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ANALISI DI UNA STAGIONE DI SLALOM

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Ettore Ivaldi:
Per fare delle analisi c’è bisogno di un giusto tempo e soprattutto bisogna farle dopo aver ben metabolizzato i vari eventi.  Non bisogna però  cadere nell’errore opposto perché significherebbe perdere e quindi non usare anche quelle emozioni, sensazioni ed informazioni che il campo ti ha fatto vivere intensamente. Dopo i campionati del mondo di Seu ho passato una settimana a riguardare i video di coppa del mondo e dei mondiali. Ho approfondito e rivisto con la moviola alcuni precisi gesti. Ho messo in parallelo più atleti. Ho confrontato anche atleti di livello più basso rispetto ai top. Ho ripreso intermedi,  e ho cercato poi,  di capire le strategie dei vari atleti nell’affrontare le diverse gare. Le statistiche messe assieme possono dire molte cose, ma devono essere ovviamente interpretate e a sua volta applicate alla realtà. Possono sicuramente dirci molto se si ha la voglia e la capacità di tirare delle conclusioni.  
Altro punto è quello di cercare di capire, specialmente  dopo il convegno di fine febbraio a Varsavia organizzato dall’ICF per gli allenatori, se effettivamente, a cinque anni dall’introduzione delle canoe più corte e dopo diverse rivisitazioni del regolamento, stiamo andando incontro ad una nuova epoca per lo slalom.
L’analisi diventa completa  con un approfondimento di quello che si è potuto realizzare in prospettiva mass-media. Capire le ragioni per cui la canoa non riesce a sfondare il muro della popolarità, se pur esplicitamente sottolineato dagli addetti ai lavori, come sport altamente televisivo. Si vedano dati anche delle ultime Olimpiadi in cui  lo slalom è il terzo evento più richiesto e visto.

- ANALISI TECNICA –

A.   DATI

In sostanza su tre gare di coppa del mondo, europei e mondiali i percorsi di gara iniziano a prendere una loro precisa fisionomia:

1.   i tempi di gara per i kayak uomini nelle qualifiche si aggirano di media intorno ai 90,31 secondi e per qualificarsi – cioè entro i primi 20 – bisogna restare di media nel 4,14% dal vincitore;

2.   i tempi di gara nel kayak femminile per le qualifiche si aggirano di media sui 101,28 secondi con un distacco dal miglior K1Men del 12,8%; per qualificarsi nelle 20 migliori canoiste bisogna restare nel 9,17 % dalla vincitrice;

3.   i tempi di gara nella canadese monoposto uomini per le qualifiche sono di 94,60 con un distacco dai K1M del 4,79% mentre per rientrare nei 20 bisogna restare nel 7.01% dal vincitore di categoria;

4.   per il  C2 in qualifica abbiamo un tempo di media di 100,73 con un distacco dai K1M dell’11,62% e per rientrare nei 20 il distacco dal vincitore di categoria è del 12.77%;


5.   ne deriva che tra i vincitori e l’ultimo dei qualificati c’è un margine che varia per categoria in questi termini:

-   K1M 4,10% - K1W 10,29% - C1M 7,01% - C2 12,77%

6.   i percorsi di semifinale e finale sono di media più lunghi di circa 6/8 secondi rispetto a quelli della qualifica, con le seguenti medie per categoria:

- K1 Men 96,31 - K1 Women 108,80 - C1 Men 101,82 - C2 107,88;

7.   cambiano anche i margini di distacco per entrare in finale dal vincitore di categoria:

-   K1 Men dal 4,14 al 5,18 - K1 Women dal 10,29 al 9,50 – C1 Men dal 7,01 al  6,91 - C2 dal 12,77 all’8,16%;

8.   nel 98,1% dei casi per vincere si deve migliorare il tempo  del vincitore della semifinale;

9.   nel 69,4% dei casi ci si qualifica in semifinale con la seconda manche;


10.   su molti percorsi si è utilizzato il palo unico con una media del 63,5%;

11.   del 63,5% il 39,4% è l’utilizzo del palo unico per le porte in risalita;

12.   si sono viste spesso porte a “ski” proposte, sullo stesso tracciato, da destra a sinistra o viceversa e successivamente dal lato opposto;
 
Vediamo ora di tracciare una statistica sui  finalisti nelle varie manifestazioni prese in esame:

13.   nei kayak uomini sono stati 23  atleti che hanno preso almeno  una finale. Un solo atleta (Walsh) ha disputato tutte e 5 le finali, 4 con 4 finali (tra questi Daniele Molmenti), 1 con 3, 9 con 2 e 8 con 1;

14.   nel kayak donne le finaliste sono state 26. Solo Jana Dukatova è entrata in tutte le finali, con 4 la giovane neo campionessa del mondo Jasmin  Schrnberg, 5 con 3, 6 con 2 e 12 con una finale.

15.   nella canadese monoposto maschile abbiamo 19 finalisti, solo l’argento di Beijing 2008 ha 5 finali, 4 con 4, 3 con 3, 4 con 2 e 7 con una finale e 1 con una;

16.   nella canadese biposto sono 18 i finalisti, 3 con 5, 4 con 4, 2 con 3; 4 con 2 e 5 con una finale;

17.   a livello di nazioni si consideri che i paesi partecipanti al Campionato del Mondo sono stati 61 mentre in Coppa del Mondo abbiamo una media di 23 paesi. Su questi numeri abbiamo i seguenti dati a livello di nazione:


tavola riassuntiva per nazioni
n.°   team   finali   atleti
1   Giappone   1   1
2   Russia   1   1
3   Austria   2   2
4   Irlanda   2   1
5   Grecia   3   2
6   Cina   4   2
7   USA   4   3
8   Italia    5   2
9   Australia   6   4
10   Polonia   7   4
11   Slovenia   12   7
12   Spagna    12   6
13   Rep.Ceka   20   11
14   Germania   27   11
15   GBritain   27   9
16   Francia   32   11
17   Rep.Slova 35   9

B.   RIFLESSIONI

In base all’oggettività dei risconti  raccolti e messi in comparazione anche con dati degli anni precedenti  si evidenziano molte problematiche e molti spunti di riflessione.

1.   Il primo riguarda senz’altro l’utilizzo dei nuovi materiali che nella sostanza numerica e di risultati non hanno portato a grandi cambiamenti a livello internazionale, dopo 5 anni dal loro inserimento. Le nazioni e gli atleti  che dominavano, dominano tuttora. L’incremento, sperato, per numero di nazioni partecipanti è piuttosto esiguo se non addirittura in ribasso – se relazioniamo le 73 nazioni al via ai Campionati del Mondo di Augsburg 2003 con le 61 – tirate proprio per i capelli – della prova iridata di La Seu d’Urgell.
2.   La nuova formula con due manches di qualifica, una semifinale e finale secca hanno dato certamente vitalità all’intero programma, ma nella sostanza non ha portato quell’apertura che ci si poteva aspettare con una prova unica. Si pensi che in media gli atleti che hanno preso finali in Coppa del Mondo e Mondiali,  erano numericamente maggiori  prima o pressoché uguali oggi. Non si è  neppure approdati ad una massiccia copertura televisiva,  come poteva esser fatta per le gare di semifinale e finale, visti tempi ristretti e programmabili per tempo.
3.   Aspetto positivo è che si è giunti ad avere una sorta di modello standard del percorso di gara – almeno nelle gare più importanti. Questo ovviamente facilita il lavoro dei tecnici per programmare l’allenamento. Sono stati fatti passi avanti anche nella scelta dei percorsi che via via vanno a rispecchiare in linea di massima le nuove tendenze. Questo va letto soprattutto sotto l’aspetto dei nuovi materiali che indubbiamente permettono manovre molto secche ed impegnative. C’è una vera e propria esaltazione tecnica ovviamente supportata da una grande preparazione fisica. Interessante poi la dinamicità dei tracciati.
4.   La possibilità di un atleta di poter partecipare  a due gare all’interno della stessa manifestazione non ha inciso praticamente nulla sull’incremento del numero di equipaggi al via. L’opportunità era nata per cercare di incrementare il numero di C2 nel panorama internazionale.


fine prima parte – Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

maqroll:
 :D

Grazie: naturalmente aspetto la seconda parte.

Avendo letto anche i precedenti rapporti (Coppa e Campionato mondiale) comprendo meglio, in quelle note, i riferimenti ai test di materiali e alla lettura dei tracciati che fanno allenatori ed atleti.

Potresti (potrebbe qualcuno del forum) diffondere un link a registrazioni video del mondiale? In quei giorni si vedevano in diretta (web ma malamente) ma non ho avuto modo di accedere a dirette televisive oppure replay di dirette.

Sempre all'erta...

Ettore Ivaldi:
Ecco il link per i video dei campionati del modo di La Seu d'Urgell - http://icfvod.sportstec.tv/competition.php

occhio all'onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi:
Passiamo ora ad analizzare analiticamente le varie categorie e partiamo dal kayak maschile.

La stagione appena conclusa nel kayak maschile  è stata certamente caratterizzata da diversi aspetti fra questi evidenzierei:

1.   il  dualismo al vertice fra Daniele Molmenti e Peter Kauzer
2.   Julien Billaut, Campebell Walsh e Fabien Lefevre
3.   Debacle tedesca e in parte italiana
4.   Statistiche


1. La stagione è stata caratterizzata al vertice dallo scontro costante fra Daniele Molmenti e Peter Kauzer. Cioè tra Super Cali e Pero come i due campioni sono conosciuti nel mondo delle gare. L’italiano inizia bene la stagione con una vittoria e un secondo posto  in New Zeland e ancora con un primo posto in  Australia. Kauzer rincorre e sembra però non preoccuparsi più di tanto. Si arriva agli Europei di Notthingam a fine maggio. A spuntarla,  ancora una volta, il bravo Molmenti con una finale attenta e priva di rischi, in cui si nota che l’atleta della Forestale ha assimilato il duro colpo olimpico al meglio. Ha imparato cioè, a sue spese, che la “tattica suicida” nell’affrontare sempre al massimo le gare non porta molto lontano. In finale Super Cali è attento, non rischia più del dovuto e confida soprattutto nell’eccesso di esuberanza altrui.  Cade infatti, in questa trappola mortale,  Fabien Lefevre che sciupa  con un 50 del tutto inutile, il suo miglior tempo in assoluto.
Kauzer, agli europei, finisce quarto e qualcuno commenta così la sua prestazione: ”probabilmente ha  dovuto fermarsi a salvare un pesce che stava annegando”! L’immagine è chiara, infatti il campione sloveno sembrava non avesse problemi a portarsi a casa vittoria e titolo fino all’ultima risalita, dove si è praticamente schiantato contro la parete del canale. Per cercare di rimediare ha sfilato brutalmente la pala dall’acqua sollevando un’immensità d’acqua. La scena è quella di un pescatore che  raccoglie un pesce per gettarlo sulla riva e salvarlo da morte certa! Agli stessi Europei si vede spuntare un giovane transalpino classe 1986, che piazza una zampata sul secondo gradino del podio: il suo nome è Boris Neveau, che troveremo spesso da qui in avanti.
Dopo gli Europei lo scenario è quello della coppa del mondo. A Pau - Francia, Kauzer,  fa capire che il 2009 è il suo anno, vince, ma soprattutto fa vedere grandi cose. Il suo gesto è semplice e preciso. La sua dote più grande è la scorrevolezza. La sua canoa – Kapsl 360 Vajda, dopo essere stato nel team Caiman per diversi anni -  gli permette di essere molto rapido nelle rotazioni e stabile nella ripresa della velocità. Lui in questo ultimo punto è un maestro. Mi ha impressionato vederlo all’opera nel parallelo a Lubjana, una gara fatta nel centro della capitale slovena, sull’acqua piatta, che richiama un grande pubblico e viene presentata come un evento di massima importanza. In parallelo è evidente la sua capacità di rilanciare il mezzo all’uscita delle risalite. Nella maggior parte dei casi, i kappisti di livello, sono molto abili a far ruotare la loro coda, ma nessuno è in grado di far ripartire o far mantenere la velocità alla stessa come viceversa  sa fare Peter Kauzer. 26 anni l’8 settembre, poco più di un metro e 70 centimetri, da sempre allenato dal padre anche lui di nome Peter che in passato è stato un ottimo slalomista, vive a Hrastnik, una piccola cittadina di 10.000 abitanti. La stessa amministrazione comunale organizza, per le gare più importanti, un pullman per seguire il campione di canoa. A turno, tutti gli abitanti,  hanno il diritto di partecipare alle varie trasferte.
Ai mondiali è stato sicuramente l’atleta che si è presentato al cancelletto della finale con più energie ancora in corpo rispetto agli avversari. Gli altri avevano speso molto nelle fasi precedenti e cioè in qualifica e semifinale. Kauzer ha conquistato la finale in maniera molto intelligente e sparagnina, per giocarsi tutte le sue carte migliori nella finale che valeva un titolo mondiale. Ha saputo poi gestire la gara anche dal punto di vista psicologico, facilitato dal fatto che Molmenti e Lefevre non avrebbero fatto parte della rosa dei contendenti al titolo.

2. Alle spalle dei due fenomeni la stagione ha offerto interessanti spunti con Boris Neveau: l’uomo tinto d’argento! Infatti  prima arriva secondo agli europei assoluti, poi ancora argento nella gara di apertura della Coppa del Mondo. Agli europei U23,  a Liptvosky,  un altro argento alle spalle del piccolo, ma potente Ceko Radilek. Ed infine sale sul secondo gradino anche ai mondiali. Classe 1986 – un metro e 85 per 78 kg. La sua canoa è una  Toro Evo di Galasport e pagaia con le CRC modello Shiva, pagaie francesi dalla forma particolare, ma molto leggere, sviluppate con la collaborazione degli stessi atleti e in modo particolare con Peschier e Billaut. Del bianco di Francia è da sottolineare la sua abilità nel  mantenere costantemente  il suo mezzo nella centralità della porta. L’impressione è poi quella di vederlo sempre alla ricerca di una accelerazione costante.
Non possiamo dimenticarci di Campbell Walsh lo scozzese che ha preso tutte le finali arrivando a ridosso del podio e con una vittoria in coppa del mondo nella gara di Bratislava. L’estroso atleta lo abbiamo visto all’inizio di stagione molto perplesso sotto l’aspetto dei materiali, alla fine è rimasto a gareggiare con la stessa canoa con cui ha partecipato alle Olimpiadi 2008.
Si è allenato sotto la guida di uno staff tecnico inglese molto preparato e soprattutto molto motivato. Un carattere un po’ particolare lo contraddistingue e la sua voglia di primeggiare sempre, indipendentemente che si tratti di gara o allenamento, secondo me lo limitata un pochino. Forse lavori di maggior qualità, tralasciando tempi e video, non potrebbero che fargli bene per riacquisire quelle sue qualità, come leggerezza e destrezza, che lo avevano portato a primeggiare. Non che i risultati manchino, ma mi sembra che  sia troppo concentrato attualmente a ricercare risultati con la forza e non sfruttando le sue carte migliori.
Grande deluso della stagione 2009 è sicuramente Fabien Lefevre. Il bronzo di Atene, l’argento di Beijng, nonché il due volte campione del mondo, (2002 e 2003) ha preso il posto in squadra senza fare le selezioni e questo gli ha reso la vita un po’ più facile. Certamente non è più il Lefevre che vinceva i mondiali con 5”05 (2002) o con 1”88 ma con 4 penalità (2003), o meglio lui ha mantenuto il suo livello, ma sono cresciuti a dismisura gli altri facilitati proprio dalle innovazioni delle canoe. Lefevre chiamato dall’Adidas ad una missione impossibile, cercava la medaglia in K1 e in C2,  ma ha trovato solo due 11esimi posti! La vita  sarà ancora più complessa per il prossimo anno perché dovrà passare le selezioni per entrare in squadra, cosa certamente non così facile da fare visto il livello medio degli atleti francesi.

3. Hanno deluso i tedeschi: su tre atleti solo due hanno preso solo quattro finali. Il campione olimpico Alexander Grimm ha salvato, in parte, la stagione con due podi – 2^ in casa ad Augsburg e 3^ a Bratislava, ma poi è sparito nelle prove di qualifica.
Un po’ la stessa cosa è successo agli italiani,  Molmenti  a parte.
Infatti tutti gli italiani che hanno preso parte alla Coppa del Mondo, Mondiali ed Europei – ben cinque – non sono riusciti a prendere nessuna finale e  molto spesso hanno faticato non poco a passare il primo turno. Le ragioni sono molteplici, come ho avuto modo di esprimere in più di un’occasioni. L’unica soluzione però che intravedo oggi è la necessità di cambiare completamente rotta per cercare di salvare il salvabile e dare forza ad un gruppo che a fatica era nato e cresciuto con programmi e lavori seri.

4. Riprendo solo per un attimo i dati statistici già sviluppati nella prima parte in relazione ai distacchi fra i kayak uomini. I margini molto esigui di distacco per passare i vari turni hanno elevato non poco il livello generale. C’è molta alternanza di atleti fra chi entra o resta fuori dalle qualifiche che poi invece si riduce sul passaggio al turno successivo. Questo sta a significare che sono in molti, in questa specialità, ad avere la possibilità concreta di accedere alla semifinale.

fine seconda parte – Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

Ettore Ivaldi:
Prendiamo in esame il settore donne Kayak che in questa stagione non ha avuto una vera e propria leader. Walsh in gonnella è stata sicuramente Jana Dukatova con 5 finali su 5 gare e tre podi – 1 vittoria ad Augsburg in coppa e altri due bronzi. Chi ha retto bene l’anno post-olimpico è stata sicuramente Elena Kaliska vincendo l’Europeo e una gara di Coppa. Abbiamo visto crescere parecchio Corinna Kuhnle l’austriaca che sembra avere davanti a sé tante belle prospettive.
Ben 26 le donne nel kayak che hanno preso almeno una finale fra le 5 gare considerate tra Coppa del Mondo, Mondiali ed europei. Un numero complessivamente sostanzioso che ci sta ad indicare l’effettiva possibilità, da parte delle donne, di inserirsi con maggior facilità nelle gare che assegnano le medaglie.  Dieci finali per le slovacche e 5 podi. Un bottino importante, ma legato soprattutto al grande lavoro che è stato fatto e che si sta portando avanti con due atlete: Kaliska e Dukatova. Alle spalle di queste due grandi comunque c’è una sorta di buco generazionale: infatti non troviamo nessuna finalista slovacca agli europei né tra le junior né tra le U23. Cosa assolutamente opposta per le tedesche che quest’anno hanno ben figurato sulla scena mondiale praticamente in tutte le categorie (Junior, U23 e Senior)  e con un numero nutrito di atlete. Con la giovane Jasmine Schornberg hanno portato a casa il mondiale assoluto tenendo così il titolo in casa dopo quello conquistato nel 2007 dalla Bongardt. Quest’ultima ha gareggiato solo agli europei, finendo 12esima, e in coppa del mondo ad Augsburg dove è arrivata terza, poi è rimasta fuori dalle ultime selezioni. I tedeschi poi con la  più giovane delle sorelle Horn, Stefanie, conquistano l’europeo Junior e con Cindy Poschel prendono l’argento fra le U23, gara che ha visto Jacqueline Horn in settima posizione, ma con un tempo da medaglia. Quindi  ai teutonici non manca certamente materia prima per il settore femminile. Tutto ciò si spiega con un enorme lavoro di base costruito e diretto da Elisabeth Micheler – campionessa olimpica ’92 e mondiale ’91 – che segue attentamente questo settore da molti anni  coadiuvata da numerosi tecnici. La cosa non mi stupisce affatto perché ogni volta che mi ritrovo sul canale di Augsburg ti rendi conto che sei circondato da un numero sempre maggiore di giovani slalomisti. Approfondendo poi lo sguardo e rivedendo la sempre carina Elisabeth sul ponticello tra il bosco,  ti accorgi che stai pagaiando con tante ragazze, grintose e che non accennano a mollare mai la presa con la loro pagaia. Lei, la campionessa olimpica, le rassicura, le guida, le porta per mano con la tranquillità e la serenità di chi è consapevole di svolgere un grande ruolo anche fuori dai riflettori. Ora voi, ovviamente, sorriderete a quanto letto e la conseguenza sarà quella di dire che è facile ottenere risultati quando hai a disposizione strutture e persone. Certo, questo è ovvio, ma bisogna pur pensare che tutto ciò neppure i tedeschi se lo sono trovati fatto da madre natura, hanno messo molto del loro. Hanno creduto nelle potenzialità dello slalom e hanno investito soldi e tempo per offrire ai giovani opportunità di vivere meglio attraverso lo sport.
Per completezza ricordo che sono state 11 le nazioni in rosa che hanno avuto finaliste e 7  sono salite sul podio. Impresa non riuscita a russe, cinesi, austriache e slovene. Queste ultime sono cresciute molto grazie al lavoro costruito dal bravo e sapiente Jelen – direttore tecnico degli sloveni – che ha messo al fianco delle ragazze un certo Terdic che di esperienza e tecnica ha certamente molto da offrire.
In Italia c’è una piccola e giovane realtà che sta prendendo piede grazie alla voglia e alla competenza di Elena Bargigli,  una ex atleta che nonostante le difficoltà che comporta  vivere sul mare, anziché su un canale artificiale di canoa,  ha saputo in gioventù innamorarsi dello sport dei paletti, raggiungere  buoni livelli e soprattutto oggi, avere la voglia e le capacità di trasmettere questo amore a delle giovani ragazze. Ma sappiamo che tutto ciò non basta: bisogna metterla nella condizione di diventare una professionista e dedicarsi a tempo pieno alle sue belle e fresche realtà. Solo così potremo pensare un giorno di essere anche noi in qualche finale mondiale od olimpica per cercare di mettere al collo delle medaglie importanti in una specialità dove bisogna investire tempo in giro per il mondo. Solo qualche esempio? Le ragazze e junior ceke a gennaio erano in  Australia e poi sui canali d’Europa a fare gare e allenamenti per tutta l’estate. L’austriaca – classe 1994 – Viktoria Wolffhardt – grazie al padre e agli aiuti che riceve dalla sua Federazione, se pur questa decisamente piccola in una nazione dove lo sport nazionale è lo sci – passa diverse ore alla settimana ad allenarsi sul canale di Cunovo e l’estate in giro per altri impianti. Jessica Fox, anche lei classe 1994, ha peregrinato tra coppa del mondo e mondiali a lungo per restare a contatto con l’alto livello, dopo essersi allenata costantemente su un canale olimpico seguita da fior di tecnici. Le inglesi sono in raduno costante a Notthingam così come le francesi a Pau. I risultati ovviamente non arrivano per puro caso, ma sono frutto di un costante lavoro duraturo e consolidato. Le spagnole hanno un centro tecnico permanente e i risultati iniziano ad arrivare dopo anni dalla sua nascita.
In Italia le ragazze che pagaiano e che potenzialmente potrebbero essere interessanti a breve, si contano sulle dita di una mano. Eppure c’è un totale disinteressamento, siamo ormai ad ottobre e in vista non ci sono grosse novità se non quelle di tenere gli occhi chiusi e fare finta di nulla. La più giovane delle nostre atlete, spallata l’11 aprile scorso, è stata abbandonata al suo destino. La più anziana,  che porta lo stesso cognome, non viene ascoltata; le altre due vengono umiliate alle gare internazionali. Con queste belle prospettive non oso pensare alle nostre giovanette che vengono chiamate ad una gara internazionale mentre chi avrebbe dovuto essere presente, viceversa, era impegnato in aggiornamenti di tutt’altro genere.

fine terza parte – Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

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