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XXXIV CAMPIONATI DEL MONDO SLALOM
Ettore Ivaldi:
Che grande festa a Cunovo per la prima giornata di finali! Un tripudio di colori, gente, eventi, entusiasmi, bandiere, mille lingue, tifosi, attrazioni. Nell’aria si respira il dolce delle ciambelle e dello zucchero filato. Sembra di essere a Santa Lucia o a Natale quando le piazze si riempiono di banchetti di leccornie. Un’aria magica per un magico campionato del mondo che finalmente ha trovato il suo giorno di festa dopo altri di indecisioni, pioggia, vento e tante incertezze. In un attimo abbiamo dimenticato tutto, in un attimo le canadesi e le donne ci hanno assorbito completamente. Finalmente ne avevamo tutti bisogno anche perché il mondiale, rispetto alla coppa del mondo, o ad un europeo, è tutt’altra cosa è... semplicemente fantastico. Gli atleti si trasformano e possono assumere sembianze a volte irriconoscibili o viceversa assumono sembianze solo per il mondiale.
Sono contento perché tempo fa avevo scritto un lungo post sulle tre donne del momento e guarda caso il podio è proprio tutto loro. Tra le altre cose dicevo:
“Tanto romanticismo ho ritrovato anche nelle tre ragazze che secondo me stanno dominando la scena internazionale e che ieri mi sono divertito a riguardare nelle loro performance di Markkleberg. Molti i punti in comune…”
E tutto questo romanticismo l’ho ritrovato oggi nelle loro gare di finale. La prima ha pagaiato sotto le sue possibilità, come mi ha confessato dopo la gara, era molto agitata, presa dalla paura di sbagliare e di mancare un appuntamento importante dopo tante conferme. E’ sotto le sue possibilità anche la padrona di casa Dukatova, anche lei con il terrore di stare dietro a Elena Kaliska. Se mai fosse stato così ciò avrebbe significato chiudere definitivamente con le olimpiadi. Ora i conti sono tornati in pareggio e le due slovacche si giocheranno tutto il prossimo anno. Ed infine Corinna Kuhlne non ha avuto nessuna paura a spingere sull’acceleratore per aggredire un percorso impegnativo sia sotto l’aspetto tecnico che fisico, un mix ideale per una prova iridata. L’austriaca tocca la porta numero 5 e sembra a questo punto ancora più convinta dei suoi mezzi, da lì in poi non sbaglia nulla e ogni palata vale una vita. A “Niagara” salta bene e ha la freddezza di mantenere a lungo la pala in acqua. Esce volando e sa già che andrà a guidare la classifica. Quel 108,05 di tempo è una garanzia certa anche con una penalità. Alla fine quindi oro Kuhnle, argento Dukatova, bronzo Chourraut. La finale del kayak femminile ha visto tre slovacche, due slovene, due austriache, una inglese, una spagnola e una francese. Non notate nulla di strano? Non vi chiedete cosa sia successo alle tedesche? Strano veramente strano non vedere in una finale almeno un’atleta della grande Germania. Fatto più che raro. Troppe penalità per le teutoniche che per la prima volta hanno guardato la finale da bordo campo assieme ai colleghi della canadese doppia. Ebbene sì anche nel C2 nessun tedesco in finale. Forse si sento già gli effetti negativi del pensionamento del grande tecnico Jürgen Köhler che è andato ad allenare gli olandesi?
E visto che siamo sulla barca lunga non possiamo non ricordarvi che oggi siamo stati testimoni della storia visto che i fratelli Pavolo e Peter Hochschorner hanno vinto per la quarta volta consecutiva il campionato del mondo che si va ad aggiungere a quello già vinto nel 2002 Bourg St. Maurice. Raggiungono così Jon Lugbill e Richard Fox a quota cinque prove iridate individuali, ma sono i primi a vincerne quattro di fila.
E per restare nella storia diciamo anche che Corinna Kuhnle ha eguagliato la cecoslovacca Ludmila Polensa che vinse consecutivamente due titoli mondiali. La prima volta le riuscì nel 1961 e 1963 rispettivamente a Hainsberg (GER) e Spittal (AUT) e poi si ripeté nel 1967 e 1969 e cioè in casa a Lipno e poi in Francia a Bourg St. Maurice.
Con le note storiche oggi abbiamo finito vediamo se domani avremo modo di aggiungerne delle altre.
Il pomeriggio dedicato alle qualifiche per C1 uomini e donne, tutto nella norma nessuna sorpresa a parte l’eliminazione di Benn Fraker che per ben due volte all’ultima risalita sul salto finale si è schiantato. Capisco la prima manche, ma cadere nel tranello per la seconda volta non è possibile. Fuori anche Nicolas Peschier, si vede che la finale in C2 ha avuto effetti negativi!
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi
Cunovo, 10 settembre 2011
XXXIV Slalom World Championships - day 4
Ettore Ivaldi:
Il mondo è bello di per sé ,
ma cosa sarebbe se non fosse
raccontato, dipinto, suonato, cantato,
fotografato e amato?
I XXXIV Campionati del Mondo di Canoa Slalom sono finiti! Ne ho la matematica certezza visto che sono seduto in giardino di casa, con i miei due gatti che fanno le fusa accovacciati sotto la mia poltrona e il riccio Jonny sta tranquillamente spaparanzato al sole nonostante la presenza felina a pochi metri. Solitamente, l’animaletto spinoso, esce di nascosto, si muove con circospezione, annusa l’erbetta, scava e sparisce. Oggi è diverso, attratto forse anche lui da un personaggio che vede poco, ma a cui forse è comunque affezionato. Ho la convinzione che mi voglia bene anche se a volte mi guarda con sospetto. Il tiramisù che mi ha preparato Amur per il rientro a casa è l’ultima conferma che la stagione agonistica si è conclusa.
Il viaggio di ritorno, dopo l’imbarco dei miei atleti brasiliani, è stato pervaso da flash iridati, ognuno con la potenzialità di diventare soggetti di mille racconti, mille approfondimenti...
Chi gode come un riccio, tanto per restare in tema, è Fabien Lefevre il vero eroe di questi mondiali, l’uomo che ha dato una svolta alla storia con le sue quattro medaglie vinte: un oro a squadre in C2, un argento a squadre in kayak e nel C2 individuale, un bronzo in kayak singolo. Un’impresa unica, la prima in assoluto, quattro medaglie in un mondiale sembrava fino a ieri solo un sogno difficilmente realizzabile. Eppure il bianco di Francia a forza di sbatterci la testa ci è riuscito e sta portando avanti il suo obiettivo di andare alle olimpiadi in due specialità e lottare per le medaglie senza timori di sorta.
Bravo, bravissimo il suo compagno di barca che di titoli iridati se ne porta a casa due nel C2 a squadre e soprattutto nel C1 individuale mettendo in ginocchio Tony Estanguet. Ora si riaprono le porte per i giochi olimpici, ora si riaprono le porte delle grandi sfide fra il giovane Denis Gargaud, che tra l’altro sabato si sposerà a Marsiglia, e il D’Artagnan della pagaia e cioè Tony Estanguet. E di sfide ce ne saranno parecchie nel resto di Europa, come in Austria tra Kuhnle e Oblinger o in Slovacchia tra Kaliska e Dukatova... un posto alle olimpiadi fa gola a tutti, ma bisogna guadagnarselo.
Un altro flash che mi ha accompagnato durante il viaggio è stato il pensiero generale su dove andrà lo slalom nella prossima decade, quali saranno le evoluzioni, considerando il fatto che siamo in attesa di una grande rivoluzione mediatica per uno sport che vive principalmente di passioni.
Poi il viaggio è lungo e c’è tempo per riflettere. Vaghi con la mente fino a quando inevitabilmente ti trovi a pensare a quegli atleti che bene o male ti sono sempre stati vicini e che fanno parte del tuo stesso essere. Dispiace sapere che oggi si trovano a lottare con un sistema che li vorrebbe incatenare a soluzioni assurde con il ricatto di chiudere l’attività ed andare a fare servizio.
Io mi chiedo sempre che cosa posso fare per supportare i miei atleti e se non hanno i risultati sperati mi metto in crisi per cercare di trovare soluzioni adeguate. Mi trovo in questa condizione con il mio atleta irlandese che a Bratislava ha mancato completamente la gara. C’è chi dice in diretta televisiva che dopo i giochi olimpici di Bejing Rheinisch abbia risentito negativamente del cambio alla guida tecnica. Ovviamente può essere, non è facile e scontato che il lavoro possa portare i risultati a comando, ma certo è che atleta e allenatore non hanno nessun rimpianto per il lavoro fatto che è stato importante, costante, imponente. Poi a questo bisogna aggiungere sei mesi di inattività per un problema alla spalla che è culminato con un’operazione più complessa di quello che ci si poteva immaginare. Certo non deve essere presa come scusante, anzi entrambi l’abbiamo accettata e soprattutto l’abbiamo trasformata in una grande sfida contro noi stessi per un grande futuro.
L’ultimo mio flash di Bratislava è quello della squadra dei C1 slovacchi che sale sul tapis roulant fra gli applausi delle migliaia di persone che hanno animato e colorato la manifestazione. Un Martikan che sa di aver perso una grande occasione nella gara individuale, ma sa anche di aver riconquistato la sua gente con la vittoria a squadre che ha il sapore di nazione, di gruppo. La gara a squadre diventa lo strumento per unire tutti sotto un’unica bandiera diventando l’orgoglio nazionale!
La strada corre via veloce, la mia casa viaggiante è ormai consapevole che fra non molto le nostre strade si divideranno per diversi mesi. Io ritornerò a breve in Brasile, dove mi aspettano i ragazzi e tanta energia da canalizzare. Lei attenderà nel deposito, passando il tempo a raccontarsi le varie avventure estive con le centinaia di colleghe che stazionano in attesa di riprendere il cammino. Le faccio un’ultima cortesia considerato il fatto che lei per molti mesi ha trattato me e la mia famiglia come reali… quindi la svuoto di tutto, la pulisco e la lavo e la preparo come un giorno di festa. Voglio che al suo rientro tutti possano ammirarla con la consapevolezza che per noi rappresenta il nostro modo di essere: comunque sempre liberi!
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Sono passati quasi 10 giorni e i mondiali si sono sedimentati... noi iniziamo a metabolizzarli, è quindi tempo per fare studi, analisi, confronti prima di archiviarli definitivamente. Meglio farlo ora visto che sicuramente presto saremo rapiti dalla vita e dall’inizio della preparazione 2012. Si corre sempre avanti e molto spesso ci dimentichiamo del passato non remoto, ma anche del passato recente, perdendo occasioni per riflettere in tranquillità. Ma come sempre sarà una analisi a senso unico e questo ovviamente non fa bene al nostro mondo. Lasciamo quindi stare malumori e tristezze e guardiamo subito che cosa ci ricorderemo a lungo di questa XXXIV edizione.
Diverse le cose da sottolineare.
La prima è legata al fenomeno di Michael Martikan che esce da un podio individuale iridato dopo ben 16 anni e 11 edizioni. Se ci pensate è una vita intera. La prima volta che ci salì era il 1995 ai mondiali di Nottingham, in quel mondiale in cui vinse David Hearn a distanza di 10 anni dalla sua prima vittoria di Augusburg. Lo slovacco fino ad oggi ha vinto 4 campionati del mondo individuali, 3 argenti e 3 bronzi. A questo palmares vanno aggiunti 4 titoli iridati a squadre, 2 ori e 2 argenti olimpici e 4 coppe del mondo.
A Bratislava, quasi in casa sua, si è dovuto accontentare del 7^ posto per un erroraccio alla porta 13... una banale discesa tra corrente e morta dopo una risalita!
La seconda sono le 4 medaglie di Fabien Lefevre che hanno dell’incredibile. C’è chi lavora una vita per mettersi al collo una medaglietta ad un campionato del mondo e il francese in una sola edizione ne conquista 4 di tutti i colori. Dove è partito ha preso medaglia... evidentemente non aveva intenzione solo di partecipare! L’aspetto più interessante di tutto ciò, dal punto di vista di un allenatore, è capire come si possa mantenere a lungo lucidità, freschezza e motivazione per ogni singola discesa, per ogni singola specialità. Un amico e vecchio compagno di pagaia e di gare seguendo il mondiale alla televisione ha fatto una giusta osservazione: “mi ha impressionato lo sguardo del francese, che sembrava passeggiare su quel canale molto difficile”. L’amico poi mi ha anche erudito sulla voce tecnica via etere... evito di riportare i vari commenti che purtroppo sono tutti in un’unica direzione. Affermare che Lefevre è stato il migliore alla risalita “Niagara” ci vuole tutta soprattutto per il fatto che proprio lì il transalpino ha perso un oro che era alla sua portata.
La terza da sottolineare è quella che i vincitori della squadre in C1 hanno battuto i vincitori del K1 men. Cioè Martikan, Slafkovsky, Benus hanno fatto registrare un tempo di 109,97 mentre Grimm, Shubert, Aigner 110,79. Un’impresa che stava già per riuscire anche a Jon Lugbill, Ron Lugbill, David Hearn nel 1981 quando a Bala fecero registrare il miglior tempo anche sui kayak, ma una penalità all’ultima porta li privò di questa impresa consegnando loro comunque l’oro nella C1 a squadre. Ci sono voluti 30 anni di storia dello slalom per arrivare a tutto ciò!
La quarta cosa insolita: non vedere in finale nel K1 donne nessuna atleta tedesca dopo che quest’anno avevano vinto gli Europei, il test-Event a Londra e gare di coppa del mondo. Decisamente inusuale!
Il quinto punto riguarda gli Hochschorner che raggiungo con Jon Lugbill e Richard Fox nel totale di numero di campionati del mondo individuali vinti e guarda caso proprio cinque. Loro però stabiliscono un nuovo record assoluto nel vincerne 4 consecutivi.
Se poi compariamo il mondiale 2011 con quello 2010 notiamo che su 5 campioni del mondo individuali se ne sono riconfermati solo due e cioè Corinna Kunle nel kayak femminile e gli Hochschorner nel C2. Conferme ancora per Lefevre/Gargaud argento ’10 e ’11 e podio uguale per il K1 a squadre con Germania, Francia, Italia. Riconfermati campioni del mondo i bianchi di Francia nel C2 a squadre.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Ieri pomeriggio sono andato a fare una camminata sulle colline che circondano la mia Verona. Sono venuti Zeno, Raffy, Amur e mia suocera, una splendida 73enne che la fa in barba ai camosci!
La stagione da queste parti è ancora estiva e si cammina volentieri nel bosco di noccioli in un sentiero che conosco bene perché quando sono da queste parti ci passo spesso con la mountain-bike. Una zona che ultimamente, dove la natura si apre, è stata sfruttata anche per piantare vigneti di uva Rondinella, che, con la Corvina e la Molinara, danno vita ad un Valpolicella Superiore di gran pregio. Si abbina bene con risotti e carni alle brace….come quella che ho cucinato con particolare gusto proprio ieri sera, tornati dalla passeggiata di oltre quattro ore. Si sa che dopo le fatiche il cibo e il buon vino si apprezzano molto di più.
Camminando però, una volta esaurita la vena artistica di fotografo di uno Zeno che sta ritornando piano piano ad allenarsi, ci siamo divertiti a fare varie considerazioni sui recenti mondiali di slalom. Sono emerse molte cose e la più incredibile è in relazione alla media di età degli atleti in finale. A grandi linee, conoscendo più o meno tutti gli atleti, eravamo giunti alla conclusione che effettivamente quest’edizione iridata è certamente all’insegna di una nuova generazione che sta emergendo, specialmente nel kayak uomini.
Così questa mattina mi sono messo a fare due conti ed è venuto fuori che in finale dei kayak uomini il più vecchio è un 29enne, un certo Fabien Lefevre, e i più giovani due atleti classe 1993 che faticano ad arrivare ai 18 anni. La media complessiva è di 24 anni. Veramente bassa considerando il fatto che oltre ai due junior ci sono anche due kappisti U23 nella rosa dei dieci.
Se noi andiamo a vedere fra le finaliste del kayak femminile la media si alza e arriviamo a 28 anni così come per le canadesi monoposto.
Cosa potrà a stare a significare tutto ciò nei K1men? Da una prima analisi possiamo dire che la concorrenza è spietata e che i più esperti devono guardarsi anche dai atleti giovanissimi. Tutto ciò è possibile perché questo modo di andare di oggi offre spunti anche agli imberbi che si buttano senza timore dentro le porte. Sicuramente loro hanno trovato una risposta veloce alle nuove esigenze di tracciati decisamente più dinamici di un tempo e se vogliamo anche più impegnativi. Quindi chi prima si adatta prima arriva. E’ molto significativa la media così bassa perché ci dice chiaramente che non c’è più di tempo di aspettare per nessuno! Bisogna puntare subito molto in alto. Emblematica in Italia la stagione di Giovanni De Gennaro che, al primo anno senior, è entrato in squadra nazionale assoluta e ha centrato due finali in coppa e una finale al Test-Event di Londra. In conclusione di stagione, si è laureato anche campione italiano assoluto dopo aver vinto il tricolore anche negli U23 qualche mese prima. Ciò che ha più impressionato sono stati i tempi di questo atleta che sono sempre stati tra i migliori. Ciò che lo ha penalizzato maggiormente sono state le penalità; il giovane bresciano, comunque, può dormire sonni tranquilli perché, come diceva giustamente un tempo Lubos Hilgert (il marito della Hilgertova e da tempo suo allenatore) e riportato da Bill Endicott nel suo libro “The ultimate run”:
"It is easier to make a fast paddler go clean than to make a clean paddler go fast.”
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
Ettore Ivaldi:
Dalle considerazioni precedenti nascono riflessioni conseguenti. Infatti se mettiamo a confronto le donne con i K1 men, ci accorgiamo che la media di età aumenta di ben 4 anni.
Normalmente, in tanti altri sport, le donne entrano nel palmares mondiale prima degli uomini visto che il gentil sesso matura decisamente prima, ma com’è possibile invece che nello slalom ciò non avvenga?
Diciamo subito che il numero di praticanti gioca a vantaggio dei Kayak uomini, evidentemente più elevato rispetto alle altre categorie. Quindi è quasi scontato che su un numero maggiore di giovani sia più facile trovare talenti di livello che hanno dalla loro freschezza, agilità, e comunque forza fisica.
Nelle donne la crescita è progressiva e hanno bisogno di molto più tempo per affinare gesti e maturare dal punto di vista tecnico. Le donne rimangono quindi competitive più a lungo: atlete come Hilgertova (43 anni), Kaliska (39), Oblinger (34), Pavelková (37) sono tutte candidate a partecipare ai prossimi giochi Olimpici con la possibilità di mettersi pure al collo una bella medaglia. Difficile invece pensare alla stessa cosa per i Kayak uomini: David Ford (44 anni) e Helmut Oblinger (38) che a livello internazionale sono usciti da tempo dalle finali e dovranno lottare non poco, nelle rispettive selezioni nazionali, per prendere il posto per i prossimi giochi olimpici.
Restando in casa Italia chi ha qualificato la barca nel settore femminile non è stata l’atleta più giovane (classe 1992), ma l’atleta più matura (classe 1985) anche se la prima potenzialmente ha maggiori possibilità di raggiungere traguardi importanti. L’esperienza quindi gioca un ruolo determinate nel settore femminile. Al vertice abbiamo assistito solo 4 anni fa allo scontro diretto tra una matura Kaliska e una allora giovane Dukatova: ebbe la meglio la prima che conquistò il posto per rappresentare la Slovacchia ai giochi olimpici di Bejing a discapito di un’atleta che sembrava ormai determinata ad attuare il cambio generazionale. Ora le due stesse atlete si ritrovano nella medesima situazione entrambe però invecchiate di un ciclo olimpico!
Anche Maialen Chourraut, oggi 28enne, ha dovuto aspettare a lungo prima di entrare in pianta stabile fra le migliori cinque atlete al mondo.
Percentualmente poi le donne sono più soggette a traumi fisici e in modo particolare alle spalle.
A conclusione di tutto ciò dobbiamo però dire che la media delle campionesse del mondo dal 1979 ad oggi è solo di 24 anni e mezzo: Corinna Kuhnle, di anni ne ha solo 24 e l’anno scorso, quando vinse il suo primo titolo iridato, ne aveva ovviamente uno in meno. Come lei Jana Dukatova nel 2006 quando vinse il titolo a 23 anni. C’è chi fece ancora meglio come Margit Messelhäuser che a soli 18 anni e 26 giorni vinse il mondiale ad Augsburg nel 1985 oppure Cathy Hearn che a 21 anni vinse il mondiale a Jonquiere nel 1979 che segnò l’inizio dell’era USA.
Insomma: l’età per entrare in finale è di 28 anni, ma per vincere bisogna evidentemente averne di meno!
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi
...prosegue con C1 e C2
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