Circa la domanda posta da marittimo sulla presenza del timone sui kayak da gara da Canoe Sprint, ci sarebbe anche da chiedersi perché, a un certo punto, il timone sia stato montato solo sui kayak (K) e non anche sulle canoe (C) da gara.
In origine i kayak (kayak europei in legno da gara del 1800, sandolini e kayak artici) erano privi di timone, ugualmente lo erano le piroghe e le canoe di tutto il mondo. Eppure si decise di montarli sui kayak e non sulle canoe. Questa scelta ci ha condizionati al punto che ci meravigliamo alla vista di una canoa da turismo col timone (foto allegata: C2 Canadian di ASA Canoe) ma non di un kayak (a dire il vero, c’è anche chi arriccia il naso per i kayak col timone). Nonostante un timone ad hoc potrebbe essere manovrato con i piedi anche sulle canoe.
Il timone non venne montato sulle canoe, perché il baricentro del canoista è sufficientemente alto da consentire di dirigere lo scafo agevolmente (il più delle volte) con la sola pagaia, contrariamente ai kayak.
Dalle mie ricerche storiche non sono risalito a quando furono montati i primi timoni sui kayak da acqua piatta. Tuttavia, alle prime Olimpiadi di canoe e kayak a Berlino del 1936, si disputarono gare con partenza in linea sui 10.000 m in C2, K1, K2, F1, F2 (“F” sta per “faltboot”, tradotto dal tedesco “barca pieghevole”), che prevedevano giri di boa, con la necessità di gestire le onde di scia, su scafi molto veloci ma, soprattutto nel caso dei K1 e dei K2, poco direzionabili.
In partenza, tutti danno il massimo per portarsi il più possibile in testa, così da cercare di evitare di subire il “maremoto”, che si genera. Chi è poco potente, si troverà indietro con il kayak o la canoa che sbanderà a sinistra e a destra, riducendo la velocità e aumentando il distacco dal gruppo di testa. L’unica possibilità sarà quella di gestire le scie. Se non si potessero gestire a proprio favore, le gare di fondo diverrebbero meno competitive poco dopo la partenza. I passisti subirebbero soprattutto le contro scie e difficilmente riuscirebbe a recuperare.
Saper gestire le scie, può consentire di risparmiare molta energia, anche più del 5%, e pian piano, risalire il gruppo. Per sfruttare la scia, si deve portare la prua della propria canoa o kayak all’altezza della barra trasversale della canoa o della punta del pozzetto del kayak avversario, minimizzando la distanza tra i due scafi ed evitando di ostacolare la pagaiata di entrambi. Poiché l’onda di scia tende a risucchiare lo scafo verso quello in vantaggio, e tale onda è tanto maggiore quanto è più pensante l’avversario, si deve mantenere una rotta leggermente deviata rispetto a quello di chi è avanti.
Con un kayak munito di timone si agirà sul timone, mentre in canoa si dovrà allargare la pagaiata, se si pagaia sulla sponda dello scafo avversario, altrimenti si dovrà correggere decisamente la rotta dell’imbarcazione, ogni una o due pagaiate, se si pagaia su lato opposto, perché il risucchio dovuto alla scia può essere notevole. In canoa, in entrambi i casi, si potrà spostare leggermente il piede appoggiato sul pagliolo (quello più avanti), verso il lato più vicino all’imbarcazione avversaria, così da inclinare lo scafo e facilitare la deviazione di rotta.
Tutto ciò non è affatto semplice: se condurre una canoa da Canoe Sprint è già estremamente difficile, molto più di quanto un kayaker anche esperto possa immaginare, saper gestire le scie è un’impresa di equilibrismi e manovre, che offre grandi soddisfazioni.
L’energia che si perde nelle correzioni è di gran lunga ricompensata dalla scia, soprattutto se l’avversario è più pesante. Per questo, in partenza, i passisti debbano immediatamente puntare a un avversario più pesante e più veloce tra quelli vicini per catturarne la scia, prima di perderlo. Se riusciranno a stancarsi meno dell’avversario, potranno scattare e abbandonarlo quando meno se lo aspetta, puntando a un altro avversario poco più davanti o a un altro passista vicino, che punta a risalire posizioni. Eventualmente alternandosi con lui nella scia.
Quando si è in scia, basta poco per danneggiare la pagaiata dell’avversario, facendogli ritrovare la pala sotto lo scafo arretrato e, nel peggiore dei casi, ribaltandolo. Se, invece, chi è in scia dovesse allargare un po’ troppo, e basta poco, rischierà di perderla immediatamente. Trovarsi in contro scia, dove la fatica aumenta considerevolmente, con un grosso dispendio di energia per recuperarla.
L‘avversario, di contro, può danneggiare deliberatamente chi è in scia, talvolta sollevando acqua in estrazione, per buttarla su chi lo segue, con lo scopo di appesantirlo e rendere più faticoso il suo avanzamento. Le canoe, essendo prive di ponte, imbarcheranno tutta l’acqua che le sovrasterà; i kayak no, ma potrà inzupparsi l’abbigliamento del kayaker e l’acqua colare nello scafo dalla cinta del paraspruzzi. Sono cose spiacevoli, che purtroppo accadono e costringono ad allargare la scia, sfruttandone meno la sua spinta. Nulla in confronto alle irregolarità nei giri di boa, dove, quando più barche sono appaiate, i giudici hanno difficoltà a rilevare comportamenti scorretti, soprattutto in caso di barche multiple. Ai giri di boa si devono adottare strategie di gara specifiche, che non vi sto a raccontare, per avvantaggiarsi o limitare i danni, in cui la velocità delle manovre è determinante. Chi è all’interno, rischia di saltare una boa ed essere squalificato, nel caso in cui chi è in vantaggio stringa per passare al pelo della boa; mentre chi è esterno percorre più strada, e questo può essere un buon momento per liberarsi di chi sfrutta la propria scia, con un piccolo scatto.
Con kayak senza timone, ad esempio quelli da Wildwater Racing, tenere la scia è una pratica piuttosto penosa, perché impone di mantenere costantemente lo scafo inclinato, stando storti con il busto, e di forzare la pagaiata sul lato dell’imbarcazione avversaria.
Si sfruttano le scie nelle gare a squadre di discesa, tra una rapida e l’altra, facendo avanzare il più forte dei tre nel mezzo. Mantenere questa scomoda postura per chilometri, come accadrebbe ai kayaker di Canoe Sprint nelle gare di fondo se i loro scafi fossero privi di timone, inciderebbe negativamente sulle performance dell’atleta.
I kayak da gara da discesa moderni sono particolarmente difficili da manovrare in rapida, a causa delle prue dritte e non disponendo – ovviamente - di timone, che si spaccherebbe contro la prima roccia. Sono condotti studiando alla perfezione le linee d’acqua più favorevoli. per evitare manovre brusche, che rallenterebbero l’andatura, e sfruttando il momento in cui la prua emerge dall’acqua, all’uscita di un’onda o di un rullo, per un cambio di direzione.
Il timone è stato, quindi, montato sui kayak da gara d’acqua piatta per agevolare i giri di boa, gestire le scie con una postura corretta e ridurre il rischio di danneggiarsi a vicenda, nelle gare di fondo, oltre che favorire una pagaiata più performante in caso di vento laterale.
Questi problemi diverrebbero enormi, se non insuperabili, in K2 e in K4. Nelle gare sulle distanze di 200, 500 e 1.000 m ciascun concorrente ha la propria corsia rettilinea, e le scie sono vietate. Viceversa sulle canoe il timone non è così necessario, per quanto, con vento laterale, la gara possa essere falsata, trovandosi avvantaggiati coloro che pagaiano sul bordo investito dal vento.
Saper sfruttare le scie con una buona strategia, permette di vincere gare di fondo contro avversari anche molto più forti, soprattutto se molto più pensati e se si riesce a stancarli, simulando ipotetici sorpassi per indurli a frequenti scatti, per poi superarli definitivamente. In C1 mi capitava frequentemente di prendermi questo genere di soddisfazioni.
Quanto ai surfski, provate a viaggiare a velocità superiori ai 20 km/h in downwind su onde oceaniche. Non riuscireste a sfruttare e mantenere a lungo ogni onda senza un adeguato e robusto timone. Lo skeg è insufficiente.