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IN ATTESA DEI MONDIALI DI SLALOM

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Ettore Ivaldi:

--- Citazione da: Mauro Canzano - Agosto 11, 2009, 05:53:37 pm ---Ciao Ettore,

le domande mi vengono spontanee perchè ahimè dentro di me brucia il fuoco della passione per la canoa e la voglia di tenermi costantemente aggiornato...

Ma quando intendi esercizi ( per gli inglesi ) per irrobustire gambe e dorsali intendi esercizi combinati tipo pesistica ? In barca sulla CL si lavora solo su combinazioni sul difficile o su percorsi divisi in + parti o si effettuano anche lavori sull'acqua facile ( ad esempio lavori su scatti in laghi o tratti meno impegnativi ) ?



--- Termina citazione ---

In relazione ai lavori sulla capacità lattacida apriamo un lungo dibattito con  evidente visione del problema da angoli diversi. Sintetizzando e mirando alla specificità della domanda, che presumo legata alla curiosità se le squadre che sono ora in allenamento sul canale dei mondiali svolgano allenamenti altamente specifici in acqua piatta sulla CL ti posso tranquillamente rispondere:  no. Ma il motivo è semplice.

1.   3 ore sul canale di gara mette a dura prova le capacità condizionali in generale;
2.   gli allenatori, visti anche i costi dell’acqua per ora, preferiscono che i propri atleti utilizzino quel tempo per curare gli aspetti tecnici e tattici che il percorso presenta. Nella perfetta coscienza che comunque a livello fisico vengono esaltati tutti gli aspetti condizionali in relazione ai lavori e ai recuperi proposti;
3.   sicuramente quando gli atleti torneranno nelle rispettive sedi, e non avendo queste condizioni, gli allenamenti in acqua ferma verranno fatti per mantenere ed allenare queste capacità;

In poche parole ogni allenamento specifico, mira anche ad esaltare i diversi aspetti condizionali. Risulta assai difficile rispettare l’aspetto strettamente accademico del concetto fisiologico e la sua relativa proposta di allenamento: non siamo su una pista!  Si lavora in un ambiente e in condizioni particolarmente impegnative. L’acqua dura, fa il resto.
Mi rendo conto che praticamente tutti gli allenatori puntano molto sull’aspetto tecnico, preferendo offrire ai propri atleti maggiori recuperi con l’idea di avvicinarsi, piano piano, alle condizioni di gara; che ovviamente si sperano ottimali sotto l’aspetto fisico. Osservando e discutendo con i colleghi si è concordi sul fatto di fermare o aumentare i recuperi qualora l’aspetto tecnico cali vistosamente ponendoci questa domanda: che senso può avere continuare in quelle condizioni se i principi tecnici e la velocità di gara vengono meno? Si incorre nell’errore di allenare gesti motori che poi non troviamo allenati a velocità più elevate.

Uso un po’ di spazio per raccontare come gli inglesi sono arrivati a utilizzare questo specifico  lavoro con i pesi, in sostanza ispirandosi alla tecnica del  sollevamento pesi.
E’ partita 18 mesi fa una collaborazione con un preparatore atletico specializzato per i lavori con sovraccarichi. La prima domanda che si è posto è stata quella di chiedere il motivo di questa scelta e che cosa chiedevano a lui di preciso. La risposta è stata abbastanza banale: atleti più forti sotto l’aspetto fisico! Bene. La sua riflessione è stata quella di capire esattamente le necessità concrete di uno slalomista e ha sottolineato il fatto che non vedeva la necessità di incrementare la forza di atleti già di per sé forti. Trovava viceversa la necessità di potenziare la catena cinetica del sistema uomo-canoa esaltandone al massimo la trasmissione della forza sul punto cruciale di avanzamento: i piedi! Il ragionamento non fa una piega e in sostanza si traduce in: apparato muscolare complessivamente forte con la trasmissione di questa sulla canoa attraverso le gambe. Sulle spinte su panca piana, ad esempio, non si allena la relativa trasmissione sulle gambe e così per molti degli esercizi che abitualmente proponiamo ai nostri atleti. Cambia il concetto di base.
Non vi siete mai chiesti perché i velocisti hanno braccia  e pettorali così forti? Per la stessa identica ragione: una catena cinetica che non può avere punti deboli.
Ecco quindi la proposta dei classici esercizi per sollevatori di pesi. Ovviamente questi movimenti devono essere appresi molto bene e l’obiettivo non è quello di arrivare a sollevare pesi troppo elevati, ma è quello di trovare l’equilibrio ideale perché si possa allenare la capacità proprioccettiva  e trovare nella dinamicità del gesto equilibro e forza.

