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ANALISI DI UNA STAGIONE DI SLALOM

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Skillo:
Slovacchia  +16 finali
Slovenia     +11 finali
Rep Ceca    + 6  finali
Inghilterra   + 5 finali
Australia     + 4 finali
Italia          + 4 finali
Spagna       + 3 finali
Polonia        + 3 finali
Austria        + 2 finali
Russia         + 2 finali
Cina            + 1 finale
Macedonia    + 1 finale
58 posti in finale più dell'anno scorso a fronte di sole tre posizioni perse tra Irlanda e Grecia fa un totale di 55 posti in finale in più. Adesso sarebbe interessante sapere quanti di questi posti sono dovuti a gare in più (o in meno), quanti all'eventuale abbandono (o non partecipazione) delle gare da parte di alcune Nazioni, quanti a variazioni del numero dei finalisti ammessi da un anno all'altro e quanti sono infine dovuti all'inserimento delle gare in c1F.
E se avessi dimenticato qualcosa, aggiungi pure.
 

Ettore Ivaldi:
Conclusa una veloce analisi legata alle nazioni è giunto il tempo per addentrarci nelle singole specialità per capire cosa sia mai successo in un anno di transizione come quello appena concluso. Inizio precisando a Skillo che ovviamente i numeri in più sono dovuti all’inserimento ufficiale della canadese in rosa e a 3  nazioni che hanno tenuto a zero il loro incremento e altre che sono entrate rispetto al 2009.

Partiamo dai Kayak uomini sviluppando i punti più salienti che la stagione ha messo in evidenza:  

1. Sfida al vertice Daniele Molmenti e Peter Kauzer
2. Alle spalle dei due pochi nomi nuovi, bene i tedeschi.
3. Inglesi a terra
4. Statistiche


1. Per i kappa uomini una cosa è certa: chi vince gli europei non vince il mondiale e chi vince la coppa si porta a casa anche la maglia iridata! Infatti nel 2009 Peter Kauzer ha vinto coppa e mondiale, lasciando a Daniele Molmenti il titolo continentale e l’amaro in bocca. Mentre quest’anno le carte si sono invertite.  Sono solo tre gli uomini nella storia dello slalom che hanno vinto europei, mondiali e coppa. Infatti all’italiano e allo sloveno si aggiunge il teutonico Fabian Dorfler - coppa e mondiali nel 2005, europei nel 2006.
In sintesi possiamo dire che il 2010 per questa specialità è stata una sorta di fotocopia dell’anno precedente con la sfida che si è prolungata tra Kauzer  e Molmenti. I due infatti sono gli unici che hanno centrato tutte le finali. La media delle posizioni in classifica vede lo sloveno con 4,6 e l’azzurro con 3,2. Una la vittoria per Kauzer e tre per Molmenti.
Kauzer ha preferito preparare la stagione restandosene nel vecchio continente, concentrando la sua attenzione sul tracciato di casa e con qualche sporadica uscita all’estero. Molmenti invece ha passato l’inverno  al caldo australe per poi tornare e andare direttamente ad Atene a completare il suo ciclo di carico. Il friulano nella stagione appena conclusa è decisamente migliorato sotto il punto di vista strategico, complice di questo il tecnico della forestale Pierpaolo Ferrazzi. Il campione olimpico di Barcellona in questo campo è sempre stato un grande maestro e con quest’arma ha costruito i suoi successi sportivi. Kauzer ha pagato non poco la tensione di gareggiare in casa con tutti gli occhi puntati  e con il titolo da difendere. La sua gara di finale ai mondiali è stato  un vero capolavoro fino all’uscita della porta 11, poi un momento di buio, per un finale veloce, ma eccessivamente rischiosa.


2. Alle spalle dei due super eroi praticamente il vuoto con qualche inserimento da parte del ceko Hradilek, del transalpino Bourliaud e del campione olimpico in carica il tedesco Grimm, oltre allo svizzero ritrovato Kurt. Tutti e quattro con tre finali.  Chi ha sorpreso non poco, anche se in realtà di vere sorpresa non si può parlare quando i protagonisti sono i tedeschi, sono i giovanissimi Sebastian Schubert classe 1988  e Hannes Aigner ’89. Personalmente mi attira il modo di pagaiare di Aigner che ad Ausgburg, in casa certamente, ha dominato la gara di coppa del mondo. Il suo stile dà la sensazione di una grandissima sicurezza: molto bilanciato, pochi colpi di testa, una grande spinta in avanti con le gambe. Ai mondiali ha contribuito non poco a portare a casa il titolo iridato a squadre, uscendo però in semifinale nella prova individuale. Schubert non è entrato in squadra per i campionati del mondo, ma ha vinto gli  europei U23. I tedeschi quindi riscattano il 2009 che li aveva visti in calo. Infatti lo scorso anno avevano centrato in totale solo 4 finali con Schubert e Grimm, mentre quest’anno le finali sono state sette con ben 4 atleti. Italiani sempre ancorati al mostro Molmenti con un ritorno di Cipressi che ha centrato la finale ad Augsburg e ai mondiali finendo rispettivamente sesto e ottavo. Alle spalle dei due ancora tanta incertezza con giovani che purtroppo rallentano la loro crescita perché sono senza guida tecnica di livello.
3. Male gli inglesi che hanno chiuso la stagione con solo due finali grazie ad un Walsh  che, per la verità, ci è sembrato sotto tono. Sono scesi da 7 a 2 finali. Che cosa sia successo ai sudditi di sua maestà è difficile da dire anche perché in effetti l’impegno è massimo. Walsh è alla ricerca del mezzo dopo diversi tentativi con Vajda alla fine si è presentato ai mondiali con la nuova barca di Nelo, ma per la verità ho avuto l’impressione di vederlo molto piantato all’uscita di tutte le risalite. Swetnam si ostina a gareggiare con un modello “old style” come è la Shimitar, mentre Richard Hounslow sembra più concentrato sul C2 con Florence che sul K1, dove certamente si toglie qualche soddisfazione in più visti il bronzo mondiale e il quarto posto europeo. Alle spalle di questi tre per la verità non c’è molto: il quarto alle selezioni è infatti un giovane classe ’92 che risponde al nome di Joseph Clarke e che, seppur talentuoso, ha sempre avuto difficoltà a centrare le gare anche da junior.
4. Veniamo alle statistiche che ci dicono che nel 2009 i finalisti erano 23 in rappresentanza di 12 nazioni e nel 2010 sono passati a 27 per 17 nazioni.  Ci sono 13 nomi nuovi nel 2010 e otto atleti finalisti nel 2009 non sono entrati nel 2010. Sono cresciute le percentuali di distacco per entrare in semifinale dal vincitore, grazie anche al fatto che ora sono in 40 a passare contro i 20 dello scorso anno. Aumentate anche le percentuali per entrare in zona medaglia.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

fine quarta parte -

P.S. mi scuso per il ritardo di questo intervento sull’analisi della stagione, ma l’organizzazione dell’Adigemarathon mi ha preso moltissimo tempo.

Ettore Ivaldi:
Nel settore kayak femminile l’anno scorso avevo scritto tra le altre cose: “abbiamo visto crescere parecchio Corinna Kuhnle l’austriaca che sembra avere davanti a sé tante belle prospettive”. Beh! direi che la bionda possente pagaiatrice ha brillantemente supportato le nostre previsioni con la vittoria del campionato del mondo e con l’argento europeo. Per vedere un’austriaca sul gradino più alto del podio dobbiamo tornare indietro parecchi anni e arrivare alla prima edizione iridata e cioè nel 1949. Per la verità a Ginevra fu un vero e proprio trionfo con il podio completamente tinto di bianco-rosso: la vittoria fu di Heide Pillwein, mentre l’argento e il bronzo andarono alle compagne di squadra Frizi Schwingl e Gerti Pertlwiese. Fatto curioso: le tre atlete dominarono la scena fino ai mondiali del 1953 a Merano alternandosi sul gradino più alto e portando  a casa anche due titoli iridati a squadre nel ’49 e nel ’51, mentre nel ’53 giunsero terze dietro alle cecoslovacche.
Ma torniamo ai giorni nostri con la bionda Kuhnle che nasce il 4 luglio del 1987 e canoisticamente  fa il salto di qualità grazie a Manuel Köhler che la prende giovanissima e la porta fino all’inizio del 2009. in quell’anno Corinna abbandona il “talent scout” e trova in Helmut Schröter il nuovo allenatore. Quest’ultimo, nato a Dietlikon (Svizzera),  aveva allenato in passato la squadra nazionale elvetica,  e, quest’anno, il 25 febbraio, ha compiuto 60 anni. Nel 2004 lascia lo scudo crociato per passare  ad allenare i kayak tedeschi fino a diventare nel 2006 responsabile di tutta la squadra. L’idillio con il relativo incarico però si interrompe alla vigilia dei Giochi Olimpici di Bejing,  quando la Federazione tedesca non accettò la sua proposta di portare ai giochi Fabian Dorfler quando a passare le selezioni fu Alexander Grimm... poi sappiamo tutti come andò a finire. Il suo posto fu preso da Michael Trummer. Lasciata la Germania ha accetta lo proposta offertagli dal professor Helmar Steindl responsabile della squadra austriaca e oltre alla giovane talentuosa Corinna segue i settori giovanili nel tentativo di rilanciare una squadra che negli anni ’80  dominava la scena mondiale.
In sostanza il maturo Helmut si è trovato fra le mani un’atleta che da tempo aveva fatto la scelta di dedicare anima e corpo allo slalom con il chiaro obiettivo di guadagnarsi gloria e fama tenendo in mano una pagaia da far piroettare fra i pali dello  slalom. Una forza decisamente fuori dal comune caratterizza l’austriaca che pagaia con una Twister della G-Power misura L... e questo può dare la dimensione della sua potenza. Oltre al mondiale si porta a casa anche la Coppa del Mondo e il bronzo agli europei U23.
Ancora una volta l’unica a prendere tutte le finali è stata Jana Dukatova cinque su cinque, vincendo un europeo in casa con la classe di una pantera. Elegante, felina, graffiante al momento giusto, convincente per stile e potenza a Tacen ha gareggiato con il patema d’animo di dover vincere una medaglia a tutti i costi per tenere aperta la porta olimpica.  Quattro finali sono state conquistate da Fiona Pennie, Jasmin Schornberg e Marie Rioskova, tre Hilgertova, , Chourraut e Neave.
La nazione che ha dimostrato di essere cresciuta notevolmente è stata l’Australia che ai mondiali aveva ben tre atlete in finale: Jessica Fox, Sarah Grant  e Katrin Lawrence arrivate poi rispettivamente 5^, 6^ e 9^.
Diminuito decisamente il numero delle finaliste rispetto alle 26 dello scorso anno in rappresentanza di 11 nazioni, infatti nel 2010 ne abbiamo avute solo 22 da 9 nazioni, fuori Cina e Russia. Quest’ultime due nazioni stanno massacrando i propri atleti sotto l’aspetto fisico tralasciando quello tecnico. Nonostante il grande impegno di mezzi, uomini e tempo, si rischierà di non vedere molti cinesi e russi in finale ancora a lungo. 
Le donne si sono avvicinate agli uomini nelle gare di qualifiche e allontanate nelle prove di finali. In sostanza, in questa categoria con un’apertura maggiore alla semifinale, il divario diventa inversamente proporzionale per la conquista della medaglia.
A  podio nell’ultima stagione sono andate 11 atlete rispetto alle 7 dell’anno precedente.
9 finali per Gran Bretagna, Repubblica Ceka e Slovacchia; 8 per Germania; 5 per Austria; 3 per Spagna e Australia; 2 per Francia e Slovenia.
Manca solo  ricordare che quest’anno abbiamo rivisto Jennifer Bongardt dopo un paio di anni bui chiudere il mondiale in quarta posizione e l’infortunio di Elena Kaliska che l’ha obbligata a fermarsi a metà stagione.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

fine quinta parte -

Ettore Ivaldi:
La canadese monoposto vive da tempo nel dualismo Estanguet - Martikan. Sono loro due che fanno il bello e il brutto di questa magica disciplina da diversi anni. Tony era uscito malamente dai Giochi Olimpici, come avevo sottolineato lo scorso anno, ma direi che in due anni si è ripreso delle belle soddisfazioni. Alle spalle dei due mostri sacri sono cresciuti non poco Matej Benus, che si è portato a casa la Coppa del Mondo  e   ha preso finali in tutte le gare a cui ha partecipato. Come lui anche il suo compagno di squadra Alexander Slafkovsky. Non per niente con Martikan si sono confermati campioni del mondo a squadre su un percorso, come quello di Tacen, assai aleatorio.
Mi sono piaciute le parole di “Super Tony” che ha commentato così il suo successo iridato:”mi sono lasciato andare in finale e ho seguito la musica dell’acqua, senza forzare mai”. Molto significativa la fotografia del transalpino per il suo terzo titolo mondiale individuale (’06;’09;’10) che ora lo riavvicina a Martikan che di titoli iridati individuali ne ha accumulati ad oggi ben quattro (’97;’02;’03;’07) e altri quattro a squadre (’97;’03;’09;’10), contro i due a squadre di Tony (’05 e ’07). La stessa filosofia del francese la si ritrova nello  slovacco che, intervistato dopo una prova di Coppa del Mondo ad Augusburg, dichiara: “il percorso era troppo facile bisogna pagaiare con troppa intensità,  cosa che non faccio neppure in allenamento visto che preferisco modellarmi all’acqua”. Insomma forza, resistenza, costanza, ma quello che conta alla fine è questa sintonia fra l’uomo, la canoa e l’acqua per fare veramente il salto di qualità.
Il giovane sloveno Benjamin Savsek  si è confermato un buon  pagaiatore in canadese monoposto con ben quattro finali come il tedesco Sideris Tasiadis. Quest’ultimo, assieme a Christos Tsakmakis, ha gareggiato con una canoa uscita direttamente dalla loro fantasia e dalla loro  ecletticità canoistica: la “TT Syphone”,  in collaborazione con Galasport, è uno scafo molto  innovativo e soprattutto molto instabile, nato soprattutto per il mondiale di Seu del 2009.Per la verità, secondo il mio modestissimo parere, il mezzo li ha  penalizzati non poco perché sicuramente è una barca che non permette nessun errore e molto spesso si sono trovati a dover risolvere problematiche legate proprio all’equilibrio. In modo particolare ciò è successo al greco che, a parte il bronzo agli europei U23, non è riuscito a centrare nessun’altra finale. E’ quello che in parte è capitato a Chanut Gargaud che se da un lato è riuscito a vincere gli europei U23 e a mettersi al collo l’argento ai mondiali in C2, ha avuto un calo nella specialità individuale da quando gareggia in entrambe le specialità. Il bianco di Francia dovrà risolvere il dubbio amletico: C2 o C1? C2 e C1 questo il dilemma!
E la canadese italiana come si è comportata quest’anno dopo aver nominato ben due tecnici del settore? La risposta è già stata scritta in molti miei precedenti interventi e il quadro ahimè non è per nulla cambiato anzi... Si pensi che campione italiano è Andrea Benetti, notoriamente atleta della canadese doppia che di ore nella specialità singola ne ha passate veramente poche tanto più che nasce come kappista (europei  junior ’97 e mondiali ’98), secondo italiano Stefano Cipressi e terzo Stanislav  Gejdos. Solo settimo il C1 su cui punta tutto la Federazione.  Ora il bravo Andrea, onesto singolarista, ottimo ciduista,  ha preso il 19,3% dal campione del mondo  e con una percentuale così non si passa neppure il primo turno ad una gara internazionale. Il minimo richiesto per fare ciò è il  16%. Per quello che riguarda il giovane laziale fatelo crescere con la dovuta tranquillità e non tirategli il collo  come state facendo,  se poi  qualcuno gli dicesse anche di spingere la canoa avanti con le ginocchia gli risparmiereste tempo e fatica ottenendo risultati migliori! Così, solo per un piccolo suggerimento anche se non richiesto.

Fiducioso l’anno scorso, nell’analisi di una stagione di slalom, scrivevo che sarebbe auspicabile che la lungimiranza di qualche politico capisca che è il caso di aprire le gare della canadese monoposto  a partire dalla categoria degli allievi. Sono stato ascoltato e la cosa si è concretizzata.

Quest’anno suggerisco di introdurre nelle gare nazionali la prova di qualifica, semifinale e finale così abituiamo i nostri atleti a gareggiare sotto pressione come avviene nelle prove internazionali. Chissà che qualcuno di influente legga e ne faccia tesoro.

Se poi ci facessimo promotori a livello internazionale della combinata - slalom più discesa - sarebbe il massimo... per il momento ovviamente!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

