Spazio Federazioni > Discussioni FICK

L'INVERNO FRA I PALETTI DELLO SLALOM

<< < (6/8) > >>

Francesco Iacobelli:
http://www.youtube.com/watch?v=HPSb1BOHDFc&feature=related


rock style.........


Ettore Ivaldi:
Oh, deep in my heart,
I do believe
We shall overcome, some day

Il maître ha maniche esageratamente lunghe e nel suo girovagare per la sala è costretto  a tenere le braccia conserte. Beh! poca cosa visto che lui in teoria non deve usare le mani, ma controllare la situazione e  parlare con i clienti. A servire e a prendere le comande ci sono i camerieri. I camerieri ve li raccomando, diciamo che sono sullo stile del capo, senza giacca per fortuna, ma hanno  vita complicata perché ad ogni ordine devono scrivere due bigliettini e spesso e volentieri ci perdono dietro una vita. Scrivere non è proprio il loro mestiere e la penna la impugnano più come un mattarello che come uno strumento delicato per incidere lettere con senso compiuto.  Hanno camicia bianca con colli troppo larghi tenuti uniti da papillon neri decisamente arruffati e stinti. Non che io sia un gran signore o un uomo avvezzo ai grandi servizi, ma era solo per darvi il benvenuto in Sud-America e per farvi capire che qui le cose girano in maniera piuttosto diversa rispetto al vecchio continente.
Ci ho impiegato un pochino per ri-ambientarmi, lo ammetto, visto che erano quattro anni che mancavo da queste parti e avevo perso i modi, i colori, i tempi, i profumi i suoni e gli odori, che si vivono e si respirano quaggiù. Il passaggio dall’Australia perfezionista al Brasile spontaneo ma pieno di vita, non è sempre facile. Le silenziose auto del continente australe con il cambio automatico che viaggiano su strade così lisce e diritte da farti addormentare sono in contrasto con le rumorose quattro ruote del continente americano che si muovono un pochino a singhiozzo per quella miscela di alcool e gasolio che utilizzano come combustibile. Aziono ancora, a distanza di una settimana, i tergicristalli invece delle frecce che qui sono sulla sinistra e là...  sulla destra, come la guida.
Qui le strade sono giungle di buche, affollate da ogni tipo di mezzo. Si va da chi spinge un carretto carico di ferro o plastica agli stanchi e magri cavalli che si trascinano uomini in cima a carri che sembrano diligenze. Ci sono poi i Suv targati Paraguay dai vetri scuri che non rallentano sui dissipatori di velocità e tanto meno per fare passare la gente sulle strisce pedonali. Il resto sono auto di ogni genere bottate all’inverosimile che vengono usate fino all’ultimo respiro e poi sfasciate per recuperare qualche moneta sul mercato del ferro vecchio.
Lungo le strade si vende agua de coco fria. Agli angoli ci sono persone che cercano la via da prendere per mete sconosciute. Cercano, ma sembrano non trovare la via giusta  o forse l’hanno trovata prima di noi, illusi di percorrere sempre il cammino più corretto e veloce.
I semafori vanno capiti ed interpretati. Informano sul tempo che rimane illuminando via via rossi o verdi diversi. Per le svolte a sinistra ci si porta al centro della strada e si sta pronti a partire appena possibile, non è come in Australia dove si passa uno alla volta... rigorosamente seguendo le strisce per terra che determinano il tuo raggio di manovra. Ma questo ve l’avevo già raccontato.
Gli autobus sfrecciano veloci e tante volte non si fermano alle fermate perché sono già stracolmi. La gente in attesa però sembra non darci peso e aspetta speranzosa o forse rassegnata il prossimo, che forse si fermerà.
Le donne hanno culi enormi che fasciano con jeans troppo stretti e si muovono su tacchi sempre esagerati. I negozi di scarpe come le farmacie sono ovunque e le calzature si possono acquistare anche a rate. Sulle targhette esposte nelle vetrine c’è il prezzo pieno e poi la suddivisione delle  varie trance. Ci si può sfamare con cinque euro e mangiare dell’ottima carne per dieci. La gente per dissetarsi beve il “mate” che porta concentrato in un bicchiere di legno, per aggiungerci poi  dell’acqua ghiacciata.

