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Appunti di Slalom e di Vita...
Skillo:
Caro Ettore, hai ragione: ultimamente mi perdo più in teorie che in pratiche e forse è per questo che il cercare di portare concetti che, anche se non perfettamente identificati e descritti sotto il profilo fisico-scientifico, mi parevano espressi in modo comprensibile a tutti, non mi è riuscito.
Quando vedo che tu identifichi quello che ho chiamato "rimbalzo", con l'uscita della canoa dall'acqua, vuol dire che non sono manco stato capace di farmi capire bene.
Peccato ... pensavo che essendo io assolutamente impotente nei confronti dei veri problemi degli atleti, almeno avrei potuto dare un piccolo contributo a chi ancora sta cercando di inquadrare certi fenomeni per sua o altrui utilità.
Ma non fa niente, non sono cose importanti, quindi lascerò nuovamente che i miei passi dirigano altrove.
Ti leggerò volentieri come sempre.
Ettore Ivaldi:
Siamo tornati a giocare a calcio dopo praticamente un mese di astinenza per concentrarci sui Pan-Americani. Ora ci siamo ributtati nella preparazione per la prossima stagione in Europa, negli Stati Uniti e per i Giochi Olimpici e il football del sabato è come la Santa Messa della domenica sera o il caffè della manana!
Con il pallone tra i piedi sono sempre un fenomeno, nel senso che corro parecchio e produco gioco. Il mio fisico ne trae beneficio e la mente, che è costantemente accesa sui pali dello slalom, si rilassa un pochino. L’effetto tecnico del mio divagare per il campo per la verità non porta a grandissime prestazioni, oggi solo un goal che appaga per questa settimana la sete di gloria!
Dicevo che i Pan-Americani, seguiti da molti appassionati on live via internet - che spettacolo questo mezzo - ci hanno confermato un ritorno al passato da parte dei “course designer”. La cosa mi ha sorpreso per metà nel senso che guardando gli Oceania Championships a Penrith in Australia mi era nato il sospetto che qualcosa stesse cambiando. Anzi più che cambiando mi sembrava un ritorno ai tempi che furono. Le risalite e oltre il 90% di porte in discesa erano costituite da due pali, dopo che da anni si stanno sperimentando percorsi veloci con un palo solo. In Australia super Cali è l’unico che è riuscito a restare sotto i 90” tutti gli altri decisamente sopra e donne e C2 abbondantemente hanno superato i 100 secondi. Troppi secondo una logica in cui lo slalom dovrebbe essere un’espressione di velocità, destrezza, spettacolo. Con percorsi ancora così lunghi si mette in crisi il sistema televisivo che non può riprendere e mandare in internet tutta la gara per ovvi motivi di registrazione e relativo montaggio al volo.
Facciamo questa piccola analisi: nel 2000 ai Giochi Olimpici di Sydney la partenza era all’inizio del canale. A quel tempo le canoe erano lunghe 4,00 metri e le porte formate da due paline che potevano essere distanti fra loro da un minimo di 1,20 a un massimo di 3,50. Bene nel 2012 ... 12 anni dopo, dopo aver cambiato le misure delle canoe, sperimentato mille formule diverse siamo tornati da dove eravamo partiti. E’ mai possibile una cosa così? Mi chiedo ma in questi 12 anni abbiamo perso solo tempo? Dove vogliamo andare a finire? Possibile che non ci sia una linea guida da seguire che in realtà c’è perché discussa in diversi symposium tra allenatori e che viceversa non viene rispettata? Dipendiamo da come si sveglia il presidente del bording internazionale dello slalom che, secondo me, dovrebbe occuparsi di marketing e non di aspetti tecnici e tanto meno non dovrebbe mettersi a disegnare i tracciati di gara. Che il presidente faccia il presidente, procuri spazi televisivi e venda il prodotto slalom al resto ci devono pensare i tecnici che tutti i giorni si cucinano al sole o si raffreddano al vento e al gelo!
Ho scritto di questa cosa a Sue Natoli - che è nel bording dello slalom - aspettiamo la risposta. Non so se poi risponderà potrebbe sempre scegliere la strategia di alcuni nostri tecnici della discesa che invece di rispondere pubblicamente sul forum mi mandano e-mail intimidatorie non frutto del loro sacco, ma…forse opera di qualche loro collaboratore?
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Mi accorgo che il tempo passa solo per due fattori perché altrimenti mi sembra di essere rimasto quel ragazzino che 40 anni fa scoprì per la prima volta la canoa.
Il primo è fisiologico e ovviamente molto naturale. Il tempo cioè ti priva di persone che bene o male hanno influenzato la tua crescita e la tua vita. La morte te li rapisce, avvisandoti che la vita corre, passa e non è il caso di scherzarci sopra. Loro se ne vanno e tu resti lì a renderti conto che ogni perdita è un duro colpo nella vita di tutti i giorni.
II secondo segnale del tempo che passa sono gli atleti che ho allenato e che hanno o stanno concludendo la loro carriera sportiva. Anche per loro, come già successe a me, arriva il tempo di appendere la fatidica pagaia al chiodo per entrare in quel mondo fatto di quotidianità e di meccanismi perversi se solo ti fai prendere e cedi al sentimento comune. Un errore che ti costerà caro se non lo saprai individuare e isolare presto.
Pochi giorni fa seguendo su internet le selezioni spagnole, che sono state con quelle francesi a Pau, non trovavo nella lista di partenza il nome di Carlos Juanmartis (semplicemente e obbligatoriamente Litos per tutti noi) e mi chiedevo, tutto preoccupato, che cosa fosse mai successo. Preso poi dalle gare e dai risultati il pensiero è andato altrove, rimandando a più tardi l’idea di mandare una mail all’interessato per chiedere spiegazioni. La sera stessa però mi ritrovo una sua e-mail che mi racconta la sua decisione di non presentarsi alle selezioni e di cambiare vita. Pazzesco! Sembravamo quasi di essere in sintonia telepatica e la cosa mi ha per la verità impressionato non poco.
Litos, nel 2007 ha chiuso il mondiale in sesta posizione conquistando per la Spagna la qualifica olimpica. L’anno successivo fallì la partecipazione ai giochi olimpici per pochi centesimi di secondo ai campionati europei di Krakow. A rappresentare il suo paese ci andò viceversa Guille Diez Canedo. Litos aveva già partecipato alle olimpiadi nel 2000 a Sydney (19esimo) e Atene nel 2004 (11esimo). Dall’esclusione di Beijing 2008 Litos costruì la sua crescita che lo portò a conquistare un bronzo individuale magico ai campionati del mondo del 2009 nella sua Seu d’Urgell. In quella cittadina che lo ha visto nascere e crescere canoisticamente. La ciliegina sulla torta arrivò anche con la gara a squadre che gli mise al collo un altro bronzo importantissimo non solo per lui, ma per tutto il movimento ispanico.
Lui è sempre stato un tipo speciale e abbiamo lavorato assieme alcuni anni di gran lena e con reciproco rispetto. Ne ho apprezzato la professionalità e la serietà con cui ha fatto il suo mestiere di atleta di alto livello. Puntuale come pochi con gli allenamenti quotidiani, preciso nel preparare ogni dettaglio, fino ad un pignoleria quasi esagerata per alcuni aspetti legati ai materiali. Impeccabile nel vestire alla ricerca sempre di grande tecnicità.
Con Litos ho condiviso molti magici momenti. Ho condiviso la fatica in bicicletta sulle montagne che circondano La Seu, ho condiviso la gioia di vederlo al via all’Adigemarathon con la sua compagna di vita Monica. Ho condiviso la passione e l’amore per lo slalom. Ho condiviso obiettivi e allenamenti al gelo o al sole tropicale, ma in modo particolare ho sofferto e condiviso le sue preoccupazioni prima delle gare e il suo pessimismo cosmico alla vigilia di grande eventi che, più di una volta, però sapeva trasformare in positività al momento del fatidico 3, 2, 1, via!
Ho apprezzato le sue parole, ma soprattutto mi ha fatto piacere la sua condivisione di sentimenti nell’esprimere la sua gratitudine nei miei confronti per aver impostato un lavoro diverso con la squadra spagnola. Un lavoro che gli ha permesso di cambiare modo e stile di navigazione. Un sistema che lo ha avvicinato ancora di più allo slalom e che gli ha permesso di apprezzare a pieno la fortuna di danzare sull’acqua.
Poi c’è sempre stato quel suo grande amore per lo sport e in modo particolare per la bici e lo sci di fondo oltre allo slalom che interpretava per metà con il vecchio stile classico e per metà con l’evoluzione tecnica che ha cambiato in questi ultimi anni il nostro sport.
Io ho cercato, da quando avevo preso in mano la nazionale iberica, di portarlo sulla strada del rinnovamento tecnico, anche se con molta cautela e con molta tranquillità. Chi ha vissuto sulla propria pelle questi cambi generazionali di stili e tecniche sa bene che non è stato assolutamente facile entrare nella logica moderna. Litos più di una volta ci è riuscito e la testimonianza è quella magica medaglia di bronzo che ha conquistato davanti alla sua gente ai campionati del mondo del 2009 a La Seu d’Urgell. Un sogno che si è concretizzato e che ha avuto il merito di consacrarlo fra i migliori slalomisti di ogni tempo. Quella discesa iridata fu un compendio di semplicità ed eleganza, un geniale mix di abilità motoria e intelligenza mentale, un incontro tra determinazione e concentrazione. Quella medaglia però poteva rappresentare anche un punto d’arrivo che regala molto, ma capace nello stesso tempo di privarti di energia e fiducia. Questo forse è successo a Juanmarti e cioè un calo di motivazione e forse la paura di non poter più raggiungere questo risultato. Così, se pur a distanza di qualche tempo e dopo qualche boccone amaro, è arrivata la decisione di chiudere un importante capito della sua vita per aprirne subito un altro. Forse non se l’è sentita di rimettersi in discussione proprio alla vigilia dei Giochi Olimpici di Londra.
Per noi comunque resterà sempre un atleta da portare come esempio alle nuove generazioni perché rimarrà il simbolo di dove un atleta può arrivare usando determinazione, lavoro quotidiano e buona volontà.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Sono ancora disorientato e ho un certo senso di vuoto. Ci aggiungerei anche un buco allo stomaco, accompagnato da giramenti di testa: l’impossibile a volte è possibile... lo sa bene Lefevre che guarderà le Olimpiadi dalla televisione e che vede svanire il suo sogno di una terza medaglia a cinque cerchi dopo la terza gara di selezione francese.
Lui, l’eroe del mondiale 2011. Lui, che nella stessa prova iridata aveva messo al collo 4 medaglie, cosa mai riuscita a nessuno. Lui, su cui la Federazione Francese e vari sponsor avevano puntato la mano senza nessun dubbio. Lui, che il giorno stesso di quando è sceso dal podio di Beijing 2008 ha iniziato a pensare e a lavorare per concretizzare un sogno, maturato proprio in quei giorni. Lui, che ha speso questi ultimi 4 anni per preparare Londra 2012. Lui, sarà il grande escluso dell’edizione numero XXX dei giochi olimpici moderni nati nel 1897 ad Atene.
Il transalpino parte male il primo giorno di gare e, nonostante il miglior tempo in qualifica, 91,02, è penalizzato da un 50 alla porta numero 2 che gli impedisce di partire nella gara che conta e cioè la finale, vinta poi da Boris Neveau. Non c’è bisogno di dire nulla su quest’ultimo atleta immagino!
Ora, prima di andare avanti, c’è da dire che in Francia le cose non sono così facili neppure per un campione del suo calibro. Erano 18 i k1 uomini che avevano superato il primo scoglio di ammissione alle fasi finali di Pau per i Giochi Olimpici. Tanto per fare un piccolo confronto e per capire, in Italia sono solo tre gli atleti in questa specialità ammessi a questo tipo di selezione.
