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Ettore Ivaldi

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DI COSA PARLIAMO?
* il: Dicembre 21, 2009, 09:48:24 am *
Cosa  dite, visto il momento stantio e assonnato, se parliamo di allenamento, tecnica , preparazione fisica, progetti, programmi e obiettivi 2010, può essere una bella idea?
Approfittiamo di questo periodo particolare dell'anno e relativamente tranquillo per confrontarci e per preparare al meglio la prossima stagione dello slalom  in attesa di conoscere i  programmi più dettagliati dalla Federazione  che tardano ad arrivare. 
UNO SGUARDO AGLI APPUNTAMENTI 2010

Il calendario internazionale 2010 sarà intenso e lungo sia per i settori assoluti che per il settore junior. Per quest'ultimi sono previsti i campionati del mondo in Francia a Foix la seconda settimana di luglio e i campionati europei ad Agosto su un canale impegnativo come è quello di  Leipzig (Germania). Il settore senior ha il suo massimo appuntamento a settembre con i mondiali a Tacen (Slovenia), ma ad aprire le danze saranno i campionati europei ai primi di giugno a Bratislava (Slovacchia) per proseguire poi tra fine giugno ed inizio luglio con la coppa del mondo. Prima però bisognerà passare le selezioni e ancora prima si dovrà preparare la stagione con allenamenti per tutto l'inverno e la primavera.
Un programma ambizioso, impegnativo, lungo e faticoso  e per chi vorrà essere presente e protagonista non c'è tempo da perdere deve buttarsi a capofitto nella preparazione, nell'allenamento, in quel  vortice che per molti atleti è già iniziato ad ottobre, anche se il 2010 potrebbe essere per molti una annata  transitoria e finalizzata soprattutto alla qualifica olimpica nel 2011.
Cosa e come si prepara quindi in casa Italia la prossima stagione? Purtroppo molto non ci è dato a sapere, visto che  programmi, meeting o semplici e-mail non vengono diramati neppure a chi è coinvolto, se pur indirettamente con i propri atleti e club, in quello che dovrebbe essere la programmazione annuale. Abbiamo appreso a mala pena una bozza di calendario, di cui abbiamo già avuto modo di parlare nel dettaglio esprimendo molte perplessità. Ieri poi abbiamo preso visione della versione definitiva. Mi ero illuso che dopo le osservazioni fatte qualche pulce nell’orecchio era entrata e invece assolutamente nulla. Ribadisco l’assurdità di fare un campionato italiano junior il 30 maggio a Vobarno in una gara aperta ad allievi, cadetti e ragazzi. Un’assurdità se si vuole far crescere questi giovani che poi affrontano gare internazionali decisamente impegnative dal punto di vista dei percorsi.
Altro evidentemente è top-secret... anche per gli stessi atleti!

SETTORE JUNIOR SLALOM

Gli junior hanno fatto un raduno di quattro giorni a Valstagna agli inizi di dicembre sfruttando il ponte dell'Immacolata e ne è previsto uno successivo agli inizi del prossimo anno (sempre per sentito dire o come si suol dire per voci di corridoio). Il settore Junior dello slalom sembrerebbe non avere più come tecnico responsabile Mario Veronesi, così ci ha comunicato lo stesso allenatore, ma chi lo sostituisca non è ancora chiaro. La nostra speranza è che venga offerta la possibilità a qualche tecnico competente di seguire a tempo pieno questo settore che, esclusi 4 kayak uomini e un C1,  è decisamente da costruire partendo dalle basi, senza fretta e senza illusioni di sorta. Le donne hanno oggi ritardi troppo pesanti per pensare di poter avvicinarsi ad una finale mondiale a breve. Abbiamo rivisto in acqua Clara Gia-Pron che dopo diversi mesi di inattività per l'operazione alla spalla sta riprendendo contatto con l'acqua mossa e le porte. I Kayak uomini dispongono di tre buoni atleti di sicuro talento e grande determinazione con  un quarto che rincorre e che, se seguito, potrebbe colmare il gap che lo divide dal resto del piccolo gruppo in fuga. Alle spalle però di questi 4 moschettieri il vuoto generazionale. Nella canadese monoposto "Big Foot" come è chiamato amichevolmente Roberto Colazingheri dai suoi compagni di squadra, ha fatto vedere delle belle cose che devono essere però curate con estrema precisione e tranquillità senza forzare i tempi. Dietro di lui o con lui nulla!  Per parlare di altri atleti nella canadese monoposto  dovremmo pazientare ancora qualche anno. La canadese doppia disponeva di un equipaggio fino all'anno scorso che, secondo il mio modesto parere, è stato bruciato sul nascere con apparizioni in Coppa del Mondo decisamente inutili. Il passaggio nella categoria senior di Fiumara ha chiuso il ciclo junior della C2 e chissà quando riusciremo a rivedere un equipaggio in acqua in questa categoria. Il passaggio di Fiumara nella massima categoria ha rilanciato Daniele Negro nella specialità singola, ma il rischio è quello di vederlo seguire la strada già percorsa dal suo compagno di società Giordano Cacchioni. Su quest'ultimo atleta la Fick aveva investito tempo e denaro convocandolo ai mondiali di categoria nel 2008 e agli europei nel 2009. Passato senior la stessa Fick non ha pensato di continuare il lavoro intrapreso e lo stesso atleta sembra demotivato come la sua compagna di società Eleonora Esposito. Motivazione? Chiedetelo a chi di dovere.
Bisognerebbe iniziare a fare un pensierino sul settore canadese donne ed iniziare a programmare raduni e opportunità per questa categoria che essendo agli albori potrebbe aprire un po’  più facilmente le porte alle nostre ragazze. Ho già avuto modo di parlare a lungo di questa nascente categoria, qui voglio ricordare che la canadese è una specialità molto tecnica che ben si addice al settore in rosa. Meditate allenatori e allenatrici!

PROPOSTE

Vista la realtà azzardo a fare qualche proposta concreta per il settore junior giusto per offrire punti di riflessione con la speranza di stimolare menti abbandonate all'oblio del signor sì.
La prima che suggerisco è quella di  rimettere in piedi l'idea del "College della Canoa" per offrire ai giovani un punto di riferimento. Faccio solo alcuni esempi. Il primo è legato al settore femminile. In questo momento le uniche atlete che si stanno cimentando nello slalom sono liguri e si allenano prevalentemente sul mare. La loro principale carenza, ovviamente dal mio punto di vista, è l'aspetto tecnico sull'acqua che corre, che purtroppo o per fortuna fa parte del nostro spettacolare sport. Ho visto in loro una grande energia, una voglia incontrastata di pagaiare, di impegnarsi senza lesinare fatica, ma il problema è altrove. E' inutile girarci attorno. Loro hanno bisogno di passare molte ore sull'acqua mossa, fra le porte e nello stesso tempo avere la possibilità di proseguire bene negli studi.
Il secondo esempio è legato all'opportunità sfruttare realtà esistenti. Prendiamo ad esempio una allenatrice a caso come Elena Bargigli che ha creato dal nulla un gruppo di giovani atlete e che, malgrado l’infelice collocazione geografica, crede nelle potenzialità del lavoro che sta portando avanti.  La Federazione dovrebbe offrirle  un lavoro a tempo pieno in una struttura capace di metterla nella condizione di poter lavorare sull' acqua mossa con strutture  per ospitare le sue ragazze.
Se volessimo rilanciare le canadesi poi si potrebbe chiedere a  Francesco Stefani,  che ha sicuramente maturato negli anni una grande esperienza nella canadese monoposto, di dedicare tempo ed energia ad un progetto serio a medio, lungo termine. Ci si potrebbe appoggiare al Canoa Club Kayak Valstagna e a Ivan Pontarollo che dispone di infrastrutture, mezzi, personale e soprattutto grande spirito imprenditoriale unito a idee sane e lungimiranti.
La seconda proposta è quella di  pianificare oggi l'attività estiva e non dopo domani. Come? Semplice un tecnico, un mezzo, un piccolo budget, un navigatore satellitare 6 atleti junior che il 15 giugno salgono sul pulmino e ritornano il 14 settembre. Per andare dove? Semplice! Su fiumi, canali, gare in Europa. Per far cosa? Per vivere, per crescere, per dare speranza allo slalom italiano. Questo per la verità l’avevo già suggerito al responsabile del settore che accetta di disputare i campionati italiani a fine maggio per gli junior e che accetta pure le selezioni ad aprile per questa categoria. Semplicemente assurdo visto che i mondiali sono a luglio e gli europei ad agosto.
Credetemi!  altre soluzioni non ce ne sono.  Diffidate di chi è il primo a non credere nelle potenzialità della canoa e che non ha il coraggio di investire o di trovare in questo sport la sua fonte primaria di entrata economica. Come si può chiedere agli atleti di comportarsi da professionisti se chi dovrebbe dirigerli, allenare e seguire non lo è, in un mondo fatto di professionismo?

                     Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

fine prima parte

Mauro Canzano

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #1 il: Dicembre 21, 2009, 01:54:39 pm *
Leggo le tue parole e penso...penso alla canoa e penso ad altri sport vicini e lontani dal mio mondo, penso alla meritocrazia  ( non per gli atleti dove - almeno negli sport di prestazione - è data da un dato empirico ) ossia un sistema di valutazione degli individui,basato esclusivamente sul riconoscimento dei meriti da loro acquisiti, penso allo start up e organizzazione dei quadri tecnici.

1) Si parla tanto e solo di quadri tecnici federali  relativamente ad allenatori ( per altro un numero esiguo....per slalom e discesa quanti ? 8 in totale ? ) che stanno a contatto con gli atleti per quanto: 40 giorni l'anno ? ed i rimanenti 325 giorni l'anno ? I rimanenti 325 giorni l'anno sono lasciati in mano agli allenatori socilai . Ma purtroppo il panorama della formazione degli allenatori in Italia appare molto frammentato, contraddittorio e nel complesso inadeguato al mutamento delle organizzazioni sportive e del panorama mondiale . Nella maggior parte dei casi da me vissuti in prima persona e non sono stati dei veri e propri autodidatti, motivati soprattutto dall’entusiasmo e dallo spirito associativo.

2) Caro Ettore così come tu faresti un pulmino con 6 junior per andare in giro 3 mesi per canali in tutta Europa così servirebbe fare qualcosa di simile con 6/8 tecnici  giovani che formerebbero la base del futuro per la federazione . I pilastri sono gli allenatori e non gli atleti e questo purtroppo con mio grande rammarico non è ancora stato capito. Un allenatore deve a vere in primis una certa competenza data dallo studio, pratica sul campo data da anni di contatti giornalieriu con gli atleti seguiti, conoscenza internazionale ed infine risultati /riscontri positivi del proprio lavoro. Insomma se Lippi non avesse vinto i mondiali di calcio non sarebbe rimasto al suo posto perchè una persona capace e preparata...

