Spazio Federazioni > Discussioni FICK
DI COSA PARLIAMO?
Skillo:
Di politica, federale o nazionale, per questa volta non ne parlo, quindi parliamo di tecnica e stile.
Ho sempre considerato la tecnica come il canovaccio che ognuno di noi interpreta seguendo il proprio personale stile. Possono esserci atleti con medesima tecnica e diverso stile così come possono esserci atleti di diverso stile e medesima tecnica ma mentre il primo caso è tipico di compagni di squadra quando non di connazionali, il secondo è per lo più legato a sporadici casi di atleti senza alcun legame tra loro.
Mi viene in mente la particolare somiglianza tra le proporzioni antropometriche e il modo di stare in canoa che qualche tempo fa erano riscontrabili nel forte Hilgert Liubosh e in un allora giovane atleta genovese che col Ceco nulla aveva a che fare. Busto molto eretto, pagaiata ampia portata a braccia tese e leggero dondolio della testa ad ogni colpo, manovre di rotazione eseguite quasi sempre con un solo leggero arretramento del busto e con aggancio e pagaiata larga portati a braccia ben distese e lontani dalla barca.
Tutte cose che i due avevano in comune, eppure in Liubosh la tecnica era molto migliore.
Ettore Ivaldi:
La sostanza certamente conta, ma il contorno e le piccole cose ti fanno apprezzare al meglio la vita. Te ne rendi conto anche quando può bastare una semplice pausa dal lavoro a regalarti forti emozioni, tanto più se le condividi con la persona che ti ama da sempre… sentimento ovviamente condiviso. E allora una scappata con pranzo ad un Vinitaly in chiusura ti fa scoprire e conoscere Scipione che di professione fa il sommelier, non solo per lavoro, ma per vocazione con l’aggiunta della passione e di un back-ground dei più nobili. Infatti sui campi dell’entroterra di Caorle ci passa la gioventù con il nonno ad imparare l’arte della potatura e poi a raccogliere grappoli dal vigneto di famiglia che oggi conserva con rispetto e tanti bei ricordi. La scelta della scuola è a tema e, una volta finita, si dedica con passione alla professione del “mescitore di vino” sulle tavole di molti ristoranti dove la bevanda di Bacco viene servita in abbinata a piatti importanti. Ecco quindi che una volta seduti il buon Scipione arriva di gran lena con un Prosecco fresco per farti aprire le danze di quello che diventerà da lì a poco un vero campo di battaglia tra sapori, profumi, chiacchiere e tanta allegria, sotto la guida di sapienti imprenditori che ti portano per mano alla scoperta di un territorio attraverso la sua cucina. “Su una buona tavola non possono mai mancare le bollicine” mi suggerisce Amur e noi non ce le facciamo mancare: chi ben inizia è a metà dell’opera; accompagnano un antipasto dal nome impegnativo che nasconde però la sua poesia: “insalatina tiepida campestre con pescatrice al vapore”… giusto il tempo di dirlo e la pietanza è sparita.
Il primo piatto arriva diretto dalle tradizioni contadine dove la patata è stata, per molto tempo, l’unico alimento sempre presente sulla tavola di molte famiglie. Anche qui ci vogliono un paio di righe per descriverlo si tratta infatti di: “Gnocchetti di patate del Quartier del Piave agli asparagi bianchi di Cimadolmo IGP su vellutata di gamberi rosa”, il tutto accompagnato da un pinot sopraffino dal sapore pieno e che ti fa apprezzare ancora di più lo gnocco di patate dorato, caldo, fumante, profumato e piacevolmente soffice.
