Marco, grazie per la segnalazione. Avevo trovato queste due discussioni
https://forum.ckfiumi.net/index.php?topic=4599.15https://forum.ckfiumi.net/index.php?topic=4552.0Quella mi era invece sfuggita. Me la leggerò con calma.
Andrea, per quanto mi riguarda credo di riconoscermi nella via intermedia.
Conosco bene i pericoli del mare (per chi lo affronta e per chi deve andare a soccorrerlo), per cui ritengo che una disciplina minima sia indispensabile.
Da un paio di mesi ho scoperto anche il mondo di canoe e kayak (che prima ignoravo quasi completamente) e mi sono reso conto che è molto variegato, sia per le caratteristiche dei mezzi adatti ad affrontare il mare, che delle capacità personali (indipendentemente dal mezzo utilizzato).
Credo che l’ideale sarebbe introdurre una disciplina specifica (come mi sembra ci sia in Francia) che, da una parte, complica e burocratizza, ma, dall’altra, differenzia e offre più possibilità.
Altrimenti pare abbastanza intuitivo che quando la norma fa di tutta l'erba un fascio, cerchi sempre di tutelare il soggetto più a rischio (per mezzo utilizzato e/o capacità individuali), per il quale anche 300 mt. dalla costa potrebbero costituire un pericolo in certe condizioni meteo marine.
In entrambi i casi preferirei una normativa chiara, di facile comprensione e tecnicamente logica.
Tornando all’oggetto di questa discussione, continuo a ritenere che sia comunque illogico pretendere che una barca minimale e monoposto, cucita praticamente addosso ad una persona, debba avere (anche) un salvagente anulare, cioè una dotazione di sicurezza pensata e costruita per barche più grandi e con equipaggio. Questo anche nel caso in cui, una Capitaneria benevola e amica dei kayak, li consideri natanti ex lett. a) con possibilità di spingersi fino a sei miglia.