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Ettore Ivaldi

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DI COSA PARLIAMO?
* il: Dicembre 21, 2009, 09:48:24 am *
Cosa  dite, visto il momento stantio e assonnato, se parliamo di allenamento, tecnica , preparazione fisica, progetti, programmi e obiettivi 2010, può essere una bella idea?
Approfittiamo di questo periodo particolare dell'anno e relativamente tranquillo per confrontarci e per preparare al meglio la prossima stagione dello slalom  in attesa di conoscere i  programmi più dettagliati dalla Federazione  che tardano ad arrivare. 
UNO SGUARDO AGLI APPUNTAMENTI 2010

Il calendario internazionale 2010 sarà intenso e lungo sia per i settori assoluti che per il settore junior. Per quest'ultimi sono previsti i campionati del mondo in Francia a Foix la seconda settimana di luglio e i campionati europei ad Agosto su un canale impegnativo come è quello di  Leipzig (Germania). Il settore senior ha il suo massimo appuntamento a settembre con i mondiali a Tacen (Slovenia), ma ad aprire le danze saranno i campionati europei ai primi di giugno a Bratislava (Slovacchia) per proseguire poi tra fine giugno ed inizio luglio con la coppa del mondo. Prima però bisognerà passare le selezioni e ancora prima si dovrà preparare la stagione con allenamenti per tutto l'inverno e la primavera.
Un programma ambizioso, impegnativo, lungo e faticoso  e per chi vorrà essere presente e protagonista non c'è tempo da perdere deve buttarsi a capofitto nella preparazione, nell'allenamento, in quel  vortice che per molti atleti è già iniziato ad ottobre, anche se il 2010 potrebbe essere per molti una annata  transitoria e finalizzata soprattutto alla qualifica olimpica nel 2011.
Cosa e come si prepara quindi in casa Italia la prossima stagione? Purtroppo molto non ci è dato a sapere, visto che  programmi, meeting o semplici e-mail non vengono diramati neppure a chi è coinvolto, se pur indirettamente con i propri atleti e club, in quello che dovrebbe essere la programmazione annuale. Abbiamo appreso a mala pena una bozza di calendario, di cui abbiamo già avuto modo di parlare nel dettaglio esprimendo molte perplessità. Ieri poi abbiamo preso visione della versione definitiva. Mi ero illuso che dopo le osservazioni fatte qualche pulce nell’orecchio era entrata e invece assolutamente nulla. Ribadisco l’assurdità di fare un campionato italiano junior il 30 maggio a Vobarno in una gara aperta ad allievi, cadetti e ragazzi. Un’assurdità se si vuole far crescere questi giovani che poi affrontano gare internazionali decisamente impegnative dal punto di vista dei percorsi.
Altro evidentemente è top-secret... anche per gli stessi atleti!

SETTORE JUNIOR SLALOM

Gli junior hanno fatto un raduno di quattro giorni a Valstagna agli inizi di dicembre sfruttando il ponte dell'Immacolata e ne è previsto uno successivo agli inizi del prossimo anno (sempre per sentito dire o come si suol dire per voci di corridoio). Il settore Junior dello slalom sembrerebbe non avere più come tecnico responsabile Mario Veronesi, così ci ha comunicato lo stesso allenatore, ma chi lo sostituisca non è ancora chiaro. La nostra speranza è che venga offerta la possibilità a qualche tecnico competente di seguire a tempo pieno questo settore che, esclusi 4 kayak uomini e un C1,  è decisamente da costruire partendo dalle basi, senza fretta e senza illusioni di sorta. Le donne hanno oggi ritardi troppo pesanti per pensare di poter avvicinarsi ad una finale mondiale a breve. Abbiamo rivisto in acqua Clara Gia-Pron che dopo diversi mesi di inattività per l'operazione alla spalla sta riprendendo contatto con l'acqua mossa e le porte. I Kayak uomini dispongono di tre buoni atleti di sicuro talento e grande determinazione con  un quarto che rincorre e che, se seguito, potrebbe colmare il gap che lo divide dal resto del piccolo gruppo in fuga. Alle spalle però di questi 4 moschettieri il vuoto generazionale. Nella canadese monoposto "Big Foot" come è chiamato amichevolmente Roberto Colazingheri dai suoi compagni di squadra, ha fatto vedere delle belle cose che devono essere però curate con estrema precisione e tranquillità senza forzare i tempi. Dietro di lui o con lui nulla!  Per parlare di altri atleti nella canadese monoposto  dovremmo pazientare ancora qualche anno. La canadese doppia disponeva di un equipaggio fino all'anno scorso che, secondo il mio modesto parere, è stato bruciato sul nascere con apparizioni in Coppa del Mondo decisamente inutili. Il passaggio nella categoria senior di Fiumara ha chiuso il ciclo junior della C2 e chissà quando riusciremo a rivedere un equipaggio in acqua in questa categoria. Il passaggio di Fiumara nella massima categoria ha rilanciato Daniele Negro nella specialità singola, ma il rischio è quello di vederlo seguire la strada già percorsa dal suo compagno di società Giordano Cacchioni. Su quest'ultimo atleta la Fick aveva investito tempo e denaro convocandolo ai mondiali di categoria nel 2008 e agli europei nel 2009. Passato senior la stessa Fick non ha pensato di continuare il lavoro intrapreso e lo stesso atleta sembra demotivato come la sua compagna di società Eleonora Esposito. Motivazione? Chiedetelo a chi di dovere.
Bisognerebbe iniziare a fare un pensierino sul settore canadese donne ed iniziare a programmare raduni e opportunità per questa categoria che essendo agli albori potrebbe aprire un po’  più facilmente le porte alle nostre ragazze. Ho già avuto modo di parlare a lungo di questa nascente categoria, qui voglio ricordare che la canadese è una specialità molto tecnica che ben si addice al settore in rosa. Meditate allenatori e allenatrici!

PROPOSTE

Vista la realtà azzardo a fare qualche proposta concreta per il settore junior giusto per offrire punti di riflessione con la speranza di stimolare menti abbandonate all'oblio del signor sì.
La prima che suggerisco è quella di  rimettere in piedi l'idea del "College della Canoa" per offrire ai giovani un punto di riferimento. Faccio solo alcuni esempi. Il primo è legato al settore femminile. In questo momento le uniche atlete che si stanno cimentando nello slalom sono liguri e si allenano prevalentemente sul mare. La loro principale carenza, ovviamente dal mio punto di vista, è l'aspetto tecnico sull'acqua che corre, che purtroppo o per fortuna fa parte del nostro spettacolare sport. Ho visto in loro una grande energia, una voglia incontrastata di pagaiare, di impegnarsi senza lesinare fatica, ma il problema è altrove. E' inutile girarci attorno. Loro hanno bisogno di passare molte ore sull'acqua mossa, fra le porte e nello stesso tempo avere la possibilità di proseguire bene negli studi.
Il secondo esempio è legato all'opportunità sfruttare realtà esistenti. Prendiamo ad esempio una allenatrice a caso come Elena Bargigli che ha creato dal nulla un gruppo di giovani atlete e che, malgrado l’infelice collocazione geografica, crede nelle potenzialità del lavoro che sta portando avanti.  La Federazione dovrebbe offrirle  un lavoro a tempo pieno in una struttura capace di metterla nella condizione di poter lavorare sull' acqua mossa con strutture  per ospitare le sue ragazze.
Se volessimo rilanciare le canadesi poi si potrebbe chiedere a  Francesco Stefani,  che ha sicuramente maturato negli anni una grande esperienza nella canadese monoposto, di dedicare tempo ed energia ad un progetto serio a medio, lungo termine. Ci si potrebbe appoggiare al Canoa Club Kayak Valstagna e a Ivan Pontarollo che dispone di infrastrutture, mezzi, personale e soprattutto grande spirito imprenditoriale unito a idee sane e lungimiranti.
La seconda proposta è quella di  pianificare oggi l'attività estiva e non dopo domani. Come? Semplice un tecnico, un mezzo, un piccolo budget, un navigatore satellitare 6 atleti junior che il 15 giugno salgono sul pulmino e ritornano il 14 settembre. Per andare dove? Semplice! Su fiumi, canali, gare in Europa. Per far cosa? Per vivere, per crescere, per dare speranza allo slalom italiano. Questo per la verità l’avevo già suggerito al responsabile del settore che accetta di disputare i campionati italiani a fine maggio per gli junior e che accetta pure le selezioni ad aprile per questa categoria. Semplicemente assurdo visto che i mondiali sono a luglio e gli europei ad agosto.
Credetemi!  altre soluzioni non ce ne sono.  Diffidate di chi è il primo a non credere nelle potenzialità della canoa e che non ha il coraggio di investire o di trovare in questo sport la sua fonte primaria di entrata economica. Come si può chiedere agli atleti di comportarsi da professionisti se chi dovrebbe dirigerli, allenare e seguire non lo è, in un mondo fatto di professionismo?

                     Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

fine prima parte

Mauro Canzano

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #1 il: Dicembre 21, 2009, 01:54:39 pm *
Leggo le tue parole e penso...penso alla canoa e penso ad altri sport vicini e lontani dal mio mondo, penso alla meritocrazia  ( non per gli atleti dove - almeno negli sport di prestazione - è data da un dato empirico ) ossia un sistema di valutazione degli individui,basato esclusivamente sul riconoscimento dei meriti da loro acquisiti, penso allo start up e organizzazione dei quadri tecnici.

1) Si parla tanto e solo di quadri tecnici federali  relativamente ad allenatori ( per altro un numero esiguo....per slalom e discesa quanti ? 8 in totale ? ) che stanno a contatto con gli atleti per quanto: 40 giorni l'anno ? ed i rimanenti 325 giorni l'anno ? I rimanenti 325 giorni l'anno sono lasciati in mano agli allenatori socilai . Ma purtroppo il panorama della formazione degli allenatori in Italia appare molto frammentato, contraddittorio e nel complesso inadeguato al mutamento delle organizzazioni sportive e del panorama mondiale . Nella maggior parte dei casi da me vissuti in prima persona e non sono stati dei veri e propri autodidatti, motivati soprattutto dall’entusiasmo e dallo spirito associativo.

2) Caro Ettore così come tu faresti un pulmino con 6 junior per andare in giro 3 mesi per canali in tutta Europa così servirebbe fare qualcosa di simile con 6/8 tecnici  giovani che formerebbero la base del futuro per la federazione . I pilastri sono gli allenatori e non gli atleti e questo purtroppo con mio grande rammarico non è ancora stato capito. Un allenatore deve a vere in primis una certa competenza data dallo studio, pratica sul campo data da anni di contatti giornalieriu con gli atleti seguiti, conoscenza internazionale ed infine risultati /riscontri positivi del proprio lavoro. Insomma se Lippi non avesse vinto i mondiali di calcio non sarebbe rimasto al suo posto perchè una persona capace e preparata...

3) Guardiamo agli altri sport in un contesto come l'Italia ( senza fare paragoni con UK, Francia o per altri versi paesi dell'Est )...guardiamo il rugby. La Fir , constatando l'estremo ritardo del rugby italiano che non si basava su di una scuola ma lasciava l'incombenza di creare "atleti internazionali " a pochi club o acquisendoli come oriundi ,  ha definito il progetto per l’istituzione, presso i club  dei “Centri di Formazione Permanente per l’Alto Livello”.
Le “Accademie dei club” sono riservate agli atleti della categoria Under 17 ed Under 16 considerati di interesse federale, al fine di formare atleti in grado di rispondere sempre più alle attuali e future esigenze dell’alto livello, fornendo loro le migliori condizioni – tecniche, logistiche, scolastiche – per la loro crescita umana e sportiva. Il lavoro sul campo delle nuove strutture, che sorgeranno su territorio nazionale in numero massimo di quattordici, sarà coordinato, in collaborazione con le società, dal Settore Tecnico Federale.
Gli atleti di interesse federale che parteciperanno ai Centri di Formazione Permanente per l’Alto Livello presso i club verranno tesserati secondo la formula del prestito annuale per la squadra presso la quale sorge l’”Accademia”. Il cartellino di ogni singolo atleta resterà di proprietà del club di origine per tutta la durata del progetto - Accademia di ciascun giocatore.
La Federazione garantirà a ciascun Centro un contributo economico di 1.000 euro alla società di provenienza del giocatore che accetterà il “Progetto Accademia”; 5.000 euro alla società sede dell’Accademia per ogni giocatore coinvolto nell'iniziativa; 12.000 euro al club sede dell’Accademia per ogni giocatore che verrà tesserato con trasferimento temporaneo di un anno e che stabilirà il proprio domicilio nelle strutture per alloggio indicate dal team stesso; 30.000 euro alla società sede dell’Accademia quale contributo per lo staff tecnico.
Chi farà richiesta per l’istituzione di una propria Accademia dovrà soddisfare una serie di requisiti ritenuti imprescindibili da un’apposita Commissione Federale; su tutti una sistemazione alberghiera ed una disponibilità scolastica di alto profilo, che unitamente al campo da gioco ed allenamento, alla palestra ed alle strutture medico-fisio-terapiche verranno valutate due volte l’anno dalla Commissione stessa.
Ogni club aderente dovrà inoltre garantire uno staff che seguirà a tempo pieno gli atleti che aderiranno al progetto, e di cui dovranno fare parte un Responsabile dell’Accademia, un tutor scolastico, un allenatore di III livello esperto della categoria Under 17/Under 16, due specialisti per il ruolo degli avanti e dei trequarti, un preparatore fisico in possesso di brevetto FIR, un nutrizionista, un video - analyst, un arbitro e un medico.
La FIR ha inoltre fissato una serie di criteri territoriali per l’istituzione delle Accademie dei Club, che potranno sorgere – come anticipato in numero massimo di quattordici – secondo questo schema:

3 Centri in Veneto
2 Centri in Lombardia, Emilia Romagna e Lazio
1 Centro in Sicilia
1 Centro in Abruzzo/Marche
1 Centro in Liguria/Piemonte
1 Centro in Sardegna/Toscana/Umbria
1 Centro in Calabria/Campania/Puglia

"Questo nuovo progetto – prosegue il Presidente federale – rappresenta un consistente impegno economico per la FIR, convinti che si tratti di un investimento tecnico e strutturale che ci permetterà un ulteriore salto di qualità verso l’alto livello, potenziando i Club e, di riflesso, tutto il movimento”.

Mauro Canzano

enrico lazzarotto

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #2 il: Dicembre 21, 2009, 10:14:31 pm *
PAROLE SANTE.....
enricolazz

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #3 il: Dicembre 21, 2009, 11:24:48 pm *
La luce che il gallo ha visto deve essere dirompente, deve essere la stessa luce che da sempre illumina il fiume che scorre in alcuni di noi! Purtroppo isolati e tenuti a distanza: il buio è il silenzio della luce.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Mauro Canzano

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #4 il: Dicembre 22, 2009, 01:55:34 pm *
Facta, non verba....

Credo che le parole siano belle molto belle ma nel concreto bisogna sottostare a diverse condizioni , tra cui non ultima la condizione economica in cui tutte le federazioni vessano...
Purtroppo la condizione economiche non sono delle migliori e l'ho potuto constatare dal vivo sulla mia pelle. Tante le idee poche le speranze di metterle in pratica....e qui non ne faccio colpa all'attuale federazione. Per la discesa si è stretta la cinghia all'inverosibile e i fatti hanno dato buon riscontro. D'altro canto si potrebbe e dovrebbe fare di più in tutti i settori ( senza dare colpe a nessuno degli attuali staff , almeno per quel che mi riguarda).

Se posso allora ti faccio due appunti/ domande:

1) ma sei sicuro che se tu fossi alla guida tecnica non ti sostituiresti agli attuali vertici, senza dare voce al popolo ? Senza cercare di circondarti di tecnici validi ( ed  avvalorati da risultati e medaglie vinti, da atleti "allevati" ) ? senza dare voce ad un esigenza societaria chiara ed imprescindibile per un futuro italiano internazionale: capillarizzazione degli staff tecnici della nazionale . Con questo non voglio dire che sia facile ed immediato....ma bisognerebbe provarci.  Chi sorveglierà i sorveglianti ?

2) dalla prima domanda/appunto segue la seconda...non dovrebbe esserci un unico detentore del potere tecnico. Espongo meglio : dovrebbe esserci una guida tecnica ( scelta meritocratamente ) che guidi un team di allenatori in un numero superiore alle 3 unità. La parola d'ordine dovrebbe essere quella di: allargare le basi tecniche dando voce e possibilità a quest'ultimi elementi di esprimere le proprie potenzialità e non soltanto di figurare .

Meriti ne devono essere riconosciuti a questa federazione a partire dalla creazione di una nazionale giovanile fino ad un iniziale allargamento dello staff tecnico. Tutti però si dovrebbe essere soggetti ad un continuo aggiornamento e confronto per non cadere in un errore normale: quello di chiudersi nelle proprie convinzioni.


La socializzazione secondaria per un bambino inizia intorno ai 5 anni nel momento in cui entra nel mondo esterno alla famiglia. La socializzazione secondaria, è quell'insieme di pratiche messe in atto dalla società che consentono agli individui di assumere ed esercitare ruoli adulti. I ruoli cambiano e/o si evolvono nel tempo, inoltre sono tra loro interdipendenti per cui una svolta nell’ambito di un ruolo può comportare cambiamenti e/o assestamenti negli altri ruoli che il soggetto ha. La socializzazione secondara di un giovane canoista inizia da allievo....quindi che senso ha metterci persone alle prime armi vicino ? che senso ha insegnare aspetti della canoa "sbagliati " per poi cercare di correggerli con enormi difficoltà in seconda battuta ? che senso ha non adeguarsi agli scenari internazionali in termini di quantità e qualità di allenamento ? che senso ha compiere errori in buona fede che purtroppo possono avere ripercussioni notevoli non soltanto sulla vita "canoistica" di un individuo ma nella sua sfera psicologica globale ?

Mauro

andrea bertani

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #5 il: Dicembre 26, 2009, 07:11:08 pm *
Leggevo anche quello che ha scritto Mauro...

Per Mauro: ehehehe ( scusate risata ! ) ma i recenti fatti non danno ragione ad alcune tue affermazioni...

1) " Tante le idee poche le speranze di metterle in pratica....e qui non ne faccio colpa all'attuale federazione. Per la discesa si è stretta la cinghia all'inverosibile e i fatti hanno dato buon riscontro. "
Voci di corridoio dicono che ci sono meno di 10 atleti al raduno giovanile a valstagna in corso d'opera su più di 20 convocati ! Ed udite udite : LA MAGGIOR PARTE SENZA AVER AVVISATO LA FEDERAZIONE !!! Quali dovrebbero essere le conseguenze ?
Caro Mauro mi sembra che i risultati non siano dei migliori vista così...

2) " ma sei sicuro che se tu fossi alla guida tecnica non ti sostituiresti agli attuali vertici, senza dare voce al popolo ? Senza cercare di circondarti di tecnici validi ( ed  avvalorati da risultati e medaglie vinti, da atleti "allevati" ) ? senza dare voce ad un esigenza societaria chiara ed imprescindibile per un futuro italiano internazionale: capillarizzazione degli staff tecnici della nazionale . Con questo non voglio dire che sia facile ed immediato....ma bisognerebbe provarci.  Chi sorveglierà i sorveglianti ? "

Qui Ivaldi latita nella risposta...come mai ? Avrà mica paura di quello che potrebbe dire ?!

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #6 il: Dicembre 26, 2009, 10:26:33 pm *
Non rispondo perchè ho risposto con i fatti quando ero alla guida della canoa fluviale italiana dal 2001 al 2004 dove tutto ciò era la mia base di lavoro. In 4 anni ho messo in atto un piano di trasformazione di un sistema con cui si è vissuto di rendita fino al 2008. Non rispondo  io rispondono i risultati ottenuti a 360 gradi in quel periodo, ma non solo in termini agonistici  e senza falsa modestia, ma grazie all'impegno di chi credeva nella forza del lavoro e non nelle chiacchiere!
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #7 il: Marzo 26, 2010, 10:07:30 am *
La signora Rosetta è una nostra coinquilina ed  è della stessa classe di mia mamma: 1921, 89 primavere classe di ferro!!! L’altro giorno eravamo seduti a tavola tutti e quattro per il pranzo ed è arrivata, piena di energie, a raccontarci e a mostrarci inviti e foto della festa di compleanno di sua sorella che di primavere ne ha festeggiate 96!  Era euforica più del solito e nonostante le due rampe di scale che ci dividono è scesa e risalita per  ben due volte con passo da bersagliere e con foto e pergamene. Che spirito, che energia!
Ma tutto ciò non centra molto con il fatto che vorrei e condividere con voi il lavoro fatto l’altro giorno con i ragazzini del Club e fare due riflessioni sullo slalom.

Secondo me uno dei punti chiave del nuovo slalom è lo sdoppiamento del lavoro con gambe e busto, anche se ,per la verità, non è proprio una grandissima novità. Diciamo però che con i tracciati attuali e le nuove concezioni del kayak questo movimento si esalta all’ennesima potenza. Ora il problema diventa quello di trasmetterlo ai giovani che molto spesso trovano difficoltà nel percepire quest’azione disgiunta. Per chi di voi è sciatore e si è convertito allo sci sciancrato può capire bene di cosa sto parlando.
Come dicevo, alcuni giorni fa, mi sono divertito con loro a cercare di metterli in crisi per far sentire la continuità della rotazione della coda in una  porta in risalita. Partendo dalla relativa staticità del Duffek, dopo la rotazione delle spalle, supportato dell’azione dinamica della spinta delle gambe, con rotazione della coda e successiva trasformazione propulsiva verso valle, abbiamo cercato di sentire questo sdoppiamento dell’azione. Certo detta così sembra la teoria della relatività, ma in sostanza si tratta semplicemente di caricare una molla  per poi liberarla il più velocemente possibile. Non bisogna avere fretta nella prima parte e soprattutto non bisogna perdere il contatto con il terreno che, nel nostro caso, è l’acqua. Infatti dallo stesso elemento ci arriva l’equilibrio e in molti casi anche la spinta di uscita.
Ora concetti che sembrano molto complessi in realtà diventano banali se concepiti e realizzati con mezzi idonei e presentati ai giovani con continuità e logica. E’ difficile infatti metterli in opera se il ragazzino non ha una canoa e una pagaia che gli permettono di fare tutto ciò e soprattutto adatte alle sue caratteristiche antropometriche. Non può nemmeno metterli in pratica se nessuno lo mette sull’avviso che tutto ciò può esistere. Bisogna aiutarlo a scoprire gesti e movimenti, bisogna cercare di permettere al proprio interlocutore di arrivare alla soluzione dopo graduali passaggi. Aiuta molto anche vedere all’opera grandi interpreti dello slalom mondiale. Su internet è facile reperire molti video. Riflettendo sull’evoluzione di questo nuovo slalom credo che sia balzata all’attenzione di tutti la dinamicità del gesto legato alla ricerca di una continuità d’azione e fluidità dello scafo. Su cosa dobbiamo lavorare quindi con i nostri giovani per cercare di metterli su questa strada? Credo che anzitutto si debba partire dall’acqua piatta per apprendere con tranquillità e sicurezza il lavoro di rotazione di spalle e conseguente rotazione della coda della canoa. Apprendere ed esercitarsi sul modo con cui ci si approccia alla risalita stessa: la pala in acqua diventa il nostro diretto interlocutore e soprattutto è una sorta di sonda che ci fornisce informazioni precise sulla consistenza dell’acqua. La pala in acqua permetterà anche di prendere le giuste distanze dal palo interno fornendoci un pronto attacco nel momento in cui davanti al soggetto si apre la “luce” della porta stessa.
Una volta che tutto ciò diventerà un  gesto naturale si potrà pensare di portare il tutto su acqua più impegnativa.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

P.S. mi dispiace per Andrea Bertani (il cognome per noi veronesi si associa a una casa vinicola  che nasce nel 1857 a Quinto di Valpantena, e produce un eccezionale Amarone Classico,  un vino senza tempo, con l’appassimento naturale sulle “aréle” delle uve Corvina e Rondinella e l’affinamento in grandi botti per almeno sei anni) che fa brutti sogni su staff tecnici della canoa italiana e su meritocrazie varie. Non c’è ragione. C’è forse sentore che qualche cosa non va bene? Pensavo anch’io un tempo che forse era così, ma mi sbagliavo visto che nessuno, né  atleti né  società, si lamentano, quindi deduco che Bertani e un tempo il sottoscritto si sbagliavano di grosso! Facciamo come consiglia il buon Skillo: affidiamoci alla Buona Fortuna e andiamo avanti convocando atleti che prendono diversi secondi dai ragazzi, allenatori per la canadese che certo competenze non hanno,  responsabili junior che si presentano mezza giornata. Per non parlare delle
donne allo sbando senza compagnia
Negli occhi hanno dei consigli e tanta voglia di avventure e se hanno fatto molti sbagli sono piene di paure
Le vedi pagaiare  insieme
nella pioggia o sotto il sole
dentro pomeriggi opachi senza gioia ne dolore
Donne du du du
pianeti dispersi ,
per tutti gli allenatori  così diversi
Donne du du du amiche di sempre
donne alla moda donne contro corrente (spesso e volentieri)
Tra le mani hanno le pagaie
per volare ad alta quota
dove si respira l'aria e la vita non è vuota
Le vedi pagaiare  insieme nella pioggia o sotto il sole
dentro pomeriggi opachi
senza gioia ne dolore
Donne ,ooh
Donne ,
Donne
Donne ,
Don ne
Donne du du du in cerca di guai
Donne in canoa senza scendere mai
Donne du du du in mezzo ad un fiume
donne allo sbando senza compagnia



Marco Terenzio

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #8 il: Marzo 26, 2010, 06:19:16 pm *
Ciao Ettore,
a quando una pubblicazione italiana di tecnica di slalom?
possibile che io non abbia di meglio, del sito della BCU: www.slalomtechnique.co.uk/index.php
'Fast & Clean, Forever' (M.Terenzio)
www.arenzanocanoa.com

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #9 il: Marzo 27, 2010, 06:59:14 pm *
La seconda riflessione è legata ad una comparazione fra l’allenamento e la gara. Sempre, all’inizio di ogni proposta di allenamento mi faccio questa domanda: ai fini del risultato e quindi della gara a che cosa mi porterà l’allenamento di oggi? Molto spesso ricordo all’atleta che si sta allenando per un obiettivo chiaro e non per il piacere di farlo, visto che se fosse così ci sono tanti altri modi per divertirsi e tenersi in forma, tipo una bella partita a tennis, una corsetta o una bella biciclettata in montagna, anche un po’ di palestra non è poi così  male. Questo si chiama fitness.  Troppo spesso ci si allena per allenarsi perdendo il chiaro obiettivo della competizione. Così facendo però l’atleta di livello si mette in pace con se stesso e la sua coscienza affidando al fisico la risoluzione dei suoi problemi.  Mi convinco sempre di più che molti allenamenti hanno poca utilità al fine del raggiungimento dell’obiettivo. La specificità diventa lo strumento trainante per una programmazione dell’allenamento. Mi impressiono nel vedere atleti lavorare su circuiti in canoa  molto duri che si discostano di molto dal gesto tecnico che si vuole viceversa allenare e che deve essere messo in atto nel momento decisivo.  Si potrebbe giustificare tutto ciò con il  principio di allenamenti mirati alle diverse  capacità condizionali, ma siamo proprio sicuri che questo lavoro non inquini viceversa un corretto ed efficace gesto tecnico? Tornando ai giovani,  quale potrebbe essere la chiave di lettura a fronte delle osservazioni sopra esposte?
Come la vedo io bisogna puntare molto sulla propriocettività nel tentativo di mettere l’allievo nella condizione di trovare velocemente soluzioni adeguate e, a mano a mano che il livello cresce, anche veloci. Ritenendo che non ci siano tecniche uniche e consolidate da insegnare – sono pochi gli sport dove ancora oggi tutto ciò è esaltato all’ennesima potenza, il primo che mi viene in mente è la ginnastica artistica – bisogna  puntare l’attenzione su allenamenti altamente specifici e ad alte velocità. Per fare ciò si deve per forza maggiore scegliere percorsi brevi seguendo questo protocollo: l’allievo è libero di trovare le sue soluzione in cui, se siamo in acqua mossa, possa  esternare ed affrontare anche le sue paure che molte volte condizionano non poco il gesto tecnico. Il passo successivo sarà quello di proporre diverse soluzioni da provare e da mettere in atto in relazione alle individuali caratteristiche. Il compito dell’allenatore sarà in questo caso quello di diventare una sorta di specchio per il suo allievo, mettendo a confronto ciò che lui stesso ha visto con il vissuto dell’atleta. Sono lavori questi che richiedono molto tempo quasi fino alla noia per la ripetitività magari di certe azioni.
Se riteniamo tutto ciò valido le tabelle di allenamento preconfezionate perdono, a questo punto, il loro significato. Si dovrà viceversa ricercare anche qui il giusto mixage individuale tra allenamenti fisici, tecnici, a secco e in canoa.

