con la legge di stabilità 2016 il Governo ha introdotto l’estensione automatica delle concessioni per le attività estrattive entro le 12 miglia nautiche dalla costa (circa 22 km) fino ad esaurimento del giacimento e non fino a 30 anni come in precedenza.
Questo significa che gli impianti già esistenti potranno continuare ad estrarre idrocarburi permanentemente senza alcuna verifica di adeguatezza ambientale e potranno aumentare il numero di pozzi per concessione senza alcuna valutazione di impatto ambientale.
Significa anche che un bene pubblico (petrolio o gas) diventa privato per sempre, violando le normative nazionali e comunitarie ed esponendoci a procedura di infrazione. Inoltre, lo Stato Italiano, dopo aver regalato un bene pubblico a società private, lo ricompra al prezzo di mercato.
Perché regalato?
In Italia le royalties si pagano solo se la produzione annua supera 20mila tonnellate estratte in terraferma e 50mila tonnellate estratte in mare per il petrolio, per il gas deve superare 25milioni di Smc estratti in terra e 80milioni estratti in mare. La quantità estratta viene autocertificata dalla compagnia petrolifera.
Quindi le compagnie hanno interesse a rimanere (o autocertificare) sotto soglia ed estrarre per tempi più lunghi, in modo da NON PAGARE le royalties. Delle 26 concessioni oggetto di referendum, solo 9 pagano royalties.
Delle 26 concessioni oggetto di referendum, 5 sono già scadute nel 2014/2015 e mai rinnovate, ma continuano ad estrarre ugualmente e sono impianti vecchi di 45 anni ! Il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) ne è a conoscenza ma le ha inserite nell’elenco di quelle da prorogare permanentemente senza avviare verifiche di adeguatezza degli impianti!
Al referendum del 17 aprile VAI A VOTARE E VOTA SI
La concessione è lo strumento con cui lo Stato salvaguarda lo sfruttamento da parte di privati di risorse pubbliche. Rendere le concessioni senza limiti di tempo sarebbe un precedente inaccettabile e un regalo ad un privato di un bene pubblico.
L’estrazione di idrocarburi entro le 12miglia pregiudica la salute del nostro mare, danneggia l’ecosistema e il paesaggio, beni irrinunciabili e dai quali l’Italia può trarre un reddito molto maggiore con il turismo, vero motore economico del nostro Paese !
Votare sì al referendum significa anche non essere sudditi ma cittadini.
Quant'è la produzione degli impianti oggetto di referendum:
ciascuna concessione ha più pozzi di estrazione. In Italia sono presenti più di 1000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore, di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 olio minerale, le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 11,5% ed il 10,1% del fabbisogno energetico nazionale.
Il contributo delle attività offshore entro le 12 miglia è pari al 2,8 – 3,2% dei nostri consumi di gas e meno dell’1% di petrolio.
La maggior parte di questi idrocarburi sono esportati (se aprirà l’ormai famoso Temparossa, ci sarà un aumento di traffici navi nel porto di Taranto di 90 petroliere in più all’anno, per l’esportazione degli idrocarburi prodotti dall’impianto italiano in Turchia).
Posti di lavoro:
Assomineraria parla di 13mila occupati nel settore estrattivo in tutta Italia (tra attività a terra e a mare, dentro e fuori le 12miglia) e 5mila posti di lavoro a rischio con il referendum. La stima ufficiale riguardante l’intero settore di estrazione di petrolio e gas in Italia è di 9mila addetti (fonte Isfol – Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori).
Gli impianti sono fortemente automatizzati. A Temparossa per la fase di cantiere sono previsti 300 posti di lavoro, in esercizio solo 50.
In tutta la Basilicata (la Regione italiana con la maggiore produzione) ci sono 1500 addetti nel settore petrolifero, di cui 1100 nell’indotto. (In Arabia Saudita tra diretto e indotto lavorano 50mila persone).
A mettere in pericolo quei posti di lavoro è la crisi del settore: la produzione nazionale in 11 anni si è ridotta del 46,8% a causa della mancata redditività degli impianti (e quindi della rinuncia delle compagnie ad estrarre e lavorare in Italia) e della riduzione dei consumi nazionali di gas (-21,6%) e petrolio ( -33%).
Se vince il Sì, le piattaforme non chiuderanno il 18 aprile ma saranno ripristinate le scadenze delle concessioni rilasciate, esattamente come previsto prima della Legge di Stabilità 2016. Alcune scadranno fra 2, altre fra 5 o 15 anni, in base alle concessioni sottoscritte da Governo e compagnie petrolifere.
Se invece il referendum fallisce, andremo in procedura di infrazione (900mila € al giorno di multa!). La concessione permanente viola tutte le normative italiane ed europee, quindi è illegittima, gli impianti fuori norma dovranno chiudere improvvisamente con perdita immediata dei posti di lavoro.
Al referendum del 17 aprile VAI A VOTARE E VOTA SI