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Appunti di Slalom e di Vita...
Ettore Ivaldi:
--- Citazione da: Skillo - Gennaio 28, 2012, 06:15:29 am ---Sono un po' stupito: possibile che con video e cronometro essi non riescano a vedere che cosa fanno e che cosa potrebbero fare? O non ce l'hai raccontata tutta o cominci a perdere colpi :D
--- Termina citazione ---
Vedere o vedersi a volte, spesso, non basta. Percepire, sentire, vivere, toccare con mano ti permette di fare tua e concretizzare una sensazione, fissando nella tua memoria tutto ciò. Questo è il mio scopo principale con loro.
Poi che perda colpi è abbastanza normale e logico... molti mi danno del pazzo, lo sai che ho tanti amici!
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi
Skillo:
Guarda, giusto per scrivere un po', se l'atleta non fa suo il ragionamento non credo che in assenza di ostacolo in uscita continui a uscire stretto dalle rise.
Poi parto più da lontano così magari può tornare utile anche a qualcun'altro: i tuoi atleti tendono ad entrare stretti e a uscire alti, tu li hai costretti ad uscire bassi ed essi hanno allargato l'ingresso. Quindi hanno continuato a percorrere lo stesso identico "cerchio" solo spostandolo più a monte e presumibilmente più dentro alla morta. Ma c'è vantaggio? Una volta che l'ostacolo in uscita è stato rimosso, loro impiegheranno meno tempo facendo come se ci fosse l'ostacolo o come facevano già prima? Prenderanno l'esercizio che gli hai fatto fare solo come "un'eccezione obbligata" o hanno visto una possibilità di migliorare le loro solite risalite?
Nello slalom contano i secondi non i metri.
Ettore Ivaldi:
“Training is like building a castle by hand.
Each workout you add some more bricks to your castle"
Ma come lo aiuti a fare suo il ragionamento? Che io chiamo percezione del gesto?
Questo non è un problema solo dei miei atleti diciamo che è il difetto dei “giovani d’oggi” che cercano di imitare quello che vedono fare dai grandi campioni senza rendersi conto che i migliori atleti al mondo in realtà non cercano di esasperare l’entrata ma di velocizzare l’uscita. I giovani e qualche tecnico nota solo il fatto che questi tagliano le entrate nelle risalite perdendo velocità, senza preoccuparsi di che cosa succede in uscita. In realtà non è così!
Si cura l’entrata dimenticando l’aspetto più importane che è quello di mantenere la velocità il più costante possibile. E’ impensabile fisiologicamente poter ripartire ogni volta da zero dopo ogni risalita anche in una gara di slalom che magari dura solo 90 secondi o meno... l’ha capito anche Molmenti ed è stato proprio questo il punto che gli ha permesso di essere sempre tra i migliori o il migliore.
La cosa non sta però in questi termini e non è così facile come potrebbe sembrare. Lo slalom moderno in questi ultimi anni è cambiato moltissimo dando dinamicità al tutto e in modo particolare alle risalite.
Per approfondimenti sul tema risalite si veda in particolare
http://ett oreivaldi. blogspot.c om/2011/11 /autunno-t empo-di-la vori-tecni ci.html
http://ett oreivaldi. blogspot.c om/2011/06 /risalite- eterno-dil emma-e-gio ia.html
http://ett oreivaldi. blogspot.c om/search/ label/Tecn ica%2012
interessante il video di Molmenti sul tema risalite - http://www .youtube.c om/watch?v =ygnrKg3IM Qs
. keep the boat going
. space behind the gate
. find the safe line space
Avevo lo stesso problema con Zeno e in parte ancora con Raffy. Con loro in Adige, a volte, sull’acqua piatta io in canoa fungevo da sasso cioè mi mettevo a ridosso della porta in uscita.
L’obiettivo è quello di non perdere velocità e trasformarla, nel caso della risalita, in rotazione e conseguente uscita, senza ridurla. In questo caso è fondamentale permettere alla coda di girare veloce per poi schizzare con un guizzo fuori a riprendere corrente sulla prua che aiuta non poco in uscita. Trovare cioè un punto di rotazione sul palo interno mantenendo però l’ottimale distanza con lo stesso. Un contatto quasi intimo fatto solo di sfioramenti e non di passionali approcci fisici. Diciamo un amore platonico! Il fatto di percorrere gli stessi metri mi può anche stare bene, ma sono fatti con velocità decisamente diverse. In slalom oggi non vince chi fa meno metri, ma chi è più veloce per tutto il percorso ( e su questo concordiamo entrambi) e sa mantenere velocità costanti con i dovuti cambi di ritmo quando possibili.
