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SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA

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Ettore Ivaldi:
La gara per un atleta è la vita. La gara per un allenatore è un momento esaltante che ti regala adrenalina.  La gara è come per un artista vedere l’opera finita, come per un pianista esibirsi, come per uno studente sostenere l’esame, come per un architetto progettare, come per un fiore sbocciare, come per un amante amare, come per un atleta gareggiare.
Ed è proprio tutto ciò che dà  la dimensione di che cosa ci possa stare dietro ad una competizione, anche se per qualcuno questo non è certo il momento di dimostrare nulla o di conquistare titoli e gloria. Ma a quel tre, due, uno, via il mondo diventa  il tutto, l’eterno, l’immenso:  fosse solo per un battito di ciglio, fosse solo per quell’istante, ma l’energia cosmica passa proprio dentro di te e ti fa capire la ragione per cui ogni giorni ti alzi dal letto,  lotti, lavori, mangi, dormi, sogni!

Cosa si è impresso nella corteccia celebrale oggi? Semplice quel traghetto dalla porta in risalita 15 alla risalita 16 con spinta finale sul muro di Fabien Lefevre che lo ha visto proiettarsi in orbita sospeso tra atmosfera e acqua; la condotta di gara di Super Cali e la sua determinazione in seconda manche quando nulla aveva da guadagnarci; l’eleganza e gli occhi di una ragazzina quindicenne che piazza la zampata della pantera sia in kayak che in canadese; un Slafkovsky arrivato  dal grande freddo dell’Europa giusto ieri e balzato in acqua ci piazza un 94,90 da paura. Parafrasando – non me ne vogliano  Maurizio e Alessio -  la poesia di Alda Marini si potrebbe scrivere:

quando ti guardo
è come ammirare una libellula
che lascia il segno nel ruscello.
E’ come salire sulle ali
trasparenti come l’acqua
e volare sopra le porte
che odorano di gloria.
In me tutto vive intorno a te.


Che spettacolo veder pagaiare Alexander e il suo compagno Matej, ma che disperazione possono avere questi due interpreti massimi della canadese monoposto che davanti a loro hanno però un muro olimpico invalicabile da superare che risponde al nome di sua maestà Michal Martikan?

Il resto è semplice  cronaca di giornata per questa apertura stagionale di gran classe agli “Oceania Open Continental Championships”, dove si sono qualificati praticamente tutti gli atleti di livello, nessun esclusione altisonante. Gli australiani hanno messo in opera un mega apparato di registrazione via internet, anzi per la precisione intranet, ma devono risolvere qualche problemino di collegamento. Quando in acqua ci sono tre atleti va in tilt praticamente tutto… non è facile gestire le immagini contemporaneamente. Spendere due parole anche sul percorso è doveroso  per sottolineare che i tracciatori – Mike Druce e Thomas Masseu – hanno optato sicuramente per la linearità e da quanto si è potuto vedere questa scelta è stata rispettata anche per la prova di semifinale e finale di sabato e domenica. Il percorso quindi è risultato  decisamente facile con una sola combinazione impegnativa nella parte finale. Domani semifinale e finale a 10 per le donne e C1, domenica di scena k1 uomini e C2. Risultati e video su www.oceania.canoe.org.au

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Penrith – Australia, 19 febbraio 2010 Oceania Open Continental Championships 

Ettore Ivaldi:
Se vi catapultano nel continente oceanico da chissà quale pianeta e vi chiedono che giorno è,  non vi sarà difficile scoprire il  sabato visto che per milioni di australiani è il momento da dedicare allo sport. Uscendo di casa per raggiungere il campo di slalom devo percorrere circa 6 chilometri. Al primo incrocio giro a destra e costeggio un campo da rugby che puntualmente trovo invaso la mattina del sabato: corrono tutti come disperati e si cacciano per terra molto volentieri.  Questo campo confina con uno spazio per il cricket, sport che o ami o detesti, e oggi si contendevano la palla due squadre giovanili perfettamente vestite di un bianco candido e tutti con il cappello da esploratore africano. Al terzo incrocio giro ancora a sinistra e arrivo al semaforo dove prendo la destra e 500 metri dopo imbocco la sinistra. Qui per tutto il rettilineo di oltre 3 chilometri ci sono case sulla destra e campi sportivi sulla sinistra. Basket, baseball, volley e tennis e indovinate un po’? Sabato mattina campi impegnati per partite e tornei vari. Il quadretto si completa con i soliti gazebi a bordo campo sotto i quali trovi mega frigo da campeggio, sedie stile spiaggia, vettovagliamenti vari e tanti, presumo, genitori intenti a tifare per una o per l’altra squadra. Poi arrivi al Wild Water Center e trovi pullman parcheggiati: hanno portato centinaia di persone non a guardare la seconda giornata degli “Oceania Open Slalom”, ma per fare rafting e  aspettando che la gara finisca si dedicano al beach volley o a si tirano il boomerang,  che in realtà puoi usare singolarmente visto che lui torna sempre!

