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Lorenzo Molinari

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Cesare Fioni - pioniere della canoa italiana
* il: Agosto 05, 2019, 01:14:23 pm *
* Ultima modifica: Agosto 06, 2019, 11:18:36 am da Lorenzo Molinari *
Cesare Fioni nacque nel 1925 e non poteva che essere uno tra i canoisti in attività più anziani in Italia, dato che fino a un paio di anni fa, all'età di 93 anni, socio del CUS Milano sezione Canoa, raggiungeva l'Idroscalo guidando l’auto, si metteva in spalla il suo Hai “coda tronca” Prijon prodotto da ASA Canoa e con pagaia Azzali in legno faceva il suo giro! Un paio di volte gli chiesi di aiutarlo a portare il kayak, ma lui niente, voleva fare da solo, e come dargli torto.

Cesare e il suo amico Franco Tosi s’incontravano a nuotare alla piscina Cozzi a Milano e nel 1957, al termine dell'ennesimo monotono allenamento, si dissero: “Siamo noi a girare intorno alla piscina o è la piscina a girare intorno a noi?”. Così Franco, venuto a sapere che all’Idroscalo si poteva praticare canoa, convinse facilmente l’amico ad andare a provare.
Di lì a poco s’iscrissero al Canoa Club Milano e con Guglielmo Granacci, Enzo Traferri e altri realizzarono la prima discesa assoluta in canoa del Taro da Berceto a Fornovo con kayak Klepper pieghevoli, tratto che allora era privo di sbarramenti. I due amici fecero numerosi bagni, oltre a procurare diversi tagli agli scafi, sbattendo contro le rocce, che li costrinsero a veloci riparazioni con mastice e toppe per poter proseguire la discesa, terminata poco prima del buio.

I due amici si appassionarono al punto che nei primi anni 1960 decisero di auto costruirsi kayak in vetroresina e così una sera produssero di straforo gli stampi di un kayak straniero, depositato nel capannone di un club nautico dell’Idroscalo, che sottrassero di nascosto come dei “commando”, per poi rimetterlo al suo posto, e ciò non vi dovrebbe meravigliare se aveste già letto il proseguo. Cesare ricordava che il kayak che presero a modello non era un gran che, d’altronde allora non se ne intendevano, e anche il risultato fu scadente, trovando molte difficoltà nel saldare i due gusci e nel costruite seggiolino e pozzetto, oltre al fatto che impiegarono mat e resina di pessima qualità.

Muniti di canoe, insieme a tanti amici del CCM, più o meno allora tutti principianti, s’incontravano la domenica per scendere fiumi nei tratti bassi e meno impegnativi e, man mano che fecero esperienza, si cimentarono lungo tratti un po’ più difficili, abbandonando la guida di Guglielmo Granacci che, con il suo gruppone composto da molti principianti, preferiva tratti a valle meno turbolenti. “D’altronde” - ricordava Cesare senza alcuna punta d’orgoglio - "Eravamo una spanna più bravi degli altri, anche perché pagaiavano con assiduità durante la settimana". E in quel periodo pionieristico i due amici si spinsero a scendere sezioni di fiumi spesso ancora sconosciute al canoismo.

Dopo un periodo al CCM e poi al Bobbio Canoa Club, Cesare approdò al Gruppo Milanese Canoa, dove ebbi modo di conoscerlo a metà anni 1970 e con lui e Gianpiero Rossi passammo un bel periodo a scendere torrenti e a gareggiare con ottimi risultati, Cesare nella categoria “veterani”, come allora erano chiamati i master di adesso.
Fu proprio Cesare e il matematico Walter Ratti che m’insegnarono l’eskimo nel 1975. All’Idroscalo erano praticamente gli unici fautori del “pala corta”, che io volli imparare perché mi pareva più semplice e di più veloce esecuzione rispetto al “pala lunga”, prediletto da Andrea Alessandrini. Per quanto mi capitò di vedere Andrea capovolgersi, mentre scendeva sul suo Maxi Jet non ricordo quale rapida di un Sesia gonfio d’acqua, eseguire il pala lunga con una velocità sorprendente. Sì, mi capitò di vederlo capovolgersi, evento oltremodo straordinario per un campione quale era Andrea, così come non ricordo di aver mai assistito a un capovolgimento di Cesare.
Cesare insegnò a pagaiare a pochi ragazzi dell'Idroscalo ma quando ne sceglieva uno era perché lo avrebbe seguito come un figlio. Insegnava canoa anche sul suo fiume: il Taro, essendo parmigiano.
Per noi giovani Cesare era il “Nonno”, il nostro nonno, per l’affetto, la simpatia, il buon esempio e la disponibilità che ci dimostrava, oltre che per l’ottimismo e la tenacia che aveva, nonostante una tendinite all’avambraccio non gli desse pace.