Il sole batte ancora forte  anche se in teoria siamo a fine estate e  ci si prepara per l’autunno. Le formiche, al campo da slalom, stanno lavorando ininterrottamente per mettere a dimora nelle loro case minuscoli pezzi di foglie perché marciscano e diano vita a quel fungo che le manterrà in vita nel periodo invernale. Non hanno pause, sono organizzate al meglio. C’è chi le taglia e passa al setaccio e chi invece trasporta dal produttore al consumatore, sembra di essere sulla Milano - Venezia nei giorni feriali con tanti Tir e macchine in ogni dove. Lavorano sodo anche le migliaia di persone impegnate a mantenere pulita l’area della diga di Itaipu, la più grande al mondo con le sue 20 turbine che producono il 25% di elettricità per tutto il Brasile e il 90 % per il Paraguay. Una realizzazione architettonica che fa paura per dimensioni ed estensione. Non ci si può fermare a pensare alla maestosità dell’opera perché ti verrebbe il capogiro e crolleresti a terra disarmato interrogandoti dove l’uomo potrà mai arrivare.

Benvenuti in Sud America!  

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

P.S. e pensare che ero partito per raccontarvi il progetto Olimpiadi Rio 2016! mi sono perso ma arriverò prima o poi.
P.S.2 Un mito che fa di nome Francesco Jacobelli. Carissimo geologo ho passato la serata ad esercitarmi e ora sono un mago, ripiego e riprendo le cuffiette in un attimo all'occorrenza - grazie ... rock style

Ettore Ivaldi:
«Con quel che ci è accaduto, quel che succede,
quel che conosciamo e quel che non possiamo conoscere,
inventiamo un qualcosa che non è una semplice rappresentazione,
ma una creazione totalmente nuova e più reale
di qualsiasi cosa reale ed esistente,
e se la rendiamo viva e
il risultato è buono, diventa immortale».
Ernest Hemingway

Vi prego passatemi il paragone, non mi sono montato la testa, ma lasciatemi dire per un solo momento che mi sto immedesimando in uno dei mie miti letterari e cioè Ernest Hemingway. Dai... non sorridete e se avete pazienza cerco di spiegarvi perché. E’ risaputa la passione per la pesca del grande scrittore statunitense e io guarda caso sono seduto a pescare in compagnia di Argos - il general manager della Federazione Brasiliana - discutendo di cose che sono la mia vita e che implicheranno per il futuro un enorme impegno. Attorno a noi una sorta di oasi di verde, palme, alberi, acqua, ruscelli che rinfrescano l’aria tutt’intorno. La canna da pesca in mano che ogni tanto ci fa sobbalzare sulla sedia con braccioli. Il pescetto fritto sul tavolo ci fa buona compagnia così come la freschissima Sol - una birra brasiliana che fa 4 gradi e mezzo e che ti disseta e ti tiene allegro.
Si parla dei progetti futuri, di quello che qui inizia già a concretizzarsi, del lungo lavoro che ci aspetta per cercare di arrivare preparati al sogno olimpico di Rio 2016. L’idea è quella di avere quattro centri sparsi per il Brasile con un riferimento nazionale che è a Foz do Iguacu dove fluiranno i migliori atleti per definire tecnica e preparazione. Nelle altre sedi si lavora con la base partendo dalle scuole con 4 allenatori per singola realtà impegnati costantemente sei giorni alla settimana per mettere le basi dello slalom. I giovani partono dall’acqua piatta con l’eskimo, poi impostazione sulle porte, verifiche tecniche, test, e avvicinamento all’acqua mossa. Si sta pensando a tutto, dalle sistemazioni logistiche, alle collaborazioni con medici e fisioterapisti, materiali tecnologici, alle strutture e come evitare errori che ovviamente ci saranno nel corso del lungo cammino. Ho preparato uno studio ed una analisi sul concetto di base che dovrà guidarci da qui al 2016, prendendo in esame esperienze internazionali per oltre tre decenni. Tutto ciò lo presenterò il 17 marzo ad una serie di figure che opereranno nel progetto. Sono fermamente convinto che il lavoro, unito a periodiche verifiche e aggiustamenti, possa portare lontano. E’ un puzzle che va unito e fatto funzionare attraverso una ottima gestione politica, amministrativa e ovviamente tecnica. Come dice il grande Alviano Mesaroli il lavoro dell’allenatore è quello dell’alchimista che cerca di trasformare i metalli vili in metalli nobili! Un lavoro delicato, paziente, dalle mille sfaccettature che mette insieme tante conoscenze, senza tralasciare la quotidianità e la pratica, perché senza tutto ciò non si può pensare di portare avanti grandi progetti.
Passeranno tanti giorni in mare aperto senza pescare un pesce, ma “l’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto, ma non essere sconfitto” come il vecchio Ernest ci ha insegnato.
Seduti vicino a me ci saranno vecchi e giovani amici che accompagnerò qui quando verranno a trovarmi. Pescheremo assieme, ci racconteremo le ultime novità, salteremo sulla sedia quando i grossi pacu abboccheranno alla nostra lenza. Li sfiniremo per qualche minuto prima di tirarli fuori dall’acqua. Saranno giorni che non dimenticheremo tanto facilmente, seduti a gustarci la birra leggera e fresca che c’è da queste parti e il buon pescetto fritto. Vi racconterò come stanno crescendo i ragazzi che alleno, vi racconterò e vi farò vedere che i sogni qualche volta possono concretizzarsi, che i sogni prenderanno forma e forse farete fatica a risalire sull’aereo per tornare a casa, ma comunque vada tutto ciò deve essere vissuto per capirlo e per sentirlo scorrere nelle vene.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Foz do Iguacu, 14 marzo 2011

