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SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA

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Ettore Ivaldi:
Vavrinec  Hradilek non credo che arrivi al metro e cinquanta di altezza da terra, ma se prendete la circonferenza dei suoi bicipiti, degli avambracci e del torace superate abbondantemente i due metri. Il 2009 gli ha regalato belle soddisfazioni:  campione europeo Under 23 nel K1 uomini, oro ai mondiali nella gara a squadre con Ivan Pisvejc  e Michal Buchtel, 7^ agli Europei e terzo in Coppa del Mondo dietro a Kauzer e Molmenti, ma davanti a Walsh. E’ nato e vive a Praga. Nella sua città si muove con uno strano monopattino adattato alla sue caratteristiche antropologiche con tanto di freni. In canoa ci va da sempre e il suo modo di andare lo rende unico: potente, ma soprattutto canoa a 360 gradi. Fa parte di quella generazione che ha nel sangue lo slalom, ma non disdegna lo scafo di plastica. Ama i percorsi tra le porte, ma nello stesso tempo cerca l’adrenalina nelle cascate e nei torrenti senza fermate.  E’ sullo stile di Fabian Dorfler, Dejan Kraly, Alexander  Grimm, Enrico Lazzarotto, Mike Dawson coloro che la canoa la vivono come un momento unico e libero.  Pochi problemi e fantasia tra le porte, tante emozioni senza fiato sui fiumi di tutto il mondo… l’importante è pagaiare per sentirsi vivi per realizzare un sogno che si portano dentro da sempre! Anche Eric Jackson è nato slalomista per poi diventare il re del rodeo.
Il bravo Hradilek è  arrivato in Nuova Zelanda qualche settimana fa a Rotorua e, come dice lui, ha ripreso confidenza con la pagaia visto che a casa, fino alla sua partenza, ha pagaiato veramente poco. Il ghiaccio non gli ha mai lasciato spazio per poterlo fare. Al campo di slalom di Troja, un quartiere dell’affascinante Praga,  in Repubblica Ceka ora c’è un bell’anello per lo sci di fondo, non male per allenarsi e poi al club certo i pesi da sollevare non mancano  e i suoi bicipiti ce lo confermano. Mi ricorda tanto Tony Prjion Junior quando nel 1987 vinse il mondiale in K1 men a Bourg St. Maurice, facevi prima saltarlo che a girargli intorno. Di questo mondiale ne parlavo giusto qualche settimana fa con Riccardo Volpe (Richard Fox) davanti ad una bistecca di canguro cucinata sul suo barbeque. Lui per ben due volte nella gara individuale e una a squadre  sbagliò la porta numero 11 si ostinava a farla diretta, mentre il resto del mondo, Prjion compreso,  la faceva in retro per entrare di punta in un’onda gigantesca che ti portava come un espresso dentro la porta 12. Fox non si diede per vinto neppure nella gara a squadre, sbagliò ancora nella prima manche che portò ad un 50 pesante per il suo team ed infine nella seconda manche ci riuscì:  gli inglesi vinsero l’ennesimo titolo a squadre davanti a juogoslavi e francesi. Pierpaolo Ferrazzi, Dario Ferrazzi e il sottoscritto finimmo settimi troppe penalità per aspirare ad una medaglia che arrivò due anni più tardi.
Hradilek dopo la gara di domenica andrà per una settimana a sud della Nuova Zelanda per qualche discesa su qualche fiume di grossa portata, lo ritroverò sull’aereo il 9 febbraio quando cioè torneremo a Sydney e quindi a Penrith. A febbraio in Australia ci sarà da divertirsi visto che sono previsti numerosi arrivi per le gare del 19, 20 e 21. Questa è un’altra storia che prenderà forma e colore e che non mancherò di raccontarvi!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North  28 gennaio 2010 – New Zeland

Skillo:

--- Citazione da: Ettore Ivaldi - Gennaio 26, 2010, 09:25:44 am ---...............................................................
Montagne, verdi boschi di conifere, tundra, pascoli per pecore, pascoli per bovini, pochi villaggi che se sulla carta sono segnati con una certa importanza, in realtà li puoi attraversare, rispettando i limiti di 50 chilometri all’ora, in poco più di 3 minuti.
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Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Palmerston North – New Zeland 26/01/2010


--- Termina citazione ---

50 km/h x 3 minuti = 2,5 km    Se non ci sono semafori (molti) stai parlando di città grosse quasi quanto Verona (circa 3 km est-ovest?)
Vabbè le onde, ma occhio anche ai conti, Ettore  :D :D :D

Ettore Ivaldi:
Skillo non sono città come Verona sono "Villaggi" leggi bene e concedimi qualche libertà poetica!

Occhio all'onda!

