Provo a inserire la bozza di un documento nel quale si commenta il piano regionale energetico ligure 2014/2020. Attenzione alle parti fra virgolette che fanno parte del documento di programmazione e ci servono per capire un punto di vista diverso dal nostro. I miei commenti contengono alcune riflessioni che potrebbero tornare utili a quanti localmente volessero scrivere delle opposizioni.
Chi vuole leggere il piano regionale sulle rinnovabili, per meglio capire tutto il discorso, lo può cercare in internet. Caro Fred, non capisco a chi ti riferisci quando parli di incompatibilità personali eccetera, ma se in passato mi fossi reso colpevole proprio io di atteggiamenti poco costruttivi, ti prego di farmi presente tali episodi in modo da rendermene conto e eventualmente correggere il tiro. Il tessuto e le relazioni che legano amministratori, proponenti e tecnici (che è la politica) sono sempre torbidi e rendono molto difficile avere informazioni vere per poter valutare serenamente e opporsi ai progetti peggiori. Purtroppo è così, basta avvicinrsi alle vicende per rendersi conto... poi se uno non lo vuole ammettere...
IDROELETTRICO E PIANO ENERGETICO DELLA LIGURIA 2014/2020
L’idroelettrico è ancora la fonte rinnovabile elettrica più sfruttata a livello ligure. Gli impianti più significativi risalgono per lo più alla prima metà del secolo scorso e riguardano tutti i corsi d’acqua sui due versanti nord e sud: Trebbia, Aveto, Vara, Magra, Entella, Roya, Scrivia, Bormida e molti altri. Se alcuni tratti di torrente sono rimasti indenni da questo tipo di sfruttamento energetico dipende solo dalle pesanti criticità idrogeologiche e al carattere torrentizio e irregolare della portata, fenomeni questi che sono andati evidenziandosi in tempi recenti.
Il Piano Energetico Regionale della Liguria mostra delle incongruenze, manca infatti coerenza tra le premesse abbastanza condivisibili che scoraggerebbero un’aspettativa di sviluppo del settore e la dichiarato orientamento verso scenari futuri di aumento della produzione.
Nello Scenario di Piano si prospetta un aumento della produzione da 84 MW a 100 MW, ma nello Scenario Alternativo che completa la trattazione si arriva a indicare la possibilità di raggiungere addirittura 150 MW, cioè quasi il raddoppio della produzione attuale, ipotesi semplicemente inconcepibile e decisamente irrealizzabile. Anche l’aumento da 84 MW a 100 MW, che parrebbe un incremento di piccola entità, non tiene conto dell’andamento attuale negativo nella produzione e del reale contesto idrogeologico.
Il paragrafo a pag.141 dello SCHEMA DI PIANO dice:
“5.2.1.3. L’idroelettrico
L’idroelettrico, pur rimanendo ancora la fonte rinnovabile elettrica più sfruttata a livello ligure grazie alla
presenza di impianti dotati di serbatoi di compenso per far fronte ai periodi di magra, non presenta
potenziali di sviluppo significativi a causa delle caratteristiche geo-morfologiche del territorio (carattere
torrentizio dei corsi d’acqua e sviluppo ridotto dei bacini idrografici). Si può ipotizzare che nei prossimi anni
lo sfruttamento di questa fonte sarà legato alla riattivazione di centraline esistenti e alla realizzazione di
impianti di piccola taglia, prevalentemente in ambito acquedottistico, la cui crescita sarà comunque più
contenuta rispetto a quella prevista per le altre fonti rinnovabili, anche in considerazione della progressiva
riduzione della disponibilità di risorsa idrica legata ai cambiamenti climatici. Si ipotizza pertanto un
obiettivo di crescita del settore tale da portare la potenza installata dell’idroelettrico dagli attuali 84 MW a
100 MW. L’ipotesi di una crescita del settore è comunque sostenuta dal riscontro che l’ufficio VIA regionale
abbia continuato a ricevere negli ultimi anni richieste di autorizzazione per impianti mini-idroelettrici (per il
dettaglio delle richieste di autorizzazione ambientale si veda Allegato A al Rapporto Ambientale
Preliminare)”.
Infatti nella documentazione allegata si trovano non meno di 25 progetti in diverse fasi dell’iter autorizzativo o in fase di realizzazione.
Il Rapporto Ambientale Preliminare analizza più avanti il problema in questo modo:
“IDROELETTRICO
Punti di forza
Storicamente sul territorio l’idroelettrico è stata una fonte rinnovabile che ha avuto una
significativa diffusione: esiste ancora la possibilità di riattivare vecchie centrali
attualmente in disuso.
Punti di debolezza
Molti dei siti più interessanti dal punto di vista produttivo sono già stati sfruttati. Rimane
disponibile un numero contenuto di siti sfruttabili per la produzione di energia
idroelettrica, spesso collocati in aree soggette a vincoli ambientali.
Opportunità
Vi sono opportunità legate ad opzioni tecnologiche per lo sfruttamento a fini energetici
dei salti esistenti in corrispondenza di condotte acquedottistiche.
