Ci si può emozionare ancora alla soglia dei cinquant’anni per un gesto e per un’immagine? In sostanza, riformulando la domanda, ci si può commuovere ancora per ciò che dovrebbe essere la routine o la normale prassi di un allenatore? In effetti per chi lo fa di mestiere vedere un atleta nell’atto di fare una risalita dovrebbe essere esclusivamente materia di analisi, studio e approfondimento e non certo momento di commozione, emozione, eccitazione e aggiungerei turbamento! E’ come se un chirurgo dopo aver operato un paziente lo ritrovasse in piedi a saltellare e a correre con più impeto di prima. Possiamo dire che gli farebbe piacere, ma certo non potrebbe mettersi a ballare e a cantare ogni volta che succede tutto ciò, visto che dovrebbe abbandonare la professione medica per dedicarsi ai pubblici festeggiamenti!
Eppure a me qualche volta succede ancora ammirando una risalita magistrale o scoprendo una foto che mette in luce ed evidenzia la tenerezza umana anche nei grandi campioni.
Una risalita che diventa il fulcro di un sentimento! Una risalita che di per sé poteva sembrare apparentemente una delle mille porte obbligate che si incontrano in una gara di slalom e che mai e poi mai avrei pensato in grado di regalarmi tanta emozione. O meglio non avrei mai pensato che potesse diventare il mezzo per farmi impazzire di gioia atletica. La bellezza non sta nell’averla attuata in prima manche, ma il coronamento dell’oblio e della luce eterna sta nel coraggio di averla riproposta anche in seconda con le dovute correzioni percepite e capite nella prima discesa. Questo è coraggio ed intelligenza allo stato puro! Certo forse non dovrei dirlo io, visti i legami tra il sottoscritto e il soggetto in questione, ma se le cose le senti perché reprimerle sotto falso pudore?
La mia memoria storica è impazzita nel collegare tutto ciò a fatti già avvenuti e visti nel passato che sono stati oggetto di pensieri, gioie ed emozioni per mille volte e mille volte ancora. Come si fa a non ricordare Richard Fox nel 1987 alla porta 11 ai mondiali di Bourg St. Maurice, quando, per due volte, si ostinò ad affrontare quella porta, giusto su un buco enorme, in modo diretto e non in retro come il resto del mondo fece. E non dimentico mai il debordè in prima e seconda manche di Jon Lugbill a Tacen in Coppa Europa (l’attuale Coppa del Mondo). Il campione a stelle e strisce attraversò due volte l’enorme voragine che una volta tagliava in due il canale sloveno. Il resto degli umani, per fare prima la risalita a destra e poi a sinistra, optava per un traghetto "coast to coast" passando sull’acqua bianca che formava il buco. Lui, superman, si cacciò dentro senza timore di Dio, rispuntò, tutte e due le volte, giusto in bocca alla risalita di sinistra divorandosela in un solo boccone... che fenomeno! Pochi giorni fa su facebook, in occasione di uno scambio di corrispondenza, mi sono sentito di scrivergli:
“Ehi Jon You’re still the best C1 that God gave us”. Poi c’è quel principio di levitazione di Martikan ad Atene ai Giochi Olimpici quando praticamente in debordè sollevò la canoa dall’acqua e la spostò parallela alla corrente per oltre dieci centimetri imbucando alla perfezione un pettine di discese. Magico fu anche Super Cali a Praga quando in Coppa riuscì ad entrare ed uscire da una risalita evitando prima il 50, poi il tocco ed infine una possibile perdita di tempo. Usò la pala sinistra in acqua per avanzare, fermare, piantare, ruotare, pennellare la palina interna, uscire... tutto ciò senza mai muoverla dall’acqua, ma utilizzandola per far sì che fianchi, gambe e spalle potessero trovare un loro punto preciso d’appoggio per esprimersi in modo concatenato e sublime.
Oggi in occasione della seconda serie di gare per il PSW, l’”oggetto passivo” era posizionato in una delle prime morte del canale di Penrith sul lato sinistro, forse a meno di un metro dal muro olimpico in cui corre il tracciato e poteva essere affrontata in modo tradizionale. L’idea poteva essere quella di allargarla in entrata per presentarsi davanti alla stessa con un certo margine di anticipo, tanto più che la porta successiva era una discesa sul lato opposto e cioè a destra. La scelta di una linea retta verso l’obiettivo si è dimostrata la più efficace tanto più che il piccolo spostamento di apertura verso destra è stato fatto non dall’atleta, ma da un ricciolo che ha sollevato la canoa e l’ha spostata di quel tanto che è bastato per mantenere la velocità e per avere lo spazio di entrata sulla porta. L’abilità del pilota è stata quella di permettere al suo mezzo di sfruttare appieno il riccioletto senza opporvi resistenza, ma lasciando i fianchi liberi di assecondare la potenza dell’acqua. Arrivare davanti alla porta con molta velocità a volte si può dimostrare molto pericoloso, ma nello stesso tempo si può sfruttare l’energia cinetica per eseguire tutte le manovre successive. A questo punto, con la canoa che ha già preso il senso di rotazione, c’è la scelta di togliere il sinistro dall’elemento liquido... molto pericoloso, e cercare l’appoggio sul destro. Già! ma dov’è questo appoggio? E’ lì...sul cemento puro da usare per una spinta mega galattica, per un impulso che potrebbe mandarti in orbita e farti ruotare per il resto della vita attorno alla terra per guardare da lassù il mondo che gira. La difficoltà in questi casi è quella di sfruttare al massimo il gesto. Come? Semplice: lasciando libera la canoa di utilizzare questa energia esplosiva. Non è facile, credetemi sulla parola se un minimo vi fidate di un vecchio lupo di fiume con i paletti dello slalom!
Il resto del tracciato è sulla falsa riga di quell’opera d’arte allo stato puro. Ma arriviamo alla seconda discesa. L’interrogativo è: ripeterà quanto fatto in prima manche alla porta numero due? I bookmakers lo davano 100 a 1, coscienti del fatto che Paganini non si ripete mai! Bene la scenografia non muta, il piccolo pagaiatore gialloblù in terra australe, non cambia approccio, non cambia direzione e si presenta davanti all’oggetto passivo, ma necessario, con la pala sinistra in acqua: si ripete la sequenza mutuata dalla prima con la giusta correzione in fase di uscita che gli permetterà di entrare nella discesa successiva senza incorrere nella penalità come successe nella prima discesa.
Altro non serve aggiungere se non il fatto che il buon Dio esiste e ogni tanto ci fa vedere le sue opere, le sue grazie i suoi segnali semplicemente divini. Poi internet fa il resto rendendo pubblica e accessibile a tutti la sua osservazione -
http://www.youtube.com/watch?v=68bpSGovaXs&feature=share -
Non vi ho parlato dell’immagine che mi ha commosso, lo farò prossimamente... inizia Beautiful e Stefany potrebbe commettere un omicidio e io diventerei praticamente un testimone oculare, quindi perdonate ma vi devo lasciare.
Occhio all'onda! Ettore Ivaldi