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On the Road on the Wave!
Ettore Ivaldi:
Se necessitate di un miracolo chiedete a Super Cali... è sicuramente in grado di realizzarli visto che uno l’ha messo in opera proprio oggi alla porta 19 in risalita! Un capolavoro che gli ha permesso di vincere alla grande la finale della prima gara di coppa del mondo sul canale di Troja a Praga. Poi, all’arrivo, ha spiegato con una mimica unica come si trionfa sul mondo: ha piegato il braccio sinistro e con la mano destra ha indicato il bicipite gonfio, poi ha usato lo stesso indice per indicare la testa e subito dopo la canoa; ha ringraziato con un inchino e si è goduto in santa pace una manche pressoché perfetta con un secondo e 40 sul 24enne Lubos Hilgert e su un ritrovato Michael Kurt che, nella sua carriera, porta a tre i podi conquistati in Coppa. Ora per descrivere la discesa d’oro del fenomeno dalla pelle scura e dall’altezza che ci ricorda Vittorio Emanuele ci vorrebbe uno scienziato che fosse in grado di spiegarci come possa una canoa essere sempre in accelerazione per tutta la durata della performance. La rossa punta, come la coperta, è arrivata al traguardo praticamente asciutta, un assetto sempre bilanciato e i colpi dati sono stati 125. E’ un Molmenti molto concentrato, attento ad ogni particolare, ma nello stesso tempo lascia corre lo scafo verso la meta per bloccare il prima possibile il tempo che si ferma su 92, 62. Il suo rivale di sempre, Peter Kauzer, vola nella prima risalita a sinistra, ma alla combinazione 11/12 commette un erroraccio: sulla prima porta da fare in retro inclina troppo la canoa dal lato della corrente, cerca di scappare via, ma per restare in equilibrio è costretto a mettere in acqua la pala sinistra, con l’inevitabile conseguenza di portare via il palo della porta. Arriva all’intermedio con un ritardo di 0,42 da Super Cali più 2 secondi di penalità. Da lì in poi il campione del mondo sembra non crederci più e chiude comunque con un buon tempo - 92,97 - ma con due tocchi. Il duello fra i due a questo punto si fa molto interessante.
Chi ha molto da recriminare è il bresciano Riccardo De Gennaro che in semifinale si comporta molto bene realizzando un tempo - 96,10 - che gli avrebbe permesso agevolmente di accedere al turno finale, ma un salto di porta alla risalita 16, assolutamente inesistente, lo priva della soddisfazione di potersi giocare alla pari con i grandi una gara che era decisamente alla sua portata. Peccato poi che sul sito federale neppure l’ombra di questa impresa che comunque rimarrà nella memoria di tutti noi. Il giovane autodidatta, cresciuto sul fiume Chiese, ha fatto vedere belle cose che purtroppo non si sono concretizzate sulla carta. La speranza è che il bravo Riky non perda fiducia e convinzione per il futuro nella speranza che qualcuno si renda conto che è tempo di imboccare un’altra strada. Il problema delle penalità continuerà ad esistere fino a quando ai giudici di porta, prima di compilare il referto, sarà permesso parlare tra di loro per emettere un giudizio unico. Quindi quando si va a protestare ci si trova di fronte a tre verbali completamente identici e la contestazione non ha più nessun valore.
Non avrei mai pensato di dover assistere ad una situazione così paradossale in una finale di coppa del mondo come quella vissuta da Jana Dukatova. Ora non possiamo certo dire che la slovacca, tra l’altro campionessa del mondo proprio qui a Praga nel 2006, sia una giovinetta alle prime armi o che non possa permettersi di avere ottimi materiali. Bene la slovacca, che aveva vinto la semifinale con oltre 4 secondi, arriva in finale alla porta 5 e sembra avere un sussulto. Traghetta sulla riva opposta per prendere la risalita 6 e si ferma. Subito non si capisce bene, si pensa ad un problema fisico, forse un malore, tentenna lei che di classe ne ha da vendere, lei che porta il colore della purezza anche sulla sua particolare pagaia, appoggia il suo mezzo di propulsione sul pozzetto e a quel punto la situazione è chiara: si è aperto il paraspruzzi... addio sogni di gloria, solo tanta disperazione anche se per dovere, con una canoa piena d’acqua, conclude la gara tra gli applausi del pubblico che si commuove per aver visto in diretta la morte della farfalla bianca. La gara del kayak femminile se la porta a casa la campionessa del mondo Jasmin Schor... argento alla biondissima Fiona Penni e bronzo a mamma Stephanka Hilgertova che solo pochi minuti prima aveva applaudito il figlio Lubos salito sul podio per mettersi al collo l’argento nel kayak maschile. Non ho ricordi storici né per la canoa, né per altri sport, che la cosa fosse mai successa prima e cioè che una mamma e il figlio vincessero contemporaneamente medaglie in coppa o ai mondiali. Marito e moglie sì, fratello e fratello si, fratello e sorella si, ma così mai! Grande scoop per la televisione che alla Hilgertova regala sempre ampi spazi e pubblicità. Bravi comunque.
