John Ruskin, critico d’arte e viaggiatore inglese morto nell’anno 1900, di ritorno da Venezia, attraversò le Alpi ed ebbe occasione di descrivere un torrente di montagna meglio di quanto normalmente noi stessi canoisti siamo capaci di fare. Scrive infatti:
[Il fiume] Se incontra sul cammino una roccia che s’innalza di un metro sopra l’altezza del suo letto, il più delle volte non si divide, non schiuma, né mostra alcuna difficoltà di fronte all’ostacolo, ma lo supera con una liscia cupola d’acqua, senza mostrare il minimo sforzo; intanto la superficie dell’acqua zampillante appare tutta percorsa da linee parallele prodotte dalla forza della corrente, così che il torrente assume l’aspetto di un mare profondo e impetuoso, con la sola differenza che le onde del torrente si infrangono all’indietro, quelle del mare in avanti. Così dunque, nell’impeto di quest’acqua ammiriamo una sublime combinazione di linee curve, in perpetua trasformazione da concave a convesse e viceversa, seguendo il crescere o il diminuire del flusso con la loro grazia mutevole, in un movimento armonico che costituisce forse il più bell’avvicendamento di forme inorganiche che la natura possa offrire.