Sta prendendo anche piedi una serie di allenamenti di “suspension traning”. Esercizi che richiedono l’impegno non solo di un gruppo muscolare, ma che viceversa l’impegno, per risolvere il problema, è legato al reclutamento di più gruppi muscolari interessati per mantenere l’equilibrio.

Anche in questo caso, riagganciandoci a quanto visto per gli allenamenti in canoa,  l’obiettivo è sempre quello di avere allenamenti meno specifici sotto il punto di vista o muscolare o condizionale, ma più diretti all’obiettivo finale. Per semplificare e per riassumere si può dire che in canoa  non si pagaia solo tirando con il bicipite, ma si pagaia utilizzando ogni parte del nostro corpo, mente compresa!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi 

Ettore Ivaldi:
Non sempre si trova il tempo per concretizzare idee, pensieri e gesti con la parola scritta presi a preparare e a definire ogni cosa in vista dell’appuntamento di un’intera stagione. Spazi che vengono occupati anche dagli affetti e per  preparare il futuro. Ma a volte è giusto  prendere dei momenti di riflessione, ricaricare le batterie e scrivere o parlare quando effettivamente c’è qualche cosa di importante da sottolineare, da evidenziare, da dire. Non che ogni giorno di vita non sia importante per essere ricordato ed immortalato anche con poche righe o con qualche immagine, ma anche  il buio è il silenzio della luce.
Mancano 14 giorni alla cerimonia d’apertura dei campionati del mondo di slalom  e dopo i premondiali di Tacen (Slovenia) abbiamo programmato una settimana di scarico a casa per gli atleti che parteciperanno alla gara iridata. Una buona occasione per me per partecipare con i miei ragazzi a Bratislava alla   “Young Danubia Cup”, due gare per i giovanissimi dai 14 ai 18 anni.  Il canale slovacco è una sorta di paradiso per i canoisti, migliorato ultimamente da una serie di infrastrutture che permettono di usufruire al meglio questo vero e proprio stadio dello slalom. Un’ ampia area per il campeggio con servizi e docce, un hotel con servizio bar e ristorante e un ampia zona ricreativa fanno da contorno al canale a disposizione per godere della forza della corrente. Non guasta neppure la presenza di campioni olimpici e mondiali slovacchi che stanno ultimando la loro  preparazione  proprio qui.
Ciò che ci diverte maggiormente è vedere tanti giovanissimi che tra un allenamento e l’altro sono intenti a prepararsi il pranzo, ripulire le tende, inventarsi giochi che ci riportano all'infanzia. Un pallone diventa un momento aggregante tra francesi, belgi, inglesi e noi italiani. Uno scambio di favori diventa l’occasione per due parole e rompere così  il ghiaccio per più lunghe discussioni e scambio di vedute. E' bello scoprire che “nascondino” è un gioco ancora in uso e che in tutta Europa  diverte per semplicità e inventiva. E allora, seduto comodamente sotto il tendalino del camper, ho una visione strategica dei vari nascondigli e seguo complice le varie fasi delle catture o delle liberazioni.
Vanno alla grande le tende “2 seconds” della Quechua… Decathlon ci ha proprio azzeccato con questa  tecnologia da campeggio che ha stravolto l’architettura e la geometria delle vecchie e tanto complesse canadesi.
Ovunque cada lo sguardo si incontrano canoe e canoisti, ovunque ti muovi capisci che sono in tanti a coltivare la tua passione.
I francesi sono veramente tanti, arrivati qui con i vari dipartimenti e qualcuno con i club. Hanno praticamente invaso il campeggio. Ieri sera ho passato una piacevole serata con Jean-Yves Prigent, responsabile tecnico della Bretagna, fu terzo ai mondiali del 1981 nel k1 men dietro a Lubos Hilgert e al mitico Richard Fox, il transalpino era già campione del mondo a squadre  nel 1977 a Spittal. Gareggiò in quella mitica squadra  con Frossard e Bernard Renault. Quest’ultimo era l’idolo di Ivan Pontarollo e ricordo che il vicentino  acquistò, molti anni fa,  una sua foto formato A4 ad  una cifra allora molto importante, o così, almeno, sembrava a me. Passò il viaggio di ritorno dalla gara di  Bourg St. Maurice, ammirando e studiando ogni dettaglio di quell’immagine. La stessa foto la rividi alcuni anni più tardi nel suo centro ad Oliero, chissà se Ivan ogni tanto si ferma ancora in adorazione sotto quella sorta di reliquia, mah!
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi – “Young Danubia Cup” – Bratislava 26 agosto 2009 – 14 giorni dai campionati del mondo di canoa slalom -





Ettore Ivaldi:
La Young & Danubia Cup  è un vero e proprio spettacolo! Ora cercare di raccontarvela non è cosa facile, certi momenti bisogna proprio viverli in prima persona per comprendere appieno le emozioni che possono regalare.  Calatevi su un canale artificiale che si forma con l’acqua del “Bel Danubio Blu”. Una distesa d’acqua che ti fa sentire piccolo  piccolo e che cattura la tua immaginazione spingendola a viaggiare sulle numerose navi che solcano queste acque - nel XXIesimo secolo la genialità e la lungimiranza dell’uomo  utilizza ancora il più vecchio sistema di trasporti a tutto vantaggio dell’ambiente -.  Immaginatevi piccoli canoisti che camminando incespicano nel loro stesso paraspruzzi e con un casco  troppo grande per  rimanere dritto sulle loro piccole teste. Il numero, se pure elasticizzato,  è così grande che molte volte si arrotola e rischia di sfilarsi. Capita poi di seguire la gara della canadese monoposto e ti chiedi quante canoe Martikan ha utilizzato nella sua carriera, visto che oltre la metà degli slovacchi viaggiano sulle canoe rosse utilizzate e successivamente scartate dal re della canadese, l’unico C1 che ha battuto i K1 uomini  in una gara di Coppa del Mondo – Atene 2006. Giovani che affrontano le insidie di un canale, che solo fra due anni ospiterà la prima selezione olimpica, con un sorriso stampato sui loro piccoli visi. Impressiona prendere in mano l’ordine di partenza e contare tantissimi  under 14 fra le canadesi  e  fra le donne. Vederli poi all’opera diverte e ci fa capire quanto sia importante in quest’età vivere esperienze motorie su tracciati sicuri, ma nello stesso tempo impegnativi. Una sfida ad armi pari, fra giovanissimi atleti che hanno dalla loro una grandissima motivazione e le stesse opportunità. E pensare che alcuni anni fa solo l’idea di far scendere dallo scivolo di Città di Castello allievi e cadetti sembrava una cosa da pazzi! Oggi però le canadesi e le donne italiane che possono tentare di competere a livello internazionale le contiamo sulle dita di una mano. In questa realtà poi c’è anche qualcuno, molto in alto,  che ha avuto la splendida idea e il coraggio di andare a promettere il sogno olimpico a chi ha già dimostrato di avere altre qualità fuori dai pali dello slalom. Proposte così possono arrivare solo da chi non si rende conto del livello internazionale… ma questo già si sapeva! L’assurdità è però quella di considerare gli atleti carne da macello e prenderli per i fondelli continuamente.
Tre giorni  quindi dedicati ai piccoli e a tutti coloro che desiderano gareggiare senza tanti problemi su termini di iscrizioni, categorie e specialità. Paghi 15 euro e hai tutti i servizi garantiti per vivere al meglio queste competizioni. Nessun reclamo e tutto fila via liscio. Oggi qualifiche per gli under 14 e 16. Gli Junior e gli U23 domani cercheranno la strada per superare la qualifica e domenica semifinali e finali per tutti. Cerimonia di premiazione, saluti e tutti a casa… o meglio a Seu per i mondiali che entreranno nel vivo con settembre.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi – Cunovo – Repubblica Slovacca
- 13 ai Campionati del Mono di Canoa Slalom

Ettore Ivaldi:
Sono esattamente 1.083 i chilometri che mi separano da casa al Parc del Sègre. Con la mia casa viaggiante mi ci vogliono 16 ore, pause rifornimento gasolio e cibo comprese. Ieri poi ho trovato la strada particolarmente scorrevole. Forse la ripresa dalle ferie è più lenta del solito, forse la crisi ha fermato qualche autotrasportatore o forse l’euforia di avvicinarmi alla 32esima edizione dei campionati del mondo di slalom mi ha spianato il viaggio. Mi sono ritrovato a pensare e a meditare su canoe, onde, atleti. Sono da sempre appassionato di storia perché penso che è dal passato che dobbiamo prendere idee ed esperienze per agire ora, guardando al futuro. Il primo triunvirato della storia – Pompeo, Crasso, Cesare – deve aver ispirato anche triunvirati federali che sembrano però in questi giorni vacillare sotto il peso di decisioni alquanto discutibili e soprattutto assurde. Cesare viene assassinato da una congiura di senatori nostalgici delle antiche libertà repubblicane, capeggiati da Bruto e Cassio, mentre nel secondo triunvirato Antonio deve sposare Cleopatra per cercare di restare in sella e  costituire il regno ellenistico-orientale. Chissà chi,  fra i nostri, seguirà Cesare mentre non ho dubbi su chi ha scelto la strada di Antonio!
Mi incanta, ma questo credo si sia capito, la storia sportiva. Sono felice perché prima di partire ho trovato in libreria “L’abatino Berruti” di quel mito che è per me Gianni Brera, colui che ha addirittura inventato un nuovo tipo di giornalismo a detta del direttore della Gazzetta dello Sport, dal 1961 al ’73, Gualtiero Zanetti. E così pensando e ripensando al passato ho rivisto la carriera sportiva di alcune atlete della discesa che hanno cercato la gloria a cinque cerchi. Lo stimolo arriva da alcune proposte senza senso di cosiddetti “esperti” ad atlete giovinette e facilmente impressionabili con paroloni e promesse. Ursula Profanter, un’ austriaca potente e molto abile, che ha dominato la scena mondiale della discesa per molti anni vincendo 3 titoli iridati – ’93, ’95, ’96 – due bronzi – ’91, ’02 – e un argento nel 1989,  cercò gloria nella canoa da velocità conquistando prima la qualificazione a partecipare, cosa non sempre scontata visti i numeri molto ristretti, e poi ottenne il  quinto posto nella finale olimpica in K1 sui 500 metri nel 1992 a Barcellona. Fece anche le olimpiadi nel ’96, dove finì sesta e nel 2000 chiuse all’ottavo posto.  Ci ha provato anche la ceka Michala Strnadova,  campionessa del mondo sulla classica e sullo sprint  2000 e 2002,  a pagaiare su acque tranquille per il sogno olimpico. Ad Atene nel 2004 non andò oltre alla semifinale nel k1 500. Anche la transalpina campionessa del mondo discesa nel 1989 Sabina Kleinhenze si avventurò nella prova sui 500 metri dove finì a Barcellona giusto alle spalle della Profanter.
Ora,  un discesista  puro, ha più affinità con la specialità dell’acqua piatta che non con quella fra i pali dello slalom, ma questo è abbastanza evidente per chi solo mastica l’ABC della canoa. La storia ce lo dimostra. Anche fra gli uomini è sempre stato così. Marco Previde Massara dominava le gare di fondo in Italia  sulla barca stretta e vinceva sull’acqua mossa campionati del mondo ed europei. Jean-Pierre Burny vinse i mondiali a Bourg Saint Murice in discesa nel 1969 e conquistò la finale olimpica nel 1972 nel K1 1.000 metri. Il belga vinse i mondiali in discesa anche nel 1973, ’75, ’79.  Tamased, campione del mondo nel K1 1.000 ha praticato a buon livello da giovane la discesa.
Le possibilità che uno slalomista si inventi anche discesista, e non il contrario, c’è, ma i casi sono veramente ridotti all’osso. E’ stato così per la tedesca Ulrike Deppe che nasce fra i pali conquistando due argenti mondiali nel ’69 e ’75 per poi portarsi a casa il titolo di campionessa del mondo slalom a Bala nel 1981. Lei, figlia d’arte e dalle qualità atletiche impressionanti, si dilettava anche nella discesa dove ha conquistato ancora due argenti nel ’69 e nel ’73.
Il caso più eclatante è però quello della canadese Claudia Brokof che vista l’impossibilità di far bene nella prova tecnica dello slalom si lanciò nella discesa conquistando prima nel 1996 il bronzo e poi il titolo nel 1998 a Garmisch utilizzando al meglio le sue abilità di slalomista visto il tracciato molto particolare, se non fosse altro per la prima parte di gara. Ricordo il suo commento alcuni anni più tardi: “ho faticato e lottato all’inverosimile con i paletti, ma non ho mai tirato fuori nulla. Mi è bastato montare su una barca lunga ed instabile e ho trovato gloria e vita facile”.
Fra gli uomini i casi sono veramente pochi.  Nel kayak maschile infatti il miglior risultato assoluto fra slalom e discesa è sicuramente quello di Edy Wolfard che nel 1985 chiuse al quinto posto la discesa e al quarto lo slalom. Ci provò anche Richard Fox che nel 1989 vinse lo slalom e arrivò decimo nella prova lunga. Una medaglia in discesa, se pur a squadre, la conquistò Tony Prjion nel K1 uomini team discesa a Bourg Saint Maurice nel 1989 e vinse poi nel K1 slalom.
Ricordo anche il caso di Norman Bellingham uno slalomista che passò alla velocità con successo visto che, alle olimpiadi del 1988 nel K2 1.000 con Gregory Barton, conquistò un oro importante, e pensare che era partito con la barchetta da 4 metri.
All’una di notte il mio viaggio per Seu si è concluso. Sistemato il camper nella zona riservata agli atleti e preso posto sul mio lettone, mi sono reso conto che effettivamente mai nessun discesista ha pensato di affrontare l’avventura olimpica nello slalom, se qualcuno ci ha provato lo ha fatto nella velocità!

Tanto per l’attualità da Seu:  oggi i tedeschi della canadese si sono divertiti con esercizi di equilibrio su un filo teso tra albero e albero. Si è cimentato anche il magico Bacò (al secolo Francesco Stefani) che dopo aver passato un po’ di tempo con il giovanissimo ciunista italiano a ripassare le basi della pagaiata in acqua ferma – certo non da fare a un mondiale – ha dato spettacolo per potenza e abilità… e se prendesse il via lui?

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi  - Seu d’Urgell 3 settembre  ... a 6 giorni dal Mondiale e a 1.057 da Londra!

Ettore Ivaldi:
Helen Barnes è senza dubbio la più intraprendente sportiva che abbia mai avuto occasione di conoscere. Manager di se stessa, con una spiccata fantasia e con un’energia spesa a cercare sponsor, l’irlandese si è presentata a questo mondiale con una canoa veramente unica. Si sa che vivere di canoa non è facile e tanto meno se i risultati di livello tardano ad arrivare. Se però non lavori e ti comporti da professionista ti puoi anche scordare gloria e fama: già così non è facile. E allora la furbacchiona Helen ha pensato di sponsorizzare la sua canoa con tutti coloro che le hanno offerto aiuto mettendo a sua disposizione magari anche un solo pound. Questa volta però ha battuto cassa non nelle grandi aziende, ma bussando porta a porta, raccogliendo un’offerta libera in cambio di una foto del gentil contribuente appiccicata al suo bianco kayak. Ne è risultato un piacevole puzzle di foto tessera che l’accompagnano ogni volta che pagaia.
Anche Helmut Oblinger ha sul suo mezzo una foto, ma non è quella dello sponsor, bensì quella del figlioletto nato da pochi mesi. La cosa  sembra stimolarlo molto visto che appena sceso da canoa corre dal suo pargoletto, affidato nel frattempo alle cure ed alle amorevoli mani del nonno canoista. 
Super Cali  è volato in bici procurandosi una piccola ferita alla mano, poca cosa visto che ha trovato velocemente consolazione e affetto… ieri ho parlato con lui sulle sue idee per modificare la canoa per la prossima stagione con il suo costruttore di fiducia Caiman. Testimonianza che il ragazzo è tranquillo, prepara il mondiale, ma pensa già al futuro. Qui gareggerà con la stessa canoa usata a Pechino, rosso fuoco, come rossi sono i suoi occhi pronti a dare battaglia. Il monopolio delle canoe sembra avercelo però Vajda che, dopo i nuovi entrati – Kauzer e Lefevre – e numerosi modelli sfornati in questa chiusura di stagione, ha praticamente catturato gran parte del mercato. Anche l’ICF per il progetto di sviluppo delle nuove nazioni ha chiesto aiuto al costruttore di Bratislava che ha aderito dipingendo le canoe di un giallo vivo.
Lodevole il lavoro dell’organismo internazionale per cercare di incrementare il numero di paesi nello slalom – iscritti ben 60 anche se lontani dal record di Augsburg 2003 con 73 – ma, purtroppo, tutto questo impegno è solo finalizzato alla prova iridata. In realtà bisognerebbe  partire da più lontano e finalizzare il tutto per un arco di tempo molto più lungo. Non ci si può ricordare dello sviluppo solo quando nasce la paura di una possibile esclusione dai Giochi Olimpici per mancanza del numero minimo di nazioni  imposto dal Cio. Non si capisce neppure perché a questi progetti aderiscano attivamente solo nazioni come la Francia, la Germania e in questo caso la Spagna, sono comunque posti e opportunità di lavoro per diversi tecnici che avrebbero la possibilità comunque di fare esperienza e portare a casa qualche centinaio di euro. Eppure politicamente non ci mancano i rappresentanti nell’organismo internazionale! Grande movimento quindi per assistere e far crescere il movimento internazionale. Grande movimento anche da parte di alcune nazioni che ai mondiali riempiono l’elenco degli accreditati con allenatori, medici, collaboratori dell’ultimo minuto, ma dove sono tutti durante l’anno e durante i freddi inverni?

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi - Seu d’Urgell 4 settembre  ... a 5 giorni dal Mondiale e a 1.056 da Londra!

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