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CAMPIONATI EUROPEI SLALOM JUNIOR & U23

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Ettore Ivaldi:
La notte si dorme bene, ma durante il giorno il caldo è veramente potente.
Si va a “braccio” per pagaiare sul canale che ha aperto la storia delle strutture artificiali. Ora per  spiegarvi che cosa significhi andare a braccio, semi braccio o  a petto, devo tornare indietro nel tempo  quando cioè nel 1991 Francesco Stefani (in arte Bacò) creò una terminologia specifica per l’abbigliamento da canoa. Facemmo anche una T-Shirt per rammentare al mondo l’”italian style”. In sostanza pagaiare a braccio significa utilizzare una canottiera sotto il salvagente e così il braccio è praticamente nudo. Bene. In questi giorni Michele Martino pagaia a braccio ed è veramente impressionante vederlo scendere sulle sue acque. Il volume del suo bicipite sinistro, ciò  il braccio che tira la pagaia, fa paura per dimensioni e per quelle due vene che nella massima contrazione sembrano esplodere da  un momento all’altro. L’abbigliamento estivo, canottina azzurra sperimentata la prima volta a Beijing 2008 e che non si trova sul catalogo ufficiale di Sandiline, esalta decisamente quei due pistoni che mettono in moto una macchina impressionante che al suo passaggio fa aprire le acque e fermare il mondo. Infatti se qualche canoista si trova sulla sua traiettoria è come d’incanto fermato da una forza magnetica. Ora, se hai la fortuna di vederlo arrivare, ti sposti, guardi e lascia andare. Se invece è alle tue spalle sei praticamente sovrastato e paralizzato da una sorta di vuoto. Immaginatevi  quindi quegli junior che si trovano in questa situazione:  deve essere come per la piccola Bernardette aver visto la Madonna nella grotta di Lourdes!
Lui non è solo una macchina di muscoli, ma lo è anche per dedizione e meticolosità. Al canale arriva guidando il Suv nero della Mercedes o pedalando sulla mountain-bike – abita a meno di 2 chilometri dal canale in una villetta che dà sul fiume Váh  con una cancellata stile messicano – due volte al giorno. Si cambia, sfila la canoa dal deposito, fa quei 200 mt. che lo dividono dalla partenza del canale. Sale in canoa si allaccia il paraspruzzi, controlla che tutto sia ok, pianta la coda in acqua e parte per l’allenamento. Si fermerà solo allo scadere del tempo prestabilito. Finita la sessione in canoa  o va in palestra o si doccia per tornare  a casa con il mezzo con cui è arrivato. La stessa cosa si ripete quattro ore più tardi. Non c’è nulla che varia in questa sua vita da campione. Eppure sono tante le persone che cercano di incrociare il suo sguardo o in allenamento o dopo, ma lui nulla, imperterrito. Questo suo modo di essere lo distingue  qui a Liptovsky Mikulas fra i monti Tatra dove in lontananza si vede la vetta più alta dello Slovacchia – il monte Gerlach 2.665 mt. - o in qualsiasi altra parte del mondo. Abbiamo vissuto per diverso tempo nello stesso hotel a Beijing e lo scenario è sempre stato lo stesso.
Nel frattempo i preparativi per gli europei junior e under 23 proseguono. E così vedi Ivan Cibák – presidente della Federazione Slovacca figlio di quell’Ondrej Cibak che rivoluzionò i percorsi di slalom dando per l’appunto vita ai canali artificiali – che corre dalla mattina alla sera per montare, spostare in prima persona, organizzare, disporre ogni cosa perché fra pochi giorni si inizierà a vivere un’altra avventura all’insegna dello sport dell’acqua che corre e che avremo la fortuna di raccontare. Un presidente  concreto che va a braccetto con Ivan Gasparovic quel professore di diritto che dal 2004 è il presidente della Repubblica Slovacca.
Mi piace quello che ha scritto Cibak nel bollettino ufficiale della manifestazione:”Here, in the water slalom area in Liptovsky Mikulas grove up the olympic winners, world and european champions.They were the juniors first. Later became the stars.“


Poche parole, concise e certo non perde tempo ogni due mesi a raccontare quanto siamo belli e quanto siamo bravi. Parlano per lui le medaglie d’oro olimpiche, le strutture, l’attività concreta che  si fa ogni giorno dell’anno per i giovani e per gli atleti d’elite! 

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi Campionati Europei Slalom Junior & U23

Ettore Ivaldi:
Questa mattina ho seguito l’allenamento di Zeno dalla tribuna in legno stile far-west ed in attesa della sua discesa successiva mi faceva compagnia un ricordo datato 1984. E’ infatti questo l’anno in cui feci la mia prima trasferta a Liptovsky per la 36esima edizione del Tatranska slalom con il mio compagno di squadra e amico Ivan Pontarollo, che tra l’altro tornò a casa con il Trofeo, e Pierpaolo Ferrazzi. Partii da Verona con una Ford Tanus a noleggio e passai a Valstagna a caricare gli altri due Kappa uno. Una brevissima pausa a Trento  Sud dal consigliere  federale Fulvio Bonmassar a prendere  del cash e poi via per la tanto attesa meta. Ricordo ancora oggi con un certo terrore l’entrata nell’allora Cecoslovacchia. Chilometri di filo spinato con le garitte a baluardo del confine. Una volta arrivati in dogana ci passarono al setaccio scaricando  e controllando ogni pezzo della macchina ispezionandone perfino il fondo con un carrello a specchio! A contorno i soldati con tanto di mitra e fare minaccioso. All’entrata  un paesaggio desolante: palazzoni grigi, strade con i solchi dei carri sull’asfalto, lungo le strade persone che vendevano quattro cipolle, due peperoni, qualche foglia di lattuga, la stessa mercanzia che più o meno trovavi nei supermercati. Proseguimmo dritti per i monti Tatra e il paesaggio non cambiò di molto. Sento ancora oggi quell’emozione nel vedere per la prima volta questo percorso artificiale, ma soprattutto non posso dimenticare l’incontro con Peter Sodomka. Io avevo conosciuto questo campione cecoslovacco che aveva fatto la storia della canadese monoposto mondiale, attraverso diversi racconti e tanta immaginazione. Il primo impatto lo ebbi nel 1976 quando Renzo Mariani e Alberto Bonamini – un giorno vi racconterò anche di loro – tornarono al Club dopo una trasferta con la nazionale proprio nella terra dell’eroe e portarono con loro la mitica canoa “TSR”,  dove “T” stava per Tresnak, “S” per Sodomka e “R” per Radil. I tre vinsero molto singolarmente oltre ai mondiali a squadra in C1 nel 1973 sulla Muotha (Svizzera) e nel 1975 sulla Treska (ex-Yugoslavia). Renzo e Alberto, freschi della loro esperienza internazionale,  incantavano noi ragazzini del  club, nelle serata passate in Dogana per dissetarci di storie di canoa. Si diceva che  Sodomka fosse un sorta di gigante, che impressionasse chiunque per la grandezza delle sue mani e per il suo sguardo piuttosto severo. A colazione mangiava cetrioli e girava sempre con un bilanciere in macchina per scaldarsi prima delle gare.  Si raccontava anche che  aveva  appeso la pagaia al chiodo per terminare la carriera con un successo dopo aver vinto i campionati del mondo nel 1977 (uno fra l’altro dei pochissimi atleti che seppe vincere medaglie in slalom e in discesa). La ragione vera di questo abbandono fu invece dovuta al fatto che, dopo aver visto le classifiche, chiese chi fosse un certo Bob Robinson che aveva fatto registrare il miglior tempo, ma che una penalità di troppo lo rilegò al quarto posto giusto dietro a Karel Tresnak. Lo cercarono questo statunitense poco più che 17enne alto e filiforme, più un personaggio da college e Mc Donald, che pagaia e slalom. Quando Sodomka lo vide ci rimase male. Si avvicinò al nastro nascente del C1  e gli regalò la sua pagaia dicendogli: “ora tocca a te, il mio tempo è finito”! Insomma una scena madre come nel fantastico film “the big Wednesday”  quando cioè Matt alla fine della sua impresa nella  tanto attesa mareggiata del novembre del 1968  esce dall’acqua e regala la tavola al ragazzino che gliela  riportava.
Sodomka ci aveva visto bene perché solo due anni più tardi questo “sbarbino”   assieme a David Hearn e Jon Lugbill diede vita al ciclo d’oro a stelle e strisce.
Sodomka mi si parò davanti in quel maggio dell’84 e non ebbi nessun dubbio a riconoscerlo. Effettivamente un gigante, ma lo sguardo non era più quello che metteva in soggezione gli avversari, anzi sembrava dolce e affabile. Mi ricordo che rimase tutti e tre i giorni delle gare sul ponte che collega i due canali e seguiva con attenzione ogni canoista ed io rimasi per molto tempo a godere nel dividere quell’angusto spazio con chi per molte volte aveva percorso la mia fantasia sportiva. Di lui mi sono ritrovato a parlare recentemente e cioè a Pau, in occasione della prima prova di Coppa del Mondo di slalom, con un altro mostro sacro della canoa e cioè Jil Zok. Infatti ho avuto modo di passare alcune ore con il francese nove volte campione del mondo nella specialità della canadese monoposto discesa per completare la prima parte di un libro su Vladi Panato che sto scrivendo. Zok parlava molto ammirato di Sodomka e al solo nominarlo gli si illuminavano gli occhi. “Fu il primo a far saltare la coda per cambiare direzione – mi spiegò  e aggiunse – poi con il tempo questa tecnica la feci mia  migliorandola. Ora Panato ne è il vero artista”.
Alla fine di quei tre giorni di gare, ricordo che fu invitato a presenziare alle premiazioni, lo cercarono, lo chiamarono, attesero qualche decina di minuti, ma lui il grande Peter Sodomka aveva già preso la strada di casa uscendo di scena, ancora una volta, in silenzio lasciando spazio agli attori di quel momento. Io tornato a casa cercai documenti o quant’altro parlasse di lui, mi fece piacere scoprire che nacque il mio stesso giorno, come Martikan, come Carlo Mercati  e chissà quanti altri:  un altro toro e si sa che noi siamo legati alle tradizioni e alla storia!

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi - Campionati Europei Slalom Junior & U23 Liptvosky 2009

Skillo:
Che piacere leggere queste cronache vergate in buon italiano e in ottimo stile.
Riesci a dare l'impressione di essere lì con te e mi vedo a pendere dalle labbra dell'eroe di turno scoprendo di volta in volta fatti e aneddoti che arricchiscono la mia cultura canoistica e rinfocolano l'amore per il mondo delle competizioni.
Su quella famosa maglietta di Bacò ho però la netta impressione che l'abbigliamento che tu chiami "braccio" sia in realtà il "semipetto".
Vado a memoria.

Giacca d'acqua lunga: pezzo
Maglia lunga : semi-pezzo (definito come "poco elegante"  ;D )
Giacca corta su maglia a manica lunga: semi-braccio
Giacca corta e braccio nudo: braccio
T-shirt o canotta: semi-petto
A petto nudo: petto


Quanti bei ricordi ...   :)

Ettore Ivaldi:
Grazie Skillo - ho inviato un sms a Bacò per avere delucidazioni in merito.
A casa dovrei avere ancora la bozza dei disegni e forse anche una T-Shirt. Che sia il caso dopo 18 anni di  fare
un remake delle stesse?
Occhio all'onda! Ettore

Skillo:
Mi prenoto subito per una "L", anzi; se le fate anche a colori ne voglio una per colore!  :D

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