Il campione francese avrebbe tanto da recriminare nella seconda gara dove registra ancora il miglior tempo, ma c’è un tocco che lo penalizza non poco. Si deve accontentare di un terzo posto finale.
C’è un giorno di riposo prima di arrivare alla fatidica ultima chance, anche se per la verità, in questo giorno di recupero per i Kayak e per le canadesi, il transalpino è impegnato in C2 nel tentativo di qualificarsi almeno in questa specialità.
Arriviamo alla terza e conclusiva gara e le cose sembrano mettersi bene per Fabien in semifinale arriva 5^ con un 2 alla porta 18 e si prepara per la finale. Al via dell’ultima prova ci sono praticamente sei atleti ancora in corsa per la maglia olimpica. La finale arriva puntuale e... ancora miglior tempo, ma ancora un tocco per lui alla 8. Si chiude la stagione e il sogno della terza medaglia olimpica... almeno per l’edizione di Londra. Seguiranno alcune contestazioni di presunti tocchi fatti e non dati e alcune polemiche su come sono andate le gare, ma alla fine le cose non cambieranno.
Questa la cronaca, ma ad un allenatore interessa poco se non il fatto che un canoista di questo livello non sarà al via all’edizione olimpica. Interessa viceversa capire che cosa non ha funzionato nella testa di questo atleta, nella sua preparazione, nella sua marcia di avvicinamento alla tappa finale di un ciclo fatto di quattro lunghi ed intensi anni. Capire e ragionare sui fatti per trovare una risposta a questa grande debacle sportiva.
Da Beijing 2008 Fabien Lefevre, che il prossimo 18 giugno farà 30 anni, torna a casa con l’argento nel kayak e si mette subito in barca anche in C2 con Denis Gargaud. La sua idea è quella di cimentarsi in due specialità.
Nel 2009 a la Seu d’Urgell, tracciato che conosce particolarmente bene, resta fuori dalla finale iridata sia in k1 che in C2. Sarà il primo degli esclusi in tutte e due le specialità e cioè undicesimo.
Nel 2010 si consola in K1 con l’argento a squadre e finisce 33esimo nella prova individuale. In C2 si toglie invece una grande soddisfazione prendendo l’argento sia nella gara individuale che a squadre.
Nel 2011 è l’eroe del mondiale di Bratislava e alla preolimpica fa vedere belle cose finendo sul gradino più basso del podio.
Nel 2012 inizia la sua preparazione molto presto e va in Australia il 21 dicembre dove praticamente ormai è di casa. La novità di quest’anno è che ci sarà da subito l’allenatore Jean-Yves Cheutin oltre ad un’altra figura quella cioè di un supervisore dell’allenamento con particolare attenzione alla preparazione fisica. Per questo si affidano a Paul Boussemart.
Il clima in Australia è sereno per il campione francese che si sente nuovamente avvolto dal calore di una squadra:
“Aujourd’hui, on a fait notre première séance vidéo collective.. je crois que ça ne m’était pas arrivé depuis 2003 lorsque Sylvain Curinier entraînait encore le groupe des K1 français!”
come si legge nel suo blog il 26 gennaio e aggiunge anche una cosa molto interessante:
“Le canoë-kayak slalom est avant tout un sport où la compétition est d’abord de composer avec l’eau, le parcours et avec soi-même… c’est une très bonne école!”
In sostanza dice che lo slalom è uno sport in cui la vera concorrenza è l’acqua, il percorso e se stessi... un’ottima scuola di vita! In tutto ciò si racchiude brevemente e sostanzialmente tutta la filosofia sportiva di questo atleta... pienamente condivisibile.
Qui partecipa ai “Penrith WhiteWater Slalom Series" a fine gennaio e vince agevolmente facendo vedere belle cose.
Agli “Australian Open” del 10/12 febbraio arriva in finale in k1 e qui ci piazza un 50 facendo registrare il secondo miglior tempo a 0,46 da Sebastian Schubert vincitore della gara. Anche in C2 non trova, con il suo compagno Gargaud, la via della vittoria finendo quinti con un tocco e con un distacco dai compagni di squadra Gauthier Klauss/Matthieu Peche di 2 secondi e 02 decimi. Questi ultimi metto in acqua una serie di gran belle discese. Leggeri, molto abili e soprattutto con un assieme invidiabile capace di risolvere ogni situazione con grande abilità e senza mai perdere velocità.
Agli "Oceania Championships", disputati due settimane più tardi fa bene in qualifica, terzo, ma in semifinale ancora un 50 e fuori dalla finale. Per la verità furono molti gli atleti top a restare al palo per salti di porta. Da Kauzer, Neveau, Polaczyk, Mann, Halcin, Maxeiner. La finale poi la vincerà un Daniele Molmenti ritrovato.
Dall’altra parte del mondo il transalpino si è allenato duramente come sempre. Molte ore sul canale olimpico a ritmi relativamente blandi curando sempre molto la tecnica. Pochi lavori cronometrati, molto C1 e C2.
Dall’Australia Lefevre torna in Francia a marzo per preparare le selezioni di Pau che valgono veramente tanto. Qui sappiamo com’è andata dai risultati, ma non sappiamo che cosa sia realmente successo. Dove è mancato il campionissimo? Cosa è successo in questi lunghi quattro giorni di gare?
Da chi l’ha visto pagaiare dal vivo, nei giorni di selezione, ho avuto informazioni di un grande Lefevre e di uno stile impeccabile. Lo testimoniano i tempi e i video delle gare, se pur mancano dell’impatto emotivo, mettono in mostra tutta la classe di Monsieur Lefevre.
Certo è che quest’anno gli avversari erano cresciuti notevolmente oltre al fatto che il tracciato di Pau è conosciuto da tutti gli atleti in gara molto bene. Eccellere qui non è facile e sarà interessante vedere la prossima gara di Coppa del Mondo a giugno per capire quanto effettivamente influenza il fatto di allenarsi su un percorso.
Forse il primo errore è stato quello di andare troppo presto in Australia e allenarsi lontano dalla sede delle selezioni.
Forse il secondo è stato quello di concentrarsi su due specialità. La strategia forse doveva essere quella di rinunciare alle gare di selezione in C2 per cercare di passare in K1, lui, e in C1 Gargaud per poi avvalersi del regolamento ICF e partire anche in C2 alle olimpiadi.
Certo analisi che si fanno a freddo e che non sono facili da fare tanto più che stiamo parlando di minimi particolari che se solo non si fossero verificati saremo viceversa qui a elogiare chi ha cercato di portare avanti un sogno non solo per se stesso, ma anche per la sua nazione e per lo slalom in generale.
Ora il suo futuro è tutto in mano al direttore tecnico francese visto che oggi è il quarto kayak in Francia e non è più under 23! Aspettiamo e speriamo di vederlo ancora nel circuito di Coppa per apprezzare e godere ancora una volta della sua comunque indiscussa classe... a bientôt Monsieur Fabien Lefevre!
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Ci sono da fare ancora molte riflessioni sul caso Lefevre questo è certo! Analisi e riflessioni che ci porteranno anche a vedere dov’è arrivato il kayak maschile. Specialità che sembra essere decisamente combattuta e senza più veri e propri leader assoluti.
Alcuni lettori alla fine della disquisizione mi hanno fanno notare che, in quello scritto, non si è trovata la vera ragione della sconfitta. Beh! evidentemente non è facile puntare il dito su un solo fattore e asserire che quella è stata la vera causa. Secondo me ci sono stati una serie di fattori concatenati che hanno portato alla conseguenza conosciuta, come ho cercato di illustrare precedentemente. Come è altrettanto vero che se invertiamo il ragionamento possiamo dire tranquillamente che il grande risultato è la conseguenza di un insieme di fattori che si concatenano in quel preciso momento e chissà se si ricombinerebbero magari solo pochi minuti più tardi.
Mi piace una osservazione che mi ha fatto tempo fa Peter Kauzer durante una allenamento: ”ogni volta che rimetto il culo in barca è come se ripartissi da zero, devo ri-dimostrare a me stesso di essere in grado di mettere in acqua una grande prova”
Sottolineo subito che nessuno kappa uno, nelle selezioni francesi, ha vinto tre gare, ma viceversa in tre hanno vinto una gara a testa (Boris Neveau - Bastien Damies - Etienne Daille). Dal mio punto di vista non è altro che lo specchio della realtà internazionale del K1 men: ci sono tanti atleti di diverse nazioni ad essere molto competitivi.
Se noi prendiamo ad esempio solo le gare disputate ad inizio anno in Australia ci accorgiamo che più o meno è successa la stessa cosa. Si vedano anche i risultati del nostro Super Cali che rimane fuori da una gara e poi vince la successiva a distanza di due settimane. Il campione azzurro scriveva in terza persona sul suo suo sito:”... due manche solide quelle della qualifica di Daniele, in ciascuna c’è stata una penalità millimetrica, ma ha dato i primi segnali dello stato di forma e del controllo tecnico.... si punta al top 5 nella gara di domenica”. Riferendosi alle qualifiche degli Australian Open. Poi dopo la gara andata male si legge:”...in questo periodo della stagione i carichi di lavoro sono notevoli... e si è più lenti e stanchi”. Imputando a questo il cattivo esito della gara. In realtà se non ci fosse stata la penalità Super Cali era tranquillamente in finale. Tutto questo per sottolineare che anche ai grandi campioni basta nulla per ritrovarsi fuori dalla finale e finire a metà classifica indipendentemente dai vari stati di forma. Anche su questo ci sarebbe molto da discutere e disquisire.
Infatti quando si prende il via, dalla gara tra ammogliati e scapoli alla competizioni top, lo stato mentale è sempre quello dei esprimersi al massimo e possibilmente al meglio delle proprie possibilità.
Fra i Kayak c’è spesso e volentieri alternanza sul podio. Questo perché il livello dei kayak è molto, molto alto. Tanti atleti, anche giovani, possono trovare la giornata giusta o il guizzo vincente in particolari situazioni.
Mi sono posto una domanda e cioè se i francesi avessero fatto le selezioni su un percorso neutro e cioè su un tracciato che nessuno conosceva prima che cosa sarebbe successo? I risultati sarebbero stati gli stessi? Probabilmente l’esito finale sarebbe stato diverso. Avrebbe premiato di più gli atleti con più esperienza, perché gareggiare fuori casa avrebbe simulato più da vicino una competizione internazionale di spessore, si sarebbe entrate di più in una realtà di gara di alto livello. Avrebbero messo in evidenza effettivamente chi poi al momento decisivo (mondiali o olimpiadi) piazza spesso e volentieri la zampata vincente.
Così facendo, alla fine, chi va alle Olimpiadi ci va con lo stesso punteggio di altri due compagni che rimangono a casa. Forse non sarebbe stato male considerare le percentuali.
Sono uscite proprio oggi le convocazioni per la stagione 2012 della squadra francese e Fabien Lefevre è praticamente fuori dai giochi e da tutto. Ha rotto con il suo compagno di barca in C2 come lo stesso Denis Gargou ha scritto sul sociale network per eccellenza. Ritorna per Lefevre l’incubo che ha già vissuto nel 2007 e da cui uscì più che onorevolmente. Lui però rassicura tutti ufficialmente: “no non, je n'arrête pas!... j'aime trop ce sport pour arrêter!.. faut quand même que le système de jugement évolue pour qu'on n'est plus ces soucis qui durent depuis trop longtemps déjà..."
Mi piace anche condividere quanto espresso da Cathy Hearn al termine delle gare di selezione transalpine: “il campione francese ha dimostrato coraggio e genialità. Che cosa sarebbe cambiato se si fosse concentrato in una sola specialità? Forse nulla ma le grandi sfide molte volte sono l’essenza per eccellere”... sacrosante parole!
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi
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