La sfida con la Morte, o meglio, il rischio mortale che il canoista pare disposto a prendersi... ok. D'altronde che altro si potrebbe sfidare... che altro ci sarebbe in giro, nell'Universo? Mica tutti si contentano di sfidare la Sanbenedettese evidentemente, se no non saremmo qui a parlare. E poi in generale durante la discesa nessuno pensa proprio a sfidare la Morte, magari bada a non sbelinarsi una spalla, ma proprio a duellare con Madama della Falce non ci pensa. Dunque quello che si cerca, se non è il duello, sarà il piacere, che consiste pur sempre nel fare almeno un dispetto a suddetta Vacca la Morte (e dalle mie parti adoriamo le Vacche, non si creda!).
Però, come tutti i piaceri, anche buttarsi nei pericoli è sempre deludente e ciò principalmente perché durano troppo poco. La fase vera e propria di godimento dinamico e meccanico che proviamo durante il passaggione, il rapidone o nel chilometrone pesante e continuo, ha una durata relativamente breve, ma si sa che dall'inizio dei tempi l'uomo (e dico l'Uomo non a caso) s'è sempre dedicato con acribia a procurarsi i brevi, fugaci, evanescenti piaceri a prezzo di indicibili disillusioni, amarezze, seccature, spese, senza contare lo sproporzionato sperpero di energie e i chilometri in macchina.
E poi che piacere del cavolo sarebbe il passaggione, ammettiamolo! Prima di farlo devi rimuginarci sopra ansiosamente, poi tremano le gambe, la pressione dentro ti sgonfia, perdi le forze, la pagaia pare un crampo ai polsi, finalmente parti e se tutto va bene, ti diverti per 18 secondi e allora inizi a godere perché almeno è fatta.
Il chilometrone no, in effetti quello procura ben altra libidine. Comunque sempre si tratta di 6 minuti e 18 secondi, attimo più attimo meno. Che non è godimento da poco, lo ammetto, visto il pianeta stitico di cose belle sul quale siamo capitati.
Evidentemente quegli orgasmi fluviali avranno un senso e una ragione anche se il dott. Freud non ne ha mai parlato (ipotesi da approfondire).
E' che i nostri guizzi estremi danno talvolta un pizzico di assuefazione ed è lì che potrebbe stare lo zampino mefitico.
Il gatto che arrampica, si sa, dispone di sette vite sette, il gatto che pagaia ne ha dieci o venti volte il doppio. Ho visto eserciti di pagaiatori di tutte le risme infilarsi nei dintorni stetti del disastro per uscirne sempre in vita, con tecniche magari eterogenee, spesso senza rendersene conto. Non ho mai capito perché, non so cos'abbiamo fatto di buono noi canoisti per meritare un simile trattamento, ma è un fatto. Per arrivare alla tragedia pare occorra accumulare un numero inverosimile di concomitanti e convergenti concause, negligenze e sfighe. Nonostante questo però, anche se venti volte il doppio di sette facesse duecentonovanta, alla fine...
ecco, credo che sia proprio questo il punto, è un fatto di numeri: la statistica ci ucciderà. Quando ti parrà di aver già giocato un po' troppi jolly forse dovrai pensare allora a una soluzione. In un prossimo messaggio al forum rivelerò come può organizzarsi il canoista che ha già giocato uno sproposito di jolly e comunque, nonostante che abitino la Terra oltre sette miliardi di individui e non si trovi in nessun modo parcheggio, si ostina a voler vivere ancora.