Minacce
Occorre tenere conto dei cambiamenti climatici globali che possono determinare ricadute
sulle precipitazioni e sui regimi idrici (a tale proposito si evidenzia nel corso degli ultimi
anni una diminuzione della produttività degli impianti installati)”.
E si valuta pertanto a pag. 51 come occasione di sviluppo di:
“Sostenere l'installazione di impianti di piccola taglia
nel settore idroelettrico e la riattivazione di centraline
esistenti.”
Criticità non prese in considerazione dal Piano:
1) Non ci si chiede perché molti vecchi impianti non siano più attivi e si offra dunque l’opportunità di riattivarli. Il fatto è che la fragilità delle rocce e l’andamento orografico nella maggior parte del territorio ligure (con poche eccezioni nelle Alpi) generano un fortissimo trasporto solido che riempie ben presto i bacini, mette a rischio i manufatti e rende antieconomico l’esercizio per la difficoltà di collocare gli inerti.
2) Si indicano favorevolmente quegli impianti definiti molto genericamente “di piccola taglia” senza esaminare il rischio di una loro possibile proliferazione. Soltanto sul torrente Arroscia sono per esempio in progetto 5 impianti e l’esame della loro fattibilità viene condotto separatamente senza indagare gli effetti complessivi . Una tabella descrittiva delle dimensioni degli impianti esiste, ma ricorrono definizioni generiche: piccola taglia, modeste proporzioni et similia, ingenerando confusione tra i microimpianti (fino a 100 kW), gli unici che si potrebbero facilmente incoraggiare e quelli più grandi.
microimpianti: potenza < 100 kW;
mini-impianti: 100 kW – 1 MW;
piccoli impianti: 1 – 10 MW;
grandi impianti: potenza > 10 MW.
3) Non si trovano cenni al problema del risparmio della risorsa e della tutela qualitativa degli acquiferi e nemmeno alla possibilità (necessità) di accompagnare il rispristino di un impianto con la realizzazione di sostanziali riqualificazioni del territorio quando già ora tutti i corsi d’acqua superficiali presentano prolungati periodi estivi di siccità e gravi condizioni di eutrofizzazione.
4) Vengono ignorati nel paragrafo “minacce” gli effetti negativi sulla qualità delle acque e sull’uso plurimo della risorsa: irriguo, potabile, ricreativo. Si ammette che la conoscenza della qualità delle acque nel territorio è incompleta con un mancato monitoraggio nel 40 per cento di stazioni. Si ammette che in larga parte la qualità di quelli monitorati è cattiva, ma da questi elementi non si traggono le dovute conseguenze. Eppure a pag. 52 leggiamo i 10 criteri fondamentali indicati dalla U.E. (lo studio largheggia di copia/incolla):
“Criterio 5. Mantenere e migliorare il suolo e le risorse idriche. Il suolo e le risorse idriche sono fonti naturali rinnovabili essenziali per la salute e il benessere umani, ma che possono subire perdite dovute all’estrazione o all’erosione o, ancora, all’inquinamento. Il principio fondamentale cui attenersi è pertanto la tutela delle risorse esistenti sotto il profilo qualitativo e quantitativo e la riqualificazione”.
5) Viene ignorata la diminuzione drastica delle capacità autodepurative dei corsi d’acqua che l’idroelettrico comporta anche in relazione alla necessaria diluizione e al trattamento dei reflui.
6) E soprattutto, incredibilmente, non si esamina il rischio in innescare ulteriori fenomeni di instabilità idrogeologica se non con qualche cenno assai vago.
D’accordo, questi aspetti sono soprattutto di competenza degli Enti preposti alle concessioni attraverso VIA o altro iter, ma una previsione di incremento delle captazioni, piccole o grandi che sia, fornirà un indirizzo agli Enti Locali e ai tecnici e andrà a sostenere le ragioni dei proponenti.
Ancora troviamo osservazioni largamente discutibili quando si dice:
“…Normalmente il mini-idroelettrico ha un ridotto impatto ambientale, poiché consente di utilizzare anche
sistemi idrici artificiali o semi-artificiali, come ad esempio gli acquedotti e i canali irrigui.
Per contro gli impianti mini-idroelettrici su corso d’acqua in molti casi, con la sistemazione idraulica che
viene eseguita per la loro realizzazione, portano invece notevoli benefici al corso d'acqua: in particolare la
regolazione e regimentazione delle piene sui corpi idrici a regime torrentizio, specie in aree montane ove
esista degrado e dissesto del suolo e, quindi, possono contribuire efficacemente alla difesa e salvaguardia
del territorio.
La valutazione dell’impatto puntuale per singola realizzazione è quindi rimandata alla VIA di ciascun
impianto, che consentirà ad esempio l’applicazione di adeguati indici di valutazione biologica e funzionale
dell’ecosistema fluviale e l’applicazione dei limiti di legge (Dlgs n. 152/2006) per quel che attiene al rilascio
di un adeguato quantitativo di acqua (DMV). Se tale tecnologia di sfruttamento verrà applicata agli impianti
acquedottistici esistenti l’impatto potrà considerarsi minimo o non variare l’attuale stato...
