Ho letto la bozza di petizione sottoscritta da una lunga lista di associazioni: capolista Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi, vari Bacini di pesca, vari comitati di tutela dei fiumi, varie sezioni di Italia Nostra e Legambiente.
Lo scopo è noto e commendevole: evitare la proliferazione di impianti idroelettrici che cementifichino e privino i corsi d’acqua della portata naturale, con gli impatti negativi che conosciamo.
Alcuni numeri citati non mi convincono, ma non è questo il punto: in sostanza si chiede di abrogare ogni forma di incentivo al piccolo idroelettrico. A parte il fatto che i comitati che osteggiano l’eolico e il fotovoltaico a terra chiedono esattamente lo stesso; a questo punto potremmo eliminare del tutto ogni forma di incentivo alle energie rinnovabili e continuare con le fonti fossili, finché dura.
E poi no agli incentivi per il mini idro perché l’energia prodotta è poca (ci sono degli errori nei dati citati, ma non importa). E allora? L’incentivo è proporzionale ai kWh prodotti: tanti kWh=> tanti € e viceversa. Incentivare solo impianti che producono molto avrebbe effetti negativi: i proponenti, pur di accedere alla soglia minima per godere dell’incentivo, potrebbero spingere per progetti più impattanti.
E poi, se interventi piccoli non hanno senso, allora perché mettere i doppi vetri alle finestre o prendere i mezzi pubblici, se tanto l’impatto è modesto. Ogni kWh di energia rinnovabile consente un risparmio di energia primaria pari a 187 grammi di petrolio equivalente (mezza pinta di diesel più o meno) ed evitare l’emissione di mezzo kg di CO2. Non so se è tanto o se è poco. Un impianto mini idro, se produce 1.000.000 di kWh evita il consumo di 187 tonnellate di petrolio equivalente (190.000 litri di gasolio circa) e 500 tonnellate di CO2.
Il decreto attuale, che già restringeva molto il campo di applicazione (di fatto “sanava” la posizione di impianti esclusi dal precedente decreto e incentivava quasi solo impianti su canali artificiali o salti/briglie già esistenti) scade a fine 2018. Il prossimo dovrebbe proseguire su questa strada, ma mi sembra che ancora non circolino bozze.
Fatte queste premesse, vengo al punto. Mi sembra che il fine di una protesta che abbia come obiettivo l’eliminazione dell’incentivo “in quanto tale” riveli, sottotraccia, l’antica avversione per impresa privata, quella visione del mondo per cui il guadagno personale è peccato mortale, l’imprenditore è sempre “senza scrupoli” e in definitiva: pare quasi che il disvalore legato ad un impianto idroelettrico impattante, non sia tanto il danno per l’ambiente, ma il fatto che qualcuno ne derivi un guadagno.
Io invece la penso così:
1. Esiste ancora spazio, in Italia, per impianti mini idro NON impattanti: canali irrigui, briglie, condotte per DMV, acquedotti. Senza incentivi questi progetti non stanno in piedi, ma anche con incentivi (parlo per esperienza) non diventa ricco nessuno. L’eliminazione degli incentivi colpirebbe questi progetti, che spesso, grazie alle opere compensative, generano positive ricadute sui corsi d’acqua.
2. Per evitare che si realizzino impianti che danneggiano seriamente i corsi d’acqua, dobbiamo invece richiedere norme chiare, stimolare le autorità preposte al rilascio delle autorizzazioni affinché coinvolgano, nelle conferenze dei servizi, cosiddetti “portatori di interesse” mentre oggi alle CdS si invitano diecimila Enti che il più delle volte neanche si presentano, ma i pescatori, i canoisti, le associazioni ambientaliste, non vengono mai interpellati.
3. Le relazioni sull’impatto ambientale allegate ai progetti, spesso, sono accozzaglie di banalità, paginate di nulla, vaghissime sui reali impatti; ma nessuno le contesta. Su queste cose dobbiamo dare battaglia, non sugli incentivi. Chi davvero li merita, li prenda ______!
E allora: in primis serve un atto di onestà intellettuale: i movimenti “ambientalisti” hanno troppo spesso fatto opposizioni aprioristiche, con l’effetto di alienarsi le simpatie di larga parte della pubblica opinione e guadagnarsi la nomea di “animebelle” retrograde. Il passato referendum sulle cosiddette trivelle è, per conto mio, un esempio di questo atteggiamento che giudico puerile e sterile.
Spingiamo invece affinché chi vive i fiumi abbia voce in capitolo, chiediamo alle nostre federazioni (FICK, FICT, pescatori, SUP, ecc.) di farsi avanti con i ministeri preposti (MISE, MIBACT, ecc.) e chiedere:
1. Di avere voce in capitolo nelle conferenze dei servizi
2. Di spingere per applicare in modo rigoroso le normative su DMV e concessioni di derivazione, che già esistono.
3. Chiedere la revisione dei DMV e prevedere, in fase di rinnovo delle concessioni in scadenza (ma non solo) rilasci programmati sui tratti di fiume oggetto di prelievi.
4. Chiedere di prevedere espressamente, in caso di impianti proposti su salti esistenti, opere compensative come scivoli per canoe o (meglio) canali artificiali per gli sport di pagaia.
Ciao a tutti.