Vi riporto qui gli articoli di legge a quali fa riferimento il testo che vi ho allegato nella precedente mail:
Art. 2087 Codice CivileL'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro [Cost. 37, 41] (1) (2).
Note
(1) Cfr. art. 9, l. 20-5-1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), e d.lgs. 23-2-2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).
(2) La norma pone, a carico dell'imprenditore, l'obbligo di adottare le misure necessarie per tutelare l'integrità fisica e morale dei lavoratori [v. Cost. 32]. L'imprenditore, in base all'art. 2087, è responsabile per culpa in eligendo: egli cioè deve scegliere lavoratori competenti e capaci; e anche per culpa in vigilando, consistente nella mancata vigilanza sul rispetto, da parte dei lavoratori, delle misure di sicurezza adottate. La responsabilità che deriva dalla violazione degli obblighi disposti dall'art. 2087 è di natura contrattuale [v. Libro IV, Titolo I, Capo II] ma non è escluso un concorso anche di responsabilità extracontrattuale [v. Libro IV, Titolo IX], in quanto il diritto alla salute è un diritto soggettivo assoluto. A presidio del rispetto di tale obbligo vi sono anche numerose norme penali, contenute nel codice penale (artt. 437, 451 c.p.) ed in numerose leggi speciali.
Art.. 2043 Codice CivileFonti → Codice Civile → LIBRO QUARTO - DELLE OBBLIGAZIONI → Titolo IX - Dei fatti illeciti (Artt. 2043-2059)
Qualunque fatto (1) doloso o colposo (2), che cagiona (3) ad altri un danno ingiusto (4), obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno [2058] (5).
Note
(1) Nella nozione di fatto si comprende sia il comportamento (condotta) della persona che il danno cagionato. Il comportamento della persona può consistere tanto in un'azione che il soggetto avrebbe dovuto astenersi dal compiere, quanto un'omissione; ma l'omissione è rilevante solo se l'autore aveva il dovere giuridico di agire e non l'ha fatto.
(2) Nel nostro codice civile si fa spesso riferimento a varie possibili gradazioni della colpa: colpa lieve, determinata dalla violazione della diligenza media [v. 1176]; colpa grave, che deriva dall'inosservanza non solo della diligenza del buon padre di famiglia ma di quel minimo di prudenza e avvedutezza che tutti dovrebbero usare nell'agire.
(3) Il comportamento attivo o omissivo deve essere causa del danno ingiusto. In altri termini, il danno deve essere conseguenza immediata e diretta di tale comportamento. Occorre, quindi, in primo luogo accertare che esso non si sarebbe prodotto in assenza di quel comportamento, cioè che il secondo è condicio sine qua non del primo; occorre, poi, ulteriormente verificare che quel comportamento sia idoneo a produrre il danno secondo una valutazione in termini di modalità e adeguatezza e che il danno si configuri come conseguenza normale e naturale di quel comportamento (cd. causalità adeguata).
(4) Secondo la dottrina tradizionale, il danno è ingiusto (e quindi risarcibile) solo quando consiste nella lesione di un diritto assoluto: infatti, solo i diritti assoluti si fanno valere erga omnes, per cui chiunque è in condizione di violarli; i diritti relativi (diritti di credito), invece, possono essere violati solo dal debitore che non esegue la prestazione. In questi ultimi tempi si assiste ad un progressivo allargamento delle situazioni considerate meritevoli di tutela, soprattutto attraverso l'individuazione di quei valori essenziali indicati dalla Costituzione e suscettibili di divenire situazioni soggettive protette. Si riportano alcune fattispecie particolarmente interessanti: a) la lesione di un diritto di credito ad opera di un soggetto diverso dal debitore, dà luogo ad una responsabilità aquiliana, quando abbia impedito l'adempimento (es.: uccisione del debitore in un incidente d'auto); b) il danno per l'uccisione di un soggetto, attribuisce iure proprio il diritto al risarcimento ai congiunti che ricevevano un sostentamento di tipo economico dal soggetto ucciso, e ciò a prescindere dall'esistenza a suo carico di obbligo alimentare. In altri termini, viene riconosciuta la tutela risarcitoria anche quando il soggetto vanti non un diritto soggettivo agli alimenti, ma una semplice aspettativa di fatto alla stabilità e serenità del rapporto familiare; c) la lesione dei valori esistenziali dell'individuo non rientranti negli schemi rigidi dei cd. diritti della personalità previsti dal codice civile (diritto al nome, all'immagine, all'integrità fisica), ma rinvenibili di volta in volta dai principi fissati nella Costituzione; come, ad esempio, il diritto alla riservatezza e alla identità personale argomentando ex art. 2 Cost., il diritto alla salute ex art. 32 Cost. Di recente la giurisprudenza ha formulato la nozione di danno biologico, quale lesione del diritto alla salute previsto dall'art. 32 Cost. Il motivo per il quale la giurisprudenza ha conferito autonoma rilevanza al danno biologico, sta nel fatto che l'orientamento tradizionale riconosceva al danno alla persona natura squisitamente patrimoniale; sicché, la liquidazione [v. 2056] del danno veniva effettuata sulla base di criteri fortemente influenzati dal reddito percepito (e dalla generica capacità lavorativa del soggetto leso). Si è venuta così a creare una diseguaglianza economico-sociale anticostituzionale [v. Cost. 3], configurandosi il danno come giuridicamente rilevante solo e nei limiti in cui incida sulla possibilità di guadagno (così, ad esempio, se il danneggiato è un noto chirurgo la somma dovuta a titolo di risarcimento è di molto superiore a quella dovuta ad un disoccupato). Il danno alla persona, dunque, non è da considerare come «perdita economica che deriva al leso da una determinata modificazione peggiorativa della sua capacità lavorativa», bensì come lesione alla integrità psico-fisica in sé considerata, cioè danno connesso al valore uomo nella sua concreta dimensione: valore che non è riconducibile alla sola attitudine a produrre ricchezza ma è collegato alla somma delle funzioni naturali dell'individuo. L'affermarsi della autonoma figura del danno biologico, così delineato come danno ingiusto non patrimoniale (anche se economicamente valutabile), ha prodotto due importanti conseguenze: a) innanzitutto, si supera definitivamente la tesi restrittiva tradizionale secondo la quale sono risarcibili ex art. 2043 solo i danni di natura patrimoniale, mentre i danni non patrimoniali ricadono sotto la limitata risarcibilità prevista dall'art. 2059 (oggi il «danno ingiusto» di cui all'art. 2043 è interpretato estensivamente cioè comprensivo sia del danno patrimoniale che non patrimoniale; il «danno non patrimoniale» di cui all'art. 2059, invece, è definito danno morale collegato alle sofferenze ed ai dolori conseguenti alla commissione di un reato); b) in secondo luogo, la liquidazione del danno [v. 2057] non si fonda più su criteri legati alla capacità di produrre reddito, bensì su criteri equitativi idonei ad evitare forme di diseguaglianza economico-sociale.
(5) L'art. 18, l. 8-7-1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale) dispone: «1. Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che compromettano l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato. 2. Per la materia di cui al precedente comma 1 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma quella della Corte dei conti, di cui all'articolo 22 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. 3. L'azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo. 4. Le assicurazioni di cui al precedente articolo 13 e i cittadini, al fine di sollecitare l'esercizio dell'azione da parte dei soggetti legittimati, possono denunciare i fatti lesivi di beni ambientali dei quali siano a conoscenza. 5. Le associazioni individuate in base all'articolo 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l'annullamento di atti illegittimi. 6. Il giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne determina l'ammontare in via equitativa, tenendo comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali. 7. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale. 8. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone, ove sia possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. 9. Per la riscossione dei crediti in favore dello Stato risultanti dalle sentenze di condanna si applicano le norme di cui al t.u. delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con r.d. 14 aprile 1910, n. 639»
Art. 437 Codice PenaleFonti → Codice Penale → LIBRO SECONDO - Dei delitti in particolare → Titolo VI - Dei delitti contro l'incolumità pubblica (Artt. 422-452) → Capo I - Dei delitti di comune pericolo mediante violenza
Chiunque (1) omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro (2) (3), ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni [451, 32quater] (4) (5) (6).
Note
(1) Nonostante la dizione letterale della norma è opportuno precisare che il delitto di cui all'art. 437 è, perlomeno nella sua configurazione omissiva, un reato proprio. In proposito, infatti, bisogna osservare che l'obbligo di predisporre le misure necessarie a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro grava su categorie di soggetti determinate: datori di lavoro, dirigenti e preposti. Va sottolineato che la responsabilità per il reato di cui al presente articolo può sussistere solo per i soggetti che siano realmente titolari dei poteri necessari alla predisposizione dei sistemi di sicurezza. Pertanto, si deve escludere la responsabilità del preposto ad un determinato settore dell'impresa, qualora il datore di lavoro non gli abbia conferito anche il potere di decidere ed attuare le spese necessarie alla sicurezza degli impianti.
