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Kayak roll

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Vittorio Pongolini:
Ho quello che fa per voi, autore e visitatori, riguardo alla localizzazione geografica delle popolazioni Inuit, una foto della mappa della loro posizione prevalente, sempre di provenienza danese, e un'altra del busto di Rasmussen.
Però... mi sembra che ne parliate come per la nostra depressione, come quella che sorge nel trovarsi in coda per andare al lavoro… Suvvia, andare in canoa-kayak per noi è un divertimento! Peraltro a me viene la angoscia a dovermene stare in casa obbligatoriamente in questo periodo di m....! Saranno cavoli degli inuit se stanno male e si suicidano… trovino il modo di "ridere"( leggi fare all'amore...) con le loro mogli! Poi, per carità, sappiamo che prendere il sole - e lassù all'estremo nord in inverno non ne arriva proprio - fa molto bene perché agisce sulla sintesi endogena della serotonina, noto neurotrasmettitore che influenza il tono dell'umore, tanto che in Finlandia il tasso dei suicidi in inverno è il più alto d'Europa, ma, mi raccomando, trasponiamo in allegria il nostro pagaiare!

Lorenzo Molinari:
Kayak roll: perché andò in disuso il pala lunga

Quando ero quindicenne, Andrea Alessandrini, più volte campione italiano di kayak e allora al termine della sua carriera agonistica, cercò di insegnarmi il roll “pala lunga”. Lanciava la canoa, si ribaltava e si raddrizzava in un istante con la pagaia tutta spostata lateralmente. Non ho mai visto nessuno realizzare il pala lunga con tanta sicurezze e immediatezza, per quanto non mi sia mai capitato di vedere Andrea eseguirlo in rapida, semplicemente perché non si ribaltava. Le sue spiegazioni furono esaurienti, mi aiutò nelle prove ma non riuscii nella manovra.
Pochi giorni dopo, mi venne in aiuto Cesare Fioni, detto il Nonno, scultore, fiumarolo, ex sommergibilista e istruttore di nuoto, che di acquaticità ma anche di tecnica ne aveva da vendere. Con mia meraviglia mi spiegò qualcosa di completamente diverso: il pala corta. Mi portò dove l’acqua era bassa e avrebbe potuto aiutarmi e al terzo tentativo tornai su! Il giorno seguente intervenne Walter Ratti, allievo di Andrea, che canzonò Andrea, con la sua proverbiale ironia, e mi spinse a progredire nel pala corta, dandomi ulteriori consigli per perfezionarlo e passare al roll con le ciabattine e poi a mani nude. Fui un suo buon allievo, non gli feci perdere tempo.

Ora, dopo 45 anni, ho cercato di riflettere sul perché mi fosse venuto più facile il pala corta, nonostante allora tutti spingessero per il pala lunga, affermando che fosse più sicuro ed efficace, e questo era il luogo comune di allora! Per fortuna, in quell’universo incontrai due meteore fuori dal coro: Cesare Fioni e Walter Ratti.

Queste le mie considerazioni sulle due manovre.
Il pala lunga richiede che si disponga la pala della pagaia (il fulcro) perpendicolarmente alla linea mediana dello scafo, lontana quanto la lunghezza dell’asta, rendendo particolarmente "stabile" il punto di appoggio su cui caricare (come un bilanciere che più è lontano dallo scafo, più stabilizza l'imbarcazione). Nel pala corta, invece, il punto di appoggio, la pala, risulta sempre molto più vicino allo scafo durante tutta la manovra.
Tuttavia i due punti della leva dove si applicano la forza motrice (detta anche potenza o azione) e la forza di resistenza (cioè i due punti dove poggiano le mani) sono a una distanza più ravvicinata nel caso del pala lunga, rispetto al pala corta. Nel caso del pala lunga una mano impugna l’asta e l’altra impugna la pala, che viene appoggiata al petto; nel caso del pala corta entrambe le mani impugnano l’asta, nella stessa posizione in cui si pagaia.
Poiché la manovra implica una leva di terzo genere, risulta che il lavoro (l’energia impiegata) per compiere il roll è maggiore nel pala lunga, nonostante si abbia un appoggio più stabile in acqua, che nel pala corta, a causa della distanza più ravvicinata tra le mani rispetto al pala corta.