Praga ci ha regalato bei momenti ma, come ha ben detto il vicepresidente dell’ICF, Richard Fox, “The show must go on see You everybody in Seu d’Urgell”. Olè
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Praga, 20 giugno 2010 - Final day 1st Canoa Slalom World Cup
Ettore Ivaldi:
Nick Smith è stato in passato un onesto pagaiatore in una carriera internazionale che è iniziata in canadese monoposto nel 1994 e poi è proseguita dal ’97 al 2009 in C2 prima con un certo Stuart Bowman, fino al 2006, e poi, per alcuni anni, si è messo in barca con Dan Goodard. Quest’ultimo è ancora in attività in canadese doppia con Colin Radmore. Il buon Nick non ha mai avuto l’onore di un podio e pensare che ai giochi Olimpici del 2000 a Sydney ci è andato molto vicino finendo quarto in una gara entusiasmante. Ora è il tecnico inglese per la canadese doppia, cammina in modo strano ed è sempre sorridente. Qui a Seu ha disegnato il percorso per qualifica e finale in coppia con con Lluis Grau un local che da molti anni è impegnato nella canoa slalom in Spagna e non solo. Direi che l’alleanza ispano-britannica, che ha precedenti solo con Maria la Cattolica quando si alleò con glii spagnoli pur di sconfiggere i rivali di sempre e cioè gli scozzesi, ha portato sapienti passi avanti per i percorsi di slalom. Ne è uscito infatti un tracciato molto interessante che lancia delle precise direttive e dei suggerimenti per tutti. Il primo sul modo di interpretare le risalite che in due casi - porta 1 e 14 - diventano semplici passaggi di porta. Poco sarebbe cambiato se fossero stati sostituiti i pali da rosso a verde. L’idea poi generale è quella di una ricerca di linee disegnate dall’acqua e gli atleti dovranno giocare con l’elemento liquido se vorranno interpretare al meglio un bel percorso di qualifica. Le combinazioni che lasciano libera interpretazione e libertà di espressione sono due e cioè alla porta 4 e alla porta 18. In un certo senso speculari, ma nello stesso tempo complementari:nella prima si esce da una risalita destra e sulla stessa linea si trova il palo della porta successiva che può esser oltrepassato in retro o con una manovra di rotazione che ti permette di affrontare la porta in avanti. Ora la scelta sarà solo legata all’abilità di ogni singolo atleta poiché, dopo diversi riscontri cronometrici, le due manovre si equivalgono. Nel passaggio 18 - 19 invece è certo, per il 99% dei casi, che la scelta sarà quella di una saggia retro prima di imboccare l’onda che ti proietta nella risalita di sinistra... tanto più che non c'è Martikan che sicuramente avrebbe fatto parte di quell'1%!
La Seu d’Urgell è sempre romantica e accogliente e poi oggi è un giorno speciale che puntualmente viene ricordato a tutti dalla mia amica Rosy. 13 anni fa moriva Rich Weiss, suo marito, in canoa su un salto che aveva già fatto diverse volte. Assieme abbiamo condiviso tanti allenamenti, viaggi, sorrisi, parole, sogni e speranze il tutto sempre con il sorriso e con quel suo modo particolare di vivere le emozioni. Quando successe Rosy aspettava un figlio da lui che nacque pochi mesi dopo e nel nome, River, è incisa la passione di un padre speciale che ha lasciato a tutti noi quel sorriso unico e che sa darti forza anche nei momenti tristi e difficili della vita. Ciao Rich e un bacio a Rosy e a River -
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi -
La Seu D’Urgell 2^ tappa di Coppa del Mondo di canoa slalom
Ettore Ivaldi:
Ah...! finalmente si torna a respirare aria di gare, sguardi vivi, gente attiva, emozioni vere, dopo una settimana piuttosto sottotono e dopo tanto freddo patito in quel di Praga. Sarà stato il cambio di clima, l’estate è arrivata finalmente da queste parti, sarà stato il lungo trasferimento dall’est al nord della Spagna, sarà stata la mancanza della mia casa viaggiante con annessi e connessi, ma la settimana, fino ad oggi, è stata decisamente strana. L’aria del paese iberico mi rilassa più del solito e tornare da queste parti mi fa sempre un immenso piacere tra mille mani da stringere e tra mille saluti che la gente di qui mi riserva sempre. Forse ho lasciato un buon ricordo e il sorriso e il calore degli spagnoli ti viene trasmesso epidermicamente.
In due giorni si concentrano le gare per la seconda tornata di Coppa: qualifiche per tutti sabato e giorno successivo semifinali e finali. Non ci sarà neppure il tempo di respirare, bisognerà trattenere il fiato e buttarsi a capofitto in questa ennesima avventura.
E così fu!
Kauzer conferma il suo valore su questo canale e il titolo, conquistato lo scorso anno, di campione del mondo non è stata una fatalità. In prima manche danza e si sposta da onda in onda con saggia maestria e unica eleganza. Il buon Fabien Lefevre ci degna di una sola discesa e come sempre deve fare le cose diverse dalla plebe, così tra la 14 e la 15 passa sotto il sasso, che qui è chiamato “Ganyet”, poi alla combinazione 18/19 opta per un colpo indietro di sinistro, ma parte troppo presto e tocca il palo. Segue un altro colpo molto lungo indietro di destro ed è dentro alla porta, per non toccare però è costretto ad aspettare e ripartire di braccio dallo stesso lato per infilarsi nella risalita 19. Il finale è un inno alla gioia. Non si presenta al via nella seconda manche per risparmiare energie per la qualifica del C2, dove, anche qui, passa tranquillamente.
La gara di qualifica nei kayak uomini se la porta a casa un certo Scott Mann che al suo attivo ha un record piuttosto particolare. Infatti è il più giovane canoista che sia mai sceso sul fiume Zambesi. Era il 1998 e aveva 15 anni, ora di anni ne ha fatti 27 lo scorso 22 febbraio. L’Uomo Scott, nato a Woodstock, è artefice di una bella seconda manche seguito sulla riva dalla sua fiamma nonché canoista della squadra slovacca che di cognome fa Benusova, sorella di Matej, e di nome Dana che avrebbe dovuto sposare già l’anno scorso, ma qualche inghippo legale bloccò l’unione amorosa. Scusate mi sono perso sul gossip rosa!
Il bravo Molmenti risparmia al massimo le energie per la semifinale e certamente finale di domani e passa tranquillo il turno. Segue alla lettera quello che il tecnico di società Ferrazzi gli suggerisce: “stai centrale sulle porte e tieni la canoa ben bilanciata”, sagge parole. Anche il giovane Lukas Mayr fa una bella gara e il tempo lo sottolinea, lo attendiamo alla prova del nove di domani.
Di azzurro non c’è altro da raccontare visto che Waterloo sembra essere a confronto una passeggiata, non è il 18 giugno del 1815, ma il 26 dello stesso mese e corre l’anno di grazia 2010. Sarebbe tempo di cambiare o instiamo ancora con un Lippi che da sempre si è trovato le cose fatte e passa solo il tempo a distruggerle?
Mi sono goduto la prima manche di Maialen Chourraut: l’ho aspettata fuori dal cancelletto di partenza e poi le ho corso appresso. Brava, semplice il suo modo di interpretare lo slalom, un rapporto peso potenza da fare paura ad Arnold Sscharzenegger, un tranquillità pari solo a quella di Jani Prahlad che non mangia da 74 anni... povero lui non sa cosa si perde e se conoscesse Amur non la penserebbe allo stesso modo.
Si è messo a piovere speriamo che sia solo un temporale o una nuvola passeggera, godersi le gare di domani sotto il sole sarebbe perfetto.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Seu d’Urgell, 26 June 2010 - World Cup 2nd race - qualification day
Ettore Ivaldi:
Il rituale di: inchino, bicipite, testa, canoa per Super Cali si è ripetuto magicamente ancora. In Spagna ha messo assieme una serie di azioni che hanno avuto come elemento portante la semplicità e forse è stata la vittoria più bella ed emozionante di sempre. Vittorio Emanuele II di Savoia aveva l’appellativo di “Padre della Patria”, mentre il nuovo re dei K1 è il “salvatore della Patria” e tanti ci gongolano sopra: lui porta a casa le medaglie e così al resto non ci pensiamo più, anzi...va tutto bene, alla faccia di chi ci critica.
Sul podio canta fratelli d’Italia a voce alta e quando si arriva al “Si” finale alza il tono e il pugno si eleva al cielo. Bravo Super Cali continua così per la tua strada che si sta dimostrando vincente: tu e il tuo tecnico di società a tue spese in Australia e in giro per il mondo, il resto non conta.
Un’altra vittoria annunciata è quella di Maialen Chourraut nel kayak femminile. Poco prima della semifinale mi ha confidato che si sentiva nervosa come sempre. Le ho detto che era un buon segno, importante è utilizzare quell’energia in senso positivo. Mentre scendeva, tra le urla della gente e i compagni che le correvano appresso, pensavo alle mille discese che le ho visto fare nell’assoluto silenzio di un canale ghiacciato, innevato, ventoso, soleggiato, piovoso, tenebroso, primaverile, estivo, autunnale, ma sempre e comunque con il sorriso. Belle anche le parole del suo papà, un tipo piccoletto, con gli occhiali che parla basco e di lavoro fa il libraio e di tempo per meditare ne ha molto: “pensare quanto bisogna lavorare per salire su quel podio e quanta convinzione ci vuole, mi fa ora un certo che”. E in effetti, quel saggio uomo, ha proprio ragione, ma la fatica dei primi porta gloria, la fatica degli ultimi solo sudore. La convinzione è un sogno che tutti noi ci portiamo dentro, bisogna crederci per concretizzarla.
Guardando in modo particolare le donne non riesco a capire perché alcune di loro cercano a tutti i costi il contatto con il palo per fare la rotazione o per cambiare direzione. Il percorso aveva 15 porte singole e solo 6 doppie. Finalmente ci si sta adeguando alle nuove regole, ma la gran parte degli atleti devono ancora adattarsi bene.
Grandissima prova del ceco Stanislav Jezek nella canadese monoposto. Leggero e abile come un gatto, ha 34 anni è sposato e ha due figli, un mago dell’informatica, ha vinto sei medaglie ai campionati del mondo, ma qui ci ha deliziato con gesti eleganti e una grande interpretazione del tracciato che lo ha visto in costante accelerazione. Non arriva a 70 chili tutto compreso e supera il metro e ottanta, ma quando ti stringe la mano devi stare attento perché te la stritola con estrema facilità. Il suo tempo in semifinale gli avrebbe regalato il settimo posto nel kayak uomini. Alle sue spalle Tony Estanguet a 4,24 e questo ci fa capire il valore della prova del ceko che da sempre vedo pagaiare su una canoa di colore viola.
Skantar/Skantar salgono sul gradino più alto del podio della canadese doppia con un gesto di rabbia nel giorno dell’abdicazione dei gemelli Hochschorner
La ragazzina dagli occhi di ghiaccio ha vinto nella canadese monoposto dopo aver sfiorato l’accesso in finale nel kayak, il futuro è nella sua pagaia e nel suo sorriso.
Domani si vola Munich, poi si va ad Augsburg dove ci sarà la mia casa mobile ad aspettarmi con annessi e connessi, così potrò complimentarmi di persona con Raffy che a Bratislava ha fatto un gran bene tra onde, bagni, eskimi, amici e tanti sogni.
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi
La Seu d'Urgell, 27 giugno 2010 - Coppa del Mondo Canoa Slalom 2^ prova
Skillo:
Si: gloria a Super Cali e un alleluia per le sue medaglie. Il ragazzo è forte, lo è da un po', e tutti noi speriamo che finalmente riesca ad avere quelle soddisfazioni che negli scorsi anni gli sono mancate. Non aggiungo altro ma solo per scaramanzia.
La squadra però non c'è.
Gli altri k sono lontani. Se il metodo Baron funzionasse davvero non avremmo un solo italiano in cima alla classica ma almeno un trio di nomi nei primi 20. Così non è e non lo è da anni.
Al mondiale di Praga era impossibile fare un pronostico su chi avrebbe primeggiato tra i k1 italiani, i tre moschettieri di allora erano parimenti in grado di fare tuoni e scintille ed erano seguiti da un gruppo di altri k1 che promettevano a breve altrettanto.
Se il metodo imposto allora avesse funzionato come promesso e garantito, ormai dovremmo avere una torma di inarrestabili k1 italiani di cui Daniele sarebbe magari la punta di diamante, invece lui è forte per motivi e meriti suoi e il gruppo degli altri è mediamente sempre più lontano.
I c2 sono abbandonati a loro stessi da anni e non c'è un cane che li aiuti regolarmente negli allenamenti e nell'analisi del percorso, durante tutti i raduni si debbono accontentare di quel poco offerto dal loro tecnico di società o da qualche amico esterno alla cerchia federale.
Ha quindi del miracoloso vederli gareggiare a questi livelli.
Delle altre due categorie c'è poco da dire se non che gli investimenti sbagliati e quelli mai fatti si stanno dimostrando deleteri tanto quanto già pronosticato anni fa da quelli che qualcuno chiamò e chiama disfattisti invece che buoni profeti.
Tanti auguri quindi ai giovani e giovanissimi che lottano allo sbaraglio e che vengono spinti a credere che il traguardo stia tra la maglia azzurra e un "sissignore".
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