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SLALOM TRANING CAMP PENRITH - AUSTRALIA

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Ettore Ivaldi:
E’ incredibile come ci si gusti l’anguria fresca quando ci sono 40 gradi e alla radio raccomandano di bere molto e spalmarsi crema protezione totale!
Il succoso frutto è composto per il 95,3% del suo peso da acqua. Inoltre ha solo lo 0,2% di fibre, che la rende accessibile a tutti senza provocare rischi all'intestino, neanche per i più delicati; mentre sono presenti in buone quantità le vitamine: A, C, B1 e B6, ma anche minerali come il potassio e il magnesio, molto utili per sconfiggere la stanchezza dovuta al caldo, e in quantità minori anche calcio, fosforo ed altri oligoelementi essenziali come ferro, zinco e manganese.
Tranquilli non lo dico per farvi invidia, ma semplicemente per sottolineare che a volte le cose semplici sono le migliori… un po’ come succede nell’allenamento.
Ci sono infatti allenatori che in slalom si scervellano il cervello (si potrà dire? non lo so, ma mi piace e rende l’idea)  per far allenare ai propri atleti le fibre bianche o quelle rosse tralasciando il fatto che per far tutto ciò viene trascurato l’aspetto più importante e cioè quello tecnico. Che senso può avere distruggere muscolarmente ed indirettamente psicologicamente  un atleta se poi giù per il canale sembra un pallina del biliardo?
Mi domando in quella situazione che cosa trasmetteranno le sinapsi al sistema neuronale? Che tipo di informazione arriva alla fine al muscolo e al cervello? Ci si allena per riuscire ad allenarsi o ci si allena per conseguire un risultato in una gara di un minuto e mezzo tra onde, riccioli e porte?
Non ho la verità in tasca, anche se passo molto tempo ad osservare ed allenare atleti di alto livello condividendo con loro ogni momento della giornata per cercare di capire dove possiamo migliorare. Mi metto spesso in discussione con me stesso e faccio fatica a capire proposte di lavoro che dovrebbero riprodurre per minimo  18 volte intensità di qualifica. Oggi per qualificarsi nei venti migliori atleti al mondo è veramente dura ed impegnativa. La qualifica ha ormai il sapore di una finale o dentro o fuori. Io sto cercando di arrivare ad allenare una prova di qualifica: solo quella conta, farne 18 non serve perché nessuna sarà abbastanza per superare il turno. “The Ultimate Run” l’ha definita W. Bill Endicott, la manche perfetta e di queste oggi ne servono tre distanziate di molte ore o di giorni per aspirare ad una medaglia. Uno slalomista è un atleta che deve esprimere tutto quello che ha tra un minuto e 30 e un minuto e 40, una sola volta per tre volte! Non è un nuotatore duecentista che nuota sulla stessa unità di tempo di uno slalomista, ma  riproducendo lo stesso gesto con  una ciclicità  impressionante. Tra i paletti di un canale artificiale nessun gesto si ripete con ciclicità. La ciclicità nello slalom deriva dal fatto di assenza di  ciclicità! Ormai tutta la letteratura sportiva concorda che allenante è il recupero e che si deve preferire la qualità alla quantità.
Gli Alpini per la Russia sono partiti in 61 mila e ne sono tornati 19 mila cioè il 31%. 42.000 morti: un dramma per tutti noi che pesa ancora in molte famiglie e non certo una vittoria da prendere come esempio. Mi chiedo anche perché atleti di altissimo livello passino molte ore ad ascoltare l’acqua dimenticando il cronometro a casa. Lo slalom è una danza e non credo che i ballerini preparino le loro performance con un 30” on e un 30” off quando la musica li accompagna, quando l’attenzione viene riposta sul gesto e sulla sua fluidità. Nel mio lavoro mi identifico più in un coreografo o al massimo in un regista, non certo in un aguzzino che gode nel martirizzare le proprie vittime convincendole che ne vale la pena per la causa di qualcun altro.
 
Le cose si possono vedere sotto un altro angolo se devi allenarti al freddo o sull’acqua piatta, se hai poche porte o se tira vento, ma quando tutto è al massimo allora devi spendere il tuo tempo per viverlo al meglio e sfruttare ogni minuto che il buon Signore ti ha regalato nel godere in quello che stai facendo lasciando ad altri tensioni, musi duri e sorrisi tirati.
Così facendo ti gusti anche di più l’anguria, magari mentre ti riguardi il video e cerchi di rivivere quelle emozioni con chi è in grado di guidarti a scoprirle.
Utopia dipinta di bianco, rosso e verde: i colori del frutto estivo e del nostro tricolore!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi


Penrith – Australia 23/01/2010 … caldissimo, ma noi siamo partiti per la Nuova Zelanda
                                                     – Wonderful Slalom training camp!

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Skillo:
E torniamo al "Via".
Il nocciolo della questione è sempre quello: ognuno di noi insegna ciò che sa insegnare e trova sicurezza in ciò. E' umano.
Dal punto di vista degli allievi, chi può, integra. Chi non può, si ingolla tutto così com'è e spera che non gli faccia troppo male.

Grazie per i resoconti e per tutto il resto, Ettore. Se non ci fossi tu questa sezione di CK sarebbe un mortorio da suicidio.
Adesso me ne torno a discutere di balistica delle armi da pesca subacquea, che almeno lì c'è vivace confronto.

Ettore Ivaldi:
In genere le sale imbarchi degli aeroporti sono splendide palestre per i più piccolini che ingannano il tempo tra capriole, lotte, tuffi e qualche sonnellino e ieri ne ho avuto l’ennesima conferma. Due splendidi piccoli “kiwi” (così si chiamano i neozelandesi dal volatile e non dal frutto) ci hanno intrattenuto nell’attesa del volo che da Sydney ci avrebbe portato a Rotorua – New Zeland: si va a fare la prima gara dell’anno a Mangaho valida per il ranking. I due piccoli, fratello e sorella, probabilmente cinque e tre anni, se la sono spassata alla grande con una mamma che, distesa anche lei su quella morbida moquette, offriva un ostacolo da saltare o da rotolarci sopra.
Sono 2003 i chilometri che separano Sydney da Rotorua, tutti in mare aperto,  e in poco meno di due ore e mezzo arrivi in Nuova Zelanda. L’aeroporto è poco più grande della stazione ferroviaria di Carpanè (Valstagna tanto per intenderci) ed ad accoglierti c’è una dogana che sembra più un ufficio turistico visto che  i poliziotti sono più interessati a decantare la spettacolarità del loro paese che a controllare i  passaporti.
Da Rotorua, che sta a nord dell’isola, a Palmerston  North ci sono 5 ore di macchina e mille paesaggi diversi. Montagne, verdi boschi di conifere, tundra, pascoli per pecore, pascoli per bovini, pochi villaggi che se sulla carta sono segnati con una certa importanza, in realtà li puoi attraversare, rispettando i limiti di 50 chilometri all’ora, in poco più di 3 minuti. Classici villaggetti con una via centrale  con negozi e fast food da cui ti aspetti che da un momento all’altro possa uscire  John Wayne per un duello all’ultimo sangue! Certo è che non ti annoi durante il viaggio visto che la diversità degli scenari ti tiene ben sveglio e attento. Per strada ci siamo fermati ad ammirare la rapida di Huka Fall che Mike Dawson ha fatto in prima assoluta. Ovviamente ho pensato al mio amico L8 che non avrebbe problemi a  lanciarsi in quel vortice spumeggiante alto oltre 9 metri e dall'impressionante velocità, ma ciò che più sconvolge è la massa d'acqua.
I miei occhi ritornano a riempirsi di verde dalle mille gradazioni diverse. Ne godrebbe anche il mio ex capo della Forestale grande esperto e appassionato di alberi e natura.  I paesaggi montani sono uno spettacolo e il caldo che abbiamo lasciato in Australia è già un lontano ricordo. Qui si respira aria fresca ed effervescente ed è sempre meglio portarsi una felpetta e uno spolverino visto che sta piovendo speso e volentieri da queste parti. Beh altrimenti non si spiegherebbero prati verdi smeraldo e animali intenti a brucare in continuazione questa fresca erba. Tori, vacche, caprioli  e pecore certo non scarseggiano da queste parti e sembrano decisamente più numerosi degli abitanti che incontri per strada. Ti fai un’idea della popolazione locale frequentando il Plaza – centro commerciale – in pieno centro di Palmerston North. Qui la gente è proprio strana. Molti uomini hanno tatuato su gambe e braccia i classici simboli maori, i primi abitanti di questa stravagante isola. Le ragazze viaggiano sempre in coppia e le mamme si portano appresso quattro o cinque pargoletti che, a seconda dell’età, usano vari mezzi di locomozione: passeggino per i più piccoli con fratello che spinge, skateboard per il mezzano, roller per il più grande e sul carrello della spesa solitamente l’ultimo arrivato della nidiata. Un’organizzazione da fare invidia al Ministero dei Trasporti!
A Palmerston North, da non confonderla con Palmerston sull’isola del sud, ecco perché c’è l’aggiunta del punto cardinale, ci fermeremo fino a lunedì prossimo per allenarci su un fiume naturale e per la prima gara di questo 2010 ormai partito alla grande.
Lo prometto domani ritornerò a parlare di ciò che più mi compete, lasciando ai poeti il compito di descrivere questi paesaggi che ti avvolgono, che ti fanno sognare, che ti fanno stare bene e ti rendi conto che le parole dei poliziotti all’arrivo non erano certo esagerate.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Palmerston North – New Zeland 26/01/2010