La sua tenacia era proverbiale e non poteva essere altrimenti, considerando che quando l’egocentrico e paranoico ometto decise di mandare al massacro nel mondo il popolo italiano per massacrare a sua volta altri popoli, lui si ritrovò rinchiuso in un grosso serbatoio di ferro tra tubature, manometri, missili e altra “carne da macello” come lui. Fu uno dei pochi sommergibilisti italiani che sopravvisse alla Seconda guerra, fatto che paradossalmente gli procurò l'onta da parte di molti parenti di ragazzi imbarcati sugli altri sommergibili, che non fecero mai più ritorno dal fondo del mare. La sua colpa fu quella di aver portato a casa la pelle non solo come sommergibilista, perché imbarcato sull’unico sommergibile italiano che non fu affondato, ma anche come incursore “uomo rana”, pilota di maiali, con cui navigando sott’acqua andava a fissare le cariche sotto gli scafi delle navi nemiche o cercava di silurarle. Gli chiesi se provasse paura. Stupida domanda. Mi rispose che non ci si poteva permettere di provare paura, la paura veniva dopo, durante l’azione si doveva solo mettercela tutta per portare a casa la pelle e non pensare ad altro. Durante il suo periodo in Marina ebbe anche come comandante Junio Valerio Borghese, da Cesare ricordato come un valente condottiero, al di là del suo estremismo politico, che lo portò nel 1970 a tentare un colpo di Stato.

Acquaticità – ovviamente – Cesare ne aveva da vendere, era un ottimo sommozzatore e divenne istruttore di nuoto, attività che lo impegnò nel tempo libero per tutta la vita, oltre ad essere un forte "fiumarolo", così un tempo venivano chiamati coloro che praticavano discesa fluviale. Inoltre, dipingeva e scolpiva, si era diplomato in scultura all'Accademia di Brera a Milano con il massimo dei voti e la lode!

Per Franco Tosi, invece, l’esperimento di auto costruirsi un kayak fu anche la svolta della sua vita: si trasferì all’isola d’Elba dove aprì un piccolo cantiere specializzato nella costruzione e riparazione di derive e canoe e dove poté dedicarsi al kayak da mare e alle immersioni subacquee, le sue passioni.

Negli ultimi tempi ho parlato talvolta al telefono con Cesare, era commosso a sentirmi e lo ero anche io ad ascoltare quanto gli pesasse non poter andare in canoa, nonostante la voglia di fare fosse rimasta quella di un tempo.
Gianpiero, essendo anche un valido regista, avrebbe voluto girare un documentario sull'incredibile vita di Cesare e mi chiese di intervistarlo ma la nostra titubanza ha fatto sì che ora sia troppo tardi.
L’altro giorno, confidandomi con Gianpiero, ho scoperto che ciò che ci ha frenato non sia stata quell’inerzia che porta continuamente a rimandare, ma il fatto che entrambi sentivamo prevalere in noi l’intenzione un po’ egoistica di volergli rapire qualche suo ricordo, carpirgli pezzetti della sua storia. Al di là che forse a lui per primo avrebbe fatto piacere raccontarci, come sempre aveva fatto, ma questa volta, davanti a una macchina da presa, per noi sarebbe stato diverso.
Così non mi resta che condividere con voi questi mei pensieri. Per quanto sia convinto che quasi nessuno dei lettori abbia mai pagaiato insieme a Cesare o ne abbia mai sentito parlare. Ora lo avete conosciuto ma troppo tardi per incontrarlo. Ci ha lasciato il mese scorso, il suo sorriso nel nostro cuore. Addio, caro Cesare!

Vittorio Pongolini

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Re:Cesare Fioni - pioniere della canoa italiana
* Risposta #1 il: Agosto 05, 2019, 04:45:04 pm *
Era forte Cesare in canoa! Mio padre non riuscì mai a batterlo e si inc....ava di brutto! Io ho pagaiato con lui un paio di volte, sul Ticino, ma avrò avuto tredici anni (1971)...e non sapevo di questa sua storia di vita... . Scopro l'ennesimo personaggio pioniere della canoa. Gente tosta questi apripista di tutti noi. Inevitabile, forse, data la specificità della canoa kayak. Grazie Lorenzo e grazie Cesare, riposa in pace.
Vittorio Pongolini - Canoa Club Milano

"You don't beat it. You never beat the river, chubby".  Burt Reynolds (Lewis Medlock), Deliverance, 1972.