Lambire Milano Musica adatta:
http://www.youtube.com/watch?v=MU_Tn-HxULMLAMBRUS o LAMPRUS, fiume della Gallia transpadana, affluente del Po (Plinio). Lambire, leccare… da LABRUM margine. VITIS LAMBRUSCA, perché alligna ai margini o all’estremità dei campi, dove la coltura vien meno. Vite selvatica errante e serpeggiante che fa uva acerba, spiacevole (brusca), che allega i denti. LABRUM labbro, ma anche orlo, margine, catino, vasca, tino. MARMOREO LABRO AQUA EXUNDAT (Plinio), LABRA DIANAE il bagno di Diana (Ovidio). Mosto spumeggia nei tini ricolmi e osterie lungo le sponde. Osteria di Monluè, ubriachi cadevano nelle rogge, nei canali, nel Lambro, ma anche nella neve o nei papaveri, sotto le macchine. I campi. I pioppi neri, maestosi. Lambire la città e altri spezzoni scartati, vecchi fotogrammi. Il casotto della dogana al passaggio sul Lambro per entrare in Milano verso porta Vittoria. Le ville della Brianza, strada privata, i ponti dell’Autostrada, San Donato, la tangenziale est, le case coloniche, la confluenza, la mota del fondo gommosa durante la secca estiva, gli orti abusivi dei pensionati che tiran su acqua dal Lambro. Il Lambro della nebbia. L’odore pesante nell’afa estiva. L’odore pesante in inverno che va ancora più in fondo, che si attacca. Un pezzo di stradina che non porta più da nessuna parte. C’è ancora uno in bicicletta, ma deve scavalcare il guard rail. Feun di primavera e tutto si illumina, il Resegone a nord neanche tanto lontano, in quella curva di acque placide si specchia, a testa in giù coi canaloni ancora bianchi di slavine. D’inverno il pomeriggio è come la notte. Una o due puttane morte buttate dentro il Lambro. Anche la pistola, se è necessario, la butti nel Lambro ‘che i sommozzatori non ci vanno in quel bitume. Nel ’55 facevano il bagno. Se mio nonno aveva le ruote era un tram. Tutte cazzate del ’55. Non lo sa nessuno quello che c’è sotto la Magneti Marelli, la Breda, i mobilieri, diecimila fabbrichette, i solventi, la verniciatura. Han chiuso gli acciai e la falda si è rialzata. Tirano su acqua con le pompe elettriche notte e giorno se no tutte le costruzioni nuove di Milano si allagano, crollano. Il metrò è da rifare. Va dentro nei garages quell’acqua di risorgiva che è all’origine di tutta la ricchezza di Milano, l’agricoltura dei due raccolti all’anno. San Bernardo a Chiaravalle è assediato da un gomitolo di linee dell’alta tensione, autostrade e ferrovie. Il rito ambrosiano, il canto unico della città ricca e poi... “socialisti ladri” scritto sui muri già nel ‘55. Intanto tirano su acqua di pura di pozzo, di falda, e la versano nel Lambro. E scoppia la fioritura delle robinie quando tutti gli altri alberi hanno già la foglia. Ogni anno, ancora, ancora… non muoiono, non muoiono. Le osterie hanno il gratta e vinci e il videopoker. Granturco da una parte, gli zingari sull’altra sponda. Il campeggio di Metanopoli. I pendolari di Paullo. Le pantegane nuotano bene tutto l’anno, ma d’inverno in aria e in terra vedi soprattutto cornacchie e adesso anche gabbiani. Un bel momento t’accorgi che è andata giù la foglia dappertutto, un’ariaccia fredda solleva polvere e pezzi di carta, nel Lambro c’è pochissima acqua. Vengon fuori isolotti di roba di plastica, reti metalliche, di tutto. E l’acqua nera e debole delicatamente lambisce, consola, carezza quella roba. Tutta roba che magari poteva essere qualcos’altro, ma che ormai ha la dignità di morire senza contumelie. Roba che è andata avanti attraverso tutte le umiliazioni del corpo e del morale per essere infine matura, pronta a morire senza troppo teatro. Perché far finta di stare benissimo quando si è morti e sepolti è fatica sprecata (questa è per Toio).