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L'INVERNO FRA I PALETTI DELLO SLALOM

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Ettore Ivaldi:
Ahhh... finalmente seduto sull’Airbus A340 della Thai Airline, alla fila 41 poltrona J, in direzione Bangkok per proseguire poi per Sydney. Al mio fianco, sulla poltrona K, Zeno che in Australia si fermerà fino a giugno per allenarsi e per studiare. In Tailandia sosteremo per 4 giorni da  turisti, per recuperare la prima parte di viaggio e per assimilare meglio il jet-lag. L’obiettivo è arrivare a Sydney già pronti per iniziare una nuova avventura e la  stagione agonistica 2011 con una spinta in più e con tanta energia in corpo. Laggiù, sul canale olimpico di Penrith, troveremo tanti atleti per allenarci al meglio e per trovare spunti belli ed interessanti da raccontarvi e da condividere con tutti voi, nella speranza di fare cosa gradita. 

Ora è tutto così nella norma e così magico che sembra impossibile essere riusciti ancora una volta a superare al meglio alcune settimane di sconvolgimenti emozionali, di paure, di aspettative, di prove di coraggio per non tradire la  fede sportiva. Non è stato facile mettere la vera parola fine su una sicurezza lavorativa che però mi riservava solo la certezza di entrare in un meccanismo che ho sempre cercato di allontanare di evitare. Anche da queste esperienze però si impara a conoscere ancora di più le persone che ti circondano. Ti accorgi che spesso gli amici di vecchia data e di ex-fede canoistica non ti sono più vicini e che nulla fanno per cercare di riunire un passato che è dimenticato e sepolto, ma è ancora fonte di energia per me. Dall’altro lato ti sconvolge essere invitato a bere un tè da un collega di corso - tre cime di Lavaredo anno 1984 -  che sembrava non trasparire sentimenti, ma che, in realtà, con quel semplice gesto e una voce rotta dall’emozione, sa comunicarti energia e sincera stima... grazie Maurizio! Le delusioni più grandi arrivano da chi ha ruoli importanti all’interno delle  Amministrazioni dello Stato che certo non brillano per iniziativa ed idee, ma che viceversa cercano di pararsi al meglio le spalle con l’aggravante di lasciare nel grigiore Istituzioni che un tempo per me hanno rappresentato molto e che porterò comunque sempre nel cuore. Non si può pensare ad un mondo migliore o rinverdire i fasti del passato se davanti alle truppe non c’è un generale sul suo bianco cavallo e con la spada sguainata al cielo a dare l’esempio e a guidare fino alla morte i propri uomini per difendere sacrosanti ideali e la nostra storia. Costoro dovrebbero almeno avere il coraggio di guardare negli occhi i propri prodi e non nascondersi sotto la scrivania ad ogni squillo del telefono!

Delusioni dal nostro amato presidente federale che sui palchi delle premiazioni si spreca in lodi, parole e gloria,  ma che tuttavia contribuisce inesorabilmente alla caduta a picco del movimento sportivo italiano... e ora anche internazionale.

Per fortuna però che negli occhi di un ragazzino si vede una grande luce che sa illuminarci e darci coraggio.

Per fortuna però che una cena può essere ancora interrotta per ascoltare una canzone suonata con una chitarra che non ci si fida a lasciare in macchina perché è troppo preziosa, perché è troppo importante, perché rappresenta un sogno.

Per fortuna  però che le parole scritte su una e-mail hanno la forza dirompente di mille vulcani in eruzione e ti fanno capire che alla speranza e ai sogni non bisogna mettere mai freno, perché solo così ti rendi conto che non è mai tardi per vivere veramente. Seguire i sogni sempre, perché sono loro che ti indicano la strada da prendere, vero Luca?

Per fortuna però che veri amici, accompagnati da donne che hanno una spinta in più, sanno riequilibrarti per testimoniare con una semplice cena  che non sei mai solo nella tua corsa verso lidi infiniti e che forse qualcuno ancora ci crede. Siamo sulla tua stessa onda e, se pur a chilometri di distanza, cavalchiamo uniti e sempre con orgoglio. 

Per fortuna però che anche oltre gli anta si possano provare gioie nello scoprire nuovi confini informatici. La testa rischia un sovrariscaldamento, ma il corpo ne trarrà giovamento sconvolgendo i nostri dirimpettai, famigliari, amici.