fine sesta parte -

Ettore Ivaldi:
La canadese doppia è una specialità che per molti versi ha fatto la storia della canoa slalom. Una barca che unisce la spettacolarità alla componente dell’intesa umana. Un mix equilibrato tra forza, coordinazione fisica e mentale che ha come risultato finale l’ eleganza del gesto. Spesso mi rendo conto che i C2 possono mettere in atto manovre che un K1 o un C1 non possono nemmeno immaginare. Avere cioè contemporaneamente velocità e rotazione, frenata e propulsione. Non basta essere buoni pagaiatori inginocchiati, ma bisogna essere nello stesso tempo psicologi di se stessi e del proprio compagno. Gli atleti di questa disciplina sono diversi dal resto del circuito. Li vedi camminare sul percorso con molta tranquillità e soffermarsi su combinazioni di porte per molto tempo. Osservano individualmente il passaggio di qualche concorrente e poi i loro sguardi si incrociano come innamorati per avere prove d’assenso o per rimettersi a discutere. A volte basta un cenno del capo, un gesto con la mano, un sorriso o una smorfia per entrare in sintonia con il terzo elemento e cioè il compagno. Terminata la carriera sulla stessa barca molte volte le vite si separano e ognuno va per la propria strada. Eppure i C2 condividono ogni istante, ogni emozione, ogni fatica, magari per molti anni alla ricerca di una sintonia che si spezza solo con i fatti di una vita senza canoa.
La mia vena storica  non può non sottolineare l’impresa dei fratelli Pavol e Peter Hochschorner che, a Tacen (Slovenia), sono saliti per la terza volta consecutiva sul gradino più alto del podio iridato. Lo avevano fatto nel 2009 a Seu d’Urgell (Spagna) dopo aver vinto la loro terza medaglia d’oro olimpica e prima nel 2007 a Foz de Iguazu (Brasile). Bene! Con questa vittoria hanno  uguagliato quello che solo pochi sono riusciti a fare in tutto il panorama internazionale dello slalom. Nella canadese biposto ci riuscirono solo, prima di loro, i fratelli tedeschi dell’Est Gunther e Manfred Merkel che vinsero i mondiali nel 1961 a Hainsberg (Germania) e nel ’63 e ’65 a Spittal (Austria). E da curiosità a curiosità diciamo che  i fratelli campioni del mondo si contano sulle dite delle mani. Quindi oltre ai già citati Gunther e Manfred Merkel e Pavol e Peter Hochschorner troviamo nel 1969 i francesi  Jean Claude e Jean Louis Orly, nel 1981 gli statunitensi Steve e Mike Garvis, nel 1983 ancora statunitensi Lecky e Fritz Haller e nel 1987 i transalpini Pierre e Jacques Calori. 
Chi sono gli altri due atleti che possono vantare tre vittorie consecutive nei campionati del mondo di canoa slalom? Beh è facile! Qualcuno risponda per favore! Non possono farlo L8 e Pierpaolo Ferrazzi, troppo scontato per loro grandi esperti e conoscitori della materia. Non possono rispondere neppure i miei figli  che addormentavo raccontando le epiche imprese di queste due stelle immense del firmamento canoistico dei paletti dello slalom.

Torniamo però al tema di questa penultima puntata sull’analisi della stagione agonistica 2010 e cioè il C2 tra mito e leggenda!
Dai 18 finalisti del 2009 siamo passati ai 21 del 2010 e dalle 9 nazioni siamo passati alle 10. E’ entrata la Russia con due finali conquistate da Mikhail Kuznetosov/Dmitri Larionov e chi ha memoria sa che questo equipaggio ai Giochi Olimpici di Bejing  ha preso un bronzo molto importante. Come sempre slovacchi grandi protagonisti con tre equipaggi che in totale hanno conquistato 11 finali e 4 podi. Sono 10 gli equipaggi che hanno preso podio in rappresentanza di 7 nazioni.

L’anno scorso avevo introdotto il problema che si sta presentando in relazione a questa categoria per il futuro olimpico dopo il 2012. L’ICF per trovare soluzioni ha prospettato la possibilità di far gareggiare già dalle prossime gare a cinque cerchi atleti in C2 purché già qualificati in C1 o K1. In sostanza, tanto per fare un esempio, se Daniele Molmenti si qualificasse per le gare olimpiche in K1 e Roberto Colazingari lo facesse in C1, poi questi due atleti potrebbero mettersi assieme e gareggiare anche in C2. Mi rifugio dietro ad un: “no comment”!

L’Italia ha investito molto su tre barche, ma a mio modo di vedere in maniera molto ambigua. Infatti nel 2009 si lasciano a casa dagli europei atleti che hanno preso medaglie ai mondiali e poi l’anno successivo si fanno gareggiare alla prova continentale e mondiale equipaggi che neppure fra gli U23 prendono  finali e alcuni neppure la semifinale. Qualcuno ci spiegherà questa strana strategia.
In questi giorni Erik Masoero sarà sottoposto ad un intervento chirurgico per cercare di sistemare un problema alla schiena. Quindi riprenderà a pagaiare fra diversi mesi, unico neo: non si poteva fare prima come avevamo suggerito da molto tempo? Che cosa è servito finire la stagione con i mondiali aggravando lo stato fisico dell’atleta e trovarsi solo ora a novembre a prendere in mano la situazione?

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

fine settima  parte -

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