Immagino che, ai tempi, qualche pioniere imparò il pala lunga e tutti lo seguirono non comprendendo che fosse più fruttuoso il pala corta, o forse non conoscendo neppure quest’altra possibilità.
Il pala corta, richiede meno energia nell’esecuzione, perché la leva è meno sfavorevole rispetto al pala lunga. Oltretutto si esegue più velocemente e, nel caso d’insuccesso, è ripetibile in meno tempo, perché la fase di emersione della pala verso la superficie dell'acqua risulta più veloce, in quanto la leva è meno sfavorevole (svantaggiosa) rispetto al pala lunga e la pala emerge più vicina alla canoa.

Col tempo sempre più persone adottarono il pala corta e il pala lunga andò in disuso, probabilmente senza che nessuno avesse studiato le forze in gioco nelle due manovre; semplicemente perché i canoisti di allora, sperimentando, si resero conto che il pala corta richiedeva meno energia ed era più veloce.
La scelta inziale verso il papa lunga non è neppure attribuibile alla eccessiva larghezza degli scafi dei kayak pieghevoli che allora si usavano sui fiumi (mi riferisco ai modelli il cui l’abitacolo si prestava alla manovra del kayak roll). Con questi scafi si sarebbe potuto eseguire senza difficoltà anche il pala corta.

Comprendere che il pala lunga sia inefficiente rispetto al pala corta è semplice per analogia: se pagaio con una pagaia a pala singola e alzo la mano centrale (forza motrice), lungo l’asta verso l’oliva (forza resistente), cioè l’allontano dalla pala (fulcro), dovrò compiere uno lavoro maggiore per eseguire la passata in acqua, viceversa se l’abbasso. Tant’è che la pagaiata in canoa è più efficiente che in SUP. In SUP la distanza tra forza motrice e fulcro è eccessiva rispetto alla distanza tra forza motrice e forza resistente.
Di conseguenza se prendessi due scafi identici a cui applicassi la stessa energia per la propulsione, uno spinto con la tecnica della canoa e l’altro con quella del SUP, andrebbero a velocità diverse: il SUP risulterebbe più lento della canoa.

Il badile ci offre un altro esempio di leva di terzo genere. Più tengo le mani vicine tra loro e più le tengo vicine all’estremità del manico opposta alla pala, più farò fatica a sollevare la terra nella pala. Idem la scopa o le pinze.
Nonostante le leve di terzo genere siano svantaggiose, vengono usate perché permettono di prolungare lo spazio d'azione (nel caso della pagaia, compiere una passata in acqua più estesa all’aumentare della lunghezza dell’asta) ed essere più precisi nei movimenti.

RossoFiorentino:
Finalmente Lorenzo! Mi sembrava strano che fossimo d’accordo così a lungo su un argomento! Scrivo due righe in “difesa” dei roll a pala lunga e ti chiedo di perdonare la mia battutina, perché di battutina si tratta, dato che trovo i tuoi interventi sempre molto interessanti ed il fatto che non sempre concordo è molto poco influente alla validità delle tue opinioni e di un esperienza molto, molto più lunga della mia.

Comunque, nonostante nei fatti anch’io ho trovato personalmente più facili i roll a pala corta e che mi sembra che chiunque sappia rollare tenda a preferirli, forse perché più rapidi, istintivi e quindi pratici nei casi “quotidiani”, trovo che i roll a pala lunga abbiano due pregi non indifferenti. Il primo è tecnico: un roll a pala lunga offre una finestra di azione più dilatata nel tempo, il fatto che si possano fare più lentamente perché offrono appoggio per più tempo aiuta a muovere il corpo ed il kayak correttamente e non c’è troppo bisogno di sbrigarsi. Ho visto persone farlo appositamente in tempo così lunghi che ci si chiede come restino a galla. Se da una parte il tuo ragionamento sul dispendio di energie sembra filare dall’altra un roll a pala lunga si percepisce come un’amica mossa più rilassata. Il secondo invece è forse quello più istruttivo; nonostante infatti non siano il mio forte, non che poi io sia un gran rollatore, sto ancora imparando, rollare con la pala tenuta lunga mi ha insegnato di più sulle dinamiche del roll che gli Eskimo più istintivi che riesco a fare quando tengo la pagaia in una posizione da pagaiata. Mi sembra fra l’altro sempre una questione di tempo, più dura il movimento più devo riflettere su quello che sto facendo e tendo meno ad usare la forza e a concentrarmi sulla tecnica. Questa è una mia pura intuizione che però mi sembra anche logica.

Ho visto che sui fiumi si tende molto a insegnare solo il roll a pala corta, perché è quello che alla fine si usa di più all’atto pratico, mentre sul mare e in particolare con le pagaie groenlandesi, si tende a partire dai roll a pala lunga perché sembra che spieghino efficacemente le dinamiche del roll anche se poi alla fine, anche in questa categoria, il roll a pala corta diventa il roll standard.

Lorenzo Molinari:
Il piacere della lentezza del pala lunga.

Le considerazioni di RossoFiorentino sono tutte molto pertinenti e spingono a vedere l’argomento da un punto di vista diverso dal mio, sempre molto utile.

Pur pagaiando in ogni genere di acqua, alla fine mi è capitato di dover eseguire i roll solo in torrente o surfando onde marine frangenti con kayak corti. In entrambe le situazioni è preferibile raddrizzarsi nel minor tempo possibile, e il pala corta ci viene in aiuto.
Giocando in queste situazioni, dai e ridai, il roll diventa talmente automatico, che lo si esegue senza neppure pensarci. Quindi, il pala corta è la manovra che consiglio in prima battuta, perché immediata, consente di mantenere salda l’impugnatura, ci si ritrova con la pagaia nella posizione corretta, è ripetibile in pochi istanti, impiega una leva più corta (meno stabile) ma più favorevole del pala lunga.

Tuttavia, come ci fa osservare RossoFiorentino, in fase di raddrizzamento il pala corta non può essere eseguito con la lentezza con cui, invece, può essere eseguito il pala lunga, in virtù del punto di appoggio molto più lontano e stabile. C’è da chiedersi che vantaggio ne derivi.
Per chi scende torrenti o va a surfare tra le onde forse nessuno ma, per chi pagaia per mare e per laghi, l’avere piena padronanza del pala lunga offre maggiore sicurezza, garantendo una più elevata probabilità di riuscita della manovra al primo colpo. E mi riferisco a quelle situazioni di navigazione in mare aperto o lungo coste inaccessibili, non solo per la loro verticalità ma, soprattutto, quando le onde rendono pericoloso l’approdo su spiagge non riparate. Ovvero in quelle situazioni di mare agitato in cui un eventuale ribaltamento potrebbe trasformarsi in un dramma, se non si sapesse raddrizzarsi o non si riuscisse a risalire dall’acqua, e con temperature dell’acqua bassa o con vento a raffiche, che potrebbe far perdere il contatto con il kayak (nel caso non fosse vincolata al kayaker) o con la pagaia (nel caso non fosse vincolata al kayak) o, infine, se il ponte del kayak fosse occupato da sacche o altro materiale che impediscano un’agevole risalita dall’acqua.

Da ragazzo mi divertivo col mitico Lanciotto Saltamerenda, mitico non solo per il nome, a fare col kayak le cose per noi più bizzarre, oltre a usare i kayak olimpici come SUP, senza sapere cosa fossero i SUP, gareggiavamo a chi pagaiava per più metri stando capovolti e in apnea, ovviamente ignorando che anni dopo sarebbe diventata una delle prove del Greenland National Kayaking Championships. Così come passavamo il tempo inventandoci esercizi con la pagaia o con una paletta, stando a lungo capovolti con la testa a pelo dell’acqua per poter respirare. Non sapevamo neppure cosa fosse lo squirt, anche quello non era stato ancora inventato e il volume dei nostri kayak ci impediva di immergerli ma, man mano che l’acqua passava dal paraspruzzi di nylon e affondavamo, altri esercizi potevano essere inventati. Tutto in piena calma, per prolungare le apnee, quando necessarie, e non stancarci con movimenti bruschi. Vedere, oggi, i campioni di roll groenlandese eseguire le loro manovre con lentezza, specie quelle in cui è impiegata l’intera leva della pagaia, è uno spettacolo e trasmette un grande senso di tranquillità.
Il pala lunga può favorire lo sviluppo dell’acquaticità, più del pala corta: aiuta a capire la correttezza dei movimenti che compongono il roll, insegna a raddrizzare prima la canoa e poi a uscire col corpo e, infine, con la testa, mostra i vantaggi e gli svantaggi derivanti da come si dispone il corpo.

Concludendo, come istruttore ho sempre insegnato prima il pala corta, poi, caso mai, il pala lunga. Tuttavia, al di là che trovandosi in rapida a testa in giù sia preferibile un repentino pala corta e in mare convega fare quello che ci viene meglio (tenendo conto anche del peso del bagaglio, che nelle crociere può essere considerevole), intrattenersi a giocare d’estate col pala lunga in acqua ferma è un’ottima scuola.

santino spada:
 Buon giorno a tutti .
Ringrazio Lorenzo per gli approfondimenti che fa .
Vorrei sapere che libri a scritto sulla kayak / canoa .
Grazie

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