Per chi come il sottoscritto è nato come canoista nei primi anni '70 l'attore Burt Reynolds ha significato molto. Egli ci ha lasciato il 6 settembre a 82 anni ma il film di maggior successo, in cui era l'interprete principale, è stato "Un tranquillo week end di paura", in americano "Deliverance", tratto dall'omonimo libro di James Dickey che in italiano è tradotto come "Lungo il fiume". Il libro/film racconta della avventura di 4 professionisti di estrazione varia che decidono di scendere un fiume (il Chattooga, North Carolina e Georgia) con le canoe canadesi, una in legno e l'altra in alluminio (una mitica Grumman), decidendo di pernottare lungo lo stesso, il tutto prima che la valle del fiume venga allagata da un lago artificiale.
Succedono mille inconvenienti lungo la discesa con morti, feriti, distruzione della attrezzatura, duelli musicali di bluegrass e country a colpi di banjo e chitarra, recuperi delle auto fuoristrada (shuttle service) condizionati e da contrattare, colpi di dardi dall'arco con intenti di eliminazione fisica, incontri violenti con locals allo scopo di sodomizzare gli intrusi, scontri di legalità ed illegalità decisi nel mezzo delle valli degli appalachi, etc... Insomma un vero cult che, vi assicuro, ha portato allora centinaia di futuri canoisti a scoprire per la prima volta le bellezze del nostro sport. Mi ripromisi, quando fossi stato nelle possibilità temporali ed economiche, di scendere il teatro di quelle riprese, il mitico fiume Chattooga.
Burt Reynolds rappresentava Lewis, il duro, l'esperto, il coraggioso, il leader, ma una frattura femorale causata da un terribile bagno in una rapida a cascata (le Talullah falls, sull'omonimo fiume, affluente del Chattooga, ora vietate alla navigazione delle canoe per l'eccessivo numero di canoisti morti) lo mette fuori combattimento e tutto rimane nelle mani dell'unico possibile soggetto in grado di portare a termine l'avventura e salvare i tre canoisti rimasti (Jon Voight, Ed).
Anch'io, giovane canoista adolescente, rimasi affascinato dal film e lo vidi almeno dieci volte e posso dire che condizionarono la mia vita e le mie esperienze canoistiche. E, finalmente, nell'aprile del 1999 riuscii a coronare la mia ripromessa e, insieme ad una decina di impavidi, andammo a scendere il Chattooga tra ottimi amici con cui ancora ci sentiamo e ci vediamo, in una spedizione che chiamammo "Appalachian Whitewater Expedition 1999". Potete immaginarvi l'emozione che provai, dopo circa venticinque anni nel rivedere e nel percorrere dal vivo gli stessi luoghi e le stesse rapide in cui furono girate le riprese di Deliverance.
Il trapasso di Burt Reynolds mi tocca quindi da vicino, non come parente, per carità, ma come soggetto che in età adolescenziale mi ha indotto a considerare non solo in generale la necessità di affrontare con il giusto livello di sfida le difficoltà delle rapide dei fiumi, ma anche perché da sempre ho tenuto presente che egli (Lewis) in un passaggio dialogato con i compagni di discesa (Drew, Bobby) disse (in inglese):
Lewis: The first explorers saw this country, saw it just like us.
Drew: I can imagine how they felt.
Bobby: [about the rapids] Yeah, we beat it, didn't we? Did we beat that?
Lewis: You don't beat it. You never beat the river, chubby.
(Lewis: i primi esploratori videro questo luogo (campagna), lo videro proprio come noi.
Drew: posso immaginare come si sentissero.
Bobby (relativamente alle rapide) Siii, lo battiamo, no? Lo abbiamo battuto quello?
Lewis: Non lo batti. Non batti mai il fiume, cicciobello).
Addio Lewis (Burt) e grazie delle emozioni da adolescente (e da adulto) che mi hai dato.