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Shock termico

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Lorenzo Molinari:
Credo che a tutti sia capitato di fare un bagno in acqua gelida.
Magari anche con un abbigliamento inadeguato.
Ad esempio, finendo a bagno in primavera scendendo un torrente alpino o un torrente appenninico con la neve sulle sponde... o più semplicemente capovolgendosi d'inverno in un lago?
Oppure tuffandosi d'estate in costume nella polla di un torrente o a capodanno in mare?

Ho un vivo ricordo di quando mi ribaltai - più di 40 anni fa – mentre mi allenavo da solo in C1 d'acqua piatta all'Idroscalo in pieno inverno, con l'acqua intorno a 3°-4°, vestito con indumenti che almeno erano di lana. Raggiunsi la riva a nuoto con grande difficoltà a causa dello shock termico e per fortuna uscii dall’acqua prima che subentrasse l'ipotermia.
Così come ho un vivo ricordo in montagna d'autunno a circa 2.500 m, quando trovai a terra una persona in stato di ipotermia, a causa di un repentino abbassamento della temperatura dell’aria, incapace di muovere le gambe e le braccia e, di conseguenza, di aprire il suo zaino in cui aveva maglione e giacca a vento “a portata di mano”. Ebbe la fortuna che mi trovassi a seguirlo sullo stesso sentiero...

Al di là che dopo un certo tempo possa subentrare l'ipotermia con tutte le conseguenze del caso, anche mortali, nei primi istanti si subisce uno shock termico che anch'esso può causare la morte. Anzi pare sia la prima causa di morte in caso di bagno in acque fredde al di sotto dei 10° con abbigliamento inadeguato, quando si è superata la mezza età e se si è privi di un allenamento costante e specifico all'acqua fredda.
Oltretutto pare che lo shock termico possa manifestarsi anche con una temperatura dell'acqua non gelida ma semplicemente fredda, dato che ciò che conta è la differenza tra temperatura cutanea e temperatura dell'acqua.

Non sono esperto in materia e quindi non vi sottopongo spiegazioni o consigli, tuttavia v’invito ad approfondire l'argomento per la propria auto-sicurezza e per prevenire incidenti, soprattutto quando si accompagnano principianti in canoa, che tipicamente non dispongono di proprio equipaggiamento e attrezzatura adeguate.

Una prima fonte di approfondimento è disponibile al seguente link: http://www.kayarchy.com/html/02technique/010kayakingsafely/001coldshock.htm#coldshock

reel:
penso che lo shock termico di per se possa si essere una causa importante di criticitá per l´uomo a cui peró devono concorrere anche altri fattori perché diventi problematica, quantomeno in un organismo sano e non debole o debilitato

mi viene in mente la sauna finladese https://www.youtube.com/watch?v=2mDJSaZAQaY in cui questo sbalzo termico é adirittura cercato; ci sono quindi degli elementi che possono aggravare questa criticitá per il corpo come ad esempio lo spavento, il trovarsi in una situazione che richiede un nostro consistente impegno per essere risolta, l´essere gia eccessivamente sotto sforzo o a corto di ossigeno ed altre che possono invece essere d´aiuto come l´abitudine a queste differenze termiche, a situazioni difficili, l´evitare di andare eccessivamente sotto sforzo in situazioni ambientali che ne possono richiedere un´altro considerevolmente superiore, il sapere restare sufficientemente calmi o meglio il non spaventarsi troppo, la ¨freddezza mentale¨, ovviamente tutte qualitá che ben si possono sviluppare con l´abitudine e l´esercizio

Lorenzo Molinari:
Ciao Rell,
concordo in toto con te le tue considerazioni, aggiungo che in Finlandia la sauna è una pratica almeno settimanale e come tale il fisico è preparato a tali shock termici, che oltretutto avvengono in modo non inaspettato ma volontario e controllato, senza stress, ansie, debito di ossigeno, eccesso di fatica, ecc. fattori che - come sottolinei - sono aggravanti.

I soggetti più a rischio sono, oltre ai principianti, i canoisti d'acqua bianca anche esperti ma poco allenati e soprattutto i canoisti da mare e lago durante la stagione invernale. Questi, considerando il bagno tipicamente un’ipotesi remota, tendono a indossare capi adeguati a pagaiare al freddo ma non a stare a mollo; i bagni possono essere lunghi, dato che spesso si naviga non vicini a riva e la riva stessa può essere inaccessibile perché verticale o impraticabile a causa del moto ondoso; inoltre, alcune tipologie di canoe non consentono di praticare l’eschimo e, se lo consentono, la pratica è scarsa e, di conseguenza, il rischio che l’eschimo non riesca in tali situazioni di difficoltà è elevato.
Due settimane fa è andato a bagno in mare un amico canoista esperto. Era senza muta e giacca d'acqua e a gambe nude. L'acqua era a 14° (comunque fredda se si rimane a mollo privi di muta) ed era accaldato (fattore aggravante), di conseguenza il rischio di shock termico è stato forse lieve. Ha invece rischiato l'ipotermia, essendo rimasto in acqua quasi 30', poiché non riusciva a tornare a riva, a causa della corrente che lo respingeva e della scogliera contro la quale frangevano onde importanti. Alla fine ha abbandonato il kayak in prossimità della riva (pratica opportuna in questo caso specifico ma sconsigliabile a largo) e ce l’ha fatta, prima che arrivasse l'elicottero del soccorso, che era stato chiamato, ma era al limite delle forze, gravemente infreddolito e con qualche contusione.

nolby:

--- Citazione da: Lorenzo Molinari - Gennaio 17, 2018, 02:59:40 pm ---
I soggetti più a rischio sono, oltre ai principianti, i canoisti d'acqua bianca anche esperti ma poco allenati e soprattutto i canoisti da mare e lago durante la stagione invernale.

--- Termina citazione ---

Lorenzo secondo me hai tirato in ballo un concetto fondamentale: il rischio.

La valutazione del rischio sta alla base di tutto.

Posto che l'incidente può sempre capitare dato che il rischio zero non esiste (in nessun campo) e che quindi la prevenzione può solo ridurre il rischio e non azzerarlo pensiamo ai fattori di rischio che ci possono portare più o meno velocemente in contro ad un bagno ed ai relativi problemi:

L'abbiagliamento inadeguato è un fattore di rischio;
L'essere da solo è un fattore di rischio;
L'avere un kayak instabile è un fattore di rischio;
La pianificazione (meteo, possibilità di trovare riparo a riva,...);
La preparazione più o meno adeguata del canoista;
Lo stato fisico alla partenza;...e sono sicuro ce ne siano molti altri

Prevenzione vuol dire appunto ridurre i fattori di rischio.
Quando si parla di sport e di lavoro si parla sempre del concetto di "rischio accettabile" dato che nessuno in nessuna condizione può essere matematicamente certo al 100% che non finirà in acqua.
(da wikipedia:  Per rischio accettabile si intende un certo rischio che è conosciuto e tollerato generalmente perché i costi o le difficoltà per implementare una contromisura efficace risultano eccessivi se confrontati con l'aspettativa della perdita.)

Secondo me è questo il punto su cui ci si deve concentrare e discutere.
Tu dici che i più esposti sono i "kayaker da mare" ed hai correttamente motivato la tua opinione (poco avvezzi all'eschimo, spesso lontani da riva lungo coste selvagge, spesso soli, spesso convinti del fatto che "tanto ho la stagna" senza considerare che quella ti tiene all'asciutto ma poco o niente può contro la sottrazione di calore causato dall'acqua gelata).

Ti rilancio la palla, pur concordando sulle tue osservazioni riguardo al rischio in kayak da mare, con questa mia osservazione:
Per noi il rischio accettabile è la muta stagna, un cambio asciutto nei gavoni, bevande calde pronte nei gavoni, coperte isotermiche nei gavoni, cellulare sempre a portata di mano in busta stagna, kayak stabile (rispetto ad un kayak puramente improntato alla velocità ed all'agonismo), attrezzatura di sicurezza (pompa, paddle-float, pagaia di scorta, giubbetto sempre indossato,...).
Mentre vedo agonisti girare tranquillamente in pieno inverno sul Lario con barche che si ribaltano solo a guardarle con addosso solo la tuta da ginnastica. Ma ovviamente stando vicino a riva, sempre in gruppo, facendo circuiti che li fanno allontanare relativamente poco dal punto di partenza dove c'è una struttura in grado di accoglierli al caldo e da cui eventualmente può partire una barca appoggio.

Sono due categorie che per quanto sembrano simili, sono dal punto di vista della valutazione del rischio (e forse anche della percezione del rischio), diametralmente opposte e le cui tattiche di prevenzione sono diverse perchè diverse sono le esigenze che portano il pagaiatore ad entrare in canoa.
Da questo punto di vista secondo me le due cose non sono per nulla paragonabili tant'è che è evidente che l'errore più grosso è quello di comportarsi in un ambiente come si farebbe nell'altro (fare percorsi da gita in kayak da mare in tuta da ginnastica e senza dotazioni o costringere l'agonista a mettere stagna, giubbetto e stracaricare di attrezzatura di sicurezza il k1).

PS: per il discorso "shock termico" un grande fattore di rischio è la digestione (come è noto a tutte le mamme con bimbi piccoli al mare  ;D )... durante le pause conviene sempre mangiare cose leggere facilmente digeribili (anche mangiando meno ma più spesso rispetto ad un'unica abbuffata) così da non costringere l'organismo a richiamare più sangue possibile dalla periferia verso stomaco ed intestino.

nolby:
oggi è stato pubblicato questo video dal canale "northseakayak" (canale belga)

https://www.youtube.com/watch?v=MTJlGSIjSiw


il "national center for cold water safety" esiste (link al sito: http://www.coldwatersafety.org) e sembra essere una specie di associazione libera americana creata da amici di due ragazze kayaker di 18 e 20 anni morte nel 2010 a causa di una bagno in acqua a 9°C.

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