3) Guardiamo agli altri sport in un contesto come l'Italia ( senza fare paragoni con UK, Francia o per altri versi paesi dell'Est )...guardiamo il rugby. La Fir , constatando l'estremo ritardo del rugby italiano che non si basava su di una scuola ma lasciava l'incombenza di creare "atleti internazionali " a pochi club o acquisendoli come oriundi ,  ha definito il progetto per l’istituzione, presso i club  dei “Centri di Formazione Permanente per l’Alto Livello”.
Le “Accademie dei club” sono riservate agli atleti della categoria Under 17 ed Under 16 considerati di interesse federale, al fine di formare atleti in grado di rispondere sempre più alle attuali e future esigenze dell’alto livello, fornendo loro le migliori condizioni – tecniche, logistiche, scolastiche – per la loro crescita umana e sportiva. Il lavoro sul campo delle nuove strutture, che sorgeranno su territorio nazionale in numero massimo di quattordici, sarà coordinato, in collaborazione con le società, dal Settore Tecnico Federale.
Gli atleti di interesse federale che parteciperanno ai Centri di Formazione Permanente per l’Alto Livello presso i club verranno tesserati secondo la formula del prestito annuale per la squadra presso la quale sorge l’”Accademia”. Il cartellino di ogni singolo atleta resterà di proprietà del club di origine per tutta la durata del progetto - Accademia di ciascun giocatore.
La Federazione garantirà a ciascun Centro un contributo economico di 1.000 euro alla società di provenienza del giocatore che accetterà il “Progetto Accademia”; 5.000 euro alla società sede dell’Accademia per ogni giocatore coinvolto nell'iniziativa; 12.000 euro al club sede dell’Accademia per ogni giocatore che verrà tesserato con trasferimento temporaneo di un anno e che stabilirà il proprio domicilio nelle strutture per alloggio indicate dal team stesso; 30.000 euro alla società sede dell’Accademia quale contributo per lo staff tecnico.
Chi farà richiesta per l’istituzione di una propria Accademia dovrà soddisfare una serie di requisiti ritenuti imprescindibili da un’apposita Commissione Federale; su tutti una sistemazione alberghiera ed una disponibilità scolastica di alto profilo, che unitamente al campo da gioco ed allenamento, alla palestra ed alle strutture medico-fisio-terapiche verranno valutate due volte l’anno dalla Commissione stessa.
Ogni club aderente dovrà inoltre garantire uno staff che seguirà a tempo pieno gli atleti che aderiranno al progetto, e di cui dovranno fare parte un Responsabile dell’Accademia, un tutor scolastico, un allenatore di III livello esperto della categoria Under 17/Under 16, due specialisti per il ruolo degli avanti e dei trequarti, un preparatore fisico in possesso di brevetto FIR, un nutrizionista, un video - analyst, un arbitro e un medico.
La FIR ha inoltre fissato una serie di criteri territoriali per l’istituzione delle Accademie dei Club, che potranno sorgere – come anticipato in numero massimo di quattordici – secondo questo schema:

3 Centri in Veneto
2 Centri in Lombardia, Emilia Romagna e Lazio
1 Centro in Sicilia
1 Centro in Abruzzo/Marche
1 Centro in Liguria/Piemonte
1 Centro in Sardegna/Toscana/Umbria
1 Centro in Calabria/Campania/Puglia

"Questo nuovo progetto – prosegue il Presidente federale – rappresenta un consistente impegno economico per la FIR, convinti che si tratti di un investimento tecnico e strutturale che ci permetterà un ulteriore salto di qualità verso l’alto livello, potenziando i Club e, di riflesso, tutto il movimento”.

Mauro Canzano

enrico lazzarotto

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #2 il: Dicembre 21, 2009, 10:14:31 pm *
PAROLE SANTE.....
enricolazz

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #3 il: Dicembre 21, 2009, 11:24:48 pm *
La luce che il gallo ha visto deve essere dirompente, deve essere la stessa luce che da sempre illumina il fiume che scorre in alcuni di noi! Purtroppo isolati e tenuti a distanza: il buio è il silenzio della luce.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Mauro Canzano

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #4 il: Dicembre 22, 2009, 01:55:34 pm *
Facta, non verba....

Credo che le parole siano belle molto belle ma nel concreto bisogna sottostare a diverse condizioni , tra cui non ultima la condizione economica in cui tutte le federazioni vessano...
Purtroppo la condizione economiche non sono delle migliori e l'ho potuto constatare dal vivo sulla mia pelle. Tante le idee poche le speranze di metterle in pratica....e qui non ne faccio colpa all'attuale federazione. Per la discesa si è stretta la cinghia all'inverosibile e i fatti hanno dato buon riscontro. D'altro canto si potrebbe e dovrebbe fare di più in tutti i settori ( senza dare colpe a nessuno degli attuali staff , almeno per quel che mi riguarda).

Se posso allora ti faccio due appunti/ domande:

1) ma sei sicuro che se tu fossi alla guida tecnica non ti sostituiresti agli attuali vertici, senza dare voce al popolo ? Senza cercare di circondarti di tecnici validi ( ed  avvalorati da risultati e medaglie vinti, da atleti "allevati" ) ? senza dare voce ad un esigenza societaria chiara ed imprescindibile per un futuro italiano internazionale: capillarizzazione degli staff tecnici della nazionale . Con questo non voglio dire che sia facile ed immediato....ma bisognerebbe provarci.  Chi sorveglierà i sorveglianti ?

