Tanta bella gente domenica a Casalecchio di Reno per la tradizionale gara interregionale di slalom, una classica di primavera come la definirebbero nel ciclismo.
XXII edizioni, giovani atleti e non solo. Allegria, buon cibo, ottimo vinello rosso, simpatia e anche un paio di stand di canoa e di oggettistica varia. Una bella festa con 182 iscritti in 39 categorie, 21 società presenti, come riporta il sito ufficiale del Canoa Club Bologna società organizzatrice con diverse realtà locali. Oltre al campionato italiano di Paracanoa slalom.
Lo speaker, il bravo Malossi, coaudiuvato dal senior Camporesi, se pur sotto tono rispetto agli anni passati, ha intrattenuto il pubblico di settore e chi si trovava da quelle parti per una scampagnata fuori porta... per dirla alla romana.
Tutto molto bello, colgo l’occasione per fare i complimenti agli organizzatori, ma mi domando: quanto può sopravvivere lo slalom e il nostro sport se continuiamo a proporlo in questo modo? Inutile nasconderci dietro un dito, ma una gara così è noiosa e priva di stimoli per chi la guarda e da un punto di vista tecnico offre poco. Un percorso che è anni luce lontano dalle nuove tendenze. Oggi l’80% dei tracciati è fatto da un palo unico e invece sul Reno si è gareggiato ancora con le porte tradizionali sistemate in modo decisamente antico. Ma questo è inevitabile quando manca un coordinamento tecnico federale a livello nazionale.
Il potenziale della società emiliana è notevole e allora perché non cercare di sfruttare anche dal punto di vista tecnico, spettacolare e propagandistico l’ouverture stagionale? Allora butto un sassolino nel Reno e dico: perché non organizzare un parallelo come fanno a Lubjiana da diversi anni! La formula è molto facile: un percorso con sei porte di cui due in risalita una a destra e una sinistra per un totale massimo di 40 secondi. Una prova individuale a cronometro per formare le coppie e poi via le sfide ad eliminazione diretta con cambio di corsia. Fino alle finali per terzo e quarto e primo e secondo posto.
Così facendo tutti possono fare, come minimo, tre prove. Lo spettacolo come la prestazione tecnica e agonistica sono assicurati oltre al fatto di evolvere una disciplina che in acqua ferma è decisamente poco entusiasmante.
L’altro sassolino che rilancio, visto che di ciò avevo già scritto in diversi post, è quello di inserire in Italia le gare di qualifica, semifinale e finale così facendo si offre la possibilità ai nostri atleti di adeguarsi ai regolamenti internazionali. Oltre il fatto di poter offrire a televisioni, spettatori e mass-media in generale, un prodotto, quello della finale, concentrato e di sicuro effetto.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi