti dopo averli passati con il detersivo, li mettono semplicemente a scolare così con la soffice schiumetta che scende da tutte le parti.  Pazzesco.
   
Oggi la sessione d’allenamento della mattina mi è proprio piaciuta per due motivi: il primo per il fatto che avevo in acqua praticamente tre kappa uno di gran classe: Vavrilek Hradilek, Huw Swetnam e Eoin Rheinisch, in sostanza un ceko, un inglese e un irlandese. Tre scuole diverse, tre tradizioni canoistiche molto distanti.  Mentre il secondo, che mi farà dormire sogni tranquilli, è la convinzione che anche atleti di altissimo livello devono tornare sempre a ripassare gli esercizi di base ed è per questo che ho proposto  loro una seduta tecnica un po’ strana. Abbiamo tracciato un percorso su acqua non particolarmente difficile e ho chiesto di ripeterlo molte volte ma ogni volta in modo diverso: classico alla massima velocità possibile, ad una velocità che giudicavano loro del 50% e ad una al 70%. Quindi una verifica con il tempo se riuscivano a rendersi conto delle varie intensità rispetto alla prova massimale. Gli atleti evoluti spesso e volentieri ci azzeccano parecchio. Poi sullo stesso tracciato ci siamo concentrati su alcuni esercizi tipo: percorso  in retro, da C1 destro, da C1 sinistro, con solo i debordè,  utilizzando il minor numero di colpi possibili, utilizzando la pagaia da k1 al contrario, utilizzando la pagaia da k1 pagaiando sul dorso, non sfilando mai la pala dall’acqua. Molte volte questi atleti, per la convinzione di dover sempre allenarsi a tutta e senza perdere tempo, non danno peso a tutta una serie di aspetti propriocettivi della canoa che sono in grado di mettere in discussione abilità che sembrano acquisite e fatte proprie, ma che in realtà vanno comunque sempre allenate e sollecitate. L’altro scopo di questo tipo di allenamento è quello di allenare sistemi di reazione che possono essere utili all’atleta in situazioni limite per risolvere momenti non previsti. Un tempo lo slalomista aveva maggior capacità di controllo della canoa pagaiando in retro, visto che doveva utilizzare questa manovra per le porte in retro. Oggi quest’aspetto si è perso ritenendo la cosa non utile al fine di una competizione, ma che in realtà può offrire molte scappatoie in casi estremi. Interessante è stato mettere in difficoltà questi atleti –  tutti finalisti europei e o  mondiali – con semplici manovre di base che costantemente faccio fare viceversa ai miei più giovani allievi. Cambiando gli schemi motori  nulla poteva essere lasciato al caso, ma esigeva una attenta risoluzione attraverso le informazioni che l’atleta riceveva  di momento in momento dal suo apparato propriocettivo. Troppo spesso ci si affida a risposte preconfezionate a tavolino  e non si va invece a fondo della problematica cercando per ognuno la risposta che necessariamente si deve scoprire! Lavoro lungo, ma interessante.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Rotorua -  New Zeland  -  8 febbraio 2010 … domani si lascia l’Italia 
                 capovolta e si torna dai canguri




Luciano Bovo

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #25 il: Febbraio 09, 2010, 05:15:59 pm *
Motori Aperti? Semplice, perchè è un'usanza diffusa anche in Eu, per es. ti spiegano cos'è   il Common-rail, cosa che molti hanno ma vorrei sapere chi sa, l'effettivo valore, e perchè c'è. .Ciao Ettore, Ocio all'Onda!

Luciano Bovo

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #26 il: Febbraio 09, 2010, 11:51:45 pm *
A Proposito di tecniche, ti Ricordi Ettore quando la Pagaia si cercava in tutti i modi di Infilarla nell'acqua, come la mano quando si nuota, in modo che la pagaiata fosse Fluida, scorrevole, da ottenere il massimo rendimento, ovviamente è anche logico, che più la pagaia entra "dritta" in acqua e crea automaticamente un freno alla propulsione, alzando quel blocco d'acqua,tipico di quando si affonda troppo di forza, ma non di cinetica, cosi si sfrutta l'ergonomia, della pagaiata, cosa che tempo fa era era un fondamentale, per una simbiosi canoistica per la scorrevolezza massima..ehhh già.Intellegence and Sacrifice.Ciao Ettore Occhio sempre all'Onda.