Mi sono esaltato non poco  oggi sotto le stelle del tendone blu ad osservare gli ex-artisti del circo intenti a lavorare con i loro allievi. Tutti portavano al collo la collana forgiata da Efesto perché la bellezza era in ogni gesto loro e dei giovani discepoli. Chi volteggiava su un cerchio aereo o avvolto da tessuti candidi ed eterei, chi saltando  sul tappeto elastico toccava il cielo stellato, chi con clave da giocoliere cercava velocità e precisione. Ho goduto per quel rapporto che ogni maestro singolarmente ha con l’allievo, si concentrano assieme, entrano in simbiosi, cercano di percepire le stesse emozioni, uno entra nell’altro e viceversa. Loro sono professionisti che, spente le luci della ribalta, hanno scelto di accendere  ogni giorno le speranze di tanti giovani che  rincorrono a loro volta  il sogno di un’impresa memorabile, fosse anche il solo fatto di vivere alla grande e senza rimpianti in ogni loro gesto e movimento. 

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi


P.S. ciao Marco, sto invecchiando perché quando ti leggo mi soffermo a lungo su quel  “Fast & Clean” che riporti sotto il tuo nome, e mi emoziono! Credo che quel libro, così come per gli altri tre libri del mito Bill William T.Endicott, l’ho consumato a forza di leggerlo, rileggerlo, e studiarlo. Mi sono ritrovato spesso e volentieri a sognare con i protagonisti di quel magico testo. Lo conservo con cura nella mia libreria assieme a “River run” – “The ultimated run” e “Danger Zone”, tutti rigorosamente autografati dall’autore.
Mi chiedi a quando un testo sulla tecnica? La tecnica è talmente in evoluzione che ci vorrebbe un libro che appena terminato si riaggiornasse in automatico. La tecnica è talmente soggettiva che trovo molte difficoltà a fissare dei paletti precisi da dove partire: ho visto vincere i campionati del mondo e  olimpiadi con  troppi stili diversi, metodologie dell’allenamento contrastanti e atleti antropologicamente agli antipodi. Tutto ciò è lo slalom e forse per il momento riesco solo ad esprimere e concretizzare delle riflessioni e riportare storie, cronache ed esperienze dai campi di slalom, nel tentativo di dare spunti di analisi e per aprirci  al confronto tra tutti noi.




Marco Terenzio

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #10 il: Marzo 29, 2010, 10:53:22 pm *
Ciao Ettore,
credo che una cosa sia lo stile, altra la tecnica. Lo stile sia proprio del fuoriclasse, quello che vince le Olimpiadi ed i Campionati del Mondo. La tecnica sia quella della nazione che piazza regolarmente più atleti tra i primi 10 posti. Almeno per gli altri sport questa è la regola. Il punto fisso potrebbe essere codificare le metodologie della scuola, della nazione più rappresentativa nelle classifiche. Il testo di tecnica (e magari anche uno sulla storia) dello slalom, potrebbe iniziare, come è per la Fisica, scienza in continua evoluzione:…allo stato attuale della Fisica (le cose stanno così).
Sarebbe un peccato che il bagaglio di conoscenze di un tecnico appassionato, andasse perduto. Troppa acqua è passata sotto i ponti dal ‘Manuale pratico di canoa sportiva’ di R. D’ Angelo (non me ne viene in mente altro).
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Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #11 il: Marzo 31, 2010, 07:34:38 pm *
Sono rimasto sconvolto dal recente sondaggio presentato a Bruxelles sull’attività fisica in cui si dice che solo il 3% degli italiani pratica sport. Il Coni ribatte sottolineando che  chi pratica regolarmente sport o svolge attività fisica, come appunto pubblicato dall’Annuario Statistico Italiano 2009, redatto dall’Istat (su un campione di circa 50 mila persone) si attesta al 58,9% ed è così suddivisa: il 21,5% lo pratica con continuità, il 9,6% in modo saltuario, mentre chi svolge attività fisica generica tocca il 27,7%. I sedentari toccano invece il 40,6%. Si specifica inoltre che i giovani che praticano sport con continuità, nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 24 anni, sono rispettivamente il 46% (uomini) e il 28% (donne), contro il 2% e il 4% indicato nel sondaggio in questione" conclude il Coni.

Se noi prendiamo invece il rapporto “Osservasalute 2008” dell’Università Cattolica, presentato il 3 marzo a Roma al Policlinico Gemelli ci dice che lo sport in Italia resta ’sconosciuto’ e gli italiani si confermano sedentari. Il numero di sportivi in Italia, nel Rapporto 2007 dice che  solo il 20,9% della popolazione ha dichiarato di praticare in modo continuativo uno o più sport nel tempo libero. Nel 2008 era sceso al 20,5%. Il 10,3% degli italiani dice di praticarlo in modo saltuario, mentre chi non svolge alcuna attività sportiva è il 41,1%. Nel rapporto dell’ “Osservasalute 2009” fissa ad un 30,2% gli italiani che svolgono attività sportiva quindi una media inferiore di 1 su 3.

Ci sono evidentemente delle discrepanze fra i vari rapporti e i vari sondaggi. Se  prendessimo comunque per buono il sondaggio dell’Istat avremmo quindi nella migliore dell’ipotesi una percentuale del 46% di giovani maschi che fanno regolarmente sport e il 28% di giovani donne. Dati comunque, secondo me allarmanti. Tutto ciò ha un unico scopo e cioè quello di mettere in allarme i nostri dirigenti sportivi che dovrebbero rimboccarsi le maniche e mettersi in discussione.  Chiedetevi e chiediamoci che cosa bisogna fare per cercare di uscire da queste percentuali piuttosto ridicole al fine non tanto di cercare di creare dei campioni, ma soprattutto allo scopo di ridurre quella percentuale del 36% di bambini grassi riportati sempre nel “Osservasalute 2009” che sono effettivamente una enormità, tanto più che 1 italiano su 3 è obeso. A questo punto i conti tornano e cioè il non obeso è quello che fa sport!

Cosa fare  a questo punto? Non è facile trovare la soluzione, ma a mio modestissimo avviso bisognerebbe intervenire nelle scuole con una sinergia tra società sportive e scuole. So anche che ci sono stati da parte di diverse federazioni più tentativi di entrare, spesso riusciti, di  entrare nelle scuole, ma il problema rimane. Le Federazioni che si propongono vogliono portare l’acqua al loro mulino e vanno a proporre  esclusivamente la loro attività e nient’altro. Vuoi per incompetenza, vuoi per interesse specifico, vuoi per scelta federale. Io aggiungerei anche per paura di perdere potenziali atleti e tesserati. Ma qui cade l’asino! E’ come se a scuola si proponesse di fare solo letteratura italiana, tralasciando tutto il resto. Quale sarebbe il risultato? Semplice da dirsi infatti ci sarebbe chi si appassiona con tutto se stesso, chi ci prova, ma è negato, chi viceversa la odia, chi tira avanti sperando che finisca presto. Se tutto ciò lo trasliamo ad un singolo sport troveremo certamente qualche campione, qualcun altro che lo fa per dovere, chi ci prova, ma è negato, chi inizierà ad odiarlo e chi lo fa perché a casa lo obbligano.
La proposta deve essere quindi multilaterale. A scuola non si fa solo letteratura italiana, ma anche scienze, matematica, fisica, geografia, storia e così via. La proposta sportiva nella scuola non deve essere affidata ad una singola federazione, ma dovrebbe essere il Coni a farsi promotore dello sport nella scuola con progetti seri e lungimiranti. Usare il peso politico che ha, anche se ci si ostina a dire il contrario, per presentare un progetto di legge in questa direzione come si fa in tutto il resto d’Europa.
Non sarebbe difficile e sarebbero soldi investiti molto bene per educare  e per offrire ai  giovani  delle opportunità direttamente nella scuola dove inevitabilmente passano e dove spendono molto del loro tempo. 

Il primo passo da fare è un programma organico con il tipo di intervento. Il secondo passo la scelta degli educatori che possono benissimo uscire anche dalle società sportive. Operare con le strutture esistenti e in un secondo momento adoperarsi per migliorare anche sotto questo aspetto. Eliminare la rincorsa ad accaparrarsi i giovani pur di tesserarli. Far passare i nostri giovani attraverso la logica delle proprie potenzialità che vengono scoperte solo da chi opera nel settore e da chi, con l’esperienza, può capire il tipo di propensione sportiva per ogni ragazzo o ragazza. Questa deve essere la strada da seguire con tanto impegno, con unità di intenti, umiltà e voglia di lavorare per cercare di frenare quella caduta verso il basso che la nostra povera Italia sta facendo ormai in ogni sport.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #12 il: Aprile 02, 2010, 08:48:35 am *
Il sondaggio europeo associato a tutti gli altri rapporti che abbiamo visto precedentemente si agganciano perfettamente al concetto base della Tecnica dello Slalom. Voi ovviamente, a questo punto, pensate di lasciare perdere il proseguo di queste righe per dedicarvi a qualche altro lavoretto che potrebbe dimostrarsi molto più utile alla vostra vita o perlomeno rendervela ancora più comoda o affascinante. La conclusione più ovvia è quella che vi sta sfagiolando nella testa: questo è un pazzo, meglio lasciarlo perdere… non sareste gli unici, già altri per voi hanno provveduto a farlo!
Ma se mi seguite arrivo anche alla logica di questo ragionamento. Bene se Marco sostiene che si possa parlare di stile che contraddistingue una nazione in grado di mettere in finale costantemente degli atleti affidando alla tecnica l’estro del suo interprete migliore, del fuoriclasse, allora il sondaggio entra appieno in questa discussione.
Ho cercato spesso e volentieri di raccontare che cosa  sta dietro ad un risultato importante che difficilmente esce da un caso fortuito. Il risultato non è altro che la conseguenza di un lavoro costante protratto nel tempo con solide basi e obiettivi chiari e lungimiranti. Il risultato non è un salto nel buio è la somma di tanti fattori che si intrecciano e che possono regalare successi con continuità, senza per forza di cose avere il fuoriclasse. E’ un risultato piazzare sempre e con costanza uomini in finale. E’ un risultato essere presenti in finale in tutte le specialità. Non dovrebbe essere un vanto per un presidente federale affermare che lui stesso non costa nulla alla stessa organizzazione perché inevitabilmente poi questo a cascata lo si predente dagli altri che operano nel settore. Non dovrebbe essere un vanto assumere un’altra segretaria a tempo indeterminato se si considera che non c’è all’interno della nostra Fick nessun vero tecnico a tempo indeterminato. Una federazione sportiva dovrebbe essere, a mio modestissimo avviso, costituita da professionisti a tempo pieno partendo proprio dal vertice. Tecnici professionisti, dirigenti professionisti, direttori tecnici professionisti, preparatori atletici professionisti, fisioterapisti professionisti, medici professionisti.  Quando dico professionista sottolinea l’aspetto economico che permette alla persona di dedicare tempo ed energie al lavoro, perché di lavoro si deve trattare… se poi c’è anche la passione e la competenza tanto meglio!
I risultati arrivano se il sistema prevede un progetto e un programma sostenuto da persone a tempo pieno e in buon numero, diretti da chi ha le idee chiare su dove arrivare, con i dovuti aggiustamenti in corsa.
Molte federazioni, Coni compreso, sono professionisti solo in  segreteria, anche se il suo Presidente e la Giunta è comunque e giustamente  ben pagata.
Il cambiamento e lo “stile” arrivano solo se ci concentreremo a cambiare quel 3% che ci ha assegnato la comunità europea nel suo sondaggio. Dobbiamo cambiare radicalmente, dobbiamo prendere decisamente un’altra direzione per creare un nostro stile e per offrire ai giovani molte opportunità  che ad oggi vengono loro negate.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Marco Terenzio

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #13 il: Aprile 03, 2010, 05:05:07 pm *
Ciao, Ettore
"Marco sostiene che si possa parlare di stile che contraddistingue una nazione in grado di mettere in finale costantemente degli atleti affidando alla tecnica l’estro del suo interprete migliore, del fuoriclasse" da Ettore Ivaldi post precedente.
Scusami, ma io ho detto esattamente il contrario.
Sono una persona semplice (comunque non un sempliciotto), non ti capisco.
Mi sembra il linguaggio "politichese" di molti politici, della serie "le convergenze parallele", fatto apposta per destabilizzare le persone comuni.
Io preferisco i politici, che magari sbagliano i congiuntivi, ma arrivano diretti alle persone anche di bassa o nulla scolarità.
Marco
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Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #14 il: Aprile 03, 2010, 06:10:25 pm *
Il concetto è semplice non è questione di Tecnica o Stile, ma di Organizzazione. Sulla Tecnia e sullo Stille possiamo dilungarci a lungo facendo chissà quali pensieri filosofici, limitandoci forse a descrive e a discutere quello dell'atleta migliore in quel momento.
Questo era il messaggio che volevo semplicemente far passare visto  che se noi non cambiamo il Sistema poco conta parlare di Tecnica e Stile che sono comunque rimangono, secondo me,  personali.
Scusa se ti ho dato l'impressione di parlare "politichese", ma il contesto è chiaro visto che dovrebbero essere proprio i nostri politici a cambiare il Sistema.
Più chiaro così?

