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Appunti di Slalom e di Vita...

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Ettore Ivaldi:
E’ da mo’ che cammino con le punte dei piedi aperte. Mi devo allenare per offrire spazi alla ballerina quando ballo il tango. Un piccolo esercizio che però è molto utile per mantenere pronta la mente a questo movimento. Poi questa mattina mentre camminavo sul campo di slalom in quel modo il buon Richard Fox pagaiava in compagnia della più giovane delle figlie. Spontanea mi nasceva la domanda: ma coloro che sono stati una sorta di miti, modelli, eroi lo rimango per l’eternità oppure via via il loro fascino va sfumando? O meglio se Elvis Presley fosse sopravvissuto ai giorni nostri sarebbe quell’Elvis che noi oggi veneriamo e che rimane un punto di riferimento per il rock mondiale? Marilyn Monroe  sarebbe ancora la bionda da sballo,  che entra spesso e volentieri nei sogni degli uomini, se anche lei avesse raggiunto gli anta e non ci avesse lasciato prima per passare a miglior vita? Stessa cosa si potrebbe dire per Moana Pozzi?
In effetti vedere oggi Riccardo Volpe sul percorso di slalom fa un pochino strano se pensi anche per un solo secondo chi è stato e che cosa ha rappresentato per intere generazioni: con cinque mondiali individuali vinti ed altrettanti a squadre, ancora oggi a distanza di 18 anni dalla sua ultima gara disputata e vinta (il mondiale in Val di Sole  nel 1993), rimane il kayak più medagliato di sempre. Oggi è vice-presidente dell’International Canoe Federation e General Manager della Federazione Australiana di Canoa. Segue da vicino la crescita delle proprie figlie, canoisticamente parlando e non solo. Passeggia per i campi di slalom, parla con il mondo, discute di canoa, presiede i consigli di gara portando il saluto del presidente Perurena. Ah lo sapete, ma l’avevo già scritto, lo spagnolo è entrato nella famiglia del CIO e in teoria questo dovrebbe essere un vantaggio per il nostro sport... speriamo!
Certi miti però sono rimasti tali perché sono spariti dalla circolazione. Jon Lugbill rimane intatto nella sua nicchia di eroe forse perché una vola chiusa la sua carriera sportiva è sparito dal mondo della canoa. Renato De Monti rimane il  miglior C1 italiano della storia. L’ha scritta per un decennio e poi si sciolto come neve al sole lasciando solo dietro a sé la leggenda dell’”Italian Express” come lo definirono gli inglesi dopo una sua splendida vittoria a Langolenn.
Oliver Fix vinse i mondiali nel 1995 e le olimpiadi l’anno successivo.  Appese la pagaia al chiodo giusto dopo la gara a cinque cerchi e, dopo una brevissima parentesi da allenatore, è tornato nell’anonimato della vita.
Ho sempre considerato Angelika Bahmann la vincitrice dell’oro olimpico a Monaco 1972, una sorta di Madonna di Lourdes, fino al maggio del 2008, quando a Bejing l’ho incontrata e per un paio di mesi abbiamo condiviso orari di allenamento e preoccupazioni per la gara. Lei allenava la squadra cinese e dopo quella bella parentesi è tornata a fare il suo lavoro di fisioterapista in una cittadina della Germania. E’ tornata a sentire il profumo dell’alloro olimpico che per lei rimane sempre verde anche a distanza di quarant’anni.
Peter Sodomka era un omone grande e grosso e dopo tante gare e tante vittorie chiuse la sua carriera nel 1977 al mondiale di Spittal dopo aver regalato a Jon Lugbill la sua pagaia: lo scettro del re della canadese  monoposto andava in eredità allo statunitense: gesto che effettivamente si rivelò profetico. Vidi Il cecoslovacco  una sola volta alla fine degli anni ’90 a Liptovosky dove fu invitato per la 50esima edizione dei Tatranska Mikulas. Rimase sul ponte per due giorni a guardare le gare e alla fine si dissolse nel nulla...  
Elizabeth Sharman, che si chiama come la mia splendida nipotina,  fu la più grande slalomista di sempre: era elegante, atletica, potente e di gran classe. Vinse l’ultimo mondiale nel 1987 e non ebbi più notizie di colei che avevo soprannominato  “the Queen”.  Qualche voce mi dice che ha avuto un bimbo, fa la mamma e insegna a scuola.

