Ho due flash chiari e lucidi sul commendatore e poi grand’ufficiale Gaspare De Grandi.
Il primo risale ai miei albori con la pagaia, quando il nostro mentore, il “Pele”, al secolo Mirko Pellegrini, un fine settimana caricò noi ragazzi del Club sul mitico Volkswagen pulmino gran turismo con tanto di carrello a tre piani e ci disse che saremo andati sull’Enza a fare due gare. La cosa per noi ovviamente si faceva interessante tanto più che la partenza era prevista per venerdì pomeriggio e significava quindi perdere ancora un sabato scolastico, cosa tra l’altro molto consueta per noi canoisti a partire da marzo. Ritrovo all’una e mezza in Dogana – nostra sede nautica - in attesa dell’arrivo del Pele che come sempre si faceva aspettare non poco e quando arrivava bisognava slegare di nuovo le canoe dal carrello perché dovevamo caricare le sue ultime produzioni che doveva consegnare per l’appunto alle diverse gare. In quegli anni Mirko Pellegrini era probabilmente il costruttore di canoe più conosciuto e produttivo in Italia, ma era conosciuto anche per i suoi consueti ritardi nel consegnare le canoe ordinate chissà quanti mesi prima e non sempre i colori corrispondevano alle richieste… dipendeva dalla quantità di rosso da smaltire! Al momento della partenza ci si augurava sempre che nessun genitore si fermasse ad aspettare la nostra dipartita esausto dalla lunga attesa del nostro autista-allenatore-accompagnatore, nonché papà, Pele, perché ad una rapida conta i ragazzi e ragazze che avrebbero dovuto prendere posto erano ben più dei nove consentiti dall’omologazione del mezzo, ma si arrivava tranquillamente alle 14/15 teste!!! La cosa avrebbe insospettito e preoccupato non poco i nostri genitori che si sarebbero chiesti come avremmo potuto raggiungere il luogo predestinato con quello sgangherato mezzo sociale. Se andavano via prima non c’era problema perché la storia era che il Pele arrivava con un altro mezzo guidato dalla morosa, un maestra molto considerata dai nostri e di sicuro affidamento. Se si fermavano il Pele aveva una buona scusa con tanto di codice della strada in mano. Infatti convinceva i genitori con la storiella che se il passeggero non superava i 14 anni non vi erano problemi a caricarne qualche unità in più, altrimenti si era preparato anche sull’altezza dicendo che fino al metro e 50 non conta! In realtà a tutto ciò non ci credeva neppure lui perché ad ogni minimo sospetto di controllo ci intimava di nasconderci sotto i sedili e così si passava il viaggio tra canti, cibo, barzellette e fughe sotto i sedili.
L’arrivo in Val d’Enza era sempre ad ore impossibili, quando andava bene piantavamo le tende alle prime ore dell’alba visto che prima di arrivare alla meta il Pele doveva praticamente sempre passare da Cremona da Azzali a caricare pagaie. Poche ore di sonno e via su quella stretta valle tra tornanti e folle di macchine con canoe che riempivano per qualche giorno quella natura ancora selvaggia. Non c’era certo il tempo di provare, ricevevamo solo qualche dritta dai più anziani del gruppo e da personaggi di sicura esperienza come Carlo Perli, Marco Previde Massara, Enzo e Alberto Spoladori. Mi ricordo che un anno al via vidi Oreste Perri, un omone grande, arrivato a me tempo prima con la sua leggenda e con l’immagine di quel pungo alzato al cielo che la Gazzetta dello Sport, ogni volta che parlava di una sua impresa, pubblicava. Quella foto poi la ritrova nella sua gigantografia nello studio di Oreste a Castelgandolfo, chissà se oggi la magica reliquia si è trasferita nello studio del sindaco di Cremona?
Il ricordo di quelle gare chiaro e ancora fresco sono le premiazioni ed è qui che Gaspare De Grandi recitava la parte del Leone, almeno per i miei occhi. Saliva sul palco del teatro arredato con prosciutti, bottiglie di vino, formaggio, coppe, canoe, pagaie e altri mille oggetti che da lì a poco sarebbero stati distribuiti praticamente a tutti i partecipanti. Al Club girava la voce: vai a fare la gara sull’Enza e torni a casa sicuramente con un premio non si sa per chi e neppure cosa, ma a mani vuoti non torni! La premiazione era la parte più entusiasmante della due giorni di gare, venivamo premiati ed esaltati tutti al momento della chiamata sul palco. Lungo infinito si presentava l’ultimo atto di una manifestazione che dal 1964 al 1990 ha sicuramente segnato la storia della canoa discesa in Italia e in Europa. Tornando a casa il Pele poi ci decantava le doti dell’allora commendatore De Grandi, la sua energia, i suoi giusti agganci per lanciare alla grande la canoa, la sua passione per rispedire a casa tutti felici e contenti. Noi ascoltavamo in silenzio e tra una curva e l’altra ci si addormentava in attesa di ripartire per la gara successiva.
L’ultima volta che vidi Gaspare De Grandi fu nel 2006 in occasione della gara quando mi chiamarono a fare lo speaker della manifestazione. In occasione della premiazione i ragazzi del Canoa Club Vetto d’Enza mi fecero presente che avevano da consegnare una targa al grande organizzatore Gaspare De Grandi e ricordo che lo presentai così: “la storia della canoa è stata scritta non solo dagli atleti, ma anche da persone che hanno saputo rendere grande il nostro sport attraverso manifestazioni che ricorderemo sempre per la magnificenza e per la generosità messa in campo – uno di questi è sicuramente il grand’ufficiale Gaspare De Grandi” – seguì un applauso lungo e sentito, lui si alzò si avvicinò a me, il presidente gli consegnò la targa e semplicemente elogiò il lavoro dei ragazzi che avevano preso il suo posto e che mantenevano viva la manifestazione. I suoi occhi erano lucidi, le sue parole tremolanti, ma il suo cuore sicuramente batteva forte a ricordo di tanti anni passati sul greto dell’Enza a lanciare la sua Valle e la sua canoa in cui ha sempre creduto.
Grazie Signor Gaspare De Grandi ci hai lasciati fisicamente, ma conserveremo per sempre la tua energia, la tua determinazione e la tua voglia di esaltare sempre e comunque la Canoa e la sua Natura!
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi