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Pagaia Groenlandese o Tradizionale
Lorenzo Molinari:
“Le passioni van bene già di per sé”. Posso solo immaginarmi il piacere che proverei spingendo una piroga con una pertica tra canneti (se ne fossi capace), per i bassi fondali della foce di un fiume, con i pesci che tracciano scie sul pelo dell’acqua e gli aironi che volano bassi, sbattendo le loro ampie ali. Sono certo potrei provare altrove analoghe emozioni con un kayak e una pagaia in stile groenlandese.
Ciò che scrivi, RossoFIorentino, lo condivido e se ne è scritto nei post precedenti. Ti ringrazio anche del tuo richiamo, per quanto il mio spirito, come quello di altri, sia ironico e provocatorio per ravvivare la lettura e stimolare la discussione, al di là dei fatti storici e di quelli oggettivi su cui c’è poco da discutere.
Gli Inuit realizzavano kayak e pagaie per i loro scopi, che non sono i nostri. Se desidero pedalare lungo un sentiero inforco la MTB, non la bici da strada, e, non dovendo andare a caccia di foche, preferisco altri generi di kayak e pagaie a quelli groenlandesi. Al di là del piacere che possa provare, in base alle situazioni, impiegando le diverse tipologie di canoe e pagaie.
Anch’io non credo che sarebbero andate a ruba le wing tra gli Inuit, era ovviamente una battuta, forse le ungheresi già di più. La wing in termini di stabilità e manovre di emergenza è scarsa ed è molto più rumorosa - come tu fai notare - delle groenlandesi, pertanto la wing è, ahimè, inadatta alla "cacca" (prendo a prestito il termine "cacca" da te utilizzato al posto di "caccia", forse per te freudianamente sinonimi. Può star bene anche a me in generale). Pagaie groenlandesi al plurale, perché i modelli sono proprio tanti e anche molto diversi tra loro, per quanto da noi si limitino a uno, diciamo due, eccezionalmente tre, e non ho idea perché proprio quelli e non altri, dubito che la scelta abbia attinenza con la presenza della foca monaca nei nostri mari.
Stesso discorso per i kayak da mare, i nostri sono più adatti a crociere di più giorni ma sono più difficili da rollare, perché, anche a parità di fondo, sono molto più alti dei loro, che dovevano essere poco visibili alle loro prede e non avevano grosse esigenze di trasporto.
Eseguire un eskimo roll con un kayak Inuit è molto più facile che con un kayak da creek di grosso volume, nonostante sia una manovra di routine su fiumi estremi e sia parimenti vitale. Per quanto è provato come moltissimi Inuit non fossero capaci di eseguire tale manovra in tempi precedenti alla colonizzazione occidentale.
Concordo che le pagaie groenlandesi siano un oggetto pregevole e speciale, ricco di storia, che consente di giocare in modo diverso, di pagaiare con tranquillità, godendosi l’ambiente su lunghe distanze. Offrono una pagaiata sana, non soggetta a infiammazioni e per lo più difficilmente di spezzeranno contro un ostacolo. La pagaia, come ogni cosa, va scelta in base all’uso che se ne vuol fare, tenendo presente che l’efficienza di una pala rispetto a un’altra non è un’opinione ma è dimostrabile oggettivamente.
Maligiaq Padilla nel kayak groenlandese è come un Aniol Serrasolses nell’alto corso. Conosce ogni più piccolo segreto dei kayak e delle pagaie della sua tradizione ed è stato un grandissimo campione nelle gare groenlandesi, dove non sono ammessi kayak e pagaie di altre tradizioni. Non mi risulta abbia mai gareggiato con kayak e canoe occidentali, né che abbiano partecipato campioni di livello internazionale occidentali a gare groenlandesi, che, invece, si sono cimentati, eccellendo, in gare di canoa di altre tradizioni: polinesiana, canadese o cinese.
RossoFiorentino:
In effetto è curiosa la mia associazione involontaria con la cacc-a. Diciamo che è una pratica che non amo, faccio fatica ad accettare che qualcuno lo possa valutare uno sport, ma di sicuro non avrei condannato e non condanno le necessità della sopravvivenza.
Per quanto riguarda la forma quasi sempre identica delle pagaie credo che dipenda molto dal fatto che il modello dominante in Groenlandia è appunto quello più tipico che si può vedere anche nelle nostre acque, oltre alle Aleutine che per qualche ragione fortuita di sono salvate dall’oblio. Non mi risulta e non mi è mai capitato di vedere un Inuit utilizzare pagaie diverse, suppongo che ad un certo punto si sia creato uno standard anche lì.
A proposito di Maligiaq si narra, e dico si narra perché non ho visto ne video ne foto, che al suo arrivo in giovane età negli States abbia partecipato a più di una competizione marina utilizzando sempre pagaie Groenlandesi e ottenendo risultati strabilianti contro avversari che utilizzavano gli ultimi ritrovati della tecnologia. Ma come probabilmente concordiamo quando uno si dedica anima e corpo è il suo spirito che fa impressione, al di là dei risultati.
In ogni caso quello che personalmente mi preme del kayak Groenlandese è la profonda connessione con l’ambiente e il mezzo che questa nicchia cerca di portare avanti. Non ho mai visto così tanto entusiasmo verso la pratica che nei video dei vari campionati tradizionali. Nella mia breve esperienza ho sempre fatto fatica a capire il mondo agonista, la spinta a essere il migliore, la competizione fine a se stessa, tipicamente Occidentale. Poco tempo fa avrei criticato aspramente gli atleti da velocità di acque piatte, ora che sto imparando a conoscerli mi sta passando fortunatamente la voglia di provare arrogantemente ad insegnare ad un “olimpico” che ciò che fa manca di qualcosa. Spero di essere tutt’uno con l’acqua che così tanto mi spaventa, spero di portare avanti una filosofia di kayak che apprezzo profondamente, spero di poter spiegare perché un mezzo che non guido ma “indosso” mi regala una profonda pace con le mie gioie e le mie incertezze. Credo che questo meriti rispetto ed è un po’ questo che vorrei ricordare ma a vedere la tua ultima risposta direi che sto picchiando ad una porta che in realtà è già aperta. Questo mi fa molto piacere. Non per ultimo trovo il qajaq groenlandese meraviglioso dal punto di vista estetico, un’eleganza che nel diolene mi sembra mancare.
Lorenzo Molinari:
Concordo su tutto, finanche sull'agonismo, per quanto provenga da quel mondo! Un mondo che ha senz'altro da insegnare ma ha anche molto da imparare da quello degli appassionati (e non uso apposta il termine amatori, perché lo sport cosiddetto “amatoriale” è spesso analogo a quello agonistico). Così come ritengo che nello sport giovanile si spinga troppo sulla competizione, come valore fondante dello sport e scuola di vita. Cerco di trasmettere a mia figlia ben altri valori nello sport e nella vita, ma questo è un altro discorso. Buone pagaiate!
Vittorio Pongolini:
Bella questa ultima serie di dialoghi tra persone competenti che amano il ns. sport! Mi ero solo fermato esterrefatto alla... "cacca" di RossoFiorentino e mentre mi montava il piacere di leggervi, di colpo mi sono fermato dall'estasi della lettura proprio a quella parola! "Ohibò...ha rovinato tutto" pensavo…"che c'entra..?" Poi ho capito ed ho perdonato, ma ci ho messo un momento perché ero tutto preso con la mente a seguire i periodi.
Ah, se si potesse sempre e spesso leggere interventi così su questo forum!
marittimo:
--- Citazione da: RossoFiorentino - Novembre 27, 2020, 06:09:23 pm ---
Spero di essere tutt’uno con l’acqua che così tanto mi spaventa, spero di portare avanti una filosofia di kayak che apprezzo profondamente, spero di poter spiegare perché un mezzo che non guido ma “indosso” mi regala una profonda pace con le mie gioie e le mie incertezze.
--- Termina citazione ---
Penso che questa sensazione si possa percepire indipendentemente dal tipo di kayak e dal tipo di pagaia. Se poi la si vuole percepire “indossando” gli abiti Inuit, allora si dovrebbe provare a farlo fino in fondo.
Credo che la vita Inuit fosse molto dura e molto diversa da quella dell’immaginario collettivo. Credo anche che le loro uscite in kayak fossero tutt’altro che rilassanti e riappacificati con se stessi. Forse Lorenzo Molinari potrebbe dire qualcosa sulle paure e i turbamenti psicologici diffusi tra gli Inuit (quelli veri).
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