Per fortuna però che ancora una volta lo sport ha fatto un miracolo con persone che oggi sembrano apparentemente lontano anni luce, ma che  vedi sorridere e gioire al ricordo di aver idealmente condiviso, più di 40 anni fa, la medaglia d’oro di Klaus Di Biasi restando appollaiati a 10 metri di altezza in una Monaco sconvolta dagli attacchi terroristici dei fedain. E’ quella l’energia giusta per realizzare - mi creda architetto - grandi progetti ed esserne nello stesso tempo protagonisti!

Per fortuna però che c’è l’amore delle nonne che con le loro spalle larghe e la loro esperienza sono querce nel nostro cammino.

Per fortuna però che c’è un angelo biondo nella mia vita che è sempre con me, che mi sorride, che mi rincuora, che è al mio fianco anche nelle decisioni meno romantiche, che mi consola e mi stimola. Per fortuna però che c’è quel sorriso, quegli occhi marini, quelle lacrime salate che comunque fanno parte di un immenso e meraviglioso sogno! Chiudo gli occhi e aspetto solo il tuo... sei, sette, otto...  poi ti porto nel vortice di una musica che ormai mi appartiene, che ormai fa parte di noi che è noi e che ci fa muovere e unire sempre di più.



... in air 15 Gennaio 2011

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

enrico lazzarotto:
Caro Ettore, mi manchi di già.
Devo dire che 6 un uomo molto coraggioso, e x questo stimo te e tutta la tua famiglia, in bocca al lupo
enricolazz

Ettore Ivaldi:
Caro Enrico solo il sommo poeta
ti può rispondere e giustificar l’impresa

...
«S'i' ho ben la parola tua intesa»,
rispuose del magnanimo quell'ombra,
«l'anima tua è da viltade offesa;
la qual molte fïate l'omo ingombra
sì che d'onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand'ombra.
..."

Inferno  - Canto II

Non so se capita anche a voi, ma durante questi lunghi periodi di transizione da una stagione di gare all’altra mi sorgono sempre grandi interrogativi dettati dalla voglia di proporre agli atleti stimoli nuovi e se possibile innovativi. Allora via con evidenziatori e post-it che colorano sempre di più i miei testi sacri che trovano sempre posto in qualche angolo della valigia. Cerco di mettermi nella testa degli atleti per capire che cosa può stimolarli sempre di più e per tirare fuori tutto quello che hanno dentro e che magari faticano ad esprimere per mille motivi diversi. Forse questo stato d’animo l’ho ereditato da un passato di atleta senza punti di riferimento precisi. Una carriera agonistica che ha avuto sempre la necessità di organizzarsi autonomamente visto che certo non avevamo allenatori in grado di seguirci e guidarci. Punto fisso però è sempre stata la massima apertura a nazioni e a personaggi che hanno reso grande la canoa. Negli anni ho avuto la fortuna di conoscere a fondo campioni olimpici, mondiali e atleti di altissimo livello, ma soprattutto ho avuto il piacere di capire che cosa c’è stato dietro a queste grandi e belle realtà. Ora a distanza di moltissimi anni si possono forse tirare delle conclusioni e fare similitudini su situazioni che nel corso del tempo si sono evolute ma che, come ripeto, hanno molto in comune.
Mi ha fatto specie poche settimane fa’ vedere atleti che utilizzano ancora il lavoro del “Blaho” in palestra... quanti ricordi e quanta fatica e sudore collego a questo gesto così astruso e per certi versi assurdo.  Ma la domanda mi sorge spontanea: servirà mettere tutta questa energia in questi lavori se poi ti rendi conto che a livello tecnico ci sono forti carenze nel gesto della pagaiata e dello scorrimento della canoa? Non sarebbe meglio dedicare molto più spazio alla ricerca e all’analisi di soluzioni in questa direzione? Oppure, non  è forse troppo facile liquidare la scelta di questo lavoro solo per il fatto che Marco Previde Massara ne aveva  fatto una sorta di bandiera per i suoi successi negli anni ’80? Dimentichiamo forse che il campione delle acque del Ticino era un raffinato scivolatore e un artista dell’onda?
Leggendo e rileggendo i “testi sacri”  e confrontandoli poi con l’evoluzione che c’è stata in questo ultimo decennio grazie alla facilità di comunicazione attraverso la rete,  mi chiedevo che senso può avere un lavoro mirato alla potenza aerobica, con lo scopo finale di migliorare la soglia anaerobica, nei ragazzini o ragazzine che viceversa non hanno chiaro il concetto di come impostare una risalita o come risolvere situazioni ambigue di porte sfasate!
La mia più grande paura, in questi casi, è allenare un gesto sbagliato ed inutile. Anzi nelle peggiori delle ipotesi può diventare anche elemento di disturbo visto che il nostro corpo, per lo spirito della sopravvivenza della specie umana,  ricerca sempre il minor dispendio di energie nell’esecuzione di un gesto che purtroppo non coincide sempre con il massimo rendimento dello stesso. Sconvolgendo molte volte anche gli aspetti biomeccanici.
Il problema nasce però da chi cammina sulla riva a guidare i giovani e cioè da noi allenatori.  Siamo consapevoli della responsabilità che ci accolliamo nel momento in cui andiamo a proporre certi tipi di lavori e certi suggerimenti tecnici sulla crescita psico-fisica del nostro soggetto?