Le semifinali e finali C1 e K1 donne hanno riservato colpi di scena a non finire. Nella specialità della canadese monoposto la “Libellula Slafkovsky” si è prima lavata le ali con un eskimo prima della porta numero 1, quindi, nel tentativo di recuperare è volata troppo bassa alla porta numero nove, giusto sotto la “Main Wave”, giocandosi finale e gloria. Ma il destino ha riservato la stessa sorpresa al suo compagno di squadra, nonché campione europeo U23 e iridato con lui nella prova a squadre, Matej  Benus che aveva vinto agevolmente la semifinale. C’è da riconoscere però ai  due fantasisti slovacchi una certa dose di coraggio e forse di spregiudicatezza nell’aver osato e preteso così tanto dalla buona sorte e dall’arte del “menar la pala” nell’acqua. Loro che guidano la loro canoa all’inglese  e che si trovavano a piantar coda in debordè, nel punto del canale sicuramente più ostico, avrebbero potuto optare per una saggia e tranquilla porta in retro invece di una quanto meno difficile discesa. Ma non si diventa campioni con i “ma” e con i “se”. Si diventa campioni osando per scoprire il limite. Il vice campione olimpico David Florence si è praticamente autoeliminato dal podio per tattica decisamente troppo aggressiva che prima o poi, su un percorso così, paghi.
Eliminati così i big la gara ha regalato alloro al francese Edern Le Ruyet su il ceko Vitezslav Gebas e il giapponese, ormai da anni in quel di Liptovosky, Takuya Haneda. Per il transalpino, che è a Penrith da settembre per allenarsi e si è mantenuto quaggiù facendo la guida rafting, è il primo vero successo importante dopo un settimo posto agli europei U23 nel 2008 e un bronzo sempre nella stessa gara ma a squadre.
Anche le donne non hanno scherzato per colpi di scena. Fuori dalla finale Emilie Fer, rimanevano comunque in acqua per le medaglie atlete di comprovato valore. La Dukatova si mangia la gara con due banalissimi tocchi alla 15 e 16 che l’hanno messa in crisi non poco. Da Elena Kaliska non ci si poteva aspettare molto di più visto che era arrivata praticamente solo alla vigilia della gara di ieri. Chi invece ha tenuto fino alla fine è stata Corinna Kulne l’austriaca che si porta a casa vittoria e soddisfazione di essere stata davanti alla sua rivale di sempre in casa: Violetta Oblinger e la cosa si fa molto interessante in vista della stagione appena iniziata! Bella prova poi della giovanissima ceka
Katerina Kudejova, che per la verità non è proprio una sconosciuta visto che l’anno scorso ha vinto gli europei U23 e l’anno prima da junior aveva messo al collo un bronzo ai mondiali e un oro agli europei. Tra le australiane Sarah Grant si è presa una bella soddisfazione nel vincere il bronzo nella gara open e il titolo continentale oceanico mettendo in fila le tre compagne di squadra che sembravano più accreditate  di lei e cioè le sorelle Lawerence, Katerina e Rosalyn, e Jessica Fox che in semifinale era terza. Le penalità però della figlia d’arte le sono costate parecchio.

Domani semifinale e finale C2, K1 men e C1 Women

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Penrith 20 febbraio 2010 – Oceania Open Continental Slalom Race - semifinale e finale C1M e K1W

Ettore Ivaldi:
Due cose sono certe. La prima è  che fino a quando le donne in canadese monoposto cambieranno lato di pagaiata ci sarà ancora da migliorare molto anche se i passi che stanno facendo sono da gigante,lo dimostra quel 28% di distacco dal primo k1 uomini. Un sogno per tante donne italiane in kayak!  La seconda è una semplice banalità: i K1 uomini devono pagaiare forte ed essere tecnicamente ottimi per cercare di stare al passo di Daniele Molmenti!
Tutto il resto è cronaca di giornata liquidata dall’organizzazione senza tanti fronzoli, forse inutili, ma che a volte contornano e rafforzano  alla grande momenti di sport.
Andiamo per ordine però: dobbiamo partire dalla canadese doppia con il  duello tutto slovacco tra i cugini Skantar e i gemelli Hochschorner e questo sarà sicuramente il lait-motiv di tutta la stagione vista la superiorità netta di questi due equipaggi, il primo allenato da Mincik e il secondo dal padre dei gemelli. La gara si è risolta alla “main wave” dove bisognava fare una porta in discesa in morta e poi prendere la porta successiva  in discesa giusto sull’onda. La scelta era o farla diritta, soluzione molto veloce ma anche molto rischiosa, oppure in retro, più sicura ma più lenta. Gli Skantar non hanno avuto dubbi e si sono proiettati in discesa, mentre gli Hochschorner hanno optato stranamente per un passaggio più sicuro in retro. I  due secondi che  separano i due equipaggi  sono riassunti in questa manovra… questo è lo slalom, queste sono le emozioni di uno sport che incanta e che lascia tutti con il fiato sospeso fino all’ultima pagaiata. E’ stato così anche per la finale della canadese donne dove la giovanissima Jessica Fox – ancora 15enne - tra la penultima porta e l’ultima ha fatto sospirare papà Richard e mamma Myriam  con un eskimo capolavoro in uno spazio decisamente ristretto. L’australiana, ma di madre francese e padre inglese, si porta a casa la vittoria su Jana Dukatova  e il titolo oceanico oltre ad un futuro che già ha scritto il suo nome sulle porte dello slalom.
Ma veniamo al kayak maschile che ,come sempre, lascia tutti con il fiato sospeso fino all’ultima pagaiata. In semifinale si ferma alla porta 13 Fabien Lefevre: dopo l’aggancio a sinistra si blocca, lascia la pagaia e si prende il fianco sinistro. Probabile stiramento addominale come due anni fa quando fu costretto a fermarsi per parecchi mesi. In finale non entra neppure un Oblinger sprecone e il favorito di casa Forsythe, un tocco e sei fuori. L’unico che può permetterselo e giocarsi ancora la medaglia è Super Cali. L’italiano in finale parte a bomba e impressiona per precisione e forza. Vola sulla “main wave” e spinge poi sull’acceleratore per entrare nella parte finale con ampio margine su tutti. Non sbaglia le ultime due risalite e vince con 1,79 su un Vavrinec Hradilek che nulla può contro la determinazione di Molmenti. Strano però quando è solo – si veda l’anno scorso qui o la finale della coppa del mondo in Canada – non ha difficoltà a dominare, mentre con i federali al seguito non sempre va così, forse la Federazione potrebbero risparmiare soldi e prendere medaglie più sicure se tenesse a casa l’intero staff tecnico!

Archiviati anche i campionati Oceanici, domani si torna ad allenarsi duramente: ci aspettano ancora due settimane in Australia e cercheremo di spenderle al meglio. Con la settimana prossima diversi atleti iniziano a rientrare in Europa ognuno per preparare le varie prove di selezione.

Dimenticavo è facile scoprire anche quando è domenica quaggiù! Negli spazi verdi tanti barbecue e sedie a sdraio, i più organizzati hanno musica al seguito e ombrelloni… oggi è domenica!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi


Penrith 21  febbraio 2010 – Oceania Open Slalom Race

Gianfranco Guglielmi:

--- Citazione da: maurizio bernasconi - Febbraio 16, 2010, 02:42:46 pm ---...A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,
si come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il Sole e l’altre stelle.

Qualcosa mi dice che ci saranno forse uno o due canoisti dispersi nella penisola che avrebbero necessità di una traduzioncella in lingua autistico/italiotica/berluschina, questa se la procureranno dove credono (sarà dura!). Darò invece la mia.
Ecco che, dopo aver naturalmente descritto Inferno, Purgatorio e Paradiso, agli ultimissimi versi della Commedia, Dante dice:

...se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne...
(in India si direbbe: la salita autonoma e prepotente di kundalini)

(traduco il finale)  ... La potenza immaginativa e rappresentativa della mia anima sciolse l'ultima presa coi fenomeni che le si presentavano; ma l'amore che muove il sole e le altre stelle già travolgeva il mio desiderio e la mia volontà, come ruote rotanti fra infinite altre.

Parafrasare è rovinare. Mi scuso. Ad alcuni tutto questo evoca l'accesso ai livelli estremi di Shamadi, l'ingresso nel Nulla, nel non essere, nel non divenire, nel luogo inesprimibile. Non sono cose impossibili (non per tutti) giacché ne hanno parlato i grandi poeti persiani, i mistici sufi e, qua e là, con formule diverse parecchi altri (vedi esoterismo cristiano per es.) E' la merce più segreta e più rara del mondo: ma esiste!

Probabilmente si potrà divenire dei passabili allenatori anche senza spingersi così lontano, però ringrazio Ettore della citazione a nome di quelli che, persino tra i canoisti, proprio non potrebbero vivere di solo pane. Mi fido di più di un allenatore di canoa (o di qualunque altro) capace di colpo d'ala, genio, sintesi, capace di intuizione. Quelli che stanno attaccati al manuale sono cinghiali morti e brulicano. 