2) dalla prima domanda/appunto segue la seconda...non dovrebbe esserci un unico detentore del potere tecnico. Espongo meglio : dovrebbe esserci una guida tecnica ( scelta meritocratamente ) che guidi un team di allenatori in un numero superiore alle 3 unità. La parola d'ordine dovrebbe essere quella di: allargare le basi tecniche dando voce e possibilità a quest'ultimi elementi di esprimere le proprie potenzialità e non soltanto di figurare .

Meriti ne devono essere riconosciuti a questa federazione a partire dalla creazione di una nazionale giovanile fino ad un iniziale allargamento dello staff tecnico. Tutti però si dovrebbe essere soggetti ad un continuo aggiornamento e confronto per non cadere in un errore normale: quello di chiudersi nelle proprie convinzioni.


La socializzazione secondaria per un bambino inizia intorno ai 5 anni nel momento in cui entra nel mondo esterno alla famiglia. La socializzazione secondaria, è quell'insieme di pratiche messe in atto dalla società che consentono agli individui di assumere ed esercitare ruoli adulti. I ruoli cambiano e/o si evolvono nel tempo, inoltre sono tra loro interdipendenti per cui una svolta nell’ambito di un ruolo può comportare cambiamenti e/o assestamenti negli altri ruoli che il soggetto ha. La socializzazione secondara di un giovane canoista inizia da allievo....quindi che senso ha metterci persone alle prime armi vicino ? che senso ha insegnare aspetti della canoa "sbagliati " per poi cercare di correggerli con enormi difficoltà in seconda battuta ? che senso ha non adeguarsi agli scenari internazionali in termini di quantità e qualità di allenamento ? che senso ha compiere errori in buona fede che purtroppo possono avere ripercussioni notevoli non soltanto sulla vita "canoistica" di un individuo ma nella sua sfera psicologica globale ?

Mauro

andrea bertani

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #5 il: Dicembre 26, 2009, 07:11:08 pm *
Leggevo anche quello che ha scritto Mauro...

Per Mauro: ehehehe ( scusate risata ! ) ma i recenti fatti non danno ragione ad alcune tue affermazioni...

1) " Tante le idee poche le speranze di metterle in pratica....e qui non ne faccio colpa all'attuale federazione. Per la discesa si è stretta la cinghia all'inverosibile e i fatti hanno dato buon riscontro. "
Voci di corridoio dicono che ci sono meno di 10 atleti al raduno giovanile a valstagna in corso d'opera su più di 20 convocati ! Ed udite udite : LA MAGGIOR PARTE SENZA AVER AVVISATO LA FEDERAZIONE !!! Quali dovrebbero essere le conseguenze ?
Caro Mauro mi sembra che i risultati non siano dei migliori vista così...

2) " ma sei sicuro che se tu fossi alla guida tecnica non ti sostituiresti agli attuali vertici, senza dare voce al popolo ? Senza cercare di circondarti di tecnici validi ( ed  avvalorati da risultati e medaglie vinti, da atleti "allevati" ) ? senza dare voce ad un esigenza societaria chiara ed imprescindibile per un futuro italiano internazionale: capillarizzazione degli staff tecnici della nazionale . Con questo non voglio dire che sia facile ed immediato....ma bisognerebbe provarci.  Chi sorveglierà i sorveglianti ? "

Qui Ivaldi latita nella risposta...come mai ? Avrà mica paura di quello che potrebbe dire ?!

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #6 il: Dicembre 26, 2009, 10:26:33 pm *
Non rispondo perchè ho risposto con i fatti quando ero alla guida della canoa fluviale italiana dal 2001 al 2004 dove tutto ciò era la mia base di lavoro. In 4 anni ho messo in atto un piano di trasformazione di un sistema con cui si è vissuto di rendita fino al 2008. Non rispondo  io rispondono i risultati ottenuti a 360 gradi in quel periodo, ma non solo in termini agonistici  e senza falsa modestia, ma grazie all'impegno di chi credeva nella forza del lavoro e non nelle chiacchiere!
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #7 il: Marzo 26, 2010, 10:07:30 am *
La signora Rosetta è una nostra coinquilina ed  è della stessa classe di mia mamma: 1921, 89 primavere classe di ferro!!! L’altro giorno eravamo seduti a tavola tutti e quattro per il pranzo ed è arrivata, piena di energie, a raccontarci e a mostrarci inviti e foto della festa di compleanno di sua sorella che di primavere ne ha festeggiate 96!  Era euforica più del solito e nonostante le due rampe di scale che ci dividono è scesa e risalita per  ben due volte con passo da bersagliere e con foto e pergamene. Che spirito, che energia!
Ma tutto ciò non centra molto con il fatto che vorrei e condividere con voi il lavoro fatto l’altro giorno con i ragazzini del Club e fare due riflessioni sullo slalom.

Secondo me uno dei punti chiave del nuovo slalom è lo sdoppiamento del lavoro con gambe e busto, anche se ,per la verità, non è proprio una grandissima novità. Diciamo però che con i tracciati attuali e le nuove concezioni del kayak questo movimento si esalta all’ennesima potenza. Ora il problema diventa quello di trasmetterlo ai giovani che molto spesso trovano difficoltà nel percepire quest’azione disgiunta. Per chi di voi è sciatore e si è convertito allo sci sciancrato può capire bene di cosa sto parlando.
Come dicevo, alcuni giorni fa, mi sono divertito con loro a cercare di metterli in crisi per far sentire la continuità della rotazione della coda in una  porta in risalita. Partendo dalla relativa staticità del Duffek, dopo la rotazione delle spalle, supportato dell’azione dinamica della spinta delle gambe, con rotazione della coda e successiva trasformazione propulsiva verso valle, abbiamo cercato di sentire questo sdoppiamento dell’azione. Certo detta così sembra la teoria della relatività, ma in sostanza si tratta semplicemente di caricare una molla  per poi liberarla il più velocemente possibile. Non bisogna avere fretta nella prima parte e soprattutto non bisogna perdere il contatto con il terreno che, nel nostro caso, è l’acqua. Infatti dallo stesso elemento ci arriva l’equilibrio e in molti casi anche la spinta di uscita.
Ora concetti che sembrano molto complessi in realtà diventano banali se concepiti e realizzati con mezzi idonei e presentati ai giovani con continuità e logica. E’ difficile infatti metterli in opera se il ragazzino non ha una canoa e una pagaia che gli permettono di fare tutto ciò e soprattutto adatte alle sue caratteristiche antropometriche. Non può nemmeno metterli in pratica se nessuno lo mette sull’avviso che tutto ciò può esistere. Bisogna aiutarlo a scoprire gesti e movimenti, bisogna cercare di permettere al proprio interlocutore di arrivare alla soluzione dopo graduali passaggi. Aiuta molto anche vedere all’opera grandi interpreti dello slalom mondiale. Su internet è facile reperire molti video. Riflettendo sull’evoluzione di questo nuovo slalom credo che sia balzata all’attenzione di tutti la dinamicità del gesto legato alla ricerca di una continuità d’azione e fluidità dello scafo. Su cosa dobbiamo lavorare quindi con i nostri giovani per cercare di metterli su questa strada? Credo che anzitutto si debba partire dall’acqua piatta per apprendere con tranquillità e sicurezza il lavoro di rotazione di spalle e conseguente rotazione della coda della canoa. Apprendere ed esercitarsi sul modo con cui ci si approccia alla risalita stessa: la pala in acqua diventa il nostro diretto interlocutore e soprattutto è una sorta di sonda che ci fornisce informazioni precise sulla consistenza dell’acqua. La pala in acqua permetterà anche di prendere le giuste distanze dal palo interno fornendoci un pronto attacco nel momento in cui davanti al soggetto si apre la “luce” della porta stessa.
Una volta che tutto ciò diventerà un  gesto naturale si potrà pensare di portare il tutto su acqua più impegnativa.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

P.S. mi dispiace per Andrea Bertani (il cognome per noi veronesi si associa a una casa vinicola  che nasce nel 1857 a Quinto di Valpantena, e produce un eccezionale Amarone Classico,  un vino senza tempo, con l’appassimento naturale sulle “aréle” delle uve Corvina e Rondinella e l’affinamento in grandi botti per almeno sei anni) che fa brutti sogni su staff tecnici della canoa italiana e su meritocrazie varie. Non c’è ragione. C’è forse sentore che qualche cosa non va bene? Pensavo anch’io un tempo che forse era così, ma mi sbagliavo visto che nessuno, né  atleti né  società, si lamentano, quindi deduco che Bertani e un tempo il sottoscritto si sbagliavano di grosso! Facciamo come consiglia il buon Skillo: affidiamoci alla Buona Fortuna e andiamo avanti convocando atleti che prendono diversi secondi dai ragazzi, allenatori per la canadese che certo competenze non hanno,  responsabili junior che si presentano mezza giornata. Per non parlare delle
donne allo sbando senza compagnia
Negli occhi hanno dei consigli e tanta voglia di avventure e se hanno fatto molti sbagli sono piene di paure
Le vedi pagaiare  insieme
nella pioggia o sotto il sole
dentro pomeriggi opachi senza gioia ne dolore
Donne du du du
pianeti dispersi ,
per tutti gli allenatori  così diversi
Donne du du du amiche di sempre
donne alla moda donne contro corrente (spesso e volentieri)
Tra le mani hanno le pagaie
per volare ad alta quota
dove si respira l'aria e la vita non è vuota
Le vedi pagaiare  insieme nella pioggia o sotto il sole
dentro pomeriggi opachi
senza gioia ne dolore
Donne ,ooh
Donne ,
Donne
Donne ,
Don ne
Donne du du du in cerca di guai
Donne in canoa senza scendere mai
Donne du du du in mezzo ad un fiume
donne allo sbando senza compagnia



Marco Terenzio

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #8 il: Marzo 26, 2010, 06:19:16 pm *
Ciao Ettore,
a quando una pubblicazione italiana di tecnica di slalom?
possibile che io non abbia di meglio, del sito della BCU: www.slalomtechnique.co.uk/index.php
'Fast & Clean, Forever' (M.Terenzio)
www.arenzanocanoa.com