Credo di non dire nulla di nuovo nell’affermare che i vivai sono la linfa vitale per tutte le federazioni. Credo di non dire nulla di nuovo neppure se aggiungo che per fare ciò ci vuole personale preparato, con esperienza e con idee.  Guardando i programmi federali sia per lo slalom che per la canoa da velocità balza agli occhi di tutti la pochissima attività proposta a livello giovanile e in moltissimi casi viene affidata a pseudo tecnici, questo per il settore fluviale visto che responsabile della velocità a livello giovanile è un certo Beniamino Bonomi che dopo i giochi olimpici di Atene, se non sbaglio, ha iniziato a seguire i giovani del club e si sta formando come allenatore, ma l'amico di penna Frankguglielmi ci saprà illuminare meglio. Posso solo aggiungere che mi è piaciuta un'uscita di Bebo in televisione con Simona Ventura che alla domanda di chi voterebbe come atleta dell’anno,  non ha avuto dubbi e ha risposto tranquillamente la sua giovanissima atleta che ha esordito nel 2010 in nazionale con ottimi risultati vista l'età...questo è vero amore per il proprio lavoro.  

Ora io sono dell’avviso che nelle scuole materne ed elementari ci dovrebbe essere personale altamente qualificato, preparato e ben pagato, perché è qui che si forma il giovane. Per fare un banalissimo esempio sportivo possiamo tranquillamente dire che a Super Cali non serve un genio per seguirlo, ma, viceversa, al giovanissimo Paolo Ceccon serve un allenatore preparato, con esperienza, passione e soprattutto costanza.

D’altro canto mi fa un immenso piacere sapere che comunque altrove si sta ricercando nuove soluzioni e ci si applica per tentare di studiare il gesto dello slalom sotto aspetti magari ancora inediti. Così come sta facendo Guille Diez Canedo che in vista della tesi di laurea di scienze motorie a Lleida in Spagna sta cercando di misurare l’accelerazione del colpo su un percorso di slalom. Questo implica una serie di valutazioni legate a tutto ciò che concorre all’accelerazione stessa come ad esempio l’attrito della canoa sull’acqua, la forza dell’acqua, la resistenza all’aria, la forza di spostamento impressa nel moto e un altro milione di varianti. Ovviamente, come tutti gli studi, si cercherà  di ipotizzare l’accelerazione in un caso ben specifico e con la consapevolezza dell’esistenza di un margine d’errore elevato, ma nel tentativo comunque di approfondire piano piano questo argomento. Vi terrò aggiornati.