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #27 il: Febbraio 10, 2010, 10:19:45 pm *
Se volate con New Zeland Airlines vi accorgerete che gli stewards  sono particolarmente simpatici, mentre le hostess sono piuttosto robustelle. Si vola comunque bene e mi accorgo che in volo non rifiuto nessun tipo di cibo. Passassero cento volte ritirerei tutto pur sapendo che la qualità del vettovagliamento non è delle più prelibate anche se, devo dire,  si apprezza comunque. Sarà la gentilezza di chi ti serve, sarà l’altitudine, qualche cosa sarà, ma la fame è sempre tanta. Il volo non è lungo per rientrare a Sydney,  dove ci si fermerà fino al prossimo 8 marzo, c’è giusto il tempo per riflettere e,  a stomaco pieno, ma questo si era capito, si ragiona meglio! La Nuova Zelanda ci ha offerto un periodo di allenamento interessante interrompendo la
monotonia degli allenamenti sul canale che, purtroppo, hanno di negativo che sono segnati non con i minuti, ma con i secondi! Pagaiare tra correnti formate dal defluire naturale dell’acqua… scusate è venuta così perché pensavo a quel qualcuno che si chiede chi sia quel poeta che scrive di canoa!  Riscrivo la riflessione. I fiumi naturali ci hanno  fatto ritrovare la gioia e l’energia che ci arriva dal piacere di pagaiare per pagaiare, senza patemi d’animo, senza l’assillo dell’orologio che non dà tregua, senza la paura che finisca l’ora che troppo spesso  passa troppo velocemente per uscire soddisfatti e  appagati da quello specifico allenamento e non ti concede recuperi se non nella sessione successiva o il giorno dopo. Il vantaggio di poco meno di 20 giorni di allenamento nel paese dei “kiwi” è stato proprio il fatto di non avere limitazioni di orario  per affrontare e proporre lavori ad ampio respiro, curando il particolare, ricercando sensazioni e approfondendo l’aspetto propriocettivo. I paesaggi e la tranquillità di tutto ciò che ci circondava hanno fatto  il resto. Se a tutto ciò poi ci si aggiunge  una temperatura di 22 – 25 gradi si capisce che condizioni migliori non ci potevano essere per sfruttare al meglio questa trasferta. La mente, oltre al fisico, ha bisogno di nuovi paesaggi, di nuovi stimoli e di emozioni sempre forti.
Le parole in cuffia del comandante che annunciano l’arrivo in perfetto orario, mi riportano in volo e mi fanno  abbandonare le riflessioni che viceversa riprenderò per scriverle sul diario di allenamento che custodisco e aggiorno con molto scrupolo. Sono vicino al finestrino e il monitor di fronte a me mi tiene aggiornato su ogni dettaglio:  altezza, velocità, temperatura esterna, direzione del vento alternando il tutto con le immagini della visione della pista dalla prospettiva della cabina di pilotaggio. Mi immedesimo così tanto che probabilmente sto giro l’aeromobile lo riporto a terra io… e direi in maniera impeccabile!
Il resto è routine di sempre:  arrivo, compilazione di un modulo dove dichiari di non essere un criminale, che non hai bombe nel bagagliaio e che non pensi eventualmente di utilizzarne, che non ti droghi, che non hai fatto furti o omicidi negli ultimi 12 mesi e che non starnutisci dalla guerra di indipendenza, se fosse il contrario ti rispediscono da dove sei venuto. Dogana, ritiro bagagli, domande sul bagaglio e quarantena, uscita dalla zona franca, noleggio auto, carica canoe e baglio, prendi la M5, poi la M7 per passare alla fine sulla M4, esci a Penrith Wild Water Centre, arrivi a casa e finalmente ti lanci nel letto.

Di canoa…  se ne riparlerà già domani!    

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi – Penrith Australia 9 febbraio 2010 – Traning camp and race

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #28 il: Febbraio 12, 2010, 01:25:52 am *
Ho gli addominali che mi fanno male, le braccia che urlano vendetta. Per la schiena, prima che si blocchi,  ho fatto un’ora di allungamento, ma ho l’animo e il morale a mille, il sorriso stampato sulla faccia e questa notte sicuramente dormirò con molto piacere. Cosa ho fatto? Semplice! Sono andato in canoa e mi sono goduto un mondo, ma quanto è bello pagaiare su un canale che ti regala mille emozioni? Penso che bisognerebbe, per noi allenatori, andare più spesso in acqua per non perdere quella visione della realtà e quindi del percorso di slalom, seduto dentro un canoa con quella prospettiva, da quella angolazione. Le soluzioni che si propongono da riva possono, a volte, essere parecchio diverse da quelle magari vissute direttamente a stretto contatto con l’acqua. L’altro aspetto interessante arriva dal fatto che guardando da fuori molto spesso ci si dimentica di quanta fatica si fa a pagaiare in un tormento di onde, riccioli, buchi e porte. Ci si può dimenticare viceversa anche di quanto piacere si provi nel preparare una risalita, nel sentire la punta della propria canoa risucchiata in una morta, o la libidine di aspettare il momento giusto per saltare sopra un’onda e godere della forza dello spirito dell’acqua che corre che ti fa partecipe e ti  amalgama a chissà quale forza della natura.
Che bello andare in canoa, che bello mettersi in mezzo ai pali, che bello sentire l’acqua che ti avvolge, che bello pagaiare e sentirti vivo.

Per il resto nulla da segnalare tutto nella normalità australiana: le scuole sono ripartite per un nuovo anno e vedi tutti i ragazzi e ragazze nella loro divisa scolastica,  i campioni della canoa slalom  si sono allenati come sempre, dopo le piogge della settimana scorsa il lago ha più acqua e l’ultimo salto del canale è decisamente più piccolo e meno “birichino”, se riuscissero a tenerlo sempre così sarebbe una bella idea… dove non arriva l’uomo ci pensa la natura!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Penrith – Australia, 11 febbraio 2010

Ettore Ivaldi

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Re: SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA
* Risposta #29 il: Febbraio 13, 2010, 10:41:52 pm *
Sentite il calore e vedete la sua luce? Non potete non vederla e non sentire la sua energia!
Questo pomeriggio,  qui in Australia,  quando il governatore generale del Canada, Michaëlle Jean, ha dichiarato aperti i XXI Giochi Olimpici invernali, ho provato lo stesso brivido che puntualmente mi assale ogni volta che vedo la fiamma di Olimpia accendersi. La terza volta che i cinque cerchi approdano in Canada, infatti dopo Montreal 1976, Calgary 1988 è il tempo di Vancouver e chissà cosa ci offriranno questi quindici giorni vissuti in modo diverso, in modo strano con l’occhio sempre rivolto a questo evento magico. Quando ci sono le gare a cinque cerchi la vita assume una dimensione diversa, vivi nel limbo di un momento particolare, bello, emozionante. Vai a letto con la mente all’ultima notizia che hai visto alla televisione o alla curiosità letta su internet. Ti addormenti pensando alle gare di domani. Nei sogni poi entri nella parte di qualche eroe sportivo del momento. Lo so già! Questa notte mi immedesimerò in Steve Nash che assieme a Nancy Greene, Katrina LeMay Doan e il mito dell’hochey Gretzky hanno acceso la fiaccola contemporaneamente e hanno dato simbolicamente il via a questa edizione dei Giochi. Credo che sia la prima volta in assoluto che il braciere prende forza da più ultimi tedofori, se la memoria non mi tradisce dovrebbe essere proprio così.  E con questo fuoco e questo ardore inizia per tutti noi una nuova avventura. Alla mattina la prima cosa che si farà sarà quella di aggiornarsi sulle cronache delle gare, cercare dati, tempi, nomi, aneddoti. Leggere con voracità, manovrando tempestivamente il telecomando della televisione  per cercare di non perdere neppure un attimo di un avvenimento così planetario. Al campo di allenamento ci saranno molti argomenti di cui parlare e, anche se il mondo canoistico è certamente lontano dagli sport del freddo, si condivide certamente  lo stesso  spirito e interesse per l’olimpismo, per quel sommo evento che non solo per molti è una ragione di vita, ma è anche la stessa vita. Nella festa dello sport, che nelle emozioni di gioia della cerimonia d’apertura trova l’esaltazione dei contenuti, non si può non pregare per Nodar Kumaritashvili. Una morte che sembra quasi un tributo a chissà quale dio di Olimpia, una morte che per noi mortali pesa come un macigno sul nostro credo. I disegni divini che spengono un atleta a 21 anni non possiamo comprenderli, possiamo solo accettarli nella speranza che una ragione, se pur a noi  sconosciuta,  ci sia.

E allora che spettacolo sia! Che la gioventù sportiva di Vancouver 2010 ci faccia vivere grandi momenti. Condivideremo idealmente con tutti gli atleti le gioie per le medaglie d’oro, condivideremo anche le delusioni di chi sul podio non ci arriverà. Prenderemo  da tutti quell’energia che in questo momento il Canada e la XXI edizione dei Giochi Olimpici Invernali sapranno trasmetterci.
In bocca al lupo a tutti gli atleti, allenatori, dirigenti, volontari, giudici, cronometristi, giornalisti, operatori televisivi e sponsor. E soprattutto grazie a nome anche di chi a Vancouver non c’è fisicamente, ma con il cuore condivide tutto fino all’ultimo respiro, fino a quando la fiamma verrà spenta e apriremo allora il cuore ai ricordi.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Penrith, Australia 13 febbraio 2010 -

P.S. volevo raccontarvi dell’allenamento di ieri dove abbiamo testato delle canoe nuove, ma quando si perde la razionalità e si lascia spazio al cuore succede quello che è successo!
P.S.2 non preoccupatevi però ho immagini e appunti su quanto sopra e magari domani vedo di mettere ordine nella mente mettendo in fila una serie di parole con senso compiuto.