Ettore Ivaldi:
Mi sono forzato a non scriverlo, perché se ci penso mi si aggrovigliano le budella, il fegato si spezza, il cuore sanguina, gli occhi piangono, ma non posso fare finta di niente e passarci sopra! Avevo cercato fino a ieri le cose negative, che però faticavo a trovare. Poi mi sono detto che sono qui per fare canoa e raccontare le meraviglie di questo mondo che ogni giorno mi affascina sempre di più. Oggi l’irreparabile: sono andato in palestra di corsa. Non l’avessi mai fatto! Uscito di casa, che sta praticamente a 4 minuti a piedi dalla piazza principale di Palmerston North, su Fergusson street (in onore al campione olimpico di canoa)  ho scoperto che  dopo pochi minuti si entra in un  parco che, tra viottoli immersi nel bosco, laghetti dipinti su uno scenario irreale, ponticelli che attraversano un fiumiciattolo,  faggi con tanta storia da raccontare, larici giganteschi, erbetta verde brillante, arrivi diretto alla palestra della Massey University. Non ne volevo parlare, non volevo citare questa parola “Massey University”. Perché queste strutture, questi idilliaci paesaggi, questi alberi che sembrano sorriderti così lucenti e amici, queste piste ciclabili,  questa palestra che a confronto il palazzetto dello sport di Verona sembra la cuccia per Toby, il cane di un mio fraterno amico,  esistono solo altrove e non da noi? Perché le Università italiane sono luoghi consacrati e votati al buio e all’isolamento, dove la parola sport è bandita?  Eppure il sapere dovrebbe essere la luce, la gioia dell’animo, il riflesso verso un mondo aperto e comprensivo. Dovrebbe far capire a tutti che sport e studio vanno a braccetto, mentre da noi si sposa con spritz e sigarette. Correndo per i viali incontri studenti distesi all’ombra intenti a leggere, professori con pile di compiti da correggere comodamente seduti nel parco a dedicare tempo e gioia al loro lavoro. Ad accoglierti nella hall dell’area ricreativa un tipo decisamente simpatico, e affabile, Mike,  che ci apre le porte ai sogni con un sorriso e con la massima disponibilità. La palestra pesi è una signora palestra e non mancano i bilancieri e la pedana per lo strappo e lo slancio. Gli studenti e i professori intenti a sudare fianco a fianco e a lanciarsi sfide sotto la panca. Adiacente una palestra con parquet dove ci sono 5 campi da basket allineati,  il sogno, credo, dell’allenatore di pallacanestro del mio C1 destro preferito. Dietro un lungo corridoio che ti porta ai campi da  squash e alle tre  sale per la danza. Ma ciò che veramente ti lascia senza parole è vedere tanti  giovani e professori,  visti i capelli brizzolati e l’occhialino da intellettuale,  che seguono le lezioni di steep, life pump, di streching di kickboxing e danza moderna.  Tutti intenti a sfruttare al meglio il tempo dedicato al proprio fisico. Fuori le aule, ora vuote visto il periodo di esami e non di lezione, che contornano la struttura. Anche le casette a due piani che ospitano gli studenti sembrano uscite da un attenta analisti  legata alle necessità di ognuno per vivere con facilità e senza spreco di energie. Qui studio e sport si fondono in un unico contesto. La bacheca di vetro ricca di trofei e foto anche d’epoca,  lunga quanto un lato della palestra, ti fa capire l’importanza che viene data alle partite  di rugby, calcio, cricket, nuoto, bici e canoa fra le varie università. Gli articoli di giornale concretizzano momenti di storia, raccontando le varie imprese. Le foto poi degli  studenti che hanno conseguito la laurea e contestualmente hanno partecipato ai Giochi Olimpici sono in bell’evidenza sotto la scritta: “if You are a sport  talent the Massey University help you discovery your talent in the study: contact us”.
Spero però di uscire presto da questa incredibile realtà, visto che per i miei figli tutto ciò in Italia rimane un’utopia,  e soprattutto prendo alla lettera le parole di  Carlos Ruiz Zafon che, con Marina, la sua ultima opera letteraria  che mi ha tenuto compagnia in questa settimana, fa dire ad  Oscar, il protagonista narratore: “probabilmente ricordiamo solo quello che non è mai accaduto”.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North – New Zeland 30/01/2010

Ettore Ivaldi:
Diversi anni fa Mauro Manganotti,  un buon C1 destro con cui ho  condiviso molti anni della nostra gioventù e molte avventure di pagaia,  si inventò una scuola di canoa itinerante, l’idea fu poi ripresa da Francesco Salvato. In sostanza il buon Mauro, per noi da sempre Ovo, organizzava dei corsi di canoa su diversi fiumi e i suoi allievi avevano così la possibilità di approfondire gli aspetti tecnici, ma nello stesso tempo scoprivano nuove realtà e si esercitavano su rapide diverse. Quindi, visto che i cellulari non erano in uso  e internet non  era ancora uscito dalle basi militari e dalle università statunitensi, non aveva una vera e propria base se non  il numero di telefono fisso  . Ecco io mi sento un po’ così: una sorta di allenatore itinerante. Ho la fortuna di possedere un cellulare con una tariffa passport (se ti chiamano spendo un 1 euro ci parlo 30 minuti, mentre l’altro paga la sua tariffa ordinaria prevista dal suo piano telefonico) e anche mia mamma, spaventata normalmente dai costi per il fatto che chiamare lontano potrebbe valere una fortuna, se n’è resa conto e così praticamente tutti i giorni mi augura la buona notte al suo buongiorno. Poi c’è internet che mi aggiorna sulle “buone azioni” che il buon Silvio elargisce con magnanimità e mi tiene aggiornato sul bollettino, decisamente di parte, della nostra amata Fick: la nuova grafica non mi piace e confonde non poco le idee:  è forse questo lo scopo del cambiamento? Non servirebbe… sono già abbastanza confusi da soli!  A Ckfiumi poi un grazie perché ci fa condividere questa passione che vale ben una vita!
Non avendo una vera e propria base operativa devo affidarmi alla tecnologia che mi viene sempre più incontro riducendo di molto tutto il materiale di cui necessito per svolgere al meglio la mia professione. E pensare che un tempo per registrare  le immagini di una allenamento o di una gara utilizzavo una telecamera a spalla con la cassetta VHS. Quella telecamera, una Panasonic che conservo ancora, l’acquistai ad Andorra dopo diversi mesi di ricerca e approfondimenti in materia. Le batterie erano lunghe e pesanti e per ricaricarle si necessitava di un marchingegno enorme. Ricordo che il dubbio era se puntare su una telecamera con cassetta VHS oppure su un altro modello con mini VHS che necessitava però di un estensore per essere vista nei normali lettori di cassette collegati al televisore. L’archivio di tutte questo materiale registrato, a casa, mi occupa parecchio spazio anche se lo custodisco con estrema cura e gelosia difendendolo dagli attacchi di Zeno che ogni tanto si rifugia nel mio spazio in cantina e ci passa le ore a guardare vecchie gare ed allenamenti dei tempi passati. Dal 1982 al 2004 tutte le immagini sono su video cassette VHS, ve le ricordate? Gigantesche con il nastro che a volte gioca brutti scherzi. Solo dal 2005 ho iniziato a digitalizzare ed archiviare su tera che stanno piano piano invadendo casa. 
Oggi ho una telecamera Sanyo che non arriva al chilo, mi sta in tasca e quando serve è operativa in un batter d’occhio. Registro su delle memory card da 4 GB. Per rivedere poi basta cacciare la schedina nel PC e il gioco è fatto. Fra non molto però abbandonerò Microsoft e entrerò nel mondo Apple,  ho troppe pressioni per farlo! Mi danno dell’antico e la cosa non mi  piace, questa è la scusa ufficiale, però quella reale è che in effetti Apple è decisamente superiore per ciò che riguarda l’ elaborazione  immagini e  foto. Altro vantaggio è la tranquillità praticamente assoluta di non prender virus, almeno fin quando dura e come dice il mio amico Vladi Panato finche  dura facciamola durare!

Il cronometro, da molto tempo, l’ho sostituito con due orologi Casio CHR 100, la praticità dell’oggetto da polso credo che sia comprensibile a tutti: lo porti sempre con te e non c’è dubbio che tu li possa dimenticare. Anche qui c’è stata una grande evoluzione. La salvezza è stato l’inserimento delle memorie, il mio ne tiene 200 x 2 uguale 400 tempi (spero di non sbagliare questo conto altrimenti Skillo mi riprende), più che a sufficienza, non devi scrivere e lo fai dopo con calma.
L’altro problema di un allenatore itinerante è il peso dei bagagli che deve portarsi appresso. Oggi si viaggia con i voli low-cost a prezzi stracciatissimi, ma bisogna stare attenti a cosa ti porti dietro e allora ci sono piccoli stratagemmi come quello di puntare molto sul bagaglio a mano ed informarsi bene sulla situazione del tempo nel luogo dove si andrà. Questo è un grosso vantaggio. Molte volte ci si porta via cose inutili e pesanti. In alcuni luoghi poi vale la pena acquistare magliette e calzoncini sul posto così come sapone e creme varie, che tra l’altro non uso: le creme intendevo, non il sapone! Per evitare peso e spazio l’ultima chicca arriva dal caricabatteria universale che funziona per:  telefono, macchinetta fotografica, reflex e telecamera… non male 4 in uno!
L’allenatore itinerante cambia spesso luogo e quindi le stanze dove soggiorna le personalizza giorno dopo giorno. Cartine geografiche della zona, foto che scatto e stampo, foto della mia famiglia, foto che arrivano da casa e disegni che a volte mi diverto a fare prima di addormentarmi. Ci sono poi oggetti che mi fanno compagnia come le boccette della sabbia che raccolgo, qualche pietra di fiume o qualche legno segnato dal tempo, le candele che accese mi scaldano il cuore.  A volte ciò che ci circonda assume un ruolo importante per farci stare bene e per regalare gioia al nostro spirito se pur lontano da casa e dai propri affetti: tutta questione di organizzazione.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North, 31 gennaio 2010 – giorno di gara che vi racconterò
                           domani… oggi è andata così!


… segue 14

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