Ettore Ivaldi:
Chi l’avrebbe mai detto che il mio borsone olimpico finisse la sua avventura in un paese lontano, oltre oceano eppure la vita ci riserva sempre tante sorprese.
Mi ricordo quando lo ricevetti, faceva parte del completo olimpico per Atene 2004. Bello, robusto, una tela molto particolare, blu con inserti azzurri e il bianco ai lati con la scritta “Italia Team” e sotto il tricolore stilizzato. Su un lato porta il logo del Coni, che per la verità non mi piace molto e anche al sua simbologia mi lascia un pochino perplesso. Nel lato opposto il marchio dell’allora sponsor tecnico e cioè ASICS che come tutti sanno è l’acronimo di Anima Sana in Corpore Sano aforisma di “mens sana in corpore sano”. Già... quante avventure assieme e ora purtroppo è arrivato il tempo dei saluti, ma si sa che prima o poi bisogna affrontare questo aspetto della vita. Per la verità avrei dovuto lasciarlo morire tranquillo in Australia, infatti il danno finale successe proprio la sera prima di partire. Stavo chiudendo la cerniera principale e chiesi aiuto a Zeno perché effettivamente era troppo carico. In due si sa si fa meglio e non ci furono problemi a comprimere un pochino le cose al suo interno e a chiuderlo. Nel mentre però che eseguivamo una manovra che di per sé è sempre complessa e rischiosa, successe il patatrak! La zip si chiuse ma cedette un lato della cucitura. Zeno ed io ci guardammo molto perplessi. Il povero borsone ora si trovava ferito e pieno di mercanzie, ma soprattutto doveva affrontare un viaggio trans-oceanico, doveva esser preso in consegna da chissà quante mani e trasportato a lungo su nastri trasportatori che non hanno pietà delle loro prede. Loro, i nastri trasportatori, non guardano in faccia nessuno e vanno diritti verso l’obiettivo, poco importa se ad una curva il passeggero sbatte sugli angoli o su un cavalcavia scivola verso valle, tanto troverà qualcosa di più pesante che lo fermerà e lo riporterà a destinazione e soprattutto non parla, anche se i segni però, a volte, li porta evidenti.
Le alternative erano due. La prima cambiare borsa e abbandonare al suo destino il povero sventurato, ma non avevo nessuna voglia di rifare un’altra volta la fatica che avevo appena concluso. Facendo così avrei poi lasciato il mio figliolo senza bagaglio costretto ad andare a comprarsi una borsa nuova, visto che avrei dovuto prendere la sua. L’idea geniale però balenò prima negli occhi del giovincello e poi nella sua mente che espresse una banalità più che unica: “ che problemi ci sono all’aeroporto te lo fai imballare”. Giusto e così feci. A Buenos Aires, dove mi sono fermato una notte e ho dovuto cambiare aeroporto con conseguente nuovo check-in, ovviamente non ho sballato il borsone con la scritta Italia, per questo motivo ho dormito vestito in hotel e mi sono comprato uno spazzolino per i denti nuovo appena sbarcato a terra.
Arrivato a destinazione ho tagliato le striscette che lo tenevano unito e lui l’amico di tante avventure si è sciolto come neve al sole. La tasca laterale era un po’ che mi aveva abbandonato, il fondo era decisamente provato, ma tutto sommato manteneva il suo aspetto fiero non fosse altro per la grande avventura sportiva che aveva vissuto solo sette anni prima. Per dirla veramente tutta l’ho riempito ancora una volta visto che ho dovuto cambiare hotel, nell’illusione che forse mi ero confuso e che in realtà tutte le sue parti erano ancora integre ed efficienti. Mi sbagliavo anche se il vecchio borsone ha cercato di avere la sua ultima impennata d’orgoglio e mi ha condotto fino all’interno della nuova camera. Lì si è lasciato morire e lì lo lascerò portando però sempre con me un ricordo molto bello dei giorni trascorsi assieme. Mi sembrava giusto fargli conoscere il suo sostituto che ho appena acquistato su una bancarella nell’avenida Brasil per poco meno di trenta euro. Tutto nero, porta anche due rotelline su un lato per faticare meno nei tragitti tra i lunghi corridoi di aeroporti che non finiscono mai. Ha due barre di rinforzo nel fondo e ovviamente il tipo che me l’ha venduto mi ha assicurato che è di ottima qualità, tela grossa e zip a prova di bomba, importante è crederci!
Non facciamo un dramma però! Nella vita bisogna cambiare ed essere aperti sempre a nuove avventure, ricercare nuovi lidi con entusiasmo e passione. Non mi dimenticherò della mia vecchia valigia, non mi dimenticherò mai di tutte le cose che mi ha trasportato per il mondo, non dimenticherò mai il suo devoto contributo che ha contribuito a farmi vivere questa nuova e affascinante avventura.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Foz do Iguacu, 16 marzo 2011

Ettore Ivaldi:
Molti slalomisti si ostinano ad usare il palo come punto preciso di riferimento per eseguire manovre di rotazione o spostamenti specifici. In realtà non sempre i tracciati costringono l’atleta a tutto ciò, ma i meccanismi allenati in quel modo portano comunque a questo tipo di scelta. Dal mio punto di vista diventa un fattore limitante e sbrigativo: limitante perché troppo spesso ci si dimentica che si possono scegliere altre linee d’acqua per entrare nelle risalite oppure nelle porte in discesa: il palo, o la porta, diventa l’unico riferimento visivo dell’atleta creando dei limiti nella scelta di altre possibilità, senza considerare tutti i rischi che si assumono ruotando vicino o sul palo stesso.
E’ sbrigativo perché l’atleta nella sua analisi a secco non prende in considerazione bene i movimenti d’acqua che dovrebbero essere alla base di ogni spostamento sul tracciato.
Cosa si deve e cosa si può fare per far capire all’atleta di analizzare meglio l’acqua prima di prendere decisioni affrettate? Il primo consiglio che normalmente adotto è quello di proporre percorsi molto aperti che seguano l’acqua con il posizionamento del palo distante dal punto dove l’acqua è più vantaggiosa. In questo modo l’atleta non prenderà nemmeno in considerazione il riferimento visivo del palo, ma cercherà l’acqua veloce. Il secondo metodo che utilizzo è quello di costringere l’atleta, attraverso il posizionamento della porta precedente, ad utilizzare linee molto rette prima per arrivare in anticipo sul passaggio che mi interessa. Lo scopo rimane quello di cercare anche soluzioni lontano dalle porte che diventano in questo modo esclusivamente un passaggio obbligato niente di più. “De paso” si dice in portoghese di una porta posizionata in corrente e che si traduce bene con la parola transito che rende benissimo l’idea del concetto che vorrei esprimere. Myrian Jerusalmi, ora do per scontato che la conosciate tutti altrimenti chiedete a google.com, spiega bene il concetto dello slalom. In sostanza lei dice che è molto semplice basta seguire i numeri sopra le porte che ti dicono in che sequenza devi fare il tutto! Semplice no? Lo stesso concetto di quando guidate la macchina. Infatti i segnali sono posti diversi metri prima di quello che vogliono segnalare così successivamente vi trovate pronti a fare ciò che è indicato. Il tutto quindi con margine ed anticipo e non all’ultimo secondo rischiando di non fermarvi allo stop.
Mi sembra di avervi detto tutto in merito a questa idea che sto cercando di far percepire ai giovani atleti brasiliani e non inculcare. Ah! forse inculcare in questi giorni è un po’ inflazionato. E’ un po’ che sono fuori dall’amata Italia, ma le castronerie del nostro premier fanno il giro del mondo.

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Foz do Iguacu, 18 marzo 2011

Navigazione

[0] Indice dei post

[#] Pagina successiva

[*] Pagina precedente

Vai alla versione completa