Diciamo poi che nasce il problema di trasmettere questi concetti. Ci si prova cercando di spiegarlo all’atleta e se questo non lo riesce a mettere in pratica cerchi di utilizzare tutti i mezzi possibili per metterlo nella condizione di capire e percepire. A volte vedersi, verificare il tempo e parlare non è sufficiente (ricordi tempo fa in un mio post davo dei suggerimenti per capire tutto ciò attraverso il posizionamento di una camera fissa e l’utilizzo del tempo entrata-uscita- ho citato sopra il link) A questo punto resta la speranza che l’atleta possa fare suo il concetto anche quando gli toglierai i limiti fissati. Sono mezzi, strumenti che ti permettono di capire, poi come sempre quello che paga è il lavoro costante fatto sul campo ogni giorno della settimana, per mesi, anni! Togliere - mettere - guardarsi - guardare - provare - riprovare - sbagliare - sottolineare - esaltare - e poi nuovamente il ciclo che riparte.
Oppure c’è la soluzione B per l’allenatore: far fare dei gran lavori fisici, usare il cronometro, non essere presente agli allenamenti ed ipotizzare teorie relativamente alla forza guadagnandoci poi anche premi elargiti da politici compiacenti.
Io come sai sono più uomo di campo e cerco di mettere i miei atleti nella condizione di percepire... posso insegnare poco, però posso guidarli nella loro scoperta tenendoli per mano e supportarli con ogni mezzo a mia disposizione.
Condividere poi tutto ciò con persone interessate penso che possa essere utile al nostro sport.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Skillo:
Conservazione della quantità di moto, concetto che sono sicuro, da buon ballerino, conosci perfettamente.
Per chi non avesse confidenza con esso faccio il classico esempio della pattinatrice: la pattinatrice prende velocità, si lancia in una stretta curva a spirale e si ferma in un punto della pista cominciando una veloce rotazione sulla punta di un pattino. Tutti noi la vediamo ruotare ad una velocità x con le braccia tese in fuori, poi ella raccoglie le braccia e le solleva sulla testa AUMENTANDO la velocità di rotazione. Lei non spende energia per aumentare la sua velocità: fa tutto la conservazione della quantità di moto. Le braccia distese in fuori avevano un'energia data dalla loro massa, la loro velocità e la distanza dall'asse di rotazione, siccome in assenza di dispersioni l'energia deve restare la stessa, nel momento in cui la distanza delle braccia dall'asse di rotazione diminuisce, dato che la massa è uguale, l'unica cosa che può variare per mantenere l'energia uguale è la velocità. Nel momento in cui la ballerina ridistende in fuori le braccia, la velocità di rotazione torna a diminuire.
Un esempio coi c2: la canoa entra in rotazione, i due canoisti si avvicinano, la rotazione si velocizza, i due si allontanano, la velocità di rotazione cala e si riparte per una nuova direzione.
Ma la conservazione della quantità di moto non è la sola che entra in gioco durante una rotazione, c'è anche quello che io pedestremente chiamo "rimbalzo". Molto sinteticamente: il tuffatore salta sul trampolino, lo fa flettere col suo peso e nel frattempo flette le sue gambe: c'è un momento in cui sia lui che l'asse sono immobili, dopodiché il trampolino tende a tornare alla sua posizione di riposo e il tuffatore ne approfitta per distendere con forza le gambe saltando molto più in alto di quanto potrebbe fare in assenza di un supporto elastico come il trampolino.
In canoa si può piantare la coda e simulare l'effetto trampolino: si prende velocità, si curva piantando la coda e poi si rimbalza verso una nuova direzione. Durante la rotazione posso chiaramente variare tutti i parametri che voglio: velocità, velocità di rotazione, angolo di affondamento, posizione del corpo prima, dopo e durante la rotazione, angolo di emersione, etc, etc.
Un tempo, per qualcuno anche oggi, il continuo e uniforme scorrimento della canoa durante l'avanzamento e le rotazioni era condizione indispensabile all'ottenimento di una buona prestazione slalomistica, ragionando per conservazione di energia e/o della quantità di moto si coglie invece la possibilità che non sia la canoa a dover correre in modo fluido ma che sia l'insieme canoa-canoista a dover conservare l'energia. E' quindi possibilissimo che la canoa si immobilizzi SE subito dopo il sistema è in grado di rimbalzare rilanciando il canoista e la sua canoa con la stessa velocità di prima.
E ci sono anche le curve con la canoa fuori dall'acqua; curve nelle quali il sistema non può rimbalzare (il rimbalzo può arrivare solo dalla canoa, se lo fa il canoista non può essere conservazione ma solo spesa) ma si può comunque riuscire a conservare moltissima energia perché il sistema non deve spendere per infilare una parte di canoa sott'acqua e, con le odierne canoe, è molto facile ottenere raggi di rotazione abbastanza stretti da poter essere utilizzati in certe occasioni.
Con queste tecniche e quelle che conoscono gli atleti, tenendo presente il concetto di "energia", quello di "quantità di moto" e sempre e comunque il cronometro, si possono ottenere sorprendenti progressi nella crescita dell'atleta e presto, molto presto, sarà l'atleta a fornire nuovi spunti per ulteriori considerazioni e interessanti nuove ipotesi.
Bene, spero di non averti annoiato con questo mio piccolo contributo :)
A presto e grazie per essere lì dove nessun altro di noi riuscirebbe a resistere così come fai, dimostrando un amore per la canoa che va al di là di quasi ogni altra cosa.
Ettore Ivaldi:
Si esce distrutti da tre gare di selezione in soli quattro giorni. I motivi sono tanti perché devi dare attenzione a tutti e devi riuscire a dare un supporto tecnico, logistico, morale e fisico a giovani atleti che stanno vivendo un grande sogno e i concetti di “conservazione della quantità di moto” o di “energia” non trovano spazio in una mente già affollata.
Passata però l’ondata di piena c'è tempo per ragionare e la cosa mi stimola molto. Approfittiamo quindi di questi quattro giorni di libertà per affrontare la conservazione della quantità di moto di cui ci parla il nostro Skillo che ultimamente si dedica molto alla teoria e poco all’applicazione della stessa allontanandosi dai veri problemi che gli atleti tutti i giorni vivono sul campo, che non sono certo legati alla scoperta di capire a quale legge fisica fare riferimento per fare bene una risalita.
Alla ballerina che effettua una piroetta su una traiettoria circolare di raggio inferiore il momento angolare si conserva e la velocità angolare cresce. Come dice bene quel gran fisico di Claudio Cereda: “si sfrutta la presenza di una piccola componente di tipo rotatorio per esaltarne l’effetto attraverso opportune modifiche del momento di inerzia nel rispetto della conservazione del momento angolare.”
Tutto questo per introdurre il “momento angolare in sistemi deformabili” È interessante notare che in questo caso l’energia cinetica aumenta perché: il lavoro necessario è fornito dalle forze interne esercitate dalla ballerina nell’avvicinare le braccia.
Questo tipo di situazione è analoga a quella dei tuffatori che raggomitolandosi aumentano la velocità angolare e riescono a fare diversi salti mortali.
Quindi tutto ciò avviene non per la “conservazione della quantità di moto” ma per la legge del “momento angolare in sistemi deformabili”.
Si può parlare di conservazione della quantità di moto solo se introduciamo il concetto di sistemi isolati che ci porta in breve ai fenomeni di urto. Diciamo che per parlare di urto si devono verificare le seguenti condizioni:
1. i due sistemi interagiscono in una regione limitata di spazio ed in un tempo molto breve rispetto agli altri tempi in gioco nel processo;
2. le forze di interazione Fint fra i due sistemi sono talmente intense (impulsive) da potere trascurare le altre azioni esterne.
E non mi sembra che ciò si verifichi negli esempi citati.
Ma ci perdiamo in meandri scientifici che nulla hanno a che fare con il nostro ragionamento poiché possiamo liquidare la questione dicendo che le leggi fisiche che governano sui fluidi sono altre, alle quali noi poi ci dobbiamo aggiungere il fatto che l’acqua su cui svolgiamo la nostra attività è in continuo moto e cambia in continuazione.
Non concordo con l’effetto rimbalzo nella rotazione nella risalita. Perché è implicito che subito dopo andiamo incontro a quello che possiamo dire è la conseguente reazione dell’azione stessa: perdita di contatto con la superficie dell’acqua e conseguente perdita di velocità e scorrevolezza dello scafo.
Io, come ho avuto già modo di scrivere molte volte, vedo di più un’azione continuativa nella rotazione di una risalita per non perdere velocità, ma semplicemente per trasformazione in velocità di rotazione e successiva ripresa della velocità di discesa verso la porta successiva.
Concordo viceversa, ma è una tesi che sostengo da molto, che sarà l’atleta a trovare alla fine la soluzione migliore per le sue caratteristiche specifiche, non solo antropometriche, ma anche mentali, motivazionali e personali.
L’analisi e i vari suggerimenti erano partiti dal fatto di trovare nell’individualità di ogni atleta la chiave per entrare nel suo meccanismo di apprendimento per sintonizzarsi sulla stessa onda. Quello che Maurizio definisce come “conservatorismo degli atleti” che ovviamente c’è perché su quello fondano le loro certezze che bene o mali li hanno guidati fino a quel momento. Il problema nasce però nella fase successiva per il famoso “salto di qualità”. Il suggerimento poi che arriva sempre dall’amico di pagaia Bernasconi è chiarissimo che mi sento di condividere pienamente:”... abituare i ragazzi ad acquisire un repertorio di soluzioni molto vasto in modo da poter eseguire una manovra con strategie diverse e intercambiabili, dei fondamentali allargati, soprattutto perché crescendo e potenziando l'azione anche il gesto dovrà adattarsi al fisico, all'aumento della forza, ai nuovi attrezzi”
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
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