Si dice anche che il mondo ha bisogno di eroi e di leggende, peccato solo che di loro si parli poco specialmente nel nostro mondo. Ci sarebbero tante storie da raccontare e da divulgare, purtroppo però tante di queste rimangono sconosciute, si perdono nei ricordi di ognuno di noi, si confondono e mutano con una realtà che corre sempre avanti. Ci fermiamo raramente per rimembrare
Eppure è anche attraverso queste figure che molti di noi si sono innamorati dello slalom tanto poi che alla fine è diventato uno vero e proprio stile di vita.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Un amico con la nostra stessa passione ci ha lasciati attoniti, amareggiati, disperati, increduli. Lo voglio pensare come lo conosco da sempre. Lo voglio ricordare sulle tres montagnas o sulla rapida dello slalom di Mezzana. Lo porterò e lo portermo sempre con noi in ogni pagaiata, in ogni respiro.


Ettore Ivaldi:
Odio gli inglesi, in senso buono si intende! Sono eccessivamente pignoli, precisi, meticolosi. Tutti in divisa. I lavoratori, con casco e giacchetta fosforescente, sono sempre impeccabili. Hanno tutti le radio ricetrasmittenti, che fa tanto americano, e sembra sempre di sentire il comandante Swigert che, rivolgendosi al Lyndon B. Johnson Space Center, dice: ”Okay, Houston, we've had a problem here”. Poi l’equipaggio dell’Apollo 13 tornò sulla terra sano e salvo utilizzando il modulo che avrebbe dovuto servire per atterrare sulla luna. Al canale olimpico c’è un punto che secondo me è già diventato un simbolo e che esprime tutta la filosofia che io mi affanno a cercare di esprimere. Infatti, su un lato del canale, vicino al laghetto dove si salirà in canoa c’è un cartello, adiacente ad un portone, sempre presieduto da due della security che dice: “Fire Assembly Point” - traducendo alla lettera sarebbe “Punto di ritrovo in caso di incendio”. Allora vi chiedo: ma a voi non è mai capitato di vedere in Italia una cosa del genere che in caso di incendio vi invita a raggrupparvi in quel punto? Ora io posso capire tutto, perché ormai a questo mondo di tutto può capitare, ma che scoppi un incendio al canale olimpico di canoa ci vuole proprio tutta e la cosa che mi sconvolge ancora di più e' che qualche mente fulminata ci abbia anche pensato, meditato, organizzato e quindi posto quell’insegna. Come se tutto ciò non bastasse ha avuto anche il coraggio di piazzarci due guardie armate li sotto... benvenuti anche voi nel Regno Unito! Poi oggi guidando verso il canale dall’Università in cui passeremo questi 14 giorni pensavo, ma visto che qui guidano a destra, ma perché non fanno girare anche l'orologio dalla parte opposta, così almeno la farebbero completa?!? Vi racconto l’ultima e poi vado a letto. Oggi preso dalla novità della stanza... vivevo in camper praticamente da maggio, ho dimenticato la carta che funge da chiave all’interno. Vado alla reception e comunico l’accaduto pensando di ricevere una copia della stessa. In realtà non è andata così. La tipa ha chiamato, con far sospetto, la security, via radio ovviamente, la quale si è presentata all’entrata del mio caseggiato che hanno battezzato “Watton”. Ora spiegarvi perché si chiama così vi dovrei raccontare la storia dell’Università che si chiama per l’appunto University of Hertfordshire e Watton-at-Stone è un paesino nell’Hertfordshire nella valle del fiume Beane. Ok! non vi interessa molto la cosa ho capito e quindi proseguo. Arriva la Security la quale mi sottopone ad un interrogatorio, diremmo noi, di III grado. Ha voluto sapere i natali fino alla terza generazione. Quindi praticamente, strisciando sul fango e coperti dall’artiglieria amica con la contraerea pronta ad intervenire, siamo arrivati al terzo piano. Una volta segnalata la mia stanza e provveduto ad una bonifica del territorio circostante, un volontario si è fatto avanti e con sprezzo del pericolo ha estratto un portachiavi magnetico, ci ha chiesto di stare alla larga e ci ha suggerito che in caso di esplosione sarà meglio sdraiarsi a terra. L’eroe, un trentenne possente armato fino all’osso, ha puntato il portachiavi sul ricevitore e una volta aperta la porta blindata si e' lanciato nella stanza per controllare che tutto fosse ok prima di farmi entrare. Considerate il fatto che la stanza è una celletta di 4 metri per uno e il bagno mi fa rimpiangere quello della mia casa viaggiante quindi vi potete rendere conto delle dimensioni. Una volta accertato che tutto fosse in ordine sono potuto entrare a prendere quel cartoncino magnetico che serve per aprire tutte le porte che devo oltrepassare per arrivare in camera. Missione compiuta ha subito comunicato la security alla reception e io ho potuto sentire un sospiro di sollievo da parte anche del rettore della struttura universitaria! La carta magnetica praticamene me la sono tatuata sul petto e la porterò da oggi in poi sempre con me!

Domani si naviga e spero di avere qualcosa di più tecnico da raccontarvi

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi


London, 23 July 2011 pre-olimpic race

Ettore Ivaldi:
l povero messicano è stato frullato a dovere oggi nella sua prima ora e 20 di allenamento sul canale olimpico. Non faceva in tempo ad uscire da un rullo che il successivo lo catturava per sballottarselo un pochino. Poi sembrava  che il buco fosse magnanime con il poveretto, ma sul più bello.... patatum in acqua per l’ennesimo eskimo! Ad ogni discesa il casco scendeva sulle 23 e i capelli fuoriuscivano da ogni lato.
E’ uscita in barella la povera atleta del Senegal dopo la prima discesa o meglio dopo la prima metà della sua prima ed unica discesa. Diciamo che non era certo il caso di buttare giù da qui la slalomista di colore, che, se pur animata da tanto coraggio, ha dovuto piegarsi alla forza dell’acqua. Spettacolari però gli interventi per il soccorso. Si sono mossi a mo’ di calamità nazionale, mancava solo l’atterraggio dell’elicottero e poi sarebbe stata completa. Evidentemente però, dopo vari consulti ed interventi, sono arrivati alla conclusione che la senegalese non era in pericolo di vita e la cosa si poteva risolvere con l’ospedale da campo imbastito per l’occorrenza. L’elicottero ha sorvolato a lungo la zona e poi da terra, con segnali di fumo, è stato fatto allontanare: le pale meccaniche creavano vortici strani nell’acqua e le porte erano praticamene orizzontali rispetto la superficie.
Il mio atleta brasiliano, Pedro Henrique, se l’è goduta. Lui ha una grandissima acquaticità, gli manca una concezione corretta dello slalom e su questo ci sto lavorando, ma si sa che l’importante è affrontare le difficoltà in serenità e certamente a lui  allegria e spensieratezza non mancano. Il kickflip poi per lui è una manovra per passare indenne nei buconi di questo nuovo impianto olimpico.
Chi da' l’impressione di essere proprio nel suo ambiente naturale è il magrebino francese Fabien Lefevre che su quest’acqua ci sguazza a suo piacere. E’ un piacere vederlo, leggero come una foglia, abile come un giaguaro nella giungla. I buchi non li evita, li cerca per un piacere personale, per sentirsi vivo, per caricarsi di energia, potenza, elettricità! Bravo, proprio bravo ed elegante, nulla da dire. Guardando lui sembra tutto così naturale e facile, ma staremo a vedere.

Anche gli allenatori a bordo vasca devono indossare il salvagente come tutto il personale operativo. Pensate che il tipo che sta praticamente a controllare chi entra e chi esce dalla reception, che ovviamente dista parecchio dal canale di gara, indossa perennemente il salvagente. Poi lui, per una maggior sicurezza, porta anche il caschetto. Per capirci meglio: lui è vicino alle guardie che controllano il cartello “Fire Assembly Point” ed è logico indossare il giubbetto salvagente, perché, in caso di incendio, si attivano le pompe che spengono il fuoco..praricamente rischierebbe di morire annegato in mezzo alle fiamme...  sarebbe proprio il colmo!

Il centro di Lee Valley non è ancora ultimato e probabilmente anche il canale di gara subirà da qui alle olimpiadi qualche aggiustamento. E’ lungo 300 metri ha un dislivello di 5 metri e lavora con 13 metri cubi per secondo. Cinque le pompe di cui 4 lavorano quando è aperto.

Le impressioni degli atleti sono unanimi: troppi buchi, acqua lenta, non c’è una linea d’acqua da seguire. “Se arrivi da Cunovo quando pagai su questo canale ti sembra di essere sempre ferma. Devi tirarti fuori dai buchi agganciando forte” mi diceva ieri Jana Dukatova.
Ed in effetti il canale olimpico dopo una prima curva a destra presenta un lungo rettilineo disseminato da ostacoli che frenano inevitabilmente l’acqua. Sono principalmente due i grandi salti che delimitano la parte superiore da quella inferiore e in mezzo mille combinazioni possibili.
La mia impressione è una Pechino più piccola e manca quello che noi potremmo definire una linea d’acqua principale su cui poi costruirci tutte le varie opzioni possibili.
I tracciatori dovranno pensare a lungo prima di mettere giù il percorso visto che non sarà facile combinare scorrevolezza, velocità, spettacolarità e imparzialità per pagaiatori destri e sinistri.
A disegnare il percorso saranno Jean Michel Pronon, Marianne Augulhon e Thomas Schimdt. Il primo lo conoscete tutti: è il francese presidente del boarding ICF dello slalom da due mandati olimpici, stipendiato dalla federazione transalpina, piccolo importante dettaglio. La seconda è un ex slalomista di livello, anche lei francese, ora direttrice del centro di Pau ed è stata chiamata per sostituire la puerpera inglese Reeves. Si potrebbe pensare anche che gli inglesi  hanno preso la palla al balzo della maternità della Reeves per tagliare i ponti con Pronon e fargli una campagna contro in vista del prossimo congresso ICF cercando di cambiarlo  proprio con la futura mamma. Infatti sembra che i britannici non abbiano gradito  come Jean Michel abbia sostenuto apertamente la candidatura per i mondiali del 2015 di Bourg St. Maurice. Non avrebbe dovuto farlo per una pura  ragione di stile visto che lui avrebbe dovuto essere super-partes. Invece non solo si è schierato apertamente contro Londra, ma ha anche fatto l’errore di presentare lui stesso la cittadina francese  e ... gli inglesi non dimenticano, anche se alla fine hanno portato a casa il mondiale che sarà selezione olimpica per Rio 2016.

La pre-olimpica o “London Prepares series” come hanno definito la manifestazione di fine settimana prossima, vedrà praticamente tre fasi. Una eliminatoria con due manche, una batteria sempre con due manche, una semifinale a manche unica e una finale a manche unica. Quindi chi arriverà alle medaglie avrà fatto 6 discese.
Di volta in volta quindi si andranno ad eliminare barche come vi riporto in dettaglio qui sotto:

k1 men da 51 a 21 per la prima eliminatoria, poi per la successiva  batteria  si passerà da 21  a 15, ed infine dalla semifinale a 15 ai 10 finalisti.
k1 womenda 43 a 21 a 15 a 10 per finale
c1men da 34 a 16 a 12 a 10 per finale
c2da 26 a 12 a 10 a 6 per finale

Prenderanno il via 30 nazioni, praticamente le più quotate sono tutte presenti, mancano solo Russia, Polonia e Grecia.  A parte poi di qualche eccellente eccezione - ad esempio Violetta Oblinger o Christos Tsakmakis,,  tutti gli atleti migliori sono presenti.

A fianco del canale di gara c’è il “Training Channel”  un percorso lungo 160 metri che funziona con tre pompe e ha un dislivello di 1,6 e lavora con 10 metri cubi d’acqua al secondo. Un gioiellino che chiunque di noi desidererebbe avere sotto casa. Basterebbe questo per dare una svolta importante allo slalom in Italia.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

London, 24 July 2011 pre-olimpic race

Ettore Ivaldi:
errata corrige

 1. ho scritto nel post precedente che la ragazza uscita in barella è senegalese. Mi scuso, ma   
     lei    è dell’Uganda.
 2. i dati dei partecipanti sono stati così aggiustati:
     k1 men da 64 a 21 per la prima eliminatoria, poi per la successiva  batteria  si   
     passerà da  21  a 15, ed infine dalla semifinale a 15 ai 10 finalisti.
     k1 women da 52 a 21 a 15 a 10 per finale
     c1 men da 48  a 16 a 12 a 10 per finale
     c2 da 33 a 12 a 10 a 6 per finale


Sono passati  alcuni giorni sul canale di Londra e si inizia a capire qualcosina. Il percorso è molto complesso e presenta tante e tante possibili combinazioni. Certo non farebbe  impazzirebbe dalla gioia la mia amica Gia-Pron senior perché le possibilità per piazzarci qualche sponda sono praticamente infinite! Ovunque, dall’inizio alla fine, ci possono esser buchi da utilizzare per spostarsi da una parte all’altra del canale saltando sulla schiuma bianca... E proprio come afferma  Peter Kauzer: “Finalmente un percorso degno per il nostro sport” - I migliori atleti si stanno godendo tutta quest’acqua cristallina. Ecco un’altra particolarità del percorso: l’acqua praticamente è filtrata ed è effettivamente potabile. Poi, dove l’acqua è più calma e cioè praticamente solo in partenza e arrivo, si può vedere il fondo così come  sul lago di riscaldamento:  praticamente l’acqua è trasparente. Un particolare al quale  noi canositi non siamo  più abituati da quando abbiamo abbandonato i fiumi per concentrarci sui percorsi artificiali. Che bello che era il Cellina e il Noce a maggio e a settembre. E cosa dire dell’Isonzo? Bei tempi quando ci chiamavano ancora fluvialisti! Ahahah.

Il tracciato secondo me si può praticamente dividere in tre parti. La prima  dalla partenza al primo grande dislivello. In questo tratto, l’unico in curva,  ci sono una serie continua di buchi che ti portano direttamente sul primo grande salto. Due riccioli importanti prima di imboccare la curva che ti immette sotto il ponte.   Ancora tre onde-ricciolo ti danno il benvenuto prima di entrare nel primo grande  salto del tracciato.
Sotto si forma una bella onda chiusa e una più aperta che si presta molto bene ad una doppia risalita prima a sinistra e poi a destra. Dietro a questa onda aperta un ricciolo ad intermittenza, nel senso che a momenti lo si trova chiuso e in altri aperto e allungato verso sinistra.
Tra i due salti c’è la parte centrale caratterizzata da diverse onde e da diversi riccioli.
Si chiude dopo l’ultimo salto con il canale che ti riporta verso sinistra per andare a riprendere il nastro trasportatore che ti riporta alla partenza.
Questa potrebbe essere una chiave di lettura di questo percorso che presenta, come già  detto, mille combinazioni.

David Ford risalendo in canoa mi si è affiancato e mi fa:”I know what I need for this course” e mi mostra il bicipite! Spontanea la mia risposta: “So when You come back home start with the gym”. Lui mi sorride e mi dice “Yes”.  Anche se per la verità non condivido troppo la sua analisi, a me sembra un canale particolarmente impegnativo e pensare di navigarlo con la pura forza umana mi sembra piuttosto limitante. Certo è che dal punto di vista fisico è molto dispendioso e quindi non si dovrà certo risparmiare energie nella preparazione anche fisica. Il mio amico L8, che la sa lunga, scambiando con lui impressioni sul canale  via internet, ha inquadrato subito il problema: isometria a manetta!
Altro segnale di grandi lavori arriva da Super Cali che in questi giorni è indaffaratissimo a provare modelli della sua canoa che Nelo gli ha riprodotto con diversi volumi. Staremo a vedere che cosa ne uscirà

Qui si può  notare in maniera evidente la differenza tra canoista e puro slalomista. Dopo pochi giorni di allenamento ci si rende conto che alcuni atleti hanno già trovato diverse soluzioni alle varie difficoltà e si stanno dimensionando su questi ritmi e su questa realtà acquatica. 
C’è chi se la sta prendendo con le porte e scatena tutta la sua rabbia sulle indifese paline. Qualcuno anche sulla canoa, che ovviamente non ha colpe. C’è chi è spesso e volentieri con la testa sotto o chi si diverte a fare il percorso senza pagaia, come i tedeschi che alla fine dell’ultimo allenamento lungo  si sono lanciati giù per il budello d’acqua con le sole mani.
Tutto ciò mi fa fare una riflessione che cercherò di sviluppare nei prossimi giorni sul fatto che non sempre la troppa acquaticità è positiva, ma ne parleremo con calma.
Comunque piano piano iniziamo a vedere delle belle azioni tecniche e ben presto ci sarà la possibilità di testarle in gara.

Si inizia giovedì con i K1 men e i C1, le donne, come le stelle, stanno a guardare!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi:
Se mi chiedessero di votare il gesto tecnico più entusiasmante della giornata di aperture a queste gare pre-olimpiche per k1 uomini e c1 non avrei dubbi. Risponderei senza pensarci un secondo.  Per me il gesto più bello, più tecnico, più emozionante, più naturale, più eccitante e più elegante è stato il debordé  che ha piantato nell’acqua quel fenomeno di uomo che si chiama Stanislav Jezek tra la 9 la 10 e la 11.
La porta nove era una risalita a destra fuori dal salto, mentre la 10 una porta in discesa dall’altra parte del canale. La difficoltà non era tanto il passaggio nella 10, ma la successiva necessità di oltrepassare un buco enorme per tornare verso destra entrando  nel palo della 11 e la porta a “ski” successiva.
Ora il problema era quello di  ruotare la canoa in un brevissimo spazio senza perdere velocità perché entrare nel buco lenti significava farsi inghiottire dalla bocca del drago. Non bisogna neppure però farsi prendere da paure strane  vedendo e percependo direttamente in faccia tutta quell’acqua che arriva dal salto.
L’atleta della Repubblica Ceka, un sinistro naturale alto poco meno di un metro e novanta per 70 chili, di cui vi ho parlato molte volte, ha avuto il coraggio di entrare nella risalita con un  debordè che, a parte un colpetto,  non  ha  più  tolto dall’acqua fino all’entrata della 11. Ora è difficile trasmettere le sensazioni che si possono avere quando si è in procinto di fare questa manovra, ma tanto per farvi capire vi dirò che fior di Kayak di livello non se la sono sentiti di tenere in acqua per così tanto tempo il colpo indietro di destro. Non so se riesco a rendere l’idea, ma c’è chi pur avendo la pala pronta per essere usata, preso dal panico, ha preferito temporeggiare perdendo così preziosi secondi oltre alla perdita della linea più veloce, che significava anche perder molte energie per recuperare la traiettoria.
Lui invece, Jezek, non ha tentennato minimamente. Debordè,  rotazione delle spalle impressionante, un controllo della coda in acqua che pochi possono vantare  e via sicuro verso la porta successiva.
Mi è piaciuta in modo particolare l’eleganza e la facilità con cui il bravo ciunista ha risolto una combinazione che a molti atleti ha condizionato la gara intera.
La considerazione generale sui C1 è quella che sono molti vicini ai K1 -  3% -mentre per stare nei primi 16, che passavano  il turno, bisognava restare nell’8% da Super Cali che ha vinto l’eliminatoria fra i K1 men. Bravo il pagaiatore bianco, rosso e verde, che ha messo in acqua una prima manche da manuale.
In sala video siamo isolati dal mondo. Non abbiamo i risultati on line perché Omega, titolare dei cronometraggi che poi ha appaltato alla Siwidata, non vuole correre il rischio di commettere errori e quindi prima di ufficializzarli passano al setaccio tutto e tutti.
Ci hanno tolto anche il segnale del telefono onde evitare che in tempo reale si possano mettere informazioni in internet. Pensare che questo è solo un allenamento anche per l’organizzazione... chissà cosa succederà ai Giochi Olimpici il prossimo anno!

Le donne scendono dalle stelle e con i C2 gareggeranno per le eliminatorie. Tempo previsto soleggiato a tratti coperto. Chissà se riusciremo veramente a rimetterci con le maniche corte, pantaloncini e magari infradito... troppo vestiti non si apprezza appieno tutto.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

London Prepares series, 28 July 2011

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