Il secondo piatto è un altro regalo alla tradizione popolare: “coscetta di faraona ripiena al profumo di timo con confettura di cipolla e zenzero”. Ora è molto difficile cercare di elencare i piaceri che si provano addentando una coscetta di questa spettacolare volatile originario dell'Africa, addomesticato dall'uomo da molti secoli. La carne della faraona era già molto apprezzata nel settecento; ha carni magre, con un sapore più aromatico rispetto a quelle del pollo. Richiede una leggera frollatura e si presta a molti tipi di preparazione, in particolare può essere cucinata con ottimi risultati senza un uso eccessivo di grassi. Direi che oggi i cuochi di Casa Treviso hanno optato per una delicata ma gustosa soluzione; la finezza della confettura di cipolla e zenzero poi ti regala un contrasto di sapori che al palato si rivelano unici. Ci lascia un pelino delusi il Cabernet Franc che accompagna la carne, ma la verità è che di grandi rossi il nord-est Veneto non è particolarmente dotato se si paragona alla ricchezza dei vitigni bianchi.
Si chiude con una mille foglie di mele alla veneziana con una soffice crema d’uovo e la nostra sfacciataggine ci fa osare più del dovuto tanto da chiedere il bis, grazie alla raccomandazione dello stesso Scipione che ha messo per noi una buona parola in cucina. E’ l’occasione per bere il secondo bicchiere di passito che aiuta ad apprezzare meglio la parte finale del lauto pranzo! I distillati non sono mai stati la mia passione, se pur riconosco il grande valore e soprattutto la capacità dell’uomo di estrarre da tutto ciò che può fermentare del combustibile umano. Ci consoliamo con un amaro dalle mille erbe subito dopo il caffè.
Usciamo stravolti, ma appagati dal tendone-ristorante di “Casa Treviso” – ci aspetta la visita al padiglione dell’olio che tanto apprezziamo e amiamo. Purtroppo di tempo ne rimane veramente poco, gli espositori, esausti da cinque giorni di Vinitaly, stanno impacchettando ciò che è rimasto. Noi assaporiamo il prodotto delle olive di Sicilia – che voglia di tornare sull’isola a godere del suo mare e del suo cibo – con un pane altrettanto unico gustiamo una deliziosa crema ai pistacchi, ma la voce metallica dell’altoparlante annuncia la irrevocabile chiusura delle porte e dà l’arrivederci all’edizione 2011… e con Amur ci promettiamo che il prossimo anno faremo le cose con un pochino più di calma!
Io sono tornato in quel di Bratislava, non si parla più di vino e piatti particolari, ma sono tornati ad invadere la mia mente canoe, pagaie, allenamenti, onde e tecniche… si riprende contatto con la mia grande passione… e anch’io mi sento un po’ il buon Scipione! Lo prometto da domani si scrive solo di tecnica -
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Non lo so se sono ripetitivo: ditemelo voi eventualmente, ma ritengo che la centralità del corpo, il bilanciamento e la presa in acqua della pala siano elementi fondamentali per mettere in essere una tecnica che può portare risultati, seguendo comunque il proprio stile.
Ho rivisto la gara di Kauzer a Solkan dello scorso fine settimana (peccato che sia mancato il confronto-scontro con il buon Molmenti) e ancora una volta mi entusiasma la sua fluidità d’azione per niente preoccupato a spalettare per ridare velocità alla canoa. I colpi sono precisi e l’azione che precede una manovra importante, che sia per una risalita o che sia per un cambio di direzione repentino, sembra essere messa in atto a rallentatore. La sua più grande preoccupazione rimane quella di avere tutto il peso sulla canoa e non sulla pala, errore questo che spesso si riscontra, con il chiaro obiettivo di trovare e usare la sua pala solo per fare forza e non certo per mantenere l’equilibrio. Una volta trovato il punto d’appoggio lo sfrutta fino all’inverosimile, quasi come fosse un C1 con il vantaggio di avere però sia la pala destra che sinistra a disposizione!
In sostanza si tratta di cercare delle certezze e dei punti sicuri su cui lavorare in un ambiente che viceversa non offre garanzia di continuità e stabilità. Per cercare di rendere questo concetto ancora più semplice, nel tentativo di farlo capire chiaramente, diremo che chiunque può mettere in essere una manovra complessa se non ha problemi di equilibrio. La ricerca quindi va direzionata proprio in questa logica e cioè su scelte tecniche semplici e che possano permettere all’atleta di mantenere il più a lungo possibile il suo equilibrio. In quello stato tutto, o quasi, è concesso.
