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IN ATTESA DEI MONDIALI DI SLALOM

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Ettore Ivaldi:
“Qui Houston, rispondete”
…scrrsch!!
 “Avanti Houston vi copiamo”
… scrrsch!!
“All paddler on the start at 7.30 a.m. please not delete”
Tranquilli non siamo a  Houston nel Texas alla base della  National Aeronautics and Space Administration da tutti noi conosciuta come NASA, siamo semplicemente, in questi primi giorni di agosto, a Seu d’Urgell dove dall’8 al 13 settembre si disputerenno i campionati mondiali di canoa slalom. Il clima però è quello di un imminente  attaco nucleare: gli inglesi  hanno praticamente messo sotto assedio il “Parc del Segre” in vista proprio di questo evento. Cinque tecnici dai nomi risonanti e dai trascorsi gloriosi e sapienti; cinque persone per il video; due fisioterapisti; un medico; dodici atleti, una palestra allestita con attrezzi made in GB, parabole per catturare segnali video e cavi sparsi ovunque, diversi mezzi per spostarsi velocemente sul territorio senza dare nell’occhio. Breafing, che sembrano più consigli di amministrazione  della General Motors, con tanto di palmari alla mano e radio ricetrasmittenti per essere sempre in contatto... ma se sono tutti in riunione con chi sono collegati? Per non parlare del de-breafing dove si snocciolano tempi, video, analisi, stati emozionali, temperatura dell’acqua e umidità dell’aria. Le operazioni da mettere in essere sono segrete e vengono comunicate  ai soldati con la massima discrezione. Tutti gli operatori (leggi atleti)  in acqua hanno compiti precisi, completamente diversi uno dall’altro, gettando nello scompliglio e nell’impossibilità per gli avversari di capire  i successivi attacchi. Tecnici che corrono, mimetizzandosi fra gli alberi di un’area che sta subendo la mutazione grazie al denaro che sta piovendo dalla Catalunya  e dalla municipalitò per l’evento iridato e che certamente il buon direttore del centro – l’amico Gagnet – non si fa sfuggire. Lo spirito di estrema tranquillità dettato anche dallo spiegamento di forze e mezzi, tiene alto il morale della truppa di sua maestà la Regina. Manca solo Francis Drake per sconfiggere l’invincibile Armada del re di Spagna Filippo I e mettere fine alla guerra degli ottant’anni, tornando  a casa non con l’argento derubato alle navi spagnole provenienti dalle Americhe, ma con le medaglie di un mondiale che per nessuna nazione sembra così scontato.
A 37 giorni dall’apertura il movimento da queste parti è notevole, sia da parte degli organizzatori, sia da parte delle squadre che hanno iniziato a fluire con mezzi e uomini. Vuole essere un mondiale altamente tecnologico, sembra questo il dictat di una Spagna protagonista anche sotto l’aspetto organizzativo. E’ stato infatti messo a punto un sistema video completamente automatizzato con 12 telecamere sul percorso che registrano il passaggio dell’atleta munito di microcip e lo confeziona pronto-montato all’arrivo. Il mio amico e uomo che vive di tecnologia avanzata, Carlo Alberto, impazzirebbe al solo pensiero, nella certezza però che ci troverebbe qualche diffettuccio. In effetti anche gli stessi operatori si sono scervellati non poco per cercare una perfezione di immagini e sincronia assoluta. Girano voci che il costo complessivo di tutto l’ambaradan video si aggiri intorno ai 180 mila suonanti euro. A tutt’oggi  gli informatici sono ancora al lavoro per cercare di rendere operativi e compatibili  anche alcuni programmi di video-analisi che molte squadre utilizzano. Sul canale di gara sono state poste anche delle bande magnetiche per rilevare i tempi nelle varie frazioni e  che automaticamente vengo registrati e forniti agli allenatori. Sono migliorate anche le infrastrutture. Sta nascendo la nuova palestra, molto ampia e piena di luce con i relativi spogliatoi. Il vecchio ginnasio lascia posto all’ufficio stampa.  L’impianto  è stato reso completamente agibile anche ai portatori di handicap con un ascensore e una pedana sui punti più ostici quali erano i mille scalini dei volontari e il ponte di accesso al centro del parco. Per i mondiali poi sono previste due tribune sul lato destro del canale e una serie di strutture per agevolare il pubblico a seguire l’evento a dieci anni da quel mondiale che consegnò il titolo nel kayak maschile al canadese  David Ford su una canoa che era tutto un programma: boomerang. Il “vecchio” Ford, ha capitolato con la fidanzata e si è sposato quest’inverno, ma non sembra propenso a cedere sul fronte canoa. Sarà in gara sicuramente a costo di giocarsi qualche anno di vita! Al via anche chi la storia della canoa l’ha scritta da tempo: Stepanka Hilgertova che esordì a livello internazionale nel 1988 e da allora non ha mancato nessun appuntamento con olimpiadi (ne ha vinte due) mondiali (al suo attivo 2 individuali e due a squadre), coppe del mondo (due vinte) e europei (cinque tra individuale e squadre). Qui a Seu nel 1999  vinse il suo primo titolo di campionessa del mondo, una buona ragione quindi per riprovarci e ripetere la storia come David Hearn fece a Nottingham nel 1995 quando a dieci anni dal suo primo successo iridato individuale, Augsburg nel 1985, si ripetè nella tana di Robin Hood! Anche questa mattina Stepanka  era in acqua per l’allenamento seguita, come sempre, dal marito allenatore Lubos Hilgert. In due superano i cento anni, ma questa non sembra una buona ragione per abbassare la guardia!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi – Seu d’Urgell 3 agosto ... a 37 giorni dal  Mondiali e a 1.088 da Londra!

Ettore Ivaldi:
Il momento  migliore per fare spesa  al mercato è quando i “piasaroti” stanno rimettendo le loro mercanzie nei carretti e sanno che difficilmente quella merce  troverà domani un acquirente. Così finito allenamento e rientrando a casa per il pasto mi sono ritrovato in mano, per tre euro, una cassa di fichi belli maturi da far impazzire Amur, grande divoratrice di questa sublime opera della natura! Il mercato a Seu d’Urgell è un appuntamento bisettimanale – martedì e sabato – vi trovate di tutto, ma specialmente frutta, formaggi e salumi. Le donne, da sempre, attirate come calamite a questa forma di socializzazione con  la scusa del risparmio, vanno alla mattina presto e ci tornano prima della chiusura con le loro borse carrello. C’è anche un’area riservata alle persone anziane che vendono i frutti dei loro orti che circondano il campo di slalom. Tutti tenuti molto bene. Piccoli appezzamenti di terra, dati dal comune ai pensionati,  con una casettina per rimessaggio attrezzi e per un pisolino tra una innaffiata o una potatura. Fanno molto colore, tengono impegnate le persone, le mantengono  sane e costituiscono una piccola fonte di reddito per  alcuni mesi all’anno. Quindi, se venite al mondiale a settembre, segnatevelo sulla vostra agenda perché una puntatina al mercato,  magari nelle ore centrali,  può essere divertente. Dimenticavo si trovano delle olive spettacolare e a chi piace dell’ottimo bacalà. Altra cosa che dovete appuntarvi per  quando verrete a Seu è la movida nella via principale. Alla sera è una sorta di facebook dal vivo, potete fare nuove amicizie, ignorarne altre, lanciare appelli per salvare questo o quel politico, parlare delle vostre recenti vacanze, illuminare il mondo per la vostra sensibilità, creare gruppi che odiano quelli che… volete voi! La via centrale è una lunga via alberata da imponenti platani che, come da tradizione da queste parti, vengono potati per formare una sorta di tetto di foglie. Durante l’estate vi sembrerà di entrare in una galleria nel bosco; d’inverno capirete la sua architettura. A Seu, ma generalmente in Spagna, non potete non nutrirvi dei ricchissimi “bocadillos” i nostri panini imbottiti, qui serviti sempre in una sorta di ciabattina con carne, uova o prosciutto crudo, chiaramente caldi. Costano poco e vi nutrono bene almeno per il pranzo..  Ecco un piccolo difetto iberico: tagliare quel meraviglioso e gustosissimo ben di dio con un coltellaccio su un trespolo il più delle volte traballante, ma perché non usate l’affettatrice per gustare, a fette sottilissime, il prosciutto crudo? Per la sera vi consiglio di provare sicuramente la classica “betola” catalana. Andate al Canigò, mangiate scegliendo dalle fotografie con numero e vi servono più veloci della luce ed è molto barato. Se avete nostalgia di pizza vi consiglio il ristorante Miscela che sazierà la vostra voglia di cose buone del nostro paese.
In piazza, o meglio, nella via centrale trovate  ovviamente anche gli atleti che quattro passi in centro, dopo cena, se li fanno e normalmente non mancano all’appuntamento con la bevanda tipica: la sangria. Questa  aiuta ad espellere l’acido lattico accumulato durante il giorno su un canale che sta funzionando solo con due pompe e che scarica 8 metri cubi al secondo: pochi, rispetto a quelli previsti, per la prova di settembre e cioè 10. Pensate che per i  giochi olimpici, nel 1992, si utilizzavano 4 pompe e i  metri cubi erano 12. Oggi è arrivata una gigantesca gru per estrarre la pompa rotta e diverse persone sono all’opera per trovare il guasto, forse è tempo di cambiarla con costi aggiuntivi. Certo è che le squadre qui non sono molto felici ad  allenarsi, spendere tempo e denaro, e sapere che i mondiali si faranno con acqua diversa, ma si sa, al destino non si comanda, come non si può dire nulla alla Pavelkova che oggi, durante l’allenamento, se l’è presa con diverse porte colpendole duramente con la pagaia. Nervosa?  Noi eravamo sul percorso con gli atleti per illustrare il tracciato e quel mattacchione di Mark Delaney, ex C1 di livello e ora forte ciclista nel tempo libero, domenica è andato e tornato da Sort (prossima sede dei mondiali di discesa nel 2010) in 4 ore, ha subito ribattezzato “the dancing gate” per spiegare di quale porta si trattava. Quando si dice l’humor inglese!
La ceka esordì da junior ai mondiali del 1990. Vinse proprio  davanti a Cristina Giai-Pron, la bionda torinese si riprese la rivincita due anni dopo in Norvegia mettendosi al collo l’oro e il titolo iridato. La carriera canoistica per Pavelkova e Giai-Pron si incrocio ancora sul podio nel 1997 quando le due atlete ormai senior si contesero, fino all’ultimo, la coppa del mondo. Ebbe la meglio l’atleta dell’est per pochi punti. Sul metro e cinquanta, Irene Pavelkova, occhi azzurri, leve corte, ma potenti, da sempre l’ho vista gareggiare con l’Ace – caschetto mitico rilanciato in questi anni proprio da Fabien Lefevre. Deve essere un tipo particolare, questo è ovvio, visto che non si arriva a 40 anni seduti dentro una canoa se non si ha qualche cosa di speciale e una voglia di esprimerti ancora attraverso uno mezzo fluttuante, se pur portato con eleganza e maestria. Lei passeggia immersa nei suoi pensieri nel Parc e finiti gli allenamenti sparisce dietro alla sua gigantesca borsa. Campionessa del mondo a squadre nel 2003 e 2005, terza nel 2008 a Krakovia agli europei. Qui ci riproverà a dare battaglia… le avversarie sono avvisate!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi - Seu d’Urgell 4 agosto ... a 36 giorni dal Mondiali e a 1.087 da Londra!

Ettore Ivaldi:
Sono veramente contento della giornata di allenamenti di oggi!
Ieri sera, dopo la cena by my-self,  ho pensato a lungo alla sessione di allenamento di oggi che prevedeva tecnica sulla prima e seconda parte, mentre nel pomeriggio ci siamo concentrati sulla parte centrale. In sostanza ho diviso il percorso in quattro parti, perché secondo me hanno caratteristiche diverse e devono essere affrontate anche in modo diverso. L’idea quindi è quella di allenare nello specifico le varie sezioni ed essere pronti ad ogni combinazione che ci verrà proposta ai mondiali. Abbiamo quindi usato un’intera giornata per cercare di capirci di più sul primo tratto del canale. Sembra impossibile, ma le combinazioni che si possono fare si elevano  all’ennesima potenza ogni giorno, ogni volta che metti il culo in barca.
La giornata inizia subito alla grande, quando arrivato al canale, di buon ora, ho ricevuto un sorridente  “good-morning coach” dai miei due atleti che avrebbero lavorato con me da li a poco.  Che bello essere chiamato con il nome della professione che amo e che, nonostante mille difficoltà, sto cercando di portare avanti. Ora, la sessione di tecnica, può essere molto divertente ed importante, può anche essere molto noiosa e demotivante, ma può essere anche nello stesso tempo stimolo per provare gesti e manovre nuove. Era proprio quest’ultimo  l’obiettivo che ieri sera mi ero prefissato, prima di immergermi nella lettura di  “uomini che odiano le donne” di quel fenomeno di giornalista e romanziere di  Stieg Larsson, peccato solo che sia morto così giovane, lasciandoci solo tre grandi opere. 
La prima parte del percorso di Seu presenta una ventina di metri in acqua ferma, quindi con un netto cambio di stato  entri nel canale. L’approccio non è bello perché il salto è netto e l’abilità dell’atleta è quella di entrare subito in sintonia con l’acqua… non ha tempo, in questo caso di prendere tempo! Ti trovi praticamente davanti ad un massone che spacca l’acqua in due parti. Dietro ci puoi trovare una risalita oppure una porta a ski che ti costringe a fare una “cicane” per andare a prendere la corrente che arriva dal lato opposto. Tante altre combinazioni, chiunque disegnerà il percorso, non potrà inventarsi. Il bello arriva subito dopo con due belle morte a destra e a sinistra ed è proprio su queste due zone che nella mattina abbiamo lavorato a lungo. Due risalite, alternativamente da una parte e dall’altra, con l’obiettivo di far trovare una linea diretta d’entrata senza  fermare mai la canoa, anche se, magari bisogna allungare un po’ la strada. Tutto ciò per favorire un’uscita corta e veloce. Il rischio è sempre quello: stringere la porta e uscire alti.
Questo è un difetto comune a molti atleti, specialmente quelli più giovani, che hanno come punto di riferimento il palo interno, che va anche bene, ma non è questo il punto in cui bisogna fare qualche cosa. Perché complicarsi la vita, quando la vita ti sorride e ti offre l’opportunità di avere spazi molto ampi che non sfrutti? Altro problema sono le penalità. Non voglio o meglio non vorrei mai che i miei atleti toccassero le porte, neppure in allenamento, neppure per scherzo. E così per cercare di convincerli e fissare nella loro testa questo obiettivo ho raccontato questa storia: lo slalomista, in generale,  ha una sorta di attrazione sessuale (quando si parla di sesso rimane sempre in testa)  verso la porta, non potrebbe essere diversamente visto che fa parte della tua vita, ma deve restare solo ed esclusivamente un amore platonico. Loro Dante lo conoscono poco, ma ho cercato di spiegargli che il sommo poeta  non ha mai neppure sfiorato con un dito la sua amata Beatrice, è servita per condurlo verso la sapienza di quella luce che gli fa conoscere Dio. Così come per il Leopardi  che ha solo scritto degli stupendi versi per la sua Silvia, ma gli esempi sono molti, anche per molti di noi.  Quindi loro, possono solo regalare e fare grandi corteggiamenti alle porte, ma mai pensare di oltrepassare quel limite.
La cosa è piaciuta e il sorriso è tornato a far parte integrante del nostro allenamento! Chissà cosa diranno domani quando mi presenterò sul campo di allenamento con la T-shirt che ha creato quel “pazzo” di L8 per le gare di rodeo a Valstagna dove rappresenta brillantemente il connubio perfetto della vita: donne e canoa!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi - Seu d’Urgell 5 agosto ... a 35 giorni dal Mondiale  e a 1.086 da Londra!

Ettore Ivaldi:
Il mondo è pieno di strani e pittoreschi personaggi. Questa mattina a passeggiare lungo il canale, ammirando i canoisti in pieno allenamento, si aggirava un signore di altri tempi. Pantalone grigio con bretelle, camicia bianca, papillon, paglietta in testa stile Maurice Chevalier, e un bastone  non per sostenerlo, ma per rendere elegante il suo cammino. Un tuffo negli anni ’20 quando vestirsi e camminare così era nella prassi comune.
Un'altra persona che attira l’attenzione, non solo qui a Seu, ma in genere sui campi di gara è l’allenatrice, ma anche fidanzata, del C2 russo terzo ai Giochi Olimpici di Bejing 2008:Mikhil Kouznetsov – Dmitri Larionov. Giustamente vi chiederete con chi dei due è fidanzata? Questo lo devo ancora capire, ma da voci sembra essere con Larionov. Ora la tipa – non mi è dato conoscere il nome -  è sempre vestita con l’abbigliamento olimpico. Bianco e rosso con la scritta “Russia” in bella mostra o sul petto  o sulle spalle. Porta grossi occhiali da sole, formato  maschera, modello Gucci. Ora, capisco che la patria è la patria, ma mi sono chiesto: se non fosse andata alle olimpiadi e non avesse ricevuto tutto il set-abbigliamento relativo, come si vestirebbe? Tentando l’approccio per cortesia, legato  al fatto che mia mamma mi ha sempre insegnato che le persone vanno almeno  salutate, anche se ho buone ragioni di non rispettare questo insegnamento in un solo caso, la tipa vi risponderà rigorosamente in lingua madre: дравствуйте. Ma mai ripetuto per due volte al giorno perché dicono che possa portare male! Lei segue a vista l’equipaggio con il suo amato, annota su uno strano book tempi e forse qualche altra informazione. Lo scambio dei dati viene fatto telepaticamente, perché è talmente basso il tono di voce che anch’io, che sto a 20 centimetri, non lo percepisco e penso neppure gli atleti in acqua. Forse che il russo sia una lingua senza suono  trasmessa dal labiale?
Ieri sono tornati a casa i francesi. Lefevre è  passato definitivamente nel team Vajda. Qui provava due modelli di canoa del costruttore di Bratislava che sta monopolizzando il settore slalom e che nel tempo libero progetta e costruisce vasche per idromassaggio stile Jacuzzi-spa. Estanguet è seguito dal fratello, un ex ottimo C1 di esperienza. Tony, il biolimpionico, è  alla ricerca della sua riscossa dopo l’uscita di scena prematura dalla finale a cinque cerchi;  e pensare che era il portabandiera alla sfilata di apertura e sembrava molto vicino al suo terzo oro consecutivo.
Gli italiani se ne vanno domani dopo l’allenamento della mattina. Walsh lascia il raduno e va due giorni a godersi la ”movida” di Barcellona, poi sarà al via agli  Slovak Open: dice di aver bisogno di gareggiare per sentire l’adrenalina in corpo. Anche questa mattina lo scozzese di Glasgow ha tirato fuori l’anima sui percorsi lunghi. Si è dannato più del dovuto per cercare di mettere la punta davanti al resto del gruppo. Qualche penalità di troppo però lo ha penalizzato, tempo non male, anche se non eccezionale. 
E’ arrivato il team Amadonsa. La storia di questo gruppo è molto interessante. Nel 2005 la Federazione Sudafricana della Canoa, su spinta di Cameron MacIntosh, da vita ad un gruppo di lavoro per cercare di spingere la canoa in Africa. A prendere le redini tecniche è il francese di Besancon Jean-Jerome Perrin all’epoca 31enne. Il gruppo si allarga ed entra a far  parte anche il campione olimpico di Atene Benoit Pechier. Il francese campione a cinque cerchi, non vive bene in Francia e patisce parecchio il dualismo con Fabien Lefevre. L’ultimo atto è alla fine di  marzo 2008 quando arriva la prova della verità su chi prenderà parte ai Giochi Olimpici di Beijing. Tre giorni di sfide proprio qui a Seu. Tre gare  all’ultimo sangue: Lefevre vince la prima e  Peschier  è secondo a 0.90. Fotocopia la seconda. Si arriva alla terza: Peschier vince e a Lefevre non gli viene data una penalità che regalerebbe al primo la qualifica olimpica per una differenza di 0,01 in tre gare. A questo punto, dopo lunghe discussioni e analisi video, viene confermato il percorso pulito a Fabien Lefevre che con due gare vinte, un secondo posto  e una differenza minima prendere l’unico posto libero  per le olimpiadi. Qui si rompe l’idillio tra il  galletto e il campione olimpico di Atene. Non ci vuole un genio per capire che  Benoit Peschier alla prima occasione lascerà l’amata Francia;  e così è! All’inizio di quest’anno si accasa  in Grecia dove ha trovato amore e squadra nazionale, per gli allenamenti però prosegue con il Team Amadonsa.
Scusate!  mi sono perso a ricordare quella memorabile sfida. Ogni volta sento un brivido freddo quando ricordo quei giorni. Io lavoravo ancora per la Spagna e anche noi gareggiavamo per formare la squadra. Credo di non aver mai vissuto  tanta tensione  come in quell’occasione, ma non per i miei ragazzi, ma per uno scontro che, se pur inevitabile, doveva esserci. Che belle storie di sport!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi - Seu d’Urgell 6 agosto ... a 34 giorni dal     
                                             Mondiale e a 1.085 da Londra!

Ettore Ivaldi:
Tre giorni  di riposo per tutto lo staff tecnico, ma non per gli atleti,  della regina. Il canale, senza lo spiegamento di forze inglesi appare vuoto. Gli atleti inglesi si sono allenati lasciando libere le loro voglie e fantasie atletiche, mentre noi, alla mattina, abbiamo  avuto una buona sessione tecnica. Stiamo lavorando molto sul fatto di guidare, mi piace il termine keep drive, la canoa cercando le linee d’acqua più veloci. Non sempre infatti la strada più corta è la migliore. Per fare ciò bisogna soprattutto avere una chiara linea strategica complessiva, perché molto spesso all’atleta viene la voglia di optare per scorciatoie e soluzioni spettacolari che sembrano pagare  subito; io aggiungo però che possono costare moltissimo dal punto di vista fisico e tattico. La stessa linea di lavoro l’abbiamo ricercata anche nel pomeriggio se pur consci che l’allenamento sui loops presenta caratteristiche ben diverse. Il vantaggio di lavorare e restare a stretto contatto con un solo atleta, ha per l’allenatore diversi punti interessanti. Ti permette di avere tempo per pensare, cosa che invece non hai quando gestisci una squadra intera e devi avere tutto programmato da tempo. Hai anche lo spazio per approfondire aspetti particolari, guardando e riguardandoti video, dove analizzi  ogni singolo gesto. Hai la possibilità di concretizzare i pensieri scrivendoli. In questo modo hai la certezza di non perdere nei meandri della memoria piccoli aspetti che possono diventare importanti e determinanti in specifiche situazioni.
La tranquillità che si respirava oggi mi ha indotto a passare la pausa, tra il primo allenamento e il secondo, sotto lo spettacolare salice in prossimità della partenza. Lo ricordo nel periodo invernale, spoglio con i suoi lunghi tentacoli che fanno capolinea sull’acqua, lo ricordo ricoperto di ghiaccio e di neve in un inverno particolarmente freddo e rigido com’è stato quello di quest’anno. Ora è nel suo massimo splendore, ricco di nuovi lunghi rami, le sue foglie di un verde brillante, la sua maestosità non passa inosservata, come non passano inosservati per lui i mille e ancora mille canoisti che da 17 anni gli sfilano sotto il naso. C’è chi va sotto per ripararsi dal sole, c’è chi va a meditare a pochi minuti dal via, c’è chi si allunga per cercare di scorgere le prime combinazioni di porte restando seduto nella sua canoa. Oggi mi ha accolto offrendomi la sua ombra e la sua tranquillità per alcune ore di piacevole lettura, come spesso si è trovato a fare. Mi ha visto sussultare quando, finalmente dopo due giorni di full-immersion in “gli uomini che odiano le donne” , sono arrivato a scoprire l’intreccio di tutto il romanzo. Ok! non aggiungo altro, non voglio togliere nessuna sorpresa a chi è intento alla lettura di questo libro o chi andrà al cinema prossimamente. Ed è proprio a questo che pensavo: chissà come le parole scritte sono state traslate nella pellicola. Non ho avuto più la possibilità di controllare i miei pensieri e la mente  ha preso la tangente: fantomatiche scenografie di un movie fatto di canoe, gare, allenamenti, storie di vita sono apparse dal nulla.  Che bello sarebbe realizzare un film su questo mondo, ancora poco conosciuto, ma ricco di emozioni, sentimenti, storie e avventure.
Chissà forse un giorno qualche genio potrà riunire e condensare questo sport e regalarci qualche ora di piacevole visione di un film che per noi non finirà, speriamo, mai!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi - Seu d’Urgell 7 agosto ... a 33 giorni dal
Mondiale e a 1.084 da Londra!

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