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Filippo Caminati:
il problema che poni può essere condiviso ma allora con questo ragionamento cosa cambia dalla specialità discesa fluviale alla canoa velocità? se si continueranno a fare dei fiumi troppo facili si arriverà ad un appiattimento della specialità, non dico di fare sempre gare sul 4° grado ma si possono fare su un 3° e andrebbe benissimo, ovvio che bisogna arrivarci per gradi. Se però facciamo crescere i nostri ragazzi su fiumi facili posi cosa potrebbe succedere se si trovassero poi a fare delle gare internazionali sul 4° grado, altro che 1 canoa rotta....

roberto.bussolino:
purtroppo i problemi in cui versa la discesa non sono risolvibili solo organizzando gare più difficili:
--chi le organizza? le società hanno sempre meno risorse e persone disponibili a lavorare ( almeno la mia e altre che conosco) infatti sono sempre meno i club che richiedono l'organizzazione.
--si trovano sempre più ostacoli burocratici da parte degli enti locali
--i costi per il salvamento e logistica chi li paga?
--infine da alcuni anni si è assistito ad una progressiva riduzione della difficoltà (almeno nella classica), vedi Karlovy Wary(si scrive così?), Ivrea, e le gare di quest'anno, infatti molti discesisti praticano anche la velocità o forse viceversa, dei velocisti provano a fare discesa, devo dire con buoni risultati (c2 junior italiani sull'adda), che però è indice di scarsa vitalità.
discorso forse a parte per le sprint che vengono fatte nei canali artificiali di slalom, in cui spesso le difficoltà sono molto elevate, a scapito della partecipazione e dello spettacolo(se non quello comico dei numeri degli atleti meno bravi)

maurizio bernasconi:
Sono state già dette molte cose sensate. Ecco come la vedo io.
Nella discesa la partecipazione a numerose gare resta forse il miglior modo per imparare, ma non dovrebbe essere l'unico. Certo chi abita a Merano ha meno problemi sia per la possibilità di ricevere un insegnamento completo sia per la logistica semplificata di un ottimo percorso quasi sotto casa. Ma gli altri devono lottare, fare chilometri e rubare esperienza dove possono. Solo quando si entra nel giro dei probabili nazionali si trova finalmente l'occasione giusta nei raduni (quasi giusta, come vediamo), prima è un guaio. Non tutte le società dispongono, non direi tanto di un tecnico nel senso di preparatore atletico, ma proprio di un maestro. I ragazzi impareranno comunque, quelli che non mollano, ma in un numero di anni eccessivo, qualche volta attraverso esperienze traumatiche. Toccherà loro passare da tutti gli errori e da tutte le incertezze come chi li ha preceduti. Certo in questo modo la selezione è davvero severa. Mi sembra un po' ridicolo che molti giovani sprechino anni e debbano quasi reinventare le cose scontate che sarebbe tanto facile insegnare attraverso una programmazione abbastanza semplice e raduni in località idonee cioè fiumi sì di IV grado, ma privi di pericolo.
Per esempio la Dora Baltea è un fiume che, a parte la velocità della corrente, non presenta difficoltà davvero eccessive tipo buchi, rulli, banane, grosse onde, curve strette, eppure in caso di bagno le conseguenze possono essere dolorose. Sono affezionato e frequento quel fiume, adatto a organizzare un Campionato Italiano, però non lo definirei un campo scuola, è quasi impossibile scaldarsi e la discesa dura il tempo di una fucilata.
Ovviamente penso che invece il Sesia in maggio e giugno, (scusate, se non posso fare molti altri esempi non è colpa solo della mia poca fantasia) presenta grandi rapide di acqua pulita, non gelida, massi arrotondati con laghetto terminale per il recupero, accesso stradale quasi sempre ottimale.
In tutti i casi, anche se le gare si svolgono sul facile, un discesista deve possedere tutti gli elementi per stare sul fiume, non mi dilungo sul perché soltanto vorrei ricordare l'ultima edizione dei mondiali su una Noguera Pallaresa quasi in piena dove le ragazze della squadra italiana hanno avuto giustamente il magnifico coraggio di partire o la sprint di Ivrea che era un V grado checché se ne possa dire.

mariano bifano:
Ciao a tutti.
paro subito con una domanda a Raffaele:
Secondo  te dove sono cresciuti i big della canoa italiana? (Pontarollo, Mercati, Bifano Paolo, Arenare,Ceccato, Mulazzi ect..) ti posso giustificare solo al fatto dei giorni di ferie xche' la maggior parte di loro sono tutt'ora forestali, altri invece facevano, anzi fanno oltre 1000 km per affrontare le gare al nord. Ricordo raduni nel 94/95/96/97 sul sesia (in piena) c'ero anche io ero ragazzo, si perdevano giorni di scuola e le canoe si usavano fino all'ultima pezza, pronte a ripararle da mattina a sera,  ti assicuro che non e' mai morto nessuno. Poi se parliamo di spese l'argomento diventa ancora piu' delicato, esistono le tende come esistevano 20 anni fa, oppure sono troppo scomode? non basta essere tre giorni prima sul campo di gara, ma tutta l'estate sui fiumi per imparare l' ABC della fluviale che molti canoisti ti assicuro non conoscono. Non basta conoscere il fiume e le sue linee piu' veloci, ma saperci danzare sopra. Mauro, dici cose giuste ma non nuove, sono anni che si parla dei raduni sui fiumi tecnici nei periodi estivi, se la federazione non interviene che intervengano le societa' o gli atleti stessi, invece di farsi le ferie al mare, che si armino ti tende e bici e via in val di sole. Speriamo in un 2011 sereno di poche chiacchiere e tanta acqua sui fiumi, ah dimenticavo visto che a Valstagna fa freddo la nazionale Svizzera come fecero  la Francia e la Rep. Ceka gli anni passati hanno scelto come meta Policastro Bussentino per allenarsi dal 2 al 12 gennaio. chi vuole aggregarsi mi contatti. Mariano