Diventa questo il concetto base per i giovani. Il lavoro deve prendere quindi questa direzione con proposte di combinazioni di porte molto semplici e via via si porterà il tutto su acque più difficili. Quindi se noi partiamo dall’acqua ferma la logica vuole che nella proposta di una risalita richiederemo al nostro allievo di eseguire la manovra sempre con la pala in acqua. Concentrando l’attenzione su un solo elemento. Il tutto, all’inizio, non risulterà naturale per un kappa, viceversa per un canadese, che si trova costretto dall’unicità di pala della sua pagaia, la cosa assume un aspetto decisamente naturale. Quindi può essere una buona idea mettere i giovani kappisti in C1 per obbligarli a trovare soluzioni solo su un lato e per assimilare la “sfilata in avanti”. Successivamente sposteremo l’attenzione sulla rotazione delle spalle, quindi sulla spinta delle gambe, successivamente sulla rotazione della coda e sulla spinta d’uscita, senza mai dimenticare ovviamente la pala nell’acqua, che offre equilibrio e spinta. Ci vuole molta pazienza e non bisogna secondo me affrettare i tempi. Se riusciamo a trasmettere ai nostri allievi questi concetti base avremo poi la strada spianata per crescere sotto ogni punto di vista.
Il lavoro di crescita è molto lungo, ma se non si comincia bene poi si fatica a ristabilire gli equilibri. Oltre a proposte sensate c’è bisogno anche di un lavoro costante e certosino con i giovani. Il tutto poi lo si deve portare sui canali che ormai sono e saranno i veri ed esclusivi campi di gara.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Oggi mezza giornata di riposo e così ne ho approfittato per andare in un centro commerciale per acquistare un paio di scarpe per correre visto che le mie hanno fatto il loro dovere già da tempo. Dopo varie prove e una ricerca accurata, sono rimasto sull’Adidas e sul sistema Torsion®System, visto che in passato mi sono trovato sempre molto bene. Il modello è il Response Cushion 18, quindi mi sono presentato alla cassa e… meraviglia delle meraviglie una mega foto della passerella sopra il fiume a Trnovo ob Soci in Slovenia, vicino a Caporetto di scolastica memoria e di tanta sofferenza, con quell’acqua cristallina immersa in una gola boschiva. Quanti ricordi, quanto tempo speso su quel torrente, quante ore passate a pagaiare con il bravo Renè, lo scatenato Tony e l’estroso Ovo! Si lo so centra poco con quello che volevo scrivere sulla tecnica, ma era per condividere un’emozione e … un acquisto!
Allora… partiamo dal presupposto che le attuali canoe sono più facili da girare sulla coda e non richiedono una caricamento eccessivo in fase di rotazione e neppure uno spostamento di peso consistente indietro. Ciò comporta una vera e propria rivoluzione tecnica nel guidare il mezzo, con la conseguenza di un adattamento preciso. Dico ciò, perché mi capita spesso di vedere atleti condurre la propria canoa senza sfruttare completamente le caratteristiche della stessa, specialmente negli atleti più maturi e con una certa esperienza. Questi ultimi hanno cambiato la canoa, ma non si sono adattati appieno alle caratteristiche del mezzo. Per fare un esempio classico è come se conducessimo i nostri sci sciancrati con la tecnica del cambio di peso, cosa che non sfrutterebbe tutte le potenzialità dello strumento che abbiamo ai piedi, anzi, si andrebbe incontro a grossi problemi. In teoria sappiamo bene che, per usare al cento per cento questo tipo di sci, dobbiamo mantenere la centralità del busto e spingere fuori il nostro piede, fidandoci della massima tenuta dello sci. La stessa cosa lo possiamo dire per le canoe di nuova generazione.