La rimozione delle cautele necessarie alla prevenzione degli infortuni, invece, è condotta che può essere realizzata da chiunque anche se, in concreto, è più elevata la possibilità che sia compiuta dagli stessi soggetti che hanno il potere direttivo in ordine alla sicurezza dell'impresa.
(2) La norma non si riferisce anche alla malattia professionale, ossia la malattia che colpisce il lavoratore a causa e nell'esercizio di determinate attività lavorative tassativamente indicate dalla legge (c.d. lavorazioni patogene).
(3) L'imprenditore, o i soggetti da lui delegati, hanno l'obbligo di predisporre tutte le cautele che sono prescritte dalle norme antinfortunistiche in materia di lavoro. Va rilevato, però, che la predisposizione integrale di queste non ha come sicuro effetto quello di escludere la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio, poiché questi è tenuto a disporre anche tutti gli strumenti che la comune esperienza prescrive per la prevenzione degli infortuni.
(4) Cfr. nota sub art. 316bis.
(5) Il verificarsi del disastro o dell'infortunio costituiscono circostanza aggravante del reato previsto dal c. 1 della norma.
(6) Secondo l'opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza, è ammissibile il concorso del reato in commento con quelli contemplati dalle norme speciali in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. In particolare, si osserva che la norma dettata dall'art. 437 richiede, per la configurazione dell'illecito, la produzione di una situazione di pericolo per la pubblica incolumità e la consapevolezza, da parte dell'agente, del suddetto pericolo. Tali elementi, invece, non sono essenziali per l'integrazione degli illeciti contravvenzionali previsti dalla legislazione speciale antinfortunistica.
Art. 589 Codice PenaleFonti → Codice Penale → LIBRO SECONDO - Dei delitti in particolare → Titolo XII - Dei delitti contro la persona (Artt. 575-623 bis) → Capo I - Dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale
Chiunque cagiona per colpa [43] la morte di una persona (2) è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (3) o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (4) la pena è della reclusione da due a sette anni (5).
Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:
1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;
2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone [582], si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici (6) (7).
Note
(5) Il presente comma aggrava il delitto di omicidio colposo in presenza di violazioni alle norme che regolano la circolazione stradale e la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Per quanto concerne la disciplina della circolazione stradale, le violazioni rilevanti non sono unicamente le violazioni dell'art. 101 del Codice della Strada [v. 589 nota ], ma tutte le ulteriori infrazioni ad esso, nonché l'inosservanza di tutte quelle misure cautelari riguardanti la circolazione stradale (la giurisprudenza, ad esempio, ha ritenuto l'incidente causato da sonno fisiologico sempre addebitabile al conducente a titolo di colpa, mentre il sonno dovuto a cause patologiche, improvviso e imprevedibile, può costituire ipotesi di caso fortuito). Per quanto riguarda la disciplina in materia antinfortunistica, è richiesta l'osservanza non solo di tali norme ma anche dell'articolo 2087 c.c., laddove vengano omesse quelle misure e quegli accorgimenti tali da consentire una più efficace tutela delle integrità fisica dei lavoratori.
(6) Cfr. anche art. 189, d.lgs. 30-4-1992, n. 285 il quale prevede obblighi e sanzioni in caso di incidente stradale.
(7) Secondo la giurisprudenza il presente comma regola un'ipotesi di concorso formale di reati [v. 81], e non di reato continuato, non potendosi ipotizzare l'unicità del disegno criminoso in un reato colposo.
Art. 590 Codice PenaleFonti → Codice Penale → LIBRO SECONDO - Dei delitti in particolare → Titolo XII - Dei delitti contro la persona (Artt. 575-623 bis) → Capo I - Dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale
Chiunque cagiona ad altri, per colpa, una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi (2) o con la multa fino a trecentonove euro (3).
Se la lesione è grave [583], la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da centoventitre euro a seicentodiciannove euro; se è gravissima [583], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da trecentonove euro a milleduecentotrentanove euro (4).
Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (5), la pena per le lesioni gravi è reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da uno a tre anni.
Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto e' commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale (6) (7) (
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Note
(2) Sono applicabili le sanzioni sostitutive previste dagli artt. 53 e segg. l. n. 689/1981.
(3) Importi incrementati a norma dell'art. 113, c. 3, l. n. 689/1981 (moltiplicate per tre), in quanto l'art. 590 è stato sostituito con l. 11-5-1966, n. 296. Qualora proceda il giudice di pace si applicano le sanzioni previste ex art. 52, c. 2 lett. a), d.lgs. 274/2000
francesca gastaldi