Cambiando argomento: c'é qualcuno più scaltro di me che sia capace di trovare in internet un po' di Olimpiadi gratis senza venir subissato da pubblicità, videogiochi e da pattumiera varia. Non ho il televisore e piuttosto che pagare rinuncio. Grazie   

--- Termina citazione ---

Ettore Ivaldi:
Sono arrivato a dicembre in questo continente e lo sport australiano era concentrato su una partita di cricket contro il Pakistan tenendo  su di sé l’attenzione per un mese intero. Accendevi la tele e ti ritrovavi in mezzo al campo con le due squadre in piena partita. Salivi in macchina e partiva il commento alla radio sulle ultime novità dal campo; ti capitava di passare davanti a qualche bar e vedevi  la gente incantata a guardare e a seguire 22 giocatori vestiti come anziani signori in gita Valtur intenti a tirare una pallina o a colpirla. Ora non vi sto a  spiegare le regole di questo nobile sport importato da queste parti dagli inglesi. Fate come me, se siete curiosi,  andate su wikipedia ed eruditevi su storia, regole, spirito del gioco, ruoli, strumenti utilizzati, campi e organizzazioni. Dopo i dovuti approfondimenti è da osservare un altro aspetto, forse il più interessante:  la passione che leggo negli occhi dei piccolissimi che incontro e vedo in azione nella mia corsa giornaliera proprio su un campo di questo sport all’apparenza molto noioso. I ragazzini, ma ci sono anche femminucce, arrivano solitamente a bordo dei suv dei genitori, qualcuno anche a piedi evidentemente fortunato per  abitare a pochi passi dal prato verde,  scendono dalle auto inforcano una borsa gigantesca  e si cambiano a mo’ di canoista e cioè in strada e con il gluteo al vento! La vestizione ha un suo particolare rituale in relazione al ruolo di ogni giocatore, ma mi rendo conto che ci sono lunghe pause nella partita per effettuare i relativi cambi di abbigliamento. Evidentemente ad alternanza ci si scambia i ruoli: a questa età non c’è la specializzazione, com’è giusto che sia. Mi colpisce come l’allenamento o la partita procedano senza l’intervento eccessivo di, credo, l’allenatore. I piccoli giocatori sembrano  gestirsi autonomamente molto bene, un po’ come facevamo noi al campetto da calcio. Una volta fatte le due squadre con la classica “alle bombe del canon bim bum ban” si iniziava a giocare dopo aver fissato l’unica vera regola per quel  pomeriggio intero: si arriva al 10 (questo numero naturalmente stava per gol segnati). Alle volte poteva succedere che, se la partita  andava troppo per le lunghe,  le mamme iniziavano ad urlare i vari nomi dalle finestre che circondavano il nostro “Maracanà”, avvisando che la cena era praticamente in tavola. A quel punto arrivava la classica perentoria decisione: chi segna questo ha vinto tutto, un golden goal ante litteram. Potevi vincere o perdere  8 a zero ma chi segnava quel goal aveva la vittoria  e tanta storia da raccontare fino al giorno successivo. La gloria di un momento grazie magari  all’exploit  finale. Un po’ quello che è successo all’Italia della neve e del ghiaccio. Speriamo solo che questa volta non basti per salvare un sistema sportivo che, come ripeto da tempo, si basa esclusivamente su buona volontà di talenti e sulla scarsa lungimiranza dei settori dirigenziali. Verrebbe da urlare: a casa tutti!  ma nessuno di loro avrà l’onesta di farlo. 
Negli occhi di quei giovani giocatori di cricket c’è la voglia di giocare, di non fermarsi mai. Finita la mia corsa, torno a casa, mi lavo, mangio, riposo, scrivo o leggo, ripartiamo per l’allenamento. Ripasso davanti al campo e loro, i ragazzini,  sono ancora su quell’erba soffice e deliziosa di un verde smeraldo a contendersi pallina, guanti, bastone e a correre. Sembra che il tempo si sia fermato, sembra di vivere solo per quella partita eppure quello è l’unico sistema vero che conosco per arrivare, forse un giorno, ad una tanto ambita e sperata gloria sportiva. La luminosità degli occhi di quei  piccoli omini vestiti di bianco e dal cappello troppo grande per restare fisso in testa, mi riflettono  la luce che già mi guida e che ho rivisto ieri a migliaia di chilometri di distanza  dopo un bagno nelle fredde acque del Brenta. Una luce, uno sguardo, una passione  che non ha bisogno di una  presenza fisica per essere recepita, apprezzata ed esaltata. La voglia di ritornare velocemente a pagaiare ne è la testimonianza più forte.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Penrith 28 febbraio 2010 – Traning Camp

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