Da questo principio ne deriva una maggior CENTRALITA’ DEL CORPO che a sua volta porta ad un maggior EQUILIBRIO e quindi stabilità. Su questi fondamentali dobbiamo lavorare per raffinare individualmente la tecnica. I mezzi attuali – parlo ovviamente per i kayak – permettono all’atleta di essere sempre in equilibrio, condizione che permette alla canoa di scorrere e quindi di mantenere la velocità con un minor spreco di energie. La facilità poi nel condurre il mezzo e di ruotare sarà evidente per tutti.
L’equilibrio è una qualità individuale: ogni atleta deve trovare il suo punto di equilibrio per mettere in atto ogni tipo di manovra. Quindi se vogliamo ruotare velocemente sulla coda si dovrà trovare l’angolo di penetrazione esatto per le individuali caratteristiche (di peso, di forza, di abilità) e di volta in volta adattarle alle situazioni che si possono incontrare sui percorsi. Quello che in fisica viene definito equilibrio indifferente. “La stabilità delle azioni motorie è un fattore importante del successo in gara” (Platonov ‘96) quindi se ne deduce che diventa un elemento fondamentale per conseguire un risultato e soprattutto diventa un elemento su cui lavorare parecchio in allenamento. Il mio consiglio è quello di partire con i giovani e insistere sull’offrire loro l’opportunità di sentire e percepire l’equilibrio, sforzandoci, per ognuno, di far loro scoprire il proprio angolo di penetrazione della coda in acqua per eseguire manovre veloci in rotazione. Complicata la spiegazione? Per fare alcuni esempi diciamo che sarebbe buono mettere l’allievo nella condizione di cercare il limite massimo per non rovesciarsi al momento dell’uscita in corrente. Minore sarà l’inclinazione di uscita più alta sarà la risposta dello scafo. La stessa cosa la possiamo dire in fase di entrata in una risalita.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
P.S. condivido molte cose scritte dall’amico Vietti, ma mi permetto di fare una sola precisazione: la mia non è mai stata polemica nei confronti della Federazione o di colleghi allenatori, se mai si può aver interpretato i miei scritti sotto questa luce me ne scuso. Anche Sant’Agostino nel sottolineare la bellezza del creato e la superiorità dello spirito sulla carne cade apparentemente in polemica con i manichei e il donatismo, eppure voleva il bene celeste. I miei sono interventi che raccontano la realtà ed esprimono mie opinioni. Credo che la critica sia segno di democrazia principio irrinunciabile per un confronto e una crescita comune. Non credo di aver mai mancato di rispetto per il lavoro di tutti e auguro un buon proseguimento.
andrea bertani:
Ormai ci sono collegamenti difficili da cogliere...condivido comunque il pensiero di Ettore. Del resto quale sarebbe il motivo dell'esistenza di un forum se non quello di poter discutere e mettere in comune idee ( personali ) ?
Ma passiamo alle domande che ti vorrei porre :
1) secondo te non sono troppo pochi i raduni proposti per la categoria junior ( ovviamente di slalom così Vietti non si sentira' subito chiamato in causa ! )
2)lo slalom è una specialità olimpica. Ne consegue dovrebbe avere più fondi da investire anche e soprattutto verso quelle categorie più deboli in Italia dalle quali più facilmente potrebbero arrivare delle medaglie a livello internazionale. Ovviamente parlo di K1 e C1 donne e del C2 . La mia domanda è: perché si continua a non fare assolutamente nulla ,se non sporadici raduni , senza alcuna programmazione ??? Eppure un certo numero di atlete le abbiamo a livello giovanile .
3)Come mai gli stessi tecnici federali del settore giovanile non sanno assolutamente quali saranno i programmi della nazionale speranze a giugno ? Chi fa allora la programmazione ?
4)Ma ai raduni della nazionale speranze quali sono i criteri di selezione ? Perché all'ultimo raduno c'erano ragazzi 2° anno , junior e ragazzi già convocati ai raduni della nazionale junior ?
5)Ma il raduno non doveva essere a Marlengo visto e considerato anche che solo un ragazzo veniva dal Sud mentre tutti gli altri venivano dal Nord ??? Alla faccia del risparmiare..
AndreB
Navigazione
[0] Indice dei post
Vai alla versione completa