I soggetti più a rischio sono, oltre ai principianti, i canoisti d'acqua bianca anche esperti ma poco allenati e soprattutto i canoisti da mare e lago durante la stagione invernale.
Lorenzo secondo me hai tirato in ballo un concetto fondamentale: il rischio.
La valutazione del rischio sta alla base di tutto.
Posto che l'incidente può sempre capitare dato che il rischio zero non esiste (in nessun campo) e che quindi la prevenzione può solo ridurre il rischio e non azzerarlo pensiamo ai fattori di rischio che ci possono portare più o meno velocemente in contro ad un bagno ed ai relativi problemi:
L'abbiagliamento inadeguato è un fattore di rischio;
L'essere da solo è un fattore di rischio;
L'avere un kayak instabile è un fattore di rischio;
La pianificazione (meteo, possibilità di trovare riparo a riva,...);
La preparazione più o meno adeguata del canoista;
Lo stato fisico alla partenza;...e sono sicuro ce ne siano molti altri
Prevenzione vuol dire appunto ridurre i fattori di rischio.
Quando si parla di sport e di lavoro si parla sempre del concetto di "rischio accettabile" dato che nessuno in nessuna condizione può essere matematicamente certo al 100% che non finirà in acqua.
(da wikipedia: Per rischio accettabile si intende un certo rischio che è conosciuto e tollerato generalmente perché i costi o le difficoltà per implementare una contromisura efficace risultano eccessivi se confrontati con l'aspettativa della perdita.)Secondo me è questo il punto su cui ci si deve concentrare e discutere.
Tu dici che i più esposti sono i "kayaker da mare" ed hai correttamente motivato la tua opinione (poco avvezzi all'eschimo, spesso lontani da riva lungo coste selvagge, spesso soli, spesso convinti del fatto che "tanto ho la stagna" senza considerare che quella ti tiene all'asciutto ma poco o niente può contro la sottrazione di calore causato dall'acqua gelata).
Ti rilancio la palla, pur concordando sulle tue osservazioni riguardo al rischio in kayak da mare, con questa mia osservazione:
Per noi il rischio accettabile è la muta stagna, un cambio asciutto nei gavoni, bevande calde pronte nei gavoni, coperte isotermiche nei gavoni, cellulare sempre a portata di mano in busta stagna, kayak stabile (rispetto ad un kayak puramente improntato alla velocità ed all'agonismo), attrezzatura di sicurezza (pompa, paddle-float, pagaia di scorta, giubbetto sempre indossato,...).
Mentre vedo agonisti girare tranquillamente in pieno inverno sul Lario con barche che si ribaltano solo a guardarle con addosso solo la tuta da ginnastica. Ma ovviamente stando vicino a riva, sempre in gruppo, facendo circuiti che li fanno allontanare relativamente poco dal punto di partenza dove c'è una struttura in grado di accoglierli al caldo e da cui eventualmente può partire una barca appoggio.
Sono due categorie che per quanto sembrano simili, sono dal punto di vista della valutazione del rischio (e forse anche della percezione del rischio), diametralmente opposte e le cui tattiche di prevenzione sono diverse perchè diverse sono le esigenze che portano il pagaiatore ad entrare in canoa.
Da questo punto di vista secondo me le due cose non sono per nulla paragonabili tant'è che è evidente che l'errore più grosso è quello di comportarsi in un ambiente come si farebbe nell'altro (fare percorsi da gita in kayak da mare in tuta da ginnastica e senza dotazioni o costringere l'agonista a mettere stagna, giubbetto e stracaricare di attrezzatura di sicurezza il k1).
PS: per il discorso "shock termico" un grande fattore di rischio è la digestione (come è noto a tutte le mamme con bimbi piccoli al mare
)... durante le pause conviene sempre mangiare cose leggere facilmente digeribili (anche mangiando meno ma più spesso rispetto ad un'unica abbuffata) così da non costringere l'organismo a richiamare più sangue possibile dalla periferia verso stomaco ed intestino.