Ettore Ivaldi:
So che non interessa nulla e che Canzano giustamente dice che alla base poco importano i problemi del vertice. A mio modestissimo avviso però il problema  è direttamente proporzionale. Mi spiego meglio. Se al top non c’è una squadra di professionisti che coordina e che abbia le capacità professionali per farlo non capisco come si possa pretendere che la base migliori  e cresca e che l’attività abbia un minimo di criterio logico e costruttivo. Mentre è facile coinvolgere tutti con belle parole e pochi fatti concreti.

Mi chiedo come si possa scrivere un editoriale su “Nuova Canoa Ricerca” in cui il consigliere responsabile del Centro Studi, Ricerca e Formazione” della Fick parlando dei successi di Daniele Molmenti  scrive: “... l’ammirazione e i complimenti per questo grande atleta non possono che coinvolgere quanti hanno concorso ai suoi successi e a quelli di un team che,  a dimostrazione dell’ottimo lavoro svolto in questi anni, appare forte in tutti i settori e in tutte le categorie”.

Ora il professor Argiolas dovrebbe conoscere i risultati dello slalom che dicono chiaramente che sono il frutto di alcune belle individualità e non certo per il lavoro di un team. Certo è che non si può parlare e scrivere di successi in tutte le categorie per chi conosce il nostro sport. Sono cinque, oggi, le categorie dello slalom e solo nei kappa uomini possiamo dire di avere elementi interessanti per un paio di generazioni. Per le altre categorie ci dobbiamo arrangiare su una unità o su atleti che cercano di sopravvivere tra gli acciacchi dell’età e l’assoluto abbandono tecnico. Categorie che non hanno vivaio, brancolano nel buio, non hanno tecnici, organizzazione e idee lungimiranti  in grado di sostenerle. 
Ora in questi ultimi sei anni lo staff tecnico nazionale dello slalom  ha subito una sorta di mutazione di ruoli sulla carta con incarichi dai nomi altisonanti, ma nella pratica la logica è sempre stata la stessa. Ruoli che necessiterebbero di professionisti che lavorino a tempo pieno e non in rari week-end al fine di coordinare e sostenere anche il lavoro della base.
Dove c’è un allenatore ci sono gli atleti. Gli esempi sono semplici. La Lega Navale di Genova con Elena Bargigli part-time ha fatto un bel salto di qualità a livello numerico anche se non c’è possibilità di avere risultati internazionali a breve. Che cosa sarebbe se alla brava allenatrice (con titolo e studi completati con lode in scienze motorie) si offrisse la possibilità di lavorare a tempo pieno nel suo club coordinando di conseguenza anche l’attività giovanile nazionale? La Marina fa 10.000 punti all’anno, che significa tutto oppure niente, ma che conferma comunque il lavoro sulla base grazie a personale dedicato a questo e ben coordinato da Nello Ricciardi.
La base deve trovare nella centralità e nel vertice punti chiari di riferimento, spunti per lavorare, informazione, stimoli a migliorare. C’è stato un Symposium allenatori internazionale, due raduni con le squadre senior, una stagione di Coppa del Mondo, Europei e Mondiali e non c’è un rigo scritto, una analisi concreta fatta e presentata alle società, non è stato promosso nessun convegno o incontro al fine di rendere partecipi tutti di una crescita che nasce proprio dal coinvolgimento.

Facciamo finta di niente se si convoca un atleta che ai campionati italiani assoluti arriva 16esimo in C1  e che finisce in K1 in  coppa del mondo al 153esimo posto. Passiamo sopra anche al fatto che  atleti medagliati ai   mondiali al raduno con la squadra si pagano sei euro di tasca loro per poter scendere sul canale pur di allenarsi invece di andare sull’acqua piatta oppure se si prediligono lavori aerobici quando si ha la possibilità di lavorare tecnicamente su uno dei più bei canali di slalom al mondo. Passiamo sopra anche al fatto che di anno in anno i tecnici nazionali transitano da un settore all’altro e che non abbiano i titoli per farlo e neppure l’esperienza con squadre di club o giovanili. Che le premiazioni siano solo passerelle politiche. Va bene tutto ormai, ma, per onestà intellettuale, non chiedeteci di restare in silenzio, di non esprimere il proprio dissenso ad un sistema che non premia il lavoro e la competenza, ma esclusivamente la capacità di rispondere sempre sì!

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

P.S. insisto a dire che la discesa deve puntare sullo  sprint sui canali. La sicruezza è assicurata e anche il divertimento e se poi lo si  abbina allo slalom ci potrebbero essere anche soddisfazioni a cinque cerchi. L'altra via sono le marathone l'esempio più emblematico è l'Adigemarathon che attira oltre mille partecipanti.

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