Mi permetto di segnalarvi un libro che parla di campeggio nautico e kayak, oltre a tante altre cose.
Di pance lisce, gusci di noce e piccoli marinai
di Luca Da Damos
l'autore racconta la sua storia che lo ha portato prima a sperimentare vacanze in kayak, poi a raid più seri, fino alla costruzione di una canoa a vela con la nascita della prima figlia e poi il passaggio definitivo ad un catamarano autocostruito, per contenere gli altri 3 figli.
è un po' un racconto di viaggio, un po' un manuale su come si fa ad abitare in montagna, non avere soldi, ma volere navigare.
http://www.altromondoeditore.com/shop/home/detail/1013vi propongo uno stralcio rubato da qui:
http://catamaranotomtom.blogspot.it/2013/02/cn-il-kayak.htmlDa bambino sognavo il kayak. Il mio primo kayak era da fiume, bianco e piatto. Lo trovai per san Nicolò, incartato sulla tavola della cucina. Giuro. Ero un bambino: fiume ben poco. Più che altro qualche uscita al lago.
Ricordo che una volta vidi un tipo, sul fiume vicino casa mia, che bi----va la sera sull'argine, tirando fuori dal kayak tutto ciò che gli serviva. La mia immaginazione cominciò a viaggiare e sognavo viaggi di mesi, lungo fiumi che scorrevano lontano, portandomi dietro tutto quello di cui avevo bisogno. Questo avveniva 20 anni fa più meno e io non sapevo neppure cosa fosse il kayak da mare o il trekking nautico. Vivo in montagna ed ho a che fare con sci, corde da roccia e scarponi pesanti. Il mare è laggiù, distante, roba per veneziani, per villeggianti, per anziani.
Poi scopro la Grecia e le sue isole e convinco mia morosa - all'epoca avevo una morosa - a caricare sulla macchina il mio kayak bianco, pressoché vergine e un attrezzo da spiaggia, giallo, della zia di mia morosa, che si poteva in qualche modo avvicinare all'idea di kayak. Vabbé che ora mi piace il mare, ma tutto il giorno in spiaggia non so cosa fare. Almeno facciamo giretti, ci portiamo dietro panini e bibite e cambiano spiaggia, andiamo a vedere cosa c'è dopo quegli scogli, giriamo un po'. Eroica la mia morosa, sul coso giallo ad affrontare le onde delle Cicladi, bagnata, infreddolita, stufa. Forse per questo mi ha lasciato. Il grande passo è stato in una notte di luna piena. Bivacchiamo su una spiaggia deserta di Koufonissi. Stasera follie: andiamo a mangiare i pesciotti in taverna. A piedi? Macché. Il mare è come l'olio e con la luna piena si vede addirittura il fondo e, posso giurarlo, alcuni pesci che si muovono. Mi avevano parlato di questo fenomeno strano, ma non credevo fosse vero. Quando immergo la pagaia, c'è un'esplosione di luce intorno ai vortici della pala. Come lucciole che prendano vita quando le colpisco nell'acqua. Non so se sia un fenomeno di rifrazione o una specie particolare di plancton. Per me è magia. Al ritorno dalla taverna completamente nudi per non bagnare i vestiti, che sono stati accuratamente stivati in una borsa di plastica, i kayak fanno molta fatica ad andare dritti. Arrivati alla nostra spiaggia, facciamo l'amore sul bagnasciuga e poi il bagno, ebbri di kayak, di passione per il mare, ma soprattutto di vino. È amore.