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #9 il: Marzo 27, 2010, 06:59:14 pm *
La seconda riflessione è legata ad una comparazione fra l’allenamento e la gara. Sempre, all’inizio di ogni proposta di allenamento mi faccio questa domanda: ai fini del risultato e quindi della gara a che cosa mi porterà l’allenamento di oggi? Molto spesso ricordo all’atleta che si sta allenando per un obiettivo chiaro e non per il piacere di farlo, visto che se fosse così ci sono tanti altri modi per divertirsi e tenersi in forma, tipo una bella partita a tennis, una corsetta o una bella biciclettata in montagna, anche un po’ di palestra non è poi così  male. Questo si chiama fitness.  Troppo spesso ci si allena per allenarsi perdendo il chiaro obiettivo della competizione. Così facendo però l’atleta di livello si mette in pace con se stesso e la sua coscienza affidando al fisico la risoluzione dei suoi problemi.  Mi convinco sempre di più che molti allenamenti hanno poca utilità al fine del raggiungimento dell’obiettivo. La specificità diventa lo strumento trainante per una programmazione dell’allenamento. Mi impressiono nel vedere atleti lavorare su circuiti in canoa  molto duri che si discostano di molto dal gesto tecnico che si vuole viceversa allenare e che deve essere messo in atto nel momento decisivo.  Si potrebbe giustificare tutto ciò con il  principio di allenamenti mirati alle diverse  capacità condizionali, ma siamo proprio sicuri che questo lavoro non inquini viceversa un corretto ed efficace gesto tecnico? Tornando ai giovani,  quale potrebbe essere la chiave di lettura a fronte delle osservazioni sopra esposte?
Come la vedo io bisogna puntare molto sulla propriocettività nel tentativo di mettere l’allievo nella condizione di trovare velocemente soluzioni adeguate e, a mano a mano che il livello cresce, anche veloci. Ritenendo che non ci siano tecniche uniche e consolidate da insegnare – sono pochi gli sport dove ancora oggi tutto ciò è esaltato all’ennesima potenza, il primo che mi viene in mente è la ginnastica artistica – bisogna  puntare l’attenzione su allenamenti altamente specifici e ad alte velocità. Per fare ciò si deve per forza maggiore scegliere percorsi brevi seguendo questo protocollo: l’allievo è libero di trovare le sue soluzione in cui, se siamo in acqua mossa, possa  esternare ed affrontare anche le sue paure che molte volte condizionano non poco il gesto tecnico. Il passo successivo sarà quello di proporre diverse soluzioni da provare e da mettere in atto in relazione alle individuali caratteristiche. Il compito dell’allenatore sarà in questo caso quello di diventare una sorta di specchio per il suo allievo, mettendo a confronto ciò che lui stesso ha visto con il vissuto dell’atleta. Sono lavori questi che richiedono molto tempo quasi fino alla noia per la ripetitività magari di certe azioni.
Se riteniamo tutto ciò valido le tabelle di allenamento preconfezionate perdono, a questo punto, il loro significato. Si dovrà viceversa ricercare anche qui il giusto mixage individuale tra allenamenti fisici, tecnici, a secco e in canoa.

Mi sono esaltato non poco  oggi sotto le stelle del tendone blu ad osservare gli ex-artisti del circo intenti a lavorare con i loro allievi. Tutti portavano al collo la collana forgiata da Efesto perché la bellezza era in ogni gesto loro e dei giovani discepoli. Chi volteggiava su un cerchio aereo o avvolto da tessuti candidi ed eterei, chi saltando  sul tappeto elastico toccava il cielo stellato, chi con clave da giocoliere cercava velocità e precisione. Ho goduto per quel rapporto che ogni maestro singolarmente ha con l’allievo, si concentrano assieme, entrano in simbiosi, cercano di percepire le stesse emozioni, uno entra nell’altro e viceversa. Loro sono professionisti che, spente le luci della ribalta, hanno scelto di accendere  ogni giorno le speranze di tanti giovani che  rincorrono a loro volta  il sogno di un’impresa memorabile, fosse anche il solo fatto di vivere alla grande e senza rimpianti in ogni loro gesto e movimento. 

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi


P.S. ciao Marco, sto invecchiando perché quando ti leggo mi soffermo a lungo su quel  “Fast & Clean” che riporti sotto il tuo nome, e mi emoziono! Credo che quel libro, così come per gli altri tre libri del mito Bill William T.Endicott, l’ho consumato a forza di leggerlo, rileggerlo, e studiarlo. Mi sono ritrovato spesso e volentieri a sognare con i protagonisti di quel magico testo. Lo conservo con cura nella mia libreria assieme a “River run” – “The ultimated run” e “Danger Zone”, tutti rigorosamente autografati dall’autore.
Mi chiedi a quando un testo sulla tecnica? La tecnica è talmente in evoluzione che ci vorrebbe un libro che appena terminato si riaggiornasse in automatico. La tecnica è talmente soggettiva che trovo molte difficoltà a fissare dei paletti precisi da dove partire: ho visto vincere i campionati del mondo e  olimpiadi con  troppi stili diversi, metodologie dell’allenamento contrastanti e atleti antropologicamente agli antipodi. Tutto ciò è lo slalom e forse per il momento riesco solo ad esprimere e concretizzare delle riflessioni e riportare storie, cronache ed esperienze dai campi di slalom, nel tentativo di dare spunti di analisi e per aprirci  al confronto tra tutti noi.




