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CAMPIONATI EUROPEI SLALOM JUNIOR & U23

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Ettore Ivaldi:
Una domenica fredda e piovosa, rasserenata però in serata da un rosso tramonto fra nuvole nere dalle forme di mostri preistorici. L’arrivo della gran parte delle squadre nazionali ci ha fatto  entrare però nel caldo clima di gara della 15esima edizione dei Campionati Europei Junior di slalom e settima per gli under 23. Che bello vedere in acqua tanta gioventù: le speranze di oggi le stelle del domani.  Un’atmosfera spumeggiante decisamente diversa da un europeo o mondiale assoluto, dove è inevitabile, nel bene e nel male, che a brillare siano i grandi campioni. Fra gli junior  qualche nome già si distingue, ma nella gran parte dei casi l’emozione e la voglia di pagaiare non trova confini. Sembrano avere tutti le stesse opportunità. Tecnicamente si assomigliano molto, tutti mettono in mostra le loro armi migliori, puri e freschi come l’acqua che solcano. Timidi e spavaldi nello stesso tempo. Con storie di vita che li accomuna: la scuola, le corse agli allenamenti, il tempo passato a provare e a riprovare una risalita o una combinazione di porte a ski,  le ore di studio, la passione per la canoa, internet, facebook, le delusioni, le gioie di chi vive gli anni più eccitanti di una vita.  I primi sguardi teneri fra canoisti e canoiste, le prime emozioni per un appuntamento continentale che riempirà per molto tempo i loro cuori, le loro fantasie di un domani sulla scia dei loro idoli, dei loro campioni. Molti di loro sicuramente li ritroveremo nel futuro di edizioni olimpiche o iridate, altri sceglieranno altre strade,  ma sicuramente questa settimana, queste emozioni, queste fotografie di vita vissuta li accompagnerà e ci accompagnerà per molto tempo.

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi
Liptvosky Campionati Europei Slalom Junior&U23 2009

Ettore Ivaldi:
errata corrige

ieri ho scritto “…entrare però nel caldo clima di gara della 15esima edizione dei Campionati Europei Junior…”, in realtà sono 10 le edizioni. Nascono nel 1995 proprio qui e fino al 2003 avranno cadenza biennale. Poi dal 2004 si disputano ogni anno. Mi scuso per l’imprecisione.


Dopo aver seguito di buon ora l’allenamento dei giovani azzurri, sono andato a correre. Ho risalito il fiume Vàh sul lato opposto al canale. Una stradina in terra battuta, fra arbusti e felci lontano dalla globalizzazione che inevitabilmente ha raggiunto anche l’estremo est della Slovacchia. La corsa, per me,  ha due scopi precisi. Il primo è quello di farmi fare un buon esercizio fisico per la cena della sera e mettere tranquilla la mia coscienza, e il secondo,  è poter lasciare la mente libera di vagare fra pensieri e progetti. E così mi sono ritrovato a riflettere, quasi inconsciamente, su questi giovani, sul loro modo di pagaiare, sul loro modo di portare la canoa fra le porte di un canale divertente, ma nello stesso tempo insidioso. Ho riscoperto in loro la libertà di muoversi, di provare e di adattare a se stessi  gesti che magari tra gli atleti più maturi sono ormai conglobati in un preciso modello motorio. Mi sono detto che proprio loro, con queste scoperte, con questi nuovi piccoli  gesti, faranno evolvere lo slalom del futuro. Com’è sempre stato!
Noi usiamo l’aggancio alto per far trovare alla nostra canoa il suo fulcro di rotazione, ma se Miroslav  Duffek  non lo avesse provato, sperimentato, messo in atto, oggi forse,  entreremo nelle risalite ancora con l’appoggio basso. Ecco perché il mondo intero – siamo solo noi italiani che non usiamo questa terminologia –chiama l’aggancio “Duffek” a ricordo proprio del suo inventore. Di questo mitico personaggio mi parlò, moltissimi anni fa, una sera intera Bill T. Endicott, mitico allenatore dell’era Lugbill. Eravamo seduti nel salotto di casa sua a Bethesda, un quartiere di Washington d.C., dove i piedi spariscono nella moquette e la gente per entrare in casa bussa ancora la porta dopo aver aperto la zanzariera. Miroslav Duffek nasce nella Cecoslovacchia comunista e inizia  a pagaiare giovanissimo in quegli anni in cui tutto era pionieristico. Partecipa alla seconda edizione dei campionati mondiali di slalom nel 1951 a Steyer in Austria, ma ai mondiali del 1953 a Merano dopo la gara individuale (finirà in 27esima posizione) si nasconde e scappa per chiedere asilo politico all’Italia. Tant’è che i cecoslovacchi non parteciperanno ovviamente alla gara a squadre visto che uno dei tre aveva pensato di prendere l’occasione per non tornare più a casa.
Duffek, proprio a Merano, aveva messo a punto l’aggancio e molti si stupirono nel vedere quello strano gesto che implicava il fatto di alzare la pagaia più di quello che normalmente era consentito dalla tecnica usuale. Miroslav troverà casa in Svizzera e gareggerà per questa nazione fino ai mondiali del 1965 a Spittal (Austria). Fu secondo nel 1955 a Tacen (Yugoslavia) e quarto nel 1959 a Genf (Svizzera). Terminata la sua carriera canoistica, allenerà il figlio – Milo Junior -  fino al 1982. Da lì in avanti  spariranno, per me,  le sue tracce fino al 2003 quando Cathy Hearn al rientro da un raid con le canoe polinesiane alle Hawaii mi confessò di aver conosciuto il mitico inventore dell’aggancio. Duffek, dopo molti anni nello stato delle mucche viola e dalla croce bianca, si era trasferito laggiù per godersi il resto della vita fra le onde dell’oceano e le corone di fiori al collo delle belle hawaiane, che si muovono sinuose come le onde a tutti noi molto care!

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi - Campionati Europei Slalom Junior&U23 - Liptvosky 2009

Giovanni Perozzi:
mitico Ettore, nel mio immaginario vedo fotografie in bianco e nero di canoisti con attrezzatura improbabile, foto stracolme di poesia e che regalano emozioni.

ciao

Giovanni

PS ieri abbiamo festeggiato il quarantennale della gara slalom all'isola tiberina, e tra le tante foto esposte  mi ha colpito quella di un macchinone scuro scuro con sopra ben cinque kayak, era il 1965, erano stati comprati d'occasione a Merano, i primi kayak da fluviale mai visti a Roma.

Ettore Ivaldi:
Alla confluenza dei due canali – quello di sinistra lo chiamano Vàh come il fiume e quello di destra Orava dal nome della regione – si forma una sorta di onda-ricciolo e subito dopo un massone coperto dall’acqua crea un bel buco. Così il dislivello e l’ostacolo movimentano la zona, rendendola particolarmente impegnativa agli atleti, ma nello stesso tempo assai interessante per il pubblico: se ne vedono delle belle! In acqua sembrano particolarmente attratti proprio i giovani lituani che se devono perfezionarsi fra le porte, nulla hanno da invidiare ai colleghi delle altre nazioni  per coraggio e abilità acquatiche. La Lituania fu il primo stato sovietico a proclamarsi indipendente nel marzo del 1990 e nonostante  lo sport nazionale sia il basket, in cui hanno conquistato medaglie olimpiche, la canoa slalom inizia ad avere un certo seguito. E così sono rimasto impressionato nel vedere un  loro kappa uno, su una canoa dai disegni e dai colori decisamente inguardabili – ma i gusti sono gusti e non si discutono – finire dentro il ricciolone per una manovra azzardata, perdere la pagaia e lottare a mani nude contro quel drago che lo voleva inghiottire in un solo boccone. Noi sulla riva abbiamo tremato quando, quasi per una congettura assai strana di forze naturali, il malcapitato riemergeva dall’acqua bianca trovandosi però a mani nude a lottare ancora nelle fauci dell’animale assai irritato. Si aprivano le scommesse: abbandonerà il mezzo oppure preferirà cercare fortuna negli abissi fluviali? Lui e la sua canoa – decisamente vistosa – sparivano totalmente di nuovo inghiottiti per l’atto finale. Noi, quasi increduli, pronti ad intervenire. La calma è la virtù dei forti e, visto che l’emblema di questo Stato è proprio un cavaliere con la spada sguainata in sella al suo cavallo, il giovane lituano – che oltre alla canoa inguardabile ha anche il casco degli stessi colori – ha tirato fuori quel coraggio e quella determinazione che i cavalieri avevano nell’affrontare a viso aperto i propri avversari. Due manate in fronte al drago, due ceffoni alle ali, un ultimo guizzo sulla coda, una colpo al cuore e rieccolo emergere a pochi metri dalla “bestia” ormai senza più speranze. Lui il nostro giovane eroe applaudito da tutti noi che avevamo seguito quel duello di altri tempi. 
Ripescando a ritroso nella  memoria, mi sono reso conto,  che avevo già seguito in passato un’altra scena assai interessante e che si avvicina a quanto visto qui a Liptvosky. Ero ad Atene sul canale olimpico nell’anno 2004 a pochi mesi dai Giochi Olimpici. Questa volta l’attore è un tipo decisamente più famoso, ma non è detto che il lituano, che fra non molto collegherò anche ad un nome, non lo diventi. Si trattava infatti di Benoit Pechier -  che da lì a poco si sarebbe cinto  la testa d’olivo - che a meno di un metro dal bucone iniziale incastrò la sua pagaia sui blocchi blu e verdi. La velocità dell’acqua non gli permise di raggiungere riva in tempo per evitare di inabissarsi in quell’enorme voragine nera che impressionava per dimensioni e forza. Peschier – che oggi non gareggia più per la Francia, ma per la Grecia e figlio di quel Claude che nel 1969 vinse il mondiale slalom  nel K1 individuale e a squadre – si appiattì con tutto il suo corpo sulla canoa nella speranza che quella posizione gli permettesse di passare oltre senza essere fermato dalla schiuma bianca. L’effetto fu immediato: bloccato dalla bocca del lupo, rovesciato, riemerso, rovesciato, riemerso con manate sull’acqua, ma il ritorno d’acqua non gli permetteva via d’uscita. Il giochino durò a lungo fino a quando Benoit – decisamente tranquillo e convinto a non mollare a costo della vita – pensò bene di lasciarsi andare a peso morto nella speranza che le forze della corrente sommerse lo facessero uscire da quella incerta ed imbarazzante situazione. La cosa riuscì perfettamente, ma lui sfogò la sua rabbia per quell’ affronto dello spirito dell’acqua che corre, prendendo a pugni la coperta della sua canoa per  il resto del canale che percorse ovviamente senza pagaia. Conseguenza: passò la serata a riparare la canoa  salvata dall’acqua e dall’abilità del canoista, ma punita dall’ira umana!
Quasi mi dimenticavo… domani alle 18,30 cerimonia d’apertura, oggi l’ultimo allenamento da 60 minuti: tanti sorrisi da parte dei ragazzi e tante speranze per le gare di qualifica. Il conto alla rovescia è iniziato!

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi Campionati Europei Slalom Junior&U23 – Liptvosky

Ettore Ivaldi:
“The stars were the junior first…” recita il manifesto che ritrae un Martikan in maglietta e in mano la montagna di medaglie vinte nella sua carriera.
Lui fu il primo vincitore junior nella canadese monoposto della storia di queste gare nel 1995 e successivamente nel 1997 a Nowy Sacz (Polonia). La cosa mi ha messo curiosità e allora sono andato a spulciare nel passato per capire che fine hanno fatto i vari vincitori delle 10 edizioni fino ad oggi disputate e  se tutti effettivamente sono diventati delle stelle oppure se hanno brillato per una sola volta!
Nel settore femminile  è sicuramente la tedesca Jennifer Bongard, nata ad Hagen nel settembre del 1982,  l‘atleta che, dopo aver vinto l’europeo di categoria nel 1999 a Solkan (Slovenia) e i campionati del mondo junior nel 2000 sia individuali che a squadre, ha visto brillare a lungo la sua stella. Infatti nel 2007 porta a casa sia  il titolo mondiale assoluto nella gara  disputata in Brasile a Foz de Iguacu sia la classifica finale di Coppa del Mondo. Terza quest’anno agli europei di Nottingham. La Bongard è la prima canoista apparsa sulla famosa rivista patinata Playboy senza veli, ma con qualche piccolo ritocco di photoshop a detta di chi la conosce più a fondo di noi! Per celebrare la sua seconda partecipazione olimpica – ad Atene chiuse in 9 posizione e a Beijing 15esima,  si è tatuata all’interno del bicipite destro le scritte in lingua originale delle sue partecipazioni alle gare a cinque cerchi. Vezzo questo di molti atleti che hanno fatto delle olimpiadi una loro ragione di vita.
Jana Dukatova agli europei junior non è mai salita sul podio e la   miglior prestazione è stata il quinto posto nel 2001. In quell’anno in gara anche nomi che diventeranno famosi come quelli di Emile Fer (28esima), Jasmine Schornberg (21esima) che nel 2004 vincerà il mondiale junior e Maialen Chourraut (18esima).
Nel kayak  maschile solo Daniele Molmenti e Fabien Lefevre hanno costruito il loro successo passando dall’oro continentale di categoria. L’italiano vinse a Bratislava nel 2001 al suo primo anno junior  e il transalpino nel 1999. Fabian Dorfler, che da senior ha vinto europei, mondiali e coppa del mondo, nella categoria giovanile non ha avuto molto successo finendo 37esimo nel 2001 agli europei di Bratislava, mentre  l’anno successivo fra gli U23 fu sesto nella gara vinta da Lefevre. Dorfler gli Europei U23 li ha vinti solo con la squadra nel 2004. Se noi prendiamo a riferimento i campionati del mondo junior dal 1986 al 2008 su 12 vincitori solo la metà ha poi avuto un futuro ancora ricco di gloria. Chi più chi meno.
Anomala anche l’escalation nella canadese biposto. Infatti i polacchi Mordarski/Woij vincitori del titolo in due edizioni, ’95 e ’97, non ebbero poi un grandissimo successo nella massima categoria, conquistando nel 2001 solo un secondo posto nella finale di Coppa del Mondo. Meglio di loro i tedeschi campioni d’Europa junior nel 1999 e campioni del mondo junior nel 1998, Becher/Henze. I due tedeschi divennero  campioni del mondo senior nel 2003  e argento alle Olimpiadi del 2004. Dopo un anno di pausa per concludere gli studi universitari, li ritroviamo vincitori quest’anno alla finale di Coppa del Mondo ad Ausgburg.
Insomma i numeri e le statistiche dicono che non per forza iniziare con l’oro al collo in giovane età è garanzia di successo per il futuro, certo è che può aiutare dal il punto di vista economico e sotto l’aspetto psicologico sempre che il successo venga gestito bene. Come sempre anche questo conferma che tutto può essere il contrario di tutto, ma si sa che per ingannare il tempo prima di entrare nel vivo della manifestazione, l’uomo si perde nei meandri del pensiero.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi – Campionati Europei Slalom Junior&U23 – Liptvosky 2009

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