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4 nuove centrali idroelettriche sul fiume Tevere nell'Alto Lazio
Gian Piero Russo:
vi chiedo la pazienza di leggere in particolare l'ultimo comma tratto dalla pag 40 della relazione per la valutazione di incidenza di integrazione realtiva ai progetti delle 4 dighe, elaborata dalla Soc. PROTEO s.r.l .
Gian Piero Russo
"APPROFONDIMENTI NATURALISTICI MISURE MITIGATRICI: CANALE DI CONTINUITA’ BIOLOGICA
Il R.D. 1486 “Regolamento per la pesca fluviale e lacuale” del 1914 e il “Testo Unico delle leggi sulla pesca
(Art.10) del 1931 prevedevano la presenza obbligatoria di scale di risalita in modo tale da:
• attirare i pesci migratori in un punto a valle dell’ostruzione e indurli a passare a monte
• evitare l’estinzione, lo sconfinamento e la limitazione della biodiversità
Questi, i lodevoli obiettivi imposti dalla normativa italiana da quasi un secolo, ma la realtà dei fiumi italiani è purtroppo assai lontana da tali presupposti. Di scale o rampe di risalita ne sono state costruite a centinaia in decine di fiumi italiani, ma dati ed osservazioni alla mano, la quasi totalità di queste non rispondono alle reali esigenze e capacità natatorie dei pesci, in altre parole non funzionano e non assolvono allo scopo per cui sono state costruite.
Si rendono necessarie a questo punto due premesse di fondo:
• Le rampe di risalita devono a tutti i costi assolvere al loro compito, pertanto vanno progettate e
realizzate secondo determinati criteri, e successivamente monitorate ed eventualmente modificate
se necessario.
•E’ del tutto priva di fondamento ancorché suggestiva, a meno che si voglia investire in opere colossali,
l’idea di realizzare delle efficaci rampe per la risalita del pesce che possano essere adatte anche alla
fruizione di piccole imbarcazioni come kayak da fiume. O si persegue un obiettivo o un altro, ed appare
oltremodo evidente quale sia più prioritario per il bene della collettività (?)"
Gian Piero Russo:
comunico che il giorno 07.05.2012
sono state presentate ufficialmente dalla Area Acquavivva UISP n. 2 osservazioni avverso ai progetti delle 4 centrali idroelettriche ad acqua fluente sul fiume Tevere nel tratto compreso tra la diga di Alviano e quella di Gallese.
questa la prima:
Oggetto: osservazioni alla VIA presentata dalla PRO.TE.O srl per la realizzazione di quattro
Centrali idroelettriche sul fiume Tevere.
Le osservazioni che seguono vengono esposte da Sergio Barbadoro in qualità di coordinatore regionale e legale rappresentante del Comitato Regionale UISP (Unione Italiana Sportpertutti) Area Acquaviva Lazio.
Lo studio d’impatto ambientale presentato dalla società committente PRO.TE.O risulta carente e non rispondente a alle prescrizioni imposte dall’attuale legislazione in materia di uso razionale delle risorse idriche in quanto:
non specifica le alterazioni dei parametri chimico-fisici e biologici del corso d’acqua, le modificazioni indotte nelle popolazioni macrobentoniche e faunistiche che caratterizzano l’ecosistema, la tipologia e l’entità delle alterazioni geomorfologiche conseguenti agli interventi;
non cita e quindi non prende in esame le condizioni attuali del fiume Tevere, ovvero le gravi alterazioni determinatesi negli anni dopo la costruzione delle dighe di Magliano Sabina e Gallese articolando la relazione come si trattasse di un tratto di fiume in condizioni “normali” (ARPA LAZIO, quarta relazione sullo stato di qualità delle acque superficiali della provincia di Roma – 2007).
Va precisato, infatti, che le condizioni del tratto di fiume interessato alla possibile realizzazione delle centrali idroelettriche presenta, in condizioni normali, una portata ridotta che non garantisce neanche il “deflusso minimo vitale”. L’altezza dell’acqua è solo di pochi centimetri
(i nostri associati che frequentano quel tratto di fiume con canoe e Kajak sono addirittura costretti a scendere in più punti).
Nei tratti dove l’acqua è leggermente più alta (poche decine di centimetri) le alghe e le piante acquatiche stanno popolando abbondantemente il letto del fiume favorendo un ulteriore accumulo di detriti con conseguente impaludamento, ulteriore abbassamento del livello dell’acqua, erosione delle sponde e straripamento verso i campi attigui.
Come sarà possibile garantire un deflusso minimo vitale ed un mantenimento degli ecosistemi se le condizioni attuali sono già compromesse? Una ulteriore opera invasiva, quale quella che si propone di realizzare, in un ecosistema già provato dalle conseguenze dovute alla costruzione di due dighe distanti poche decine di chilometri costituirebbe il colpo letale che ucciderebbe irreversibilmente il fiume. Le quattro dighe che s’intenderebbe realizzare sarebbero costruite all’interno di un tratto di fiume di poche decine di Km già racchiuso tra due centrali idroelettriche i cui danni sui fondali e sugli ecosistemi circostanti sono già evidenti ed inconfutabili.