... volando si ha il tempo per concretizzare i pensieri e condividerli!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi:
Ma lo sapevate che il cocco è come il maiale per noi? Nel senso che non si butta via nulla e tutto si recupera. L’ho imparato in Tailandia durante l’escursione al mercato sull’acqua  paradiso per la mia 40D e per la Go-Pro di Zeno. Brave persone i tailandesi che solo a Bangkok e provincia sono più di 16 milioni. Vi dicevo del cocco: non si butta via nulla, con i filamenti della buccia si fanno i materassi, con i semi le creme per il sole, la polpa si mangia e il latte lo si beve, il resto si brucia per  alimentare i vari processi di lavorazione. Non male quindi per l’agricoltura che è ricca ovviamente anche di tanta altra frutta squisita come papaia, ananas, banane, frutto della passione e  altri piccoli frutti dai nomi e dalle forme inverosimili.
Bangkok è una città dal traffico impossibile, dagli scooter con 3 o 4 persone a bordo, dai templi buddisti in ogni dove, dai ristoranti di lusso al cibo in ogni angolo della città. Bangkok vale la pena visitarla una volta nella vita, tanto più se siete di passaggio per qualche altra meta ed obiettivo.
Ma niente mi emoziona come tornare a lavorare sul canale di Penrith tanto più con un atleta che… ho visto nascere (e non solo) e che ho la fortuna di seguire pagaiata dopo pagaiata. Le prime discese  sull’acqua olimpica sono sempre molto emozionanti e stampano il sorriso in faccia. Poi la punta di  razionalità che vive in noi ti fa pensare e meditare  su quello che ti aspetta:  un lungo cammino per vivere un sogno. Infinite ore a pagaiare tra un’onda e un ricciolo, tra una risalita e una serie di porte sfasate, tra corti recuperi e lunghe prove cronometrate, tra visualizzazioni di percorsi ideali e concreta realtà.
Qui ad allenarsi c’è metà del mondo e l’altra metà arriverà presto e da queste prime presenze si capisce che la voglia di far bene è nel cuore di tanti atleti pronti a faticare e a lottare ad ogni colpo in acqua.
Il primo vero benvenuto  a Penrith però ci è stato dato da Ella che, a distanza di un anno, non ha avuto dubbi sulla nostra identità. Ci ha prima annusato, poi squadrato da testa ai piedi, poi le si sono illuminati gli occhi, ha preso fiato, ha iniziato a scodinzolare e alla fine ci è saltata in braccio slinguazzandoci ovunque. Non pensavamo ci riconoscesse subito e con tutta questa energia, anche se, per la verità, lo scorso anno, quando è arrivata in casa, era veramente piccola piccola e per più di tre mesi l’abbiamo accudita come si fa con un bambino appena nato. Siamo stati noi ad insegnarle a mettersi a sedere prima di mangiare, siamo stati noi a farle capire che in casa non si fa la pipì ma il luogo perfetto per lei è il giardino e siamo sempre stati noi a farle compagnia quando Mark era al lavoro in quel difficile momento della sua crescita. Oggi è una signora cagna di mezza altezza, robusta e scattante, ma, allo stesso tempo, molto meno vivace di un anno fa... Resta comunque sempre attratta dal nostro cibo che sembra adorare. Beh qualche cosa cucinerò anche per te carissima Ella. Magari dopo aver fatto il brodo ti lascio gli “ossi di brontosauro” che trovo solo da queste parti: e la commessa del supermarket   mi sorride ogni volta che mi vede acquistarne uno, convinta più  che mai che la cagnetta che ho a casa si faccia una gran festa, senza sapere però che prima lo userò io! Non dite niente neppure a Mark che l’alimenta solo a crocchette che acquista a sacchi da 50 chili e che non capisce dove Ella riesca a recuperare questi magici ossi... forse scavando nel terreno del vicino? Mah!

Ok mi sono dilungato troppo e anche per oggi è tempo di andare a nanna alla prossima


Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Penrith, 20 gennaio 2011

Ettore Ivaldi:
Ci sono cinque generazioni e 27 anni di differenza fra il vecchio e saggio David Ford, campione del mondo nel 1999 a Seu d’Urgell e argento nel 2003 ad Augsburg, e il giovane e abile Zeno Ivaldi, bronzo ai mondiali junior 2010 e campione europeo a squadre nel 2009, eppure in acqua, questa mattina, hanno lavorato assieme in una bella ed interessante sessione tecnica. Il canadese quest’anno a marzo vedrà la sua 44esima primavera, mentre per l’italiano di primavere non ne sono passate ancora 17. Il primo pagaia con la canoa Sonic, l’ultima uscita dalla produzione di Galasport, il secondo, dopo diverse prove ed esperimenti, non ha dubbi e rimane sulla Kapsl di Vajda. David è meticoloso e molto attento ai particolari, Zeno è più impulsivo e sensibile sull’acqua. Tra i due ci sono diversi centimetri di differenza nei bicipiti e nella pala... ovviamente a favore dell'atleta della foglia d’acero. Zeno riguardando il video dell’allenamento ha sorriso nel vedere il modo con cui il suo compagno di allenamento di oggi imposta qualche risalita: “ehi papi ma era proprio strano come facevate le risalite un tempo, un giro lunghissimo rispetto ad oggi!” Ebbene sì, un altro modo di portare la canoa: ricerca di fluidità all’interno delle morte e una posizione del corpo molto avanzata; certo la centralità di oggi sarebbe sembrata una cosa strana e poco redditizia. Con David ho avuto modo, durante l’allenamento, di commentare la sua voglia di adeguarsi e il suggerimento che mi sono sentito da dargli è stato quello di tagliare sì il palo in entrata ma cercare nello stesso tempo una dinamicità in fase di rotazione. Quella dinamicità che fa la differenza tra un atleta e l’altro. Ma David, non fosse altro per la sua lunga esperienza, mi ha risposto: “Normaly it's not my style and for me it's not easy to do it”.
In effetti il modo di andare di oggi è lontano anni luce dallo stile che per anni ha fatto storia e David Ford ha praticamente vissuto sulla sua pelle tutti questi passaggi. Quel cercare a volte quella posizione avanzata per mantenere il più possibile contatto con l’acqua al fine di far correre la canoa anche a costo di fare giri molto più lunghi sa di antico. Vedendo oggi i più giovani in acqua ci si rende conto che se si perde dinamicità si fa poca strada e seguendo questa mattina l’allenamento dei due atleti di mille generazioni diverse ci si rende perfettamente conto che la differenza sta proprio in questo. Ford dalla sua può metterci strategia, intelligenza tattica, esperienza e un fisico possente e nello stesso tempo resistente, ma non può far granché per migliorare agilità e destrezza. Elementi che al di là di tutto sono innati e che si coltivano e si sviluppano solo in giovanissima età. Ecco perché ci tengo a sottolineare che, secondo me, dall’allievo fino ai primi anni senior bisogna dare ampio spazio e privilegiare i lavori di velocità su percorsi corti e su tracciati impegnativi. Come si potrebbe altrimenti acquisire ed allenare tecniche che comportano comunque un grosso dispendio di energie con lavori troppo lunghi?
E’ impressionate pure nei senior di alto livello notare la differenza tecnica quando sono sul canale a fare lavori di loops e lavori tecnici su poche porte. Nel primo caso molte risalite sono fatte con il chiaro obiettivo di portare a termine il lavoro da fare, viceversa l’approccio mentale nel secondo caso è totalmente diverso, molto allenante al fine dell’obiettivo principale e cioè una gara che può variare dagli 85 ai 100 secondi. Questo ricordiamocelo bene perché altrimenti incorriamo in un errore che noi vecchi abbiamo fatto spesso e volentieri e cioè allenarci duramente per sopportare carichi di lavoro sempre più massacranti dimenticandoci che la gara ha tempi decisamente diversi e con tempi di recupero assai lunghi tra una manche e l’altra. Ron Lugbill ci diceva spesso: “ma voi vi allenate per allenarvi o vi allenate per gareggiare?”

Finita la sessione tecnica con David e Zeno mi sono fermato sulla riva a guardare l’allenamento dell’ora dopo. In acqua, fra gli altri, Fabien Lefevre, Peter Kauzer e Daniele Molmenti. Il francese è qui a Penrith dai primi di dicembre, sembra che in Australia voglia trasferirsi una volta finita la carriera sportiva. La moglie, una ex-fotomodella aprira' un negozio di modo e il piccolo crescera' tra i canguri. Lo sloveno si ferma sei settimane, anche lui qui in compagnia della fidanzata devota alla causa e spesso e volentieri con il video in mano. L’italiano è partito dall’amata Patria il 13 gennaio e dovrebbe tornare per metà marzo per andare quasi direttamente ad Atene, anche lui in dolce compagnia. Beh di loro avrò modo di parlarvi a lungo nel prossimo futuro visto che gli spunti e le curiosità non mancheranno certamente.

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi

... Penrith, 23 gennaio 2011

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