…Ugualmente da considerare, pur se il PEAR privilegia l’efficientamento energetico degli attuali impianti
idroelettrici, come dall’eventuale nuova installazione di condotte e bacini idrici artificiali si rilevano possibili
impatti specifici sul comparto ambientale Assetto Idrogeologico quali, principalmente le alterazioni della
morfologia del paesaggio, l’erosione delle sponde fluviali, l’interruzione del trasporto solido e l’instabilità
geologica.
In linea di principio si possono individuare delle prescrizioni di massima da attuarsi in fase di cantiere e di
esercizio, quali:
uso di mezzi d’opera atti a minimizzare l’estensione delle piste di lavoro;
inerbimento finale delle scarpate;
realizzazione, per quanto possibile, di opere di ingegneria naturalistica volte a ridare stabilità al
territorio interessato dall’opera;
adeguato drenaggio e regimazione delle acque superficiali.”
Si tratta in questo caso di vere sciocchezze perché un effetto constatabile di laminazione dei picchi di piena si ha solo quando l’impianto dispone di un bacino di idoneo volume e superficie in rapporto alla portata reale, dunque solo nel caso di impianti di medie o grandi proporzioni. Oppure dovremmo immaginare una successione di numerosi impianti sullo stesso corso d’acqua, prospettiva inaccettabile se vogliamo garantire un minimo di naturalità e comunque, purtroppo, tale casistica è già presente su gran parte dei torrenti.
Il cosiddetto “miniidroelettrico” (cosa diversa dal micro-idroelettrico), al contrario di quanto sopra affermato, ha una grandissimo impatto ambientale, si presta a una indiscriminata proliferazione e, anche per questo, è molto difficile esercitare un controllo puntuale sia dei cantieri sia della gestione e soprattutto dei rilasci del flusso minimo vitale”.
I palliativi prospettati come l’inerbimento finale delle scarpate ecc. non rispondono alle criticità e riguardano il piuttosto l’aspetto ornamentale della questione.
Conclusione.
Nel 1950 l'ing. Omodeo, massimo artefice dell'idroelettrico nazionale italiano, avvertiva che in questo settore le opere di valenza industriale erano state tutte realizzate, dalle Alpi alla Sardegna, ai bacini silani. Tutto quello che avremmo costruito in seguito avrebbe avuto un costo
ambientale crescente e sproporzionato. Per altri sessant'anni abbiamo ulteriormente edificato dighe grandi e piccole su ogni corso d'acqua, possiamo dire che la captazione sistematica di tutti i fiumi e torrenti è quasi completata, i fiumi oggi sono asciutti… o esondano.
In un contesto di desertificazione sensibile (soprattutto nella Pianura Padana) e di grande concorrenza fra gli usi plurimi dell'acqua dolce: potabili, irrigui, connessi alla depurazione e diluizione degli scarichi civili e industriali, si forza il concetto di “rinnovabile”, si raschia il fondo e compromettono gli ultimi angoli che conservano elementi di naturalità. L’idroelettrico è solo in parte “rinnovabile” perché modifica negativamente l’ambiente e l’ambiente non è rinnovabile.
Potrebbero avere utilità: il miglioramento dell'efficienza degli impianti e il ripristino di centraline storiche dismesse, ma si osserva che in occasione di tali ripristini si tende a incrementare il prelievo per massimizzare la redditività. Vedi per esempio il caso di Rezzoaglio:
ISTANZA DI INCREMENTO DELLA CONCESSIONE DI
DERIVAZIONE PER L'IMPIANTO MINI IDROELETTRICO
ESISTENTE DENOMINATO REZZOAGLIO SUL T. REZZOAGLIO E
SUI RII CROSA SCURA E DUGAIA COMPORTANTE UN
AUMENTO DELLA POTENZA DA 285 A 457 KW (GE).
Accade oggi che molti Enti locali, piccoli Comuni rivieraschi, sempre in difficoltà economiche, siano fortemente invogliati ad approvare e promuovere impianti idroelettrici di scarsa efficacia e dignità industriale.
Questi impianti incidono proprio sui segmenti di asta fluviale residuali, su torrenti e rii spesso piccolissimi, con portata fortemente irregolare o temporanea, esclusi fino ad oggi dallo sfruttamento
proprio per lo scarso interesse produttivo o per la pericolosità potenziale delle opere.
Manca allo studio visione d'insieme. L'acqua dolce corrente è la risorsa più preziosa che esiste sulla Terra, tutti gli indicatori economici la indicano da tempo come il vero oro bianco del futuro. La sua tutela è legata alla conservazione dell'ambiente fluviale e montano. In questo momento, centinaia di altri progetti sono sul punto di completare il loro iter autorizzativo e verranno realizzati in tutte le regioni italiane. In questo contesto, invece che di sviluppo sarebbe meglio parlare di moratoria.
In molti paesi già da qualche anno si nota un’inversione di tendenza e si demoliscono le dighe per ricostituire una rete efficiente di acque interne.