La legge 183 dell’1989 all’art. 3 definisce le caratteristiche che devono essere garantite per consentire un uso razionale delle risorse idriche superficiali:
mantenimento delle biocenosi tipiche locali;
mantenimento della qualità delle acque;
mantenimento delle dinamiche morfologiche;
mantenimento dell’aspetto paesaggistico;
garanzia di fruibilità del fiume a scopo ricreativo e sportivo;
mantenimento degli usi potabili, agricoli ed industriali.
Nessuna delle caratteristiche previste da quelle legge verrebbero rispettate, a maggior ragione in un tratto di asta fluviale che già nelle condizioni attuali non garantisce:
una sufficiente capacità di auto depurazione delle acque;
le variazioni naturali di volumi di acqua, con conseguente perdita di passaggi naturali per la riproduzione dei pesci;
il graduale mutamento della temperatura dell’acqua, con riscaldamento estivo e ritardo nel raffreddamento autunnale con drastica alterazione delle biocenosi tipiche locali, dei macroinvertebrati bentonici, ecc.;
la fruibilità ricreativa, sportiva e turistica del fiume (pesca, passaggio di canoe, navigabilità turistica);
la sicurezza e la fruibilità di sponde ed aree adiacenti al letto del fiume a causa di grandi accumuli di detriti sul fondo (che non vengono dragati da decenni, come accaduto nella realizzazione delle altre centrali presenti lungo l’asta fluviale), con frequenti frane ed alterazioni degli argini;
l’uso di falde acquifere presenti nelle aree in prossimità dell’asta fluviale.
Inoltre le prescrizioni previste dalla legge 36/94 art. 3 sul deflusso minimo vitale e quelle sulla portata previste dal Dlgs 152/99 non vengono sufficientemente descritte ed illustrate nella relazione di Valutazione d’impatto Ambientale rispetto alle reali condizioni attuali , facendo decadere gli aspetti scientifici a sostegno di un progetto che si profila ambientalmente non sostenibile in un ecosistema già compromesso e già ora non rispondente alle prescrizioni di legge per precedenti analoghi interventi idraulici.
Accanto agli aspetti scientifici esistono inoltre altri tipi di valutazione che devono assolutamente essere presi in esame, in particolare:
il costo sociale di un intervento per realizzare opere idrauliche esclusivamente a servizio di esigenze energetiche di privati, in prossimità di Orte, è altissimo dal punto di vista ambientale e senza alcun beneficio per la collettività;
esistono da tempo progetti interregionali (in discussione in Regione Umbria e Regione Lazio) di intermodalità sostenibile e di realizzazione di un parco fluviale interregionale lungo tutta l’asta del Tevere; la provincia di Roma ha già speso centinaia di milioni di euro per realizzare pontili di attracco e piste ciclabili nel tratto da Nazzano a Magliano Sabino mentre altre centinaia di migliaia di euro sono stati spesi nel tratto Umbro per promuovere la navigabilità del Tevere e valorizzare l’area archeologica di Otricoli;
l’impatto ambientale di un’opera idraulica in un tratto poco antropizzato dell’asta fluviale del Tevere, per quanto mitigata o mitigabile, comprometterebbe definitivamente, di fatto, qualsiasi possibilità di sviluppo turistico e turistico-sportivo che tragga dal fiume l’elemento di continuità per la sua promozione.
Alla luce delle considerazioni esposte, a nome e per conto dei tanti cittadini che fruiscono liberamente del tratto di fiume in questione e guardano al loro territorio con la speranza di un suo sviluppo in settori quali quello turistico e sportivo che possano rilanciare una nuova economia, si evidenziano:
le carenze scientifiche dello studio d’impatto ambientale realizzato dalla PRO.TE.O , che non giustificano ambientalmente e socialmente un intervento di siffatte proporzioni;
l’assenza di una ricaduta economica e di sviluppo sul territorio derivanti dalla realizzazione di un’opera idraulica eccessivamente invasiva in un ecosistema già pesantemente compromesso;
l’impossibilità nella prosecuzione di un qualsiasi progetto di sviluppo turistico e sportivo nelle città e regioni lungo l’asta fluviale del Tevere (parco interregionale, navigabilità, ecc.) qualora venisse autorizzata una qualsiasi ulteriore opera idraulica.
Roma 7 maggio 2012 Il Coordinatore regionale UISP Lazio
AREA Acquaviva
Prof. Sergio Barbadoro
Gian Piero Russo:
questa la seconda delle due osservazioni presentate al Ministero dell'Ambiente dalla Area Acquaviva UISP nazionale:
Oggetto: osservazioni avverso al progetto 4 centrali idroelettriche ad acqua fluente sul fiume Tevere nell’Alto Lazio
(Ischiarello – Pietra Amara – Orte – Santa Lucia)
prima di entrare nel merito delle osservazioni allo studio di impatto ambientale commissionato dalla PROTEO srl in riferimento al progetto in oggetto occorre una doverosa presentazione della scrivente associazione. La attività della UISP Area Acquaviva riguardano gli sport di discesa fluviale, in canoa, kayak, rafting e hydrospeed, dai percorsi torrentizi d’alta valle a quelli più tranquilli del, medio, e basso corso. E’ nel confronto diretto il fiume, che nasce una particolare propensione alla tutela degli ambienti fluviali, connaturata alla pratica degli sport di pagaia. L’ attività svolta dagli associati sui fiumi nazionali oltre che in Europa e nel mondo, consentono un significativo raffronto con i diversi approcci alla gestione degli ambienti fluