Ho viaggiato tante volte da solo e devo dire che ogni volta che ero solo mi sono sempre trovato bene: non ho mai litigato, non sono dovuto scendere a compromessi, non ho dovuto aspettare o far aspettare qualcuno, addirittura ho sempre tollerato la puzza delle maglie sudacchiate a fine giornata!
A dire il vero se da ragazzo partivo da solo, era perché in fin dei conti volevo mettermi alla prova, misurarmi, dimostrare a me stesso qualcosa, vedere come me la sarei cavata. Così partivo con il minimo indispensabile, anzi meno.
Come divenni maggiorenne viaggiai alla Kerouak, in autostop, fino al Nord Europa, dormendo all'aperto col solo sacco pelo, spesso sotto la pioggia, e fu lì che capii che il sacco a pelo fradicio diventava così pesante che tanto valeva portarsi dietro una tendina e un libro da leggere, per trovare compagnia nei momenti in cui la pioggia costringeva a stare fermi, e che comunque mi sarei risparmiato del peso sulle spalle. Peccato, però, che non possedessi una tenda, così proseguii a infradiciarmi il sacco a pelo.
Poi finalmente, dando lezioni di canoa, potei permettermi la mitica tenda cucita dalle mani di Luigi Paracchini, pioniere di canoa e di due generazioni di noti canoisti.
Da quel momento non viaggiai più da solo, per quanto comunque non mi capitasse di litigare, di dover scendere a compromessi, di aspettare o dovermi far aspettare e abbia sempre tollerato la puzza delle maglie sudacchiate a fine giornata! Avevo trovato una compagna di viaggio premurosa e viaggiai con lei felicemente: la mia tendina Paracchini, che ogni notte mi accoglieva al riparo dalla pioggia e non arricciava neppure il naso per le mie maglie sudacchiate.
Passò poco tempo e arrivò chi volle scivolare sornionamente anche nella mia tendina, seguendomi in viaggi che rendevo sempre più impossibili, come per cercare di scaricare un fardello che talvolta mi appariva più pesante di un sacco a pelo fradicio. Stavo così bene io è la mia tendina! Non avevo bisogno di chi reggesse il moccolo a noi due, ma andò così e fu sempre più spesso così. Mi ritrovai con compagne che volevano condividere …connettersi …congiungersi, e finì che dormii meno ma vissi di più, e un giorno arrivò una donna che diede alla luce nostra figlia ma poi, come in tanti film già visti, mi ritrovai nuovamente solo…. ma anche a pagaiare più giorni per fiumi, mari o laghi con la mia piccolina.
Gli anni continuarono a passare ma la voglia di gironzolare alla randagio no: a piedi, in bici, in canoa, col caldo torrido o col freddo intenso. Nuove compagne di viaggio si intravidero per poco, prima di vacillare e poi soccombere, idem molti amici, tranne rari esemplari postatomici miei simili, e di nuovo apprezzai lo star solo, spesso solissimo, volutamente senza tenda, estate o inverno.
Tuttavia da qualche anno mi rendo conto che le volte in cui viaggio da solo non avviene più perché desidero viaggiare da solo, ma perché non trovo nessuno con cui andare: da adulti è più difficile sincronizzare i calendari (e gli obiettivi...), per quanto penso valga sempre la pena cercare di farlo. Così alla fine talvolta rinuncio a partire, perché nel viaggiare da solo ora sento che mi manca qualcosa, non dico… il connettersi o il congiungersi sotto le stelle su una spiaggetta remota al termine di una pagaiata, quello sarebbe il non plus ultra. Mi accontenterei di condividere, e non dico il pasto… che ognuno cucini con il suo fornelletto; tanto meno la tenda e neppure la canoa… preferisco le singole alle doppie! Semplicemente vorrei condividere il paesaggio che lentamente cambia, la fatica, gli odori – a parte quelli delle magliette - i suoni, le sensazioni, le emozioni, le parole intorno al fuoco, il calore del fuoco e tanto altro, tutto questo sì che trovo sia il sale del viaggio o sia più del viaggio ancora.
E se mai dovessero sorgere dei contrasti con chi viaggia con me, va bene così, e successo, succede e succederà, fa parte del viaggiare in compagnia, dell’esperienza che è la vita, di cui il viaggio ne è una metafora. Se viaggiare da soli ci consente di vivere più intensamente la pura esperienza del viaggiare, intraprendere un viaggio in compagnia ci fa vivere pienamente e diversamente i giorni tranquilli, così come le difficoltà e gli imprevisti. Ci aiuta a conoscere noi stessi e a crescere nel rispetto degli altri, nell’ascolto delle loro esigenze, nella tolleranza, nel sostenersi a vicenda, nella solidarietà, nel sopperire alle debolezze altrui, nel capire cosa non funzioni in noi specchiandoci nell’altro. Perché nell'affrontare difficoltà e imprevisti il confronto avverrà non solo con la natura ma anche con i nostri compagni di viaggio, che magari reagiranno in modo a noi inaspettato, così come gli altri potranno trovarsi da noi spiazzati. E potrà rafforzarsi lo spirito di gruppo, l’armonia e l’amicizia o all’opposto potranno generarsi tensioni, incomprensioni e separazioni, che si sommeranno alle difficoltà e agli imprevisti del viaggio, ma alla fine credo che sarà un’esperienza più vasta, più ricca e più gioiosa, perché non tua o mia ma nostra.