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Skillo

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #15 il: Aprile 09, 2010, 02:12:26 pm *
Di politica, federale o nazionale, per questa volta non ne parlo, quindi parliamo di tecnica e stile.
Ho sempre considerato la tecnica come il canovaccio che ognuno di noi interpreta seguendo il proprio personale stile. Possono esserci atleti con medesima tecnica e diverso stile così come possono esserci atleti di diverso stile e medesima tecnica ma mentre il primo caso è tipico di compagni di squadra quando non di connazionali, il secondo è per lo più legato a sporadici casi di atleti senza alcun legame tra loro.
Mi viene in mente la particolare somiglianza tra le proporzioni antropometriche e il modo di stare in canoa che qualche tempo fa erano riscontrabili nel forte Hilgert Liubosh e in un allora giovane atleta genovese che col Ceco nulla aveva a che fare. Busto molto eretto, pagaiata ampia portata a braccia tese e leggero dondolio della testa ad ogni colpo, manovre di rotazione eseguite quasi sempre con un solo leggero arretramento del busto e con aggancio e pagaiata larga portati a braccia ben distese e lontani dalla barca.
Tutte cose che i due avevano in comune, eppure in Liubosh la tecnica era molto migliore.

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #16 il: Aprile 14, 2010, 10:31:10 pm *
La sostanza certamente conta, ma il contorno e le piccole cose ti fanno apprezzare al meglio la vita. Te ne rendi  conto  anche quando può bastare una semplice  pausa dal lavoro a  regalarti forti emozioni,  tanto più se le condividi con la persona che ti ama da sempre… sentimento ovviamente condiviso. E allora una scappata con pranzo ad un Vinitaly in chiusura  ti fa scoprire e conoscere Scipione che di professione fa il sommelier, non solo per lavoro, ma per  vocazione con l’aggiunta della passione e di un back-ground dei più nobili.  Infatti sui campi dell’entroterra di Caorle ci passa la gioventù con il nonno ad imparare  l’arte della potatura e poi a raccogliere grappoli dal vigneto di famiglia che oggi conserva con rispetto e tanti bei ricordi. La scelta della scuola è a tema e, una volta finita, si dedica con passione alla professione del “mescitore di vino” sulle tavole di molti ristoranti dove la bevanda di Bacco viene servita in abbinata a piatti importanti. Ecco quindi che una volta seduti il buon Scipione arriva di gran lena con un Prosecco fresco per farti aprire le danze di quello che diventerà da lì a poco  un vero campo di battaglia tra sapori, profumi, chiacchiere e tanta allegria, sotto la guida di sapienti imprenditori che ti portano per mano alla scoperta di un territorio attraverso la sua cucina. “Su una buona tavola non possono mai mancare le bollicine” mi suggerisce Amur e noi non ce le facciamo mancare: chi ben inizia è a metà dell’opera; accompagnano  un antipasto dal nome impegnativo  che nasconde però la sua poesia: “insalatina tiepida campestre con pescatrice al vapore”… giusto il tempo di dirlo e la pietanza  è sparita. 
Il primo piatto arriva diretto dalle tradizioni contadine dove la patata è stata, per molto tempo, l’unico alimento sempre presente sulla tavola di molte famiglie. Anche qui ci vogliono un paio di righe per descriverlo si tratta infatti di: “Gnocchetti di patate del Quartier del Piave agli asparagi bianchi di Cimadolmo IGP  su vellutata di gamberi rosa”, il tutto  accompagnato da  un pinot sopraffino dal sapore pieno e che ti fa apprezzare ancora di più lo gnocco di patate dorato, caldo, fumante, profumato e piacevolmente soffice.
Il secondo piatto è un altro regalo alla tradizione popolare: “coscetta di faraona ripiena al profumo di timo con confettura di cipolla e zenzero”. Ora è molto difficile cercare di elencare i piaceri che si provano addentando una coscetta di questa spettacolare volatile originario dell'Africa, addomesticato dall'uomo da molti secoli. La carne della faraona era già molto apprezzata nel settecento; ha carni magre, con un sapore più aromatico rispetto a quelle del pollo. Richiede una leggera frollatura e si presta a molti tipi di preparazione, in particolare può essere cucinata con ottimi risultati senza un uso eccessivo di grassi. Direi che oggi i cuochi di Casa Treviso  hanno optato per una delicata ma gustosa soluzione; la finezza  della confettura di cipolla e zenzero poi ti regala un contrasto di sapori che al palato si rivelano unici. Ci lascia un pelino delusi il Cabernet Franc che accompagna la carne, ma la verità è che di grandi rossi il nord-est Veneto non è particolarmente dotato se si paragona alla ricchezza dei vitigni bianchi.
Si chiude con una mille foglie  di mele alla veneziana  con una soffice crema d’uovo e la nostra sfacciataggine ci fa osare più del dovuto tanto da chiedere il bis, grazie alla raccomandazione dello stesso Scipione che ha messo per noi una buona parola in cucina. E’ l’occasione per bere il secondo bicchiere di passito che aiuta ad apprezzare meglio la parte finale del lauto pranzo! I distillati non sono mai stati la mia passione, se pur riconosco il grande valore e soprattutto la capacità dell’uomo di estrarre da tutto ciò che può fermentare del combustibile umano. Ci consoliamo con un amaro dalle mille erbe subito dopo il caffè.
Usciamo stravolti, ma appagati dal tendone-ristorante di “Casa Treviso” – ci aspetta la visita al padiglione dell’olio che tanto apprezziamo e amiamo. Purtroppo di tempo ne rimane veramente poco, gli espositori, esausti da cinque giorni di Vinitaly, stanno impacchettando ciò che è rimasto. Noi assaporiamo il prodotto delle olive di Sicilia – che voglia di tornare sull’isola a godere del suo mare e del suo cibo – con un pane altrettanto unico gustiamo una deliziosa crema ai pistacchi, ma la voce metallica dell’altoparlante annuncia la irrevocabile chiusura delle porte e dà l’arrivederci all’edizione 2011… e con Amur ci promettiamo che il prossimo anno faremo le cose con un pochino più di calma!

Io sono tornato in quel di Bratislava, non si parla più di vino e piatti particolari, ma sono tornati ad invadere la mia mente canoe, pagaie, allenamenti, onde e tecniche… si riprende contatto con la mia grande passione… e anch’io mi sento un po’ il buon Scipione! Lo prometto da domani si scrive solo di tecnica -

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi





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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #17 il: Aprile 15, 2010, 11:05:45 pm *
Non lo so se sono ripetitivo: ditemelo voi eventualmente, ma ritengo che la centralità del corpo, il bilanciamento e la presa in acqua della pala siano elementi fondamentali per mettere in essere una tecnica che può portare risultati, seguendo comunque il proprio stile. 
Ho rivisto la gara di Kauzer a  Solkan dello scorso fine settimana (peccato che sia mancato il confronto-scontro con il buon Molmenti) e ancora una volta mi entusiasma la sua fluidità d’azione per niente preoccupato a spalettare per ridare velocità alla canoa. I colpi sono precisi e l’azione che precede una manovra importante,  che sia  per una risalita o che  sia per un cambio di direzione repentino, sembra essere messa in atto a rallentatore. La sua più grande preoccupazione rimane quella di avere tutto il peso sulla canoa e non sulla pala, errore questo che spesso si riscontra, con il chiaro obiettivo di trovare e usare la sua pala solo per fare forza e non certo per mantenere l’equilibrio. Una volta trovato il punto d’appoggio lo sfrutta fino all’inverosimile, quasi come fosse  un C1 con il vantaggio di avere però  sia la pala destra che sinistra a disposizione!
In sostanza si tratta di cercare delle certezze e dei punti sicuri su cui lavorare in un ambiente che viceversa non offre garanzia di continuità e stabilità. Per cercare di rendere questo concetto ancora più semplice, nel tentativo di farlo capire chiaramente, diremo che chiunque può mettere in essere una manovra complessa se non ha problemi di equilibrio. La ricerca quindi va direzionata proprio in questa logica  e cioè su scelte tecniche semplici e che possano permettere all’atleta di mantenere il più a lungo possibile il suo equilibrio. In quello stato tutto, o quasi, è concesso.
Diventa questo il  concetto base  per i giovani. Il lavoro deve prendere quindi questa direzione con proposte di combinazioni di porte molto semplici e via via si porterà il tutto su acque più difficili. Quindi se noi partiamo dall’acqua ferma la logica vuole che nella proposta di una risalita richiederemo al nostro allievo di eseguire la manovra sempre con la pala in acqua. Concentrando l’attenzione su un solo elemento. Il tutto, all’inizio, non risulterà naturale per un kappa, viceversa per un canadese, che si trova costretto dall’unicità di pala della sua pagaia, la cosa assume un aspetto decisamente naturale. Quindi può essere una buona idea mettere i giovani kappisti in C1 per obbligarli a trovare soluzioni solo su un lato e per assimilare la “sfilata in avanti”. Successivamente  sposteremo l’attenzione sulla rotazione delle spalle, quindi sulla spinta delle gambe, successivamente sulla rotazione della coda e sulla spinta d’uscita, senza mai dimenticare ovviamente la pala nell’acqua, che offre equilibrio e spinta. Ci vuole molta pazienza e non bisogna secondo me affrettare i tempi. Se riusciamo a trasmettere ai nostri allievi questi concetti base avremo poi la strada spianata per crescere sotto ogni punto di vista.
Il lavoro di crescita è molto lungo, ma se non si comincia bene poi si fatica a ristabilire gli equilibri. Oltre a proposte sensate c’è bisogno anche di un lavoro costante e certosino con i giovani. Il tutto poi lo si deve portare sui canali che ormai sono e saranno i veri ed esclusivi campi di gara.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #18 il: Aprile 19, 2010, 08:58:26 pm *
Oggi mezza giornata di riposo e così ne ho approfittato per andare in un centro commerciale per acquistare un paio di scarpe per correre visto che le mie hanno fatto il loro dovere già da tempo. Dopo varie prove e una ricerca accurata, sono rimasto sull’Adidas e  sul sistema Torsion®System, visto che in passato mi sono trovato sempre molto bene. Il modello è il  Response Cushion 18, quindi  mi sono presentato alla cassa e… meraviglia delle meraviglie una mega foto della passerella sopra il fiume a Trnovo ob Soci in Slovenia,  vicino a Caporetto di scolastica memoria e di tanta sofferenza,  con quell’acqua cristallina immersa in una gola boschiva. Quanti ricordi, quanto tempo speso su quel torrente, quante ore passate a pagaiare con il bravo Renè, lo scatenato Tony e l’estroso Ovo! Si lo so centra poco con quello che volevo scrivere sulla tecnica, ma era per condividere un’emozione e … un acquisto!

Allora… partiamo dal presupposto che le attuali canoe sono più facili da girare sulla coda e non richiedono una caricamento eccessivo in fase di rotazione e neppure uno spostamento di peso consistente indietro. Ciò comporta una vera e propria rivoluzione tecnica nel guidare il mezzo, con la conseguenza di un adattamento preciso. Dico ciò, perché mi capita spesso di vedere atleti condurre la propria canoa senza sfruttare completamente le caratteristiche della stessa, specialmente negli atleti più maturi e con una certa esperienza. Questi ultimi hanno cambiato la canoa, ma non si sono adattati appieno alle caratteristiche del mezzo.  Per fare un esempio classico è come se conducessimo i nostri sci sciancrati con la tecnica del cambio di peso, cosa che non sfrutterebbe tutte le potenzialità dello strumento che abbiamo ai piedi, anzi, si andrebbe incontro a grossi problemi. In teoria sappiamo bene che, per usare al cento per cento questo tipo di sci, dobbiamo mantenere la centralità del busto e spingere fuori il nostro piede, fidandoci della  massima tenuta dello sci.  La stessa cosa lo possiamo dire per le canoe di nuova generazione.
Da questo principio ne deriva una maggior CENTRALITA’ DEL CORPO che a sua volta porta ad un maggior EQUILIBRIO e quindi stabilità. Su questi fondamentali dobbiamo lavorare per raffinare individualmente la tecnica. I mezzi attuali – parlo ovviamente per i kayak – permettono all’atleta di essere sempre in equilibrio, condizione che permette alla canoa di scorrere e quindi di mantenere la velocità con un minor spreco di energie. La facilità poi nel condurre il mezzo e di ruotare sarà evidente per tutti.
L’equilibrio è una qualità individuale: ogni atleta deve trovare il suo punto di equilibrio per mettere in atto ogni tipo di manovra. Quindi se vogliamo ruotare velocemente sulla  coda si dovrà trovare l’angolo di penetrazione esatto per le individuali  caratteristiche (di peso, di forza, di abilità) e di volta in volta adattarle alle situazioni che si possono incontrare sui percorsi.  Quello che in fisica viene definito equilibrio indifferente. “La stabilità delle azioni motorie è un fattore importante del successo in gara” (Platonov ‘96) quindi se ne deduce che diventa un elemento fondamentale per conseguire un risultato e soprattutto diventa un elemento su cui lavorare parecchio in allenamento. Il mio consiglio è quello di partire con i giovani e insistere sull’offrire loro l’opportunità di sentire e percepire l’equilibrio, sforzandoci, per ognuno, di far loro scoprire il proprio angolo di penetrazione della coda in acqua per eseguire manovre veloci in rotazione. Complicata la spiegazione? Per fare alcuni esempi diciamo che sarebbe buono mettere l’allievo nella condizione di cercare il limite massimo per non rovesciarsi al momento dell’uscita in corrente. Minore sarà l’inclinazione di uscita più alta sarà la risposta dello scafo. La stessa cosa la possiamo dire in fase di entrata in una risalita.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

P.S. condivido molte cose scritte dall’amico Vietti, ma mi permetto di fare una sola precisazione:  la mia non è mai stata polemica nei confronti della Federazione o di colleghi allenatori, se mai si può aver interpretato i miei scritti sotto questa luce me ne scuso. Anche Sant’Agostino nel sottolineare la bellezza del creato e la superiorità dello spirito sulla carne cade apparentemente in polemica con i manichei e il donatismo, eppure voleva il bene celeste.  I miei sono interventi che raccontano la realtà ed esprimono mie opinioni. Credo che la critica sia segno di democrazia principio irrinunciabile per un confronto e una crescita comune.  Non credo di aver mai mancato di  rispetto per il  lavoro di tutti e auguro un buon proseguimento.

andrea bertani

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #19 il: Aprile 21, 2010, 06:36:14 pm *
Ormai ci sono collegamenti difficili da cogliere...condivido comunque il  pensiero di Ettore. Del resto quale sarebbe il motivo dell'esistenza di un forum se non quello di poter discutere e mettere in comune idee ( personali ) ?

Ma passiamo alle domande che ti vorrei porre :

1)  secondo te non sono troppo pochi i raduni proposti per la categoria junior ( ovviamente di slalom così  Vietti non si sentira' subito chiamato in causa ! )

2)lo slalom è una specialità olimpica. Ne consegue dovrebbe  avere più fondi da investire anche e soprattutto verso quelle categorie più deboli in Italia dalle quali più facilmente potrebbero arrivare delle medaglie a livello internazionale. Ovviamente parlo di K1 e C1 donne e del C2 . La mia domanda è: perché si continua a non fare assolutamente nulla ,se non sporadici raduni , senza alcuna programmazione ??? Eppure un certo numero di atlete le abbiamo a livello giovanile .

3)Come mai gli stessi tecnici federali del settore giovanile non sanno assolutamente quali saranno i programmi della nazionale speranze a giugno ?  Chi fa allora la programmazione ?

4)Ma ai raduni della nazionale speranze quali sono i criteri di selezione ? Perché all'ultimo raduno c'erano ragazzi 2° anno  , junior e ragazzi già convocati ai raduni della nazionale junior ?

5)Ma il raduno non doveva essere a Marlengo visto e considerato anche che solo un ragazzo veniva dal Sud mentre tutti gli altri venivano dal Nord ??? Alla faccia del risparmiare..



AndreB

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #20 il: Aprile 22, 2010, 01:19:14 am *
Carissimo Andrea Bertani,

dal nome di vitivinicola memoria come ho già avuto modo di spiegare, ma con lo spirito dell’acqua che corre nelle vene, credo di essere stato tirato in causa per rispondere alle tue domande che disegnano sostanzialmente una realtà piuttosto triste per il nostro settore. I tuoi dubbi e le tue perplessità sono la testimonianza più lapalissiana possibile di uno stato delle cose decisamente assurdo. Pur impegnandomi a lungo, non sono riuscito a trovare un filo logico al tutto e come ho già avuto modo di scrivere ampiamente l’impressione è proprio quella di un “navigare a vista”.

Partirei dicendo che non dobbiamo cercare di trovare soluzioni ora a dei problemi contingenti – che ovviamente pesano e capisco comunque che per chi li sta vivendo (anch’io in prima persona) creano grossi  problemi – ma dobbiamo cambiare un sistema e guardare al futuro, non limitare lo sguardo sul nostro orticello, ma puntare l’occhio sulla vetta per cercare di raggiungerla… prima o poi. Il presente ormai è già andato e soprattutto se non sono gli stessi atleti (scusa Skillo se insisto) e le Società interessate a porre delle domande e richieste e di conseguenza agire, noi poco possiamo fare. Un piccolo esempio che tutti noi stiamo seguendo sul forum in questi giorni, giusto per tenere sollecitato anche l’amico Vietti che a volte male mi interpreta, ci arriva dal raduno programmato per Sort in preparazione ai campionati del mondo e trasferito a Bovec, come lo stesso campione del mondo Carlo Mercati ci ha fatto notare. Ecco un bellissimo esempio di incapacità e debolezza  tecnica. Io se fossi stato al posto del Commissario Tecnico mi sarei dimesso perché se non vengono seguiti i programmi che propongo e che sono già stati approvati, perché rimanere? Forse per fare lo zimbello di turno? Se la discesa non interessa alla Federazione che lo si dica visto che ne Carlo ne Vladi sono nello staff tecnico… ridicolo!

E allora cosa fare? Dobbiamo comunque cercare il confronto costruttivo, cosa che decisamente manca visto che da parte federale non si fa neppure la mossa di convocare una riunione con le società e con i tecnici per spiegare programmi e obiettivi. Ovviamente è impossibile da fare perché si cambia in continuazione. Mi piacerebbe anche credere nelle parole di Bussolino

“… mentre forse basterebbe qualche risposta o dialogo per dimostrare che la federazione lavora con un certo metodo per raggiungere determinati risultati e sicuramente l'informazione sarebbe più completa e ci si potrebbe costruire un'opinione più ragionata”

Ma più ragionata di tutto quello che costantemente tocchiamo con mano cosa ci serve di più per capire…? Consiglierei la lettura delle prime pagine di Daniele Luttazzi,  “La guerra civile fredda”, possiamo identificarci molto bene! Oppure il caso è che lor signori sono talmente avanti con programmi e obiettivi che facciamo fatica a capirli e quindi non vale neppure la pena spiegarli alla plebaglia e cioè noi?



Io ero partito il 27 maggio 2009 a seguire un filo logico del discorso cercando di descrivere ampiamente la nostra realtà canoistica, solo così si può comprendere appieno il problema.

Forse rileggere  alcuni post potrebbe rinfrescare la memoria. Quindi consiglierei:

- REALTA'
« inserita:: Maggio 27, 2009, 10:21:58 am »
in cui  cercavo di spiegare qual è la situazione reale della nostra canoa – successivamente ho ampliato il discorso aprendo una discussione su:
- REALTA' SOCIETA'
« inserita:: Maggio 28, 2009, 08:51:07 am »
in cui cercavo di proseguire l’analisi della realtà

Sono fondamentalmente convinto che noi non possiamo prendere esempio da nessuna altra nazione visto il quadro generale che tutti noi più o meno ora conosciamo è quello emerso dalle varie analisi e dai vari interventi. Dobbiamo costruire sul quello che abbiamo ora, oggi. Ai  mega progetti ci penseremo quando arriveremo, ora però costruiamo il futuro sull’esistente e non sul nulla, con semplicità e umiltà.

Detto ciò le tue osservazioni-domande le avevo già prese in esame “ante litteram” e “quod erat demonstrandum” si veda quindi:

- Re: DAL FONDO AL RIDICOLO
« Risposta #27 inserita:: Gennaio 16, 2010, 12:06:11 am »
Avevo fatto un analisi attenta della bozza di programma stagione 2010 e in modo specifico su una presunta Commissione Tecnica fatta di politici e di un Presidente Regionale a rotazione… ridicolo!

- Re: DAL FONDO AL RIDICOLO
« Risposta #28 inserita:: Gennaio 17, 2010, 11:46:42 am »
Si sono fatti programmi per squadre A e B ma non esistono i criteri per essere in una o nell’altra squadra. Dopo l’Australia è stato tutto un miscuglio di convocazioni e raduni… ridicolo!

- Re: DAL FONDO AL RIDICOLO
« Risposta #31 inserita:: Aprile 01, 2010, 04:37:32 pm »
Ho parlato dell’attività giovanile dove puntualmente non si ha idea di cosa stia succedendo. Si spostano località, si cambiano nomi, si scrivono regole che poi non vengono seguite e così via… ridicolo!

… a confronto Berlusconi sembra essere un dilettante! speriamo solo  che non gli venga in mente di prendere  esempio dalla canoa, perché altrimenti la vedo male anche per tutto il resto d’Italia che non pagaia. 


Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

P.S. ma ci dici chi sei? Non ti devi preoccupare pensa solo che il sottoscritto è stato deferito all’organo di giustizia sportiva federale da un consigliere tanto attento e pronto alle mie osservazioni e che non ha voluto usare il forum per replicare ma la spada e la bilancia della giustizia. Ora mi aspetto solo la mano e l’occhio per quella divina. Chissà cosa direbbe Mayr in questo caso … ? Beh alla fine mi hanno dato un’ammonizione – cartellino giallo in termini pallonari per dirla come il grande mitico Gianni Brera. Pazienza… infondo mi considero un prigioniero politico e chissà che prima o poi rivenga ripristinato buon senso e logica.

Francesco Iacobelli

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #21 il: Aprile 22, 2010, 11:21:48 am *
"nemo propheta in patria"

 

Skillo

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #22 il: Aprile 22, 2010, 03:38:03 pm *
Si, Ettore, sarebbe giusto che gli atleti fossero gli artefici di certi cambiamenti ma dovrebbe essere un fronte comune e compatto quello che gli atleti dovrebbero sollevare ma purtroppo il "tutti o nessuno" non è cosa che funzioni sempre: tu sai già che tempo fa gli atleti piemontesi si opposero con energia al "cambiamento Baron" e gli unici frutti che ne ebbero furono promesse mai mantenute e l'approdo alla "bad company" sotto la guida di chi sai e poi di chi altri sai e poi forse hai perso anche tu il filo come è successo a me. Contemporaneamente, i bravi ragazzi, tra i quali molti di quelli che lanciavano invettive anche furiose ma sempre e comunque pronunciate alle spalle dei destinatari, ricevettero Pierpaolo Ferrazzi e tante cose belle.
Tu da una lezione del genere che cosa avresti imparato? Quello che hanno imparato i ragazzi in questione: sta zitto e pensa solo ai fatti tuoi.

Il Bertani (atleta, padre di atleta, tecnico o qualunque figura egli ricopra) fa benissimo a non palesarsi e a continuare a scrivere di cose che se fossimo in una federazione composta da dirigenti e società meno miopi avrebbero già fatto scattare qualche indagine interna se non addirittura fatto saltare in aria qualche poltrona.

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #23 il: Aprile 27, 2010, 04:51:48 pm *
Oggi, la musica per le mie orecchie e per  il mio spirito è quella dello scozzese Rod Stewart, ve lo ricordate lo stravagante cantore di “Mandolin Wind” e “Young Turks” tanto per citare due delle sue più famosi canzoni? Anche se per la verità in questo momento mi sto  deliziando con la sua interpretazione di “What a Wonderful Word” di Louis Amstrong. Se la musica è di un genere decisamente soft altrettanto non si può dire per l’argomento tecnico  che mi assilla e che mi fa pensare a lungo, anche se per la verità  il sapiente Vladimir Platonov  mi fa dormire sonni tranquilli con i suoi studi e le sue ricerche che convalidano l’idea che ho maturato in questi anni sulla Tecnica e sulla funzione dell’allenamento in generale. In sostanza l’insigne professore afferma: “certi gesti vengono automatizzati grazie alla ripetizione, formando un’abitudine motoria”. Nella sua lunga disquisizione esprime molto bene le tappe e le fasi della preparazione tecnica degli atleti. Mi  soffermo  sull’aspetto delle sensazioni e percezioni dei movimenti e l’elaborazione dell’informazione. Se noi prendiamo i giovani canoisti sicuramente ci accorgeremo che le sensazioni e le percezioni sono imprecise, la componente cinestetica è praticamente inesistente e domina l’informazione visiva. Quindi noi ci preoccuperemo in questa fase di far eseguire una serie di esercizi in condizioni favorevoli, le nostre informazioni saranno solo  di carattere del tutto generale, ma avranno obiettivi chiari. Se, ad esempio, si sta lavorando sull’avanzamento si dovrà fissare il punto d’arrivo e lasciare che il giovane trovi la soluzione migliore per arrivare all’obiettivo. Ripetizione dopo ripetizione avrò modo di intervenire ponendo allo stesso ragazzo altri obiettivi, come: rilassare la mano in fase si spinta, percezione della sensazione di fatica sulle braccia e sugli arti superiori in genere. Quindi andrò ad introdurre la spinta con i piedi e così via. Si deve cercare di andare a rafforzare le componenti cinestetiche con una percezione dei movimenti più precisa attraverso la forma verbale, che molte volte assume un ruolo determinante. E’ la stessa Elena Bargigli  (http://www.federcanoa.it/index.php?option=com_content&view=article&id=133:giovani-pagaiatori-al-lavoro-dopo-il-raduno-di-subiaco-parla-elena-bargigli&catid=5:news&Itemid=5) che ci dice che molto spesso trova difficoltà nel linguaggio, elemento da non sottovalutare. E’ compito nostro trovare la password per entrare in ogni nostro allievo, ricordandoci che dobbiamo essere noi a fare lo sforzo per capire quale può essere il codice d’accesso per ogni singola realtà: “You are unique like You are”…e-Team insegna!
Tutto ciò ci riporta alla centralità del corpo nello slalom dove l’equilibrio la fa da padrone. Cosa fare quindi con i nostri ragazzi per cercare di esaltare al massimo queste capacità? La prima cosa è sicuramente quella di riuscire ad instaurare un rapporto costante dove ci sia la possibilità di poter interagire quasi quotidianamente con il nostro allievo per guidare le scoperte. Dobbiamo poi introdurre quello che alcuni autori chiamano gli “stati di necessità”, gradualmente sempre più impegnativi. Il segreto però è nella sicurezza che il ragazzo possa trovare e scoprire la soluzione e quindi il compito dovrà esser assolutamente alla sua portata. Altrimenti rischiamo di mortificare il lavoro e il soggetto. L’argomento così potrebbe sembrare sterile, ma getta le basi per poter crescere di pari passo con il giovane atleta per un lavoro che poi nel tempo diventerà basilare e che si dovrà adattare alle varie evoluzioni – fisiche, mentali, atletiche – dello stesso.  Il compito dell’allenatore sarà quindi anche quello di riuscire a rendere tutto ciò vivace ed interessante con proposte che sappiano rendere partecipe l’allievo e che soprattutto raggiungano l’obiettivo prefissato.
Un altro elemento fondamentale diventerà, per noi, la verifica di quanto ci siamo proposti. Molto spesso ci dimentichiamo da dove siamo partiti e per questo motivo che ci viene in aiuto il video. Andare a rivedere filmati di mesi antecedenti ci permetterà di capire e di avere la situazione sotto controllo su eventuali miglioramenti o sulla stabilità di quanto fatto.

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #24 il: Maggio 03, 2010, 04:09:08 pm *
Era parecchio tempo che non passavo una domenica decisamente rilassata a godermi, con i piedi sul tavolino, tanti eventi sportivi, complice il brutto tempo e la consapevolezza di un calendario assai fitto e senza sosta fino alla terza domenica di settembre. Quindi cosa fare di meglio se non godersi da sportivo ciabattaro una giornata davanti a  Tv ed internet?

Alla televisione ho sospirato per il sorpasso di Lorenzo su Pedrosa con un Rossi a guardare le stelle dicendo che non era giornata per lui con una spalla dolorante… bravo vai a fare lo sciocchino con il motocross invece di pensare al motomondiale. Una entusiasmante vittoria dello spagnolo Lorenzo, davanti al suo pubblico, dedicata al Barca, lui tifoso dei “blugrana” contro il “neroazzuro” Valentino. Ok ora siamo uno pari.
L’attenzione poi si è spostata sul nuovo centrale del Foro Italico con i suoi 10.500 posti a sedere per la finale tutta iberica tra David Ferrer contro il mio amico Rafael Nadal. Ho conosciuto Il “maiorchino” ai giochi olimpici di Bejing e abbiamo condiviso  tavolo e  pietanze durante una cena di gala. Mi impressionò il suo braccio sinistro e la sua semplicità nonché la curiosità per il nostro sport. Non credo che lui si ricordi di me, ma fingo comunque che sia così! Brutto tempo nella capitale e così la partita  è sospesa intorno alle 18,30, per la seconda volta: piove!  Ovvio io sono a casa per questo. Si riprende a giocare poco dopo, ma noi decidiamo di guardare un film di Woody Allen “basta che funzioni” … carino e tutto sommato con una visione della vita alla fine ottimistica. Internet ci tiene aggiornati sul mitico  Rafael che  torna in campo e si sbarazza velocemente del suo connazionale andando a vincere per la quinta volta a Roma in sei anni. Non male tanto più che  arriva a quota 17 “Master 1000”  vinti  eguagliando Andre Agassi.
La televisione ci regala immagini e commenti - mitici quelli di Clerici e Tommasi -  ma per seguire i risultati della domenica canoistica bisogna utilizzare internet, facebook, e-mail, telefono e fantasia.
Dalla cornetta ci arriva la notizia della doppia vittoria, sprint e classica, sul Brembo del bravo pagaiatore Mariano Bifano che ha avuto la meglio su un fluvialista occasionale come Jaka Jazbec.  Dalla cittadina termale esce contento anche Alessandro Leonori, il nostro generoso cineasta, che già alle 8 della mattina del lunedì, puntuale come il Corriere della Sera, sul social network FB esprime soddisfazione per le 4 medaglie d’oro vinte in due giorni. Meglio di lui solo Phelps! Ma Giuseppe Montarese promette scintille a Vipiteno… poi magari mi spiegherai che cosa rappresenta la tua icona sul tuo profilo!? Infine le foto di Davide Tassarotti ci danno l’idea del livello d’acqua per la prima selezione per la squadra italiana di discesa.
La visuale si apre sull’Europa dello slalom e per seguire tutto ci vogliono due pc, anzi un Mac e un PC:  non sia mai che ci si confonda tra il sacro e il profano.  Sul mitico sito www.mates.sk seguo con Zeno l’evolversi delle gare di selezione per slovacchi  e cechi. I primi impegnati nella prove a Bratislava e i secondi a Trnavka un fiume da paura con due bei salti e corrente veloce. Da una prima veloce analisi non ci sono grandissime novità nelle file di  cechi e slovacchi. Lubos Hilgert nei kayak uomini, dopo essere rimasto al palo per alcuni anni è rientrato alla grande. Nel settore femminile le matrone ceke si riconfermano,  ma hanno il fiato sul collo da parte delle giovanissime Zasterova e Galuskova. Cognomi che la dicono lunga… non vi pare?

Dal sito di Campebell Walsh ci arrivano indicazioni da Nottingham per le prove dei sudditi di sua maestà la regina Elisabetta d’Inghilterra e degli altri regni del Commonwealth che sono la bellezza di 125 milioni. Mentre dagli Usa Bretty Heyl è soddisfatto per le sue prestazioni nei trial a stelle e strisce. Dalla Germania è arrivata anche la riscossa di Fabian Dorfler che dopo qualche tempo di buio sembra essere rientrato in squadra.


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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #25 il: Novembre 02, 2010, 07:35:57 pm *
In età giovanile, ma non solo, è importante diversificare il lavoro e l’approccio sportivo. E’ indiscusso che tra i 7 e i 12 anni si sviluppa maggiormente le capacità di apprendimento e controllo mentre col passare degli anni si osserva un notevole incremento delle capacità di adattamento, combinazione e trasformazione dei movimenti e come sottolinea bene Vladimir Platonov: “nei giovani sportivi , gli esercizi orientati allo sviluppo di una qualità motoria migliorano ugualmente le altre: ad esempio, il lavoro delle qualità di velocità e di coordinazione determina anche un miglioramento delle qualità di forza, di flessibilità e di resistenza”.
La canoa slalom è uno sport con una componente tecnica elevatissima, sfatando così quello che è un dilemma che ci  portiamo  avanti da diverso tempo e cioè quello di asserire che la componente fisica sovrasta quella tecnica. Una è il compendio dell’altra. Risulta elementare capire che se curiamo l’aspetto tecnico di conseguenza miglioriamo automaticamente anche tutte le qualità fisiche che concorrono al risultato sportivo finale.

Chiunque può rendersi conto che Martikan dal punto di vista fisico è ben preparato, ma forse non è altrettanto facile capire che lo slovacco dal punto di vista tecnico è superlativo. Se analizzate la finale di Tony Estanguet e nell’osservazione fate scorrere nella vostra mente quanto da lui dichiarato all’arrivo, vi accorgerete che la componente tecnica è elevata all’ennesima potenza. Mai come prima si era visto il  transalpino così elegante ed essenziale.

Tornando ai giovani però ricordiamo che contemporaneamente all’esperienza motoria a 360 gradi  per lo sviluppo delle capacità coordinative non dobbiamo dimenticare o sottovalutare l’aspetto motivazionale laddove lo interpretiamo come il desiderio delle persone di continuare a migliorare. Pochi autori ne parlano in modo specifico per questa età, riprendendolo in maniera importante quando l’atleta evoluto cerca il grande risultato sportivo (V. Platonov la definisce “preparazione della forza di volontà”). In realtà, dalla mia diretta esperienza, la motivazione si sviluppa in giovane età ed  è in questa fase di crescita che si disegna la strada da percorrere. Così facendo inseriamo il terzo elemento fondamentale per il raggiungimento di un importante risultato agonistico: l’allenamento mentale.

Sotto quest’aspetto è maestro Daniele Molmenti che ha costruito i suoi successi prima nella sua mente, mentre le sue  braccia e sulla sua tecnica personalizzata e portata all’essenziale hanno concretizzato il tutto.

Tecnica, preparazione fisica, preparazione mentale sono i  tre elementi che compongono il risultato sportivo. Se analizzate i risultati di grandi campioni vi accorgerete che queste qualità sono sempre presenti. Dove tecnica va letta come una personalizzazione del gesto motorio relativamente all’interpretazione che il singolo soggetto riesce a dare al fine di esprimere tutto il suo potenziale.
Mi addentro solo un attimo negli aspetti tecnici per sottolineare l’importanza, in età giovanile, di approcciarsi a questo elemento con la consapevolezza che il soggetto deve scoprire il gesto attraverso un proprio vissuto. Poco conta correggerlo o fissare canoni motori troppo schematizzati. Il soggetto deve  essere messo nella condizione di SCOPRIRE e TROVARE  il suo gesto attraverso la prova pratica che passa inevitabilmente attraverso l’errore.

Allenare la tecnica, significa allenare il fisico e preparare la mente ad una determinato stimolo motorio. Viceversa allenare il fisico non sempre è elemento allenante per la tecnica, anzi determinati tipi di lavori potrebbero essere controproducenti al fine ultimo.  Errore poi comune di molti atleti quello di associare l’esaltazione dell’allenamento fisico come unico strumento per ottenere un risultato.

Gli esempi sono molteplici. Renato De Monti -  in assoluto il migliore C1 slalom che l’Italia abbia mai avuto - giunse 4^ ai mondiali di Augsburg 1985 sfiorando la medaglia con tre mesi di inattività per un borsite al ginocchio  che lo costrinse all’assoluto riposo per un periodo infinitamente lungo. Il C2 Benetti-Masoero nel 2007 giunsero terzi ai mondiali dopo un periodo di inattività per il secondo pagaiatore dovuto all’operazione alla spalla.

Piccoli esempi giusto per restare in casa, ma anche all’estero ci sono diversi casi simili.

Fare delle tabelle di allenamento con tempi e recuperi per un allenatore è molto facile rispetto a proposte di lavoro che si adattano di volta in volta all’esigenze che emergono sul campo. Implica il fatto di esserci costantemente per seguire l’evoluzione dei propri atleti.  Questo tipo di approccio diventa molto impegnativo e dispendioso.  Costa fatica e costringe a pensare in continuazione a nuove proposte.  Nulla è scontato e si deve dare molta  importanza all’osservazione e al successivo feedback con l’allievo. Strumenti come video analisi e dialogo  e tanta fantasia sono alla base di una metodologia basata soprattutto sulle specifiche esigenze del  soggetto con cui ci si trova a lavorare, abbandonando lavori di gruppo che possono portare solo ad un confronto poco costruttivo. 

video correlato - http://www.youtube.com/watch?v=mcAPIxMPbsI

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #26 il: Novembre 15, 2010, 12:41:30 am *
La brutta stagione è iniziata. Novembre è stato caratterizzato da abbondanti piogge che hanno riempito i nostri fiumi. Poco male per noi canoisti anche se sappiamo che i danni sono stati notevoli specialmente qui in Veneto.
Non si possono fare i classici allenamenti nelle porte e allora cosa fare? Iniziare un lungo letargo oppure rinchiudersi esclusivamente fra quattro mura in palestra o ancora approfittare dell’acqua alta per proposte di allenamento ai nostri giovani molto divertenti alternandole ad esercizi a secco che sviluppino le capacità coordinative?
Mi sembra interessante e visto che non bisogna perdere tempo, anzi bisogna mettere a frutto il tempo, direi che possiamo sfruttare l’occasione per delle divertenti discese sul fiume. Le onde sono importanti ed è possibile sfruttarle surfando. Questo è un ottimo esercizio di sensibilità che permette ai giovani di prendere contatto con l’acqua e la velocità della stessa. Più l’onda sarà irregolare e più si dovrà prestare attenzione ad ogni minimo particolare, allenando così schemi motori legati alla velocità di reazione, fondamentali per il nostro tipo di sport. Se poi l’onda da surfare si trova in una posizione non agevole, si dovrà cercare di trovare una soluzione per entrare e godersi la possibilità di diventare per un po’  di tempo i padroni di quella situazione. Sollecitiamo così l’aspetto della ricerca di nuove risposte motorie alle varie necessità che si possono presentare molto frequentemente  in slalom.
L’occasione è ghiotta anche per esercitarsi nel piantare la coda in acqua  visto che con questo livello il fiume crea, fra la corrente e la morta, una situazione di instabilità molto strana e in continuo irregolare movimento.  E’ il momento di lasciar libera la mente e il corpo per esprimersi come meglio credono, senza nessun ostacolo o imposizione tecnica. Eventualmente solo accorgimenti o proposte. E’ un’ottima opportunità per creare una simbiosi unica fra pagaiatore e la sua canoa, fuori dalla routine dei pali. Il movimento assume l’aspetto del gioco e non una semplice prestazione fisica. L’azione risulta essere scaturita dalla necessità di risolvere situazioni di disequilibrio costante. Ecco che andiamo ad allenare e a sollecitare quasi involontariamente tutte le tecniche di base che vengono poi utilizzate nella gara estremizzandone ogni aspetto. Ovviamente tutto ciò è influenzato dalla consapevolezza delle informazioni propriocettive in ingresso, con lo scopo finale di sviluppare un’ampia memoria spaziale e temporale che si inserirà all’interno del bagaglio di strumenti percettivi e motori. Si tratta quindi di automatizzare un ampio repertorio di risposte adatte che durante la gara devono essere attuate in base alle diverse situazioni.

Inutile ripetere che in età giovanile più il lavoro è diversificato e nello stesso tempo fantasioso più alla lunga paga. Dimentichiamo la prestazione agonistica e concentriamoci sulla tappa della presa di coscienza del gesto da parte del nostro giovane atleta sotto ogni forma.
Per ogni tempo e per  ogni situazione dobbiamo cercare di sfruttare al meglio le opportunità che ci si presentano. Non è male poi cercare anche a secco esercizi che sviluppino le capacità coordinative attraverso l’aspetto ludico del movimento, mantenendo sempre vivo l’interesse per nuove proposte.
La realizzazione di un video poi, diventa un mezzo per ricercare e approfondire quanto è stato fatto in acqua e fuori. Lo stimolo e la motivazione è molto alta proprio per cercare di realizzare un buon prodotto e diventare protagonisti di se stessi.  Anche nella fase di montaggio, rivedendosi con molta attenzione, ci si può soffermare su un’analisi tecnica per cercare di far associare una determinata azione alle sensazioni vissute. Un ottima scusa  per apprendere l’utilizzo dello strumento del video in maniera corretta e molto semplice, sfruttandone tutte le infinite opportunità che lo stesso offre.

video correlato: http://www.youtube.com/watch?v=OeUIBg5wI5Q

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #27 il: Novembre 20, 2010, 08:10:24 pm *
“Luce divina sopra me s’appunta,
penetrando per questa in ch’io m’inventro,

la cui virtù, col mio veder congiunta,
mi leva sopra me tanto, ch’i’ veggio
la somma essenza de la quale è munta”

Deve essere stata quella particolare luce di un tramonto assaporato dopo giorni di grigio e pioggia ad illuminare immagini riflesse che mai prima di oggi ho colto su quell’onda così grande. Grande da contenere contemporaneamente tutti i maschi Ivaldi che portano sempre nel cuore la parte femminile della famiglia.

Cos’è che mi ha fatto vedere la luce divina che “sopra di me s’appunta” di così tanto bello e affascinante da sentire la necessità di raccontarlo? Semplice: ombre riflesse nell’acqua che corre e che d’incanto ti tiene fermo in quel preciso meandro. L’energia che sprigiona con tanta forza si trasforma in schiuma bianca in un punto definito da sempre e forse per sempre. Noi umili pagaiatori cerchiamo di salirci sopra e domare la nostra canoa a cui non par vero di goder di tanta grazia e di poter saltar così in alto e con tanta velocità. Da lassù si gode un panorama unico. I colori della gente che passa si fanno tenui, i rumori della città spariscono lasciando il posto alla musica ritmata del fiume. Poi c’è lei, quell’ombra di una punta di canoa, di una pagaia, di un contorno di te stesso che ti lascia prima sgomento, poi perplesso ed infine gioioso. Quell’ombra ti sta guardando e ora lei si sostituisce a te e tu a lei. Ti lascia la possibilità per qualche attimo di ammirarti fuori da quel guscio che sa regalarti emozioni belle ed intense. Quel guscio che tante strade ti ha aperto e che molte volte ti ha protetto e guidato sulle strade della vita. Quello stesso guscio cerchi di far scoprire a tutte le persone a te più care. Su quell’onda si sta bene, il tempo si ferma, o così ti piacerebbe che fosse.
Il sole ormai illumina l’altra parte della terra. I contorni rossi delle cose della vita spariscono e vengono inghiottiti dal buio lasciandoci soli a cercare di fermare il tempo. Anche i rumori si sono trasformati e prendono ancora più forza imprimendo all’azione della pagaiata un rumore sordo. Solo il nostro avanzare nella notte ci tiene uniti per sbarcare e soddisfatti tornare a casa godendoci per i prossimi giorni questa spettacolare avventura sotto la porta di casa.

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #28 il: Dicembre 04, 2010, 03:29:19 pm *
Pau... non solo canoa per il team azzurro dello Slalom!

BAMBEN 5 : in porta Big Foot al secolo Roberto Colazingari, sulla fascia sinistra a portar su palla Zeno Ivaldi  centrocampista Friz (Fabrizio Didonè), fascia destra Black (Daniele  Negro) e Cola (Luca Colazingari), punta avanzata il campione del mondo Giovanni De Gennaro.

SENIOR 2: Diego Paolini estremo difensore,  Pedro (Pietro Camporesi) fascia destra,  Ricky De Gennaro punta rientrante,  Cippo (Stefano Cipressi) sulla  fascia sinistra, mentre  Co (Andrea Benetti) vagante, sull’ala a destra  Zacca (Tommaso Zaccaria)
MARCATORI: 5’, 8’, 23’ Giovanni De Gennaro, 38’ Riccardo De Gennaro, 45’ autogoal Zeno Ivaldi, 67’ Luca Colazingari, 79’ Roberto Colazingari.
PAGANTI: nessuno, ABBONATI: molti con telecom, tre e vodafone
NOTE: incassi non comunicati. Angoli 5-7

Si chiude  con un grandissimo 5-2 l’intenso match “Bamben” contro senior che vede le giovani anguille trionfare sulle vecchie tartarughe. Infatti i più giovani hanno schiacciato, grazie ad una tripletta del cannibale di Roncadelle, Giovanni De Gennaro, e un due gol dalle file della famiglia Colazingari, la squadra composta dai veterani della nazionale. Dovendo riscattare la sconfitta di Bratislava si è vista in campo una diversa aggressività ed intelligenza di gioco da parte dei neo radunandi! L'unico esempio calcistico che potrebbe calzare sarebbe il 5-0 che il Barca di Pep Guardiola ha inflitto al Real di Mou pochi giorni orsono: infatti i pischelli hanno cominciato a far innervosire l'avversario con gioco basso e veloce segnando subito 3 gol! Poi finalmente hanno cominciato a farsi vedere anche i ragazzi che hanno più natali alle spalle arrivando a mettere pressione fino al 3-2. La reazione e' stata immediata e con altre due reti hanno chiuso la partita definitivamente. ''Gli ultimi minuti sono stati i più duri - ha commentato De Gennaro - perché la nostra meta' campo non era ben illuminata e gli avversari ne stavano approfittando subdolamente''.
Domani durante la mezza giornata di riposo si disputerà la rivincita gentilmente concessa dai vincitori! Seguite la diretta scritta qui:

per gentile concessione di: Gazzetta.it

Ma ogni tanto ci si allena anche in canoa: prima dell'alba e sotto la neve!!
In realtà escluso oggi (il termometro e' arrivato a segnare anche i -9˚), ci si è sempre riusciti ad allenare abbastanza bene su uno dei canali più belli ed impegnativi al mondo.

 - tratto dal blog di Zeno Ivaldi  - http://zenoivaldi.blogspot.com/

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #29 il: Dicembre 13, 2010, 05:42:07 pm *
L’altra sera uscendo dalla palestra mi sono fermato a parlare con il mio amico Bruno Toninel. Ora, per chi non lo conoscesse,  diciamo solo che l’insigne professore per molti anni ha diretto la squadra italiana olimpica nel sollevamento pesi e ora si occupa dell’attività giovanile nazionale. Con lui si ragionava su come l’allenamento con i sovraccarichi sia ritornato al passato dopo un grandissimo boom delle macchine.
In effetti il lavoro con i pesi liberi è certamente più redditizio per chi utilizza questa tipologia di allenamento al fine di migliorare la prestazione nel suo sport specifico. Le macchine ti aiutano a sviluppare quel muscolo specifico, ma diventano limitanti nel momento in cui si ricercano nell’allenamento adattamenti diversi.
Mi portava l’esperienza dei sollevatori russi che, come si sa,  sono sempre stati all’avanguardia per metodologie di allenamento. Infatti anche i potenti  atleti dell’est hanno eliminato completamente l’uso delle macchine e, quando possibile, anche dei bilancieri guidati. Tutto ciò ha un logica semplicissima legata alla specificità del gesto atletico. La macchina ha l’inconveniente di far lavorare il muscolo in una sola direzione e non permette   disequilibri. In realtà qualsiasi sport lavora proprio sul principio opposto esaltando i meccanismi motori che ti permettono di regolare e sfruttare per l’appunto il disequilibrio. 
Ottime, tuttavia, le macchine per lo sviluppo della forza di un determinato distretto muscolare o in fase riabilitativa.
I sovraccarichi per l’allenamento dello slalomista sono sempre stati una sorta di integrazione all’allenamento specifico in barca. Un ulteriore aiuto all’incremento della forza e uno stimolo diverso dai gesti usuali proprio dello slalom. L’obiettivo diventa quello di aumentare la capacità di reclutamento delle fibre e di  migliorare la coordinazione intra ed intermuscolare. L’aspetto più interessante diventa quello di capire quando e come inserire questo tipo di allenamento nel giovane slalomista. L’approccio deve essere molto graduale  negli anni avendo cura di impostare in modo corretto ogni esercizio e ogni movimento. 
Il sistema più interessante per avvicinarsi ai sovraccarichi è farlo attraverso lo sport del sollevamento pesi che, da molti anni, ha attuato un protocollo molto interessante in questa direzione. Gli esercizi  propedeutici allo “strappo” e allo “slancio” sono il giusto approccio all’allenamento con i sovraccarichi visto che il giovane riesce a percepire il lavoro di tutto il corpo e l’importanza di mantenere le corrette posture, oltre al fatto di potenziare la struttura corporea nel suo complesso attraverso uno sport vero e proprio.

Tutto ovviamente con le dovute cautele e sempre seguito da esperti che utilizzano, ovviamente, l’attrezzatura adatta a questo scopo.

Se poi noi andiamo a curiosare nell’ambito di altri sport ci accorgeremo che lo strappo e lo slancio sono usati in moltissime disciplina al fine di migliorare la forza esplosiva. Nell’ambito specifico dello slalom gli inglesi ne fanno uso da molti anni così come per alcuni atleti transalpini o slovacchi.

L’abilità poi dell’allenatore deve essere anche quella di saper adattare la realtà alle esigenze dell’allenamento. In questo periodo di grande freddo, magari è meglio prediligere  lavori a secco con sovraccarichi senza però dimenticarci degli aspetti coordinativi e dinamici.
In acqua si possono usare degli elastici anche per i lavori di resistenza soprattutto se le condizioni del fiume, del mare o del laghetto sotto casa presentano acqua tenera o senza  particolarità o  difficoltà tecniche. In questo modo offriamo ai giovani atleti la possibilità di concentrarsi al meglio sulla spinta delle gambe e sulla scorrevolezza della canoa  con un piccolo freno che permetterà loro di percepire alla perfezione ogni stato di avanzamento.

Ottimo periodo questo, se si può usufruire di una piscina , per perfezionare manovre come l’eskimo. Le alternative in questo caso sono molteplici, dall’apprendimento del gesto senza la pagaia, all’uso di piccole tavolette fino a praticare l’eskimo in condizioni estreme. Ad esempio con acqua nella canoa oppure con qualche compagno che ostacola il gesto stesso, ma che sappia però fare la giusta resistenza onde evitare traumi alle spalle che sono molto sollecitate.

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #30 il: Dicembre 21, 2010, 08:15:01 am *
Oggi ho raccontato una bella storiella ai miei giovani atleti irlandesi. Il tentativo era quello di spiegare loro e renderli partecipi sul fatto che l’andare in canoa e fare slalom è questione di feeling con l’acqua, con il mezzo, con il proprio corpo e con la mente: tutto il resto sono piccoli dettagli che partecipano ad un progetto comune. Ho portato l’esempio del tango, un ballo che nasce nelle strade di Buenos-Aires quale momento di sfogo di tensioni e malessere sociale. In questa espressione corporea ci sono due soggetti e la musica. La donna segue gli inviti e le evoluzioni  dell’uomo, la bandoleira e gli altri strumenti musicali  guidano ed ispirano l’espressività maschile. Bene, fino qui nulla di nuovo, ma il tutto, secondo me, può essere traslato nello slalom. La donna è il canoista, l’uomo è la canoa e la corrente detta tempo e ritma i movimenti. La canoa segue la corrente e il palista (per dirla alla spagnola che rende molto bene) non deve fare altro che assecondare il tutto. Detta così è facile, ma la difficoltà e la finezza  di tutto ciò  dove sono? In sostanza l’inghippo si trova dentro di noi nascosto dalla forza  muscolare e dalla testa che pensa di mediare tutto con la logica e con l’azione. Molte volte alcune problematiche  si potrebbero risolvere semplicemente con l’attesa lasciando il nostro copro libero di agire per seguire quello che la corrente e la canoa hanno in serbo per noi. Certo è che bisogna essere lesti e pronti per cogliere ogni dettaglio, ogni segnale che ci arriva in frazioni di secondo. Come fredda deve essere la nostra mente ad accettare questa tipologia di soluzione! Una mente capace di fermare l’istinto brutale che ci vuole tutto muscoli e niente cervello. L’obiettivo allora dovrebbe essere quello di avere come riferimento non quello che stiamo facendo, che già è accaduto, ma quello che andremo a fare da lì ad un attimo. Vivere e lasciar vivere al presente la nostra canoa con il cervello rivolto al futuro immediato, solo così la velocità e la scorrevolezza ne trarranno beneficio. Se il concetto è chiaro ora ci dobbiamo concentrare su come trasmetterlo e farlo percepire ai nostri compagni di lavoro, alla nostra argilla da modellare in relazione però alla specificità ed individualità della stessa;  tradotto ciò starebbe a significare che l’allenatore dovrebbe, per ogni atleta, trovare la chiave giusta per aprire la porta di questo semplice, ma efficace  meccanismo.
Dobbiamo proporre percorsi che esaltino questo concetto come ad esempio combinazioni di risalite e discese che permettano uscite veloci verso valle. L’idea deve essere quella di prediligere un’entrata nella porta con più respiro per avere un’uscita che tenga punta e coda sulla stessa direzione verso la porta successiva. Mi sono trovato ad urlare spesso ai miei atleti:”keep the view to the next gate”,  specialmente nella fase di uscita dalle risalite. Sarà anche per questo che ora la voce è sparita e la gola mi brucia un pochino... rimedierò con la propoli acquista a buon prezzo in Slovenia quest’anno durante i mondiali. Forse l’unico prodotto ancora conveniente in  questo paese. 

Tra i paletti dello slalom si può guidare la propria canoa in due modi: con le braccia o con il peso del corpo coadiuvato dal lavoro delle gambe. Tanto per tornare al tango diremo che è come portare una donna a delle figure con la forza delle braccia oppure con i cambi di peso. Inutile dire che il secondo sistema è decisamente più efficace ed armonioso. In canoa, se si usano il peso a dovere e la spinta delle gambe si possono tenere linee più dirette e risparmiare energie preziose da utilizzare nel momento opportuno. Così facendo il movimento si avvicina alla danza per grazia ed armonia.
Certo non tutto è frutto dell’improvvisazione o dell’estro, qualità queste che si affinano solo con molte ore di canoa tra i pali. E’ già da tempo che non conto le ore passate in acqua dai miei atleti, ma annoto con doviziosa pignoleria il numero di porte fatte per ogni sessione di allenamento e per ogni sessione cerco di conoscere le penalità fatte e come sono state fatte le varie combinazioni, ma di questo vi parlerò prossimamente... ora devo guardare il video con i miei atleti.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Panz

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #31 il: Dicembre 21, 2010, 10:50:01 am *
Ciao Ettore, tutto questo vale anche per la canoa discesa secondo te? O c'è qualcosa che cambia?
Grazie,
Luca

enrico lazzarotto

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #32 il: Dicembre 21, 2010, 07:07:49 pm *
AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH Ettore, ogni volta che ti leggo penso......................................................ma che ci fai in Irlanda con tutto il rispetto....... e ancora penso..... e qui mi censuro da solo, ma lo sai bene cosa penso dei vari tuoi colleghi.
Ettore massimo rispetto
enricolazz
ps ti hanno letto in 4440 però.

elena bargigli

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #33 il: Dicembre 22, 2010, 12:46:14 pm *
Condivido assolutamente quello che hai scritto!
ed anche il commento di Enrico!

Elena

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #34 il: Dicembre 24, 2010, 11:15:27 pm *
Tornando a Valstagna, l’altra mattina,  mi sono fermato all’ultimo autogrill sulla Valdastico prima di uscire a Dueville. Ho bevuto un cappuccino delizioso. Profumo intenso di caffè, una schiuma consistente, un piattino asimmetrico che ha depistato la mia manualità inconscia nel cercare il cucchiaino necessario per mescolare la  mezza bustina di zucchero che addolcisce il mio palato.  Se a tutto ciò  aggiungiamo il gentile sorriso e la cortesia della barista direi che la scelta di concedermi una pausa nel, se pur breve, viaggio è stata azzeccata. E allora perché non approfittare di questo segnale per un break mentale  dai paletti dello slalom e riflettere,  su esplicita richiesta del buon Luca Panziera, sulla canoa da discesa? Beh! la prima cosa che mi sfiora a pelle  è che farsi portare dalla canoa discesa per diversi chilometri su fiumi come il Rienza, Noce, Dora, Isere, Passirio alto e tanti altri è qualcosa di unico, sublime, esaltante. Tu  e la tua formula uno in mezzo ad onde, correnti , riccioli, curve, ostacoli. Tu,  con il solo rumore dell’acqua che corre verso valle. Tu, ritmato dal tuo cuore e dalla fatica dei tuoi muscoli. Una corsa verso valle senza fremito, senza rimpianto a pieni polmoni. Il piacere di scivolare sull’acqua e spingere sulle gambe che fremono nel guscio per essere anche loro toccate e irrorate da quell’acqua fresca e amica che invece bagna e rigenera faccia, mani e busto. E quel filetto di acqua che riesce a infilarsi giù dal collo anche  nelle ormai super stagne e tecnologiche giacche   di oggi, ti riporta ad una gioventù fatta invece di k-way alla buona a maniche chiuse da elastici troppo fini per contenere l’irruenza e la forza della corrente. Arrivati a terra fradici, ma pronti per un’altra prova, un’altra discesa per cercare di appagare quella voglia di volare che è insita nell’uomo.  Per noi canoisti scivolare sull’acqua è la vita. Se per uno slalomista la libidine di una risalita è impagabile, per un discesista la punta che sull’onda tocca il cielo è un’emozione irrinunciabile. Bene, ma veniamo al tema proposto dal Panziera meteorologo per lavoro e discesista per vocazione che mi chiede se anche in discesa valgono i principi dello slalom e cioè spinta di gambe, rotazione delle spalle, sensibilità, proiezione della menta verso il passaggio successivo. Credo che su tutto ciò non ci siano dubbi. Ho ben presente i calzoncini di Marco Previde Massara sempre consumati sui glutei a testimonianza della sua spinta di gambe. La possente muscolatura della schiena di Carlo Mercati  dimostra che la pagaiata parte proprio da qui. Le prodezze acrobatiche di Vladi Panato sono poi il capolavoro di un talento che ha fatto della sensibilità in acqua la sua carta vincente.
Inizio sempre gli allenamenti ricordando con Zeno e Raffy di pagaiare con la testa, con il cuore e ascoltare sempre quello che l’acqua ha da raccontare loro.  Se durante la seduta mi rendo conto che la testa non funziona, oppure non viene dato il cuore e se si li trovo sordi allora preferisco fermare tutto e capire che cosa sta succedendo.

Ecco la discesa per me è tutto ciò.

L’altro aspetto nella discesa è la  componente strategica e tattica che una prova classica richiede. Fra il 2004 e 2005 avevo realizzato ed elaborato uno studio proprio su questi aspetti che, a fine stagione, avevo consegnato alla Fick. Questa ha pensato bene di archiviare  il lavoro in questione con l’etichetta di un report giornalistico e abbandonarlo su qualche polveroso scaffale dopo il mio buon servito.  Per chi fosse interessato può essere visionato sul mio blog. Qui ne riporto solo alcuni fondamenti.
Il concetto era semplicissimo e cioè dividevo il tracciato  in fiume in diverse zone in relazione alle varie caratteristiche dello stesso. Queste aree venivano marcate in modo tale che fossero ben visibili dagli atleti in acqua. Partivo dal principio di voler far esprimere al massimo per ogni frazione tutta la potenzialità dell’atleta e per far questo dovevamo capire quale effettivamente essa fosse per quel singolo tratto.  In sostanza quello che viene fatto per chi corre i 10.000 metri o nuota i 200 stile libero... tanto per citare qualche esempio. In questo modo si ha una velocità massima per ogni tratto che dovrà essere messa in relazione con la distanza di gara. Se si vogliono correre i 10 km sui 28 minuti dobbiamo conoscere la velocità sul singolo chilometro, tanto per chiarire le idee. A questo punto interviene la strategia e la tattica di gara in relazione alle varie caratteristiche fisiche e ovviamente tecniche.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #35 il: Gennaio 23, 2011, 12:12:30 pm *
Sicuramente non sarà passato inosservato, o perlomeno spero,  il post sul sito della Fick relativo al prossimo mondiale di sprint ad Augsburg. L’ICF ha inserito la prova iridata di questa specialità ogni anno e ogni due ha mantenuto il mondiale della disciplina classica. Ora il commissario tecnico della discesa, l’amico Robert Pontarollo dice:"un esperimento che  potrebbe dare ai discesisti un’opportunità unica e finalmente concreta di farsi notare in chiave olimpica".
Purtroppo la cosa non è come può sembrare e come noi tutti vorremmo. In realtà non si tratta del primo passo  che fu invece fatto nel 2005 quando a Notthingham si disputò la prova di coppa del mondo sul canale che solitamente ospita le prove di slalom. Questo per dire che in realtà la strada è aperta da molti anni, ma l’indifferenza generale mantiene la situazione stantia. A mio modesto avviso dovrebbero essere gli allenatori e i vari responsabili delle squadre nazionali a cercare di smuovere le acque perché sappiamo bene tutti che la discesa è a una svolta storica. Certo è che non si può aspettare la manna dal cielo per far cambiare le cose, bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare.
L’unica strada che potrebbe portare lo sprint alle gare a cinque cerchi  arriva solo dalla possibile combinata, come più volte ho avuto modo di scrivere su questo forum e al presidente ICF.  Questo perché? Semplice! Non possono aumentare il numero di partecipanti alle Olimpiadi quindi non rimane che offrire la possibilità a chi va di partecipare a più gare. Gli stessi atleti che si qualificano per lo slalom potrebbero gareggiare nello sprint e poi in una successiva combinata. Le medaglie passerebbero da 4 a 12. Così facendo non si penalizzerebbe nessuno. Si fanno le qualifiche per lo slalom e per lo sprint e poi saranno le nazioni a decidere quale posto occupare e cioè con uno specialista dei paletti o uno sprinter puro. Ad esempio noi italiani non prendiamo il posto ai giochi olimpici in slalom  nella canadese monoposto dal 1996, se ci fosse stata questa possibilità certamente Vladi Panato non avrebbe avuto problemi a conquistarne uno e in questo caso non ci sarebbero stati problemi su chi mandare.

Ora la situazione è chiarissima. Prima che il free style soffi questa opportunità, visto che stanno lavorando molto bene in questa direzione,  ci si dovrebbe attivare per portare avanti questa strada. Come? Beh!  Io dico la mia... tipo tempestare il presidente federale a prendere in esame la cosa e portarla avanti nell’ICF. Se tutte le società inviassero una o più mail al responsabile federale del settore chiedendo tutto ciò, forse qualcuno si mobiliterà. Se tutti gli atleti e gli allenatori facessero la stessa cosa diventerebbe un movimento importante, se si organizzasse una tavola rotonda in questa direzione invitando anche rappresentanti di altre nazioni potrebbe essere un lavoro da Centro Studi. Se poi facessimo un passino un po’ più lungo si potrebbe anche organizzare qualche prova importante in questa direzione, tipo in Val di Sole (dove tutto è stato abbandonato) o Ivrea o Merano o Valstagna. Insomma dobbiamo farci portavoce di un movimento che vuole lo sprint a cinque cerchi con lo slalom e la combinata!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Panz

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #36 il: Febbraio 05, 2011, 09:22:59 pm *
* Ultima modifica: Febbraio 05, 2011, 09:24:36 pm da Panz *
Ciao a tutti,
Ecco una proposta di e-mail da mandare in federazione. L'oggetto della e-mail potrebbe essere: Salviamo la Canoa Discesa!
Ecco qualche indirizzo email a cui mandare la lettera (indirizzi pubblicati sul sito FICK):
Settore tecnico:   sett.tecnico[at]federcanoa.it
Federazione:        federcanoa[at]federcanoa.it

Vi invito a mandare tale e-mail a questi indirizzi.
Luca Panziera
__________________________________________________________________________________________________________

Buongiorno,
 la situazione della canoa discesa non é sicuramente delle migliori, specie se confrontata con le altre specialità olimpiche della canoa. Sappiamo bene come sia difficile organizzare gare di discesa, in quanto non c'é l'interesse né da parte dei media nè da parte degli sponsor per questo tipo di eventi. Il numero di partecipanti alle gare internazionali, del resto, é di molto inferiore rispetto alle altre discipline. Sicuramente il fatto che la canoa discesa non sia disciplina olimpica é la principale causa di tale decadenza, che si sta manifestando ormai da alcuni anni. Penso che la canoa discesa non si meriti un tale disinteressamento generale, pertanto chiedo la sua collaborazione per provare a portare la canoa discesa alle olimpiadi. Mentre le gare di discesa classica, infatti, richiederebbero un percorso diverso rispetto alla canoa slalom, le gare di discesa sprint potrebbero essere organizzate interamente all'interno dei canali artificiali dove si disputano le gare di slalom. Visto che non si può aumentare il numero di partecipanti alle Olimpiadi, non rimane che offrire ai partecipanti la possibilità di gareggiare in più discipline. Ecco quindi che l'unica strada che potrebbe portare la canoa discesa alle Olimpiadi arriva dalla possibile combinata slalom + discesa. Gli stessi atleti che si qualificano per lo slalom potrebbero gareggiare nello sprint e poi in una successiva combinata. Le medaglie passerebbero da 4 a 12. Così facendo non si penalizzerebbe nessuno. Si potrebbero fare le qualifiche per lo slalom e per lo sprint e poi saranno le nazioni a decidere quale posto occupare e cioè con uno specialista dello slalom o uno sprinter puro.
Con questa mia lettera voglio portare alla sua attenzione questa proposta, convinto che anche lei, come me, abbia a cuore il futuro della canoa discesa, anche considerato il ruolo che si trova a svolgere. La invito pertanto a proporre al più presto delle iniziative concrete per sollevare un dibattito su questa tematica. Sarebbe opportuno aprire una discussione a 360 gradi con atleti, allenatori e dirigenti, per capire come si possa salvare la canoa discesa da una morte che sembra ad oggi inevitabile. Il fine potrebbe essere proporre alla Federazione Internazionale la gara di combinata o un'altra strategia per risollevare l'interesse verso la canoa discesa.
Distinti saluti,
Nome e Cognome

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #37 il: Febbraio 06, 2011, 06:11:39 am *
* Ultima modifica: Febbraio 06, 2011, 06:13:41 am da Ettore Ivaldi *
Dictum factum!

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi

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Re: DI COSA PARLIAMO?
* Risposta #38 il: Febbraio 09, 2011, 03:59:00 am *
Mi  sembra doveroso aggiornare il forum copiando la mail che il presidente Luciano Buonfiglio ha inviato come risposta alle nostre mail di prendere in esame la combinata. Colgo l'occasione per ringraziarlo per l'impegno preso in modo ufficiale, oltre al fatto che fa molto piacere che lo stesso presidente condivida con piacere ed entusiasmo  la nostra idea.

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Caro Ettore e cari amici della discesa,

è da tempo che molti di Voi  hanno apprezzato la mia attenzione e le mie proposte, ovviamente condivise dal Consiglio Federale, verso la discesa (vedi l'inserimento della maratona fluviale ed i riconoscimenti ottenuti per l'Adige Canoa Marathon ) o comunque verso iniziative atte a dare impulso e nuova forza a questa stupenda disciplina, e non ultimo, verso questa strada che stai proponendo.

Il primo passo a livello internazionale, è stato fatto dal Presidente Perurena e dal sottoscritto nei confronti del responsabile tecnico I.C.F. e già quest'anno ci sarà, come avete avuto modo di vedere, una grande novità ad Ausburg, che mostra la particolare attenzione dell'ICF verso la discesa.

Il 2011 ed il 2012 saranno fondamentali per verificare se quest'apertura trova consenso e partecipazione, in tal modo il d.t. dell' I.C.F. ed il Board avranno la possibilità di proporre al CIO eventuali cambiamenti, infatti nel 2013 il Comitato Olimpico Internazionale rivedrà tutto il programma olimpico, sia le discipline ammesse che le diverse gare al loro interno.

Credo che non sia necessario aggiungere che, pienamente convinto della validità di tale proposta, ne sarò un forte promotore, cogliendo ogni opportunità. E' fondamentale però che a livello internazionale vi sia maggiore partecipazione, inviterò nel prossimo Board di Aprile il Sig.Perlitz, d.t. ICF, a studiare iniziative che stimolino altri  paesi oltre ai soliti a partecipare almeno ai mondiali e lo inviterò anche a costituire una commissione con i rappresentanti delle nazioni più rappresentative (Francia Germania Italia Rep.Ceca) per verificare soluzioni organizzative più accattivanti. Pertanto, dopo la riunione del Board di aprile saprò aggiornarvi sull'evoluzione dei fatti.

Grazie ancora per la partecipazione propositiva e a presto

 

 

Luciano Buonfiglio

Presidente Federale

Viale Tiziano, 70

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+39 06 36858349

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