Marco Terenzio

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #10 il: Marzo 29, 2010, 10:53:22 pm *
Ciao Ettore,
credo che una cosa sia lo stile, altra la tecnica. Lo stile sia proprio del fuoriclasse, quello che vince le Olimpiadi ed i Campionati del Mondo. La tecnica sia quella della nazione che piazza regolarmente più atleti tra i primi 10 posti. Almeno per gli altri sport questa è la regola. Il punto fisso potrebbe essere codificare le metodologie della scuola, della nazione più rappresentativa nelle classifiche. Il testo di tecnica (e magari anche uno sulla storia) dello slalom, potrebbe iniziare, come è per la Fisica, scienza in continua evoluzione:…allo stato attuale della Fisica (le cose stanno così).
Sarebbe un peccato che il bagaglio di conoscenze di un tecnico appassionato, andasse perduto. Troppa acqua è passata sotto i ponti dal ‘Manuale pratico di canoa sportiva’ di R. D’ Angelo (non me ne viene in mente altro).
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Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #11 il: Marzo 31, 2010, 07:34:38 pm *
Sono rimasto sconvolto dal recente sondaggio presentato a Bruxelles sull’attività fisica in cui si dice che solo il 3% degli italiani pratica sport. Il Coni ribatte sottolineando che  chi pratica regolarmente sport o svolge attività fisica, come appunto pubblicato dall’Annuario Statistico Italiano 2009, redatto dall’Istat (su un campione di circa 50 mila persone) si attesta al 58,9% ed è così suddivisa: il 21,5% lo pratica con continuità, il 9,6% in modo saltuario, mentre chi svolge attività fisica generica tocca il 27,7%. I sedentari toccano invece il 40,6%. Si specifica inoltre che i giovani che praticano sport con continuità, nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni, sono rispettivamente il 46% (uomini) e il 28% (donne), contro il 2% e il 4% indicato nel sondaggio in questione" conclude il Coni.

Se noi prendiamo invece il rapporto “Osservasalute 2008” dell’Università Cattolica, presentato il 3 marzo a Roma al Policlinico Gemelli ci dice che lo sport in Italia resta ’sconosciuto’ e gli italiani si confermano sedentari. Il numero di sportivi in Italia, nel Rapporto 2007 dice che  solo il 20,9% della popolazione ha dichiarato di praticare in modo continuativo uno o più sport nel tempo libero. Nel 2008 era sceso al 20,5%. Il 10,3% degli italiani dice di praticarlo in modo saltuario, mentre chi non svolge alcuna attività sportiva è il 41,1%. Nel rapporto dell’ “Osservasalute 2009” fissa ad un 30,2% gli italiani che svolgono attività sportiva quindi una media inferiore di 1 su 3.

Ci sono evidentemente delle discrepanze fra i vari rapporti e i vari sondaggi. Se  prendessimo comunque per buono il sondaggio dell’Istat avremmo quindi nella migliore dell’ipotesi una percentuale del 46% di giovani maschi che fanno regolarmente sport e il 28% di giovani donne. Dati comunque, secondo me allarmanti. Tutto ciò ha un unico scopo e cioè quello di mettere in allarme i nostri dirigenti sportivi che dovrebbero rimboccarsi le maniche e mettersi in discussione.  Chiedetevi e chiediamoci che cosa bisogna fare per cercare di uscire da queste percentuali piuttosto ridicole al fine non tanto di cercare di creare dei campioni, ma soprattutto allo scopo di ridurre quella percentuale del 36% di bambini grassi riportati sempre nel “Osservasalute 2009” che sono effettivamente una enormità, tanto più che 1 italiano su 3 è obeso. A questo punto i conti tornano e cioè il non obeso è quello che fa sport!

Cosa fare  a questo punto? Non è facile trovare la soluzione, ma a mio modestissimo avviso bisognerebbe intervenire nelle scuole con una sinergia tra società sportive e scuole. So anche che ci sono stati da parte di diverse federazioni più tentativi di entrare, spesso riusciti, di  entrare nelle scuole, ma il problema rimane. Le Federazioni che si propongono vogliono portare l’acqua al loro mulino e vanno a proporre  esclusivamente la loro attività e nient’altro. Vuoi per incompetenza, vuoi per interesse specifico, vuoi per scelta federale. Io aggiungerei anche per paura di perdere potenziali atleti e tesserati. Ma qui cade l’asino! E’ come se a scuola si proponesse di fare solo letteratura italiana, tralasciando tutto il resto. Quale sarebbe il risultato? Semplice da dirsi infatti ci sarebbe chi si appassiona con tutto se stesso, chi ci prova, ma è negato, chi viceversa la odia, chi tira avanti sperando che finisca presto. Se tutto ciò lo trasliamo ad un singolo sport troveremo certamente qualche campione, qualcun altro che lo fa per dovere, chi ci prova, ma è negato, chi inizierà ad odiarlo e chi lo fa perché a casa lo obbligano.
La proposta deve essere quindi multilaterale. A scuola non si fa solo letteratura italiana, ma anche scienze, matematica, fisica, geografia, storia e così via. La proposta sportiva nella scuola non deve essere affidata ad una singola federazione, ma dovrebbe essere il Coni a farsi promotore dello sport nella scuola con progetti seri e lungimiranti. Usare il peso politico che ha, anche se ci si ostina a dire il contrario, per presentare un progetto di legge in questa direzione come si fa in tutto il resto d’Europa.
Non sarebbe difficile e sarebbero soldi investiti molto bene per educare  e per offrire ai  giovani  delle opportunità direttamente nella scuola dove inevitabilmente passano e dove spendono molto del loro tempo. 

Il primo passo da fare è un programma organico con il tipo di intervento. Il secondo passo la scelta degli educatori che possono benissimo uscire anche dalle società sportive. Operare con le strutture esistenti e in un secondo momento adoperarsi per migliorare anche sotto questo aspetto. Eliminare la rincorsa ad accaparrarsi i giovani pur di tesserarli. Far passare i nostri giovani attraverso la logica delle proprie potenzialità che vengono scoperte solo da chi opera nel settore e da chi, con l’esperienza, può capire il tipo di propensione sportiva per ogni ragazzo o ragazza. Questa deve essere la strada da seguire con tanto impegno, con unità di intenti, umiltà e voglia di lavorare per cercare di frenare quella caduta verso il basso che la nostra povera Italia sta facendo ormai in ogni sport.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #12 il: Aprile 02, 2010, 08:48:35 am *
Il sondaggio europeo associato a tutti gli altri rapporti che abbiamo visto precedentemente si agganciano perfettamente al concetto base della Tecnica dello Slalom. Voi ovviamente, a questo punto, pensate di lasciare perdere il proseguo di queste righe per dedicarvi a qualche altro lavoretto che potrebbe dimostrarsi molto più utile alla vostra vita o perlomeno rendervela ancora più comoda o affascinante. La conclusione più ovvia è quella che vi sta sfagiolando nella testa: questo è un pazzo, meglio lasciarlo perdere… non sareste gli unici, già altri per voi hanno provveduto a farlo!
Ma se mi seguite arrivo anche alla logica di questo ragionamento. Bene se Marco sostiene che si possa parlare di stile che contraddistingue una nazione in grado di mettere in finale costantemente degli atleti affidando alla tecnica l’estro del suo interprete migliore, del fuoriclasse, allora il sondaggio entra appieno in questa discussione.
Ho cercato spesso e volentieri di raccontare che cosa  sta dietro ad un risultato importante che difficilmente esce da un caso fortuito. Il risultato non è altro che la conseguenza di un lavoro costante protratto nel tempo con solide basi e obiettivi chiari e lungimiranti. Il risultato non è un salto nel buio è la somma di tanti fattori che si intrecciano e che possono regalare successi con continuità, senza per forza di cose avere il fuoriclasse. E’ un risultato piazzare sempre e con costanza uomini in finale. E’ un risultato essere presenti in finale in tutte le specialità. Non dovrebbe essere un vanto per un presidente federale affermare che lui stesso non costa nulla alla stessa organizzazione perché inevitabilmente poi questo a cascata lo si predente dagli altri che operano nel settore. Non dovrebbe essere un vanto assumere un’altra segretaria a tempo indeterminato se si considera che non c’è all’interno della nostra Fick nessun vero tecnico a tempo indeterminato. Una federazione sportiva dovrebbe essere, a mio modestissimo avviso, costituita da professionisti a tempo pieno partendo proprio dal vertice. Tecnici professionisti, dirigenti professionisti, direttori tecnici professionisti, preparatori atletici professionisti, fisioterapisti professionisti, medici professionisti.  Quando dico professionista sottolinea l’aspetto economico che permette alla persona di dedicare tempo ed energie al lavoro, perché di lavoro si deve trattare… se poi c’è anche la passione e la competenza tanto meglio!
I risultati arrivano se il sistema prevede un progetto e un programma sostenuto da persone a tempo pieno e in buon numero, diretti da chi ha le idee chiare su dove arrivare, con i dovuti aggiustamenti in corsa.
Molte federazioni, Coni compreso, sono professionisti solo in  segreteria, anche se il suo Presidente e la Giunta è comunque e giustamente  ben pagata.
Il cambiamento e lo “stile” arrivano solo se ci concentreremo a cambiare quel 3% che ci ha assegnato la comunità europea nel suo sondaggio. Dobbiamo cambiare radicalmente, dobbiamo prendere decisamente un’altra direzione per creare un nostro stile e per offrire ai giovani molte opportunità  che ad oggi vengono loro negate.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Marco Terenzio

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #13 il: Aprile 03, 2010, 05:05:07 pm *
Ciao, Ettore
"Marco sostiene che si possa parlare di stile che contraddistingue una nazione in grado di mettere in finale costantemente degli atleti affidando alla tecnica l’estro del suo interprete migliore, del fuoriclasse" da Ettore Ivaldi post precedente.
Scusami, ma io ho detto esattamente il contrario.
Sono una persona semplice (comunque non un sempliciotto), non ti capisco.
Mi sembra il linguaggio "politichese" di molti politici, della serie "le convergenze parallele", fatto apposta per destabilizzare le persone comuni.
Io preferisco i politici, che magari sbagliano i congiuntivi, ma arrivano diretti alle persone anche di bassa o nulla scolarità.
Marco
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Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #14 il: Aprile 03, 2010, 06:10:25 pm *
Il concetto è semplice non è questione di Tecnica o Stile, ma di Organizzazione. Sulla Tecnia e sullo Stille possiamo dilungarci a lungo facendo chissà quali pensieri filosofici, limitandoci forse a descrive e a discutere quello dell'atleta migliore in quel momento.
Questo era il messaggio che volevo semplicemente far passare visto  che se noi non cambiamo il Sistema poco conta parlare di Tecnica e Stile che sono comunque rimangono, secondo me,  personali.
Scusa se ti ho dato l'impressione di parlare "politichese", ma il contesto è chiaro visto che dovrebbero essere proprio i nostri politici a cambiare il Sistema.
Più chiaro così?

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi