Ed eccomi ad aprire una nuova discussione di confronto, quella relativa allo sforzo fisicodei due tipi di pagaiatori. Questo argomento è stato in parte sfiorato nella precedente, ma non sviluppato.
Mi capita talvolta di termnare una discesa fluviale insoddisfatto dal punto di vista dello sforzo fisico effettuato. M'è successo, ad esempio, la scorsa domenica sul fiume Enza. Sono sceso dal kayak che avevo appena scaldato i muscoli e loro stessi e la mia testa mi chiedevano ancora di esercitare lavoro muscolare. Nemmeno respiravo come se avessi del debito di ossigeno da colmare. Rimpiangevo, insomma, una bella pagaiata di più di quindici miglia in acqua salata. Una di quei tratti a velocità costante sostenuta, lungo la costa di qualche parete strapiombante a picco sul mare chei impegnano per diverse ore della giornata. Il KdM è impagabile per questo. Ho la necessità fisiologica di sentirmi stanco di pagaiare e di trasferire ai giorni feriali della settimana questa memoria fisica dei miei giorni festivi. Sui fiumi, ahimè, i tratti si abbreviano sempre di più. Vuoi per la presenza di sbarramenti e vuoi per la mancanza di acqua come conseguenza delle differenze orografiche in cui il corso d'acqua scorre. In mare, o lago, si pagaia quanto, dove e come vuoi e, a causa della siccità (pare che stia per finire!), diventa l'unica possibilità di pagaiare. Questo è un "plus" impagabile per il KdM e mi sento un vero privilegiato ad avere la possibilità di scelta rispetto ai miei amici fluviali univoci che non possono averla.