Ettore Ivaldi:
Ah! dimenticavo di lasciarvi il link per vedere l'impresa di Mike Dawson: http://www.youtube.com/watch?v=dXTSpGotcrA

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi:
Le ortensie in fiore al campo di slalom del “Mangaho National Wild Water Centre”  mi hanno riportato a casa! Anch’io custodisco delle piante di questo splendido fiore in giardino a Verona ereditate dal signor Sinico che ho avuto l’onore di conoscere. Raffy è contento della sua nuova pagaia da C1 e ieri, su Skype,  mi faceva notare che finalmente  riesce a sentire bene l’acqua e tirare l’aggancio come piace a lui. Zeno fatica non poco a riprendere i ritmi invernali e Amur tra scuola e figli non ha molto tempo per rassodare i suoi glutei! Basta veramente poco alla mente per scappare a casa: un profumo, un colore, un oggetto e il teletrasporto non è più un sogno!
Il campo di slalom è  a mezzora di macchina da Palmerston North, una strada lunga e stretta direzione sud  tra pascoli e grandi montagne all’orizzonte. Case se ne incontrano poche al contrario delle pecore, tutte belle tosate intente a rifocillarsi all’aria aperta in quei pascoli che sanno tanto da Mulino Bianco! Lasciata la 57, all’altezza del villaggio Shannon,  si entra in una valletta che prende il nome di Mangaho e la si percorre praticamente fino alla centrale idroelettrica, ai piedi della  quale esce il fiume che dà vita al  percorso di slalom. La centrale è del 1924 il campo per la canoa è datato 1970. Un tracciato che definirei simpatico, niente di più, ideale per le giovani leve. Una portata di 12 metri cubi e mezzo e con poco più di 30 porte. La Federazione della Nuova Zelanda ha dato vita ad un progetto di sviluppo dello slalom per i giovanissimi: sono partiti con un training camp di due settimane  a Penrith – Australia - per una ventina di atleti e ora a casa per alcune gare e per proseguire gli allenamenti con il tecnico francese che hanno ingaggiato per rilanciare il settore. Il gruppo è formato da una decina di ragazzine, alcuni C1 e un paio di C2. I Kayak lavorano separatamente con gli atleti senior di esperienza.
Noi ci fermeremo qui fino a lunedì prossimo e cioè  fino a dopo la gara per trasferirci poi a Kaituna – Rotorua. Queste due settimane con noi- Eoin Rheinisch e il sottoscritto - anche il britannico  Huw Swetnam. Di lui vi avevo già parlato più di qualche volta, un tipo simpatico dalle lunghe leve e che  apprezza parecchio la cucina italiana!  Per Eoin avere un compagno di questo livello per condividere fatiche e quotidianità è un  bello stimolo!. Noi stiamo lavorando molto sull’aspetto tecnico, l’obiettivo è pagaiare sempre con molta intensità e ciò costa fatica fisica e psicologica. Recuperi quindi più lunghi e analisi dei percorsi sempre approfonditi. Anche la scelta di una lavoro non troppo pesante in palestra ha questo specifico obiettivo e cioè quello di stimolare l’aspetto neuronale senza affaticare però eccessivamente la muscolatura. Privilegiamo il lavoro veloce perché ritengo che il “mio irlandese” possa migliorare sotto questo punto. Ecco perché abbiamo adottato il sistema che normalmente è conosciuto come metodo bulgaro: carichi pesanti poche ripetizioni. In canoa ho riscontrato maggior dinamicità,  ora dobbiamo mantenerla. Il cambio di sede di allenamento ha offerto maggiori spunti su cui lavorare. Era parecchio tempo che non ci si allenava su  un fiume naturale e mi rendo conto che offre sempre stimoli diversi da rinfrescare, da sfruttare. Allenarsi poi sapendo che fra poco si indosserà un pettorale per una competizione è una buona cosa perché ci si deve sempre ricordare e tenere in evidenza che l’allenamento è finalizzato a ciò.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Palmerston North – New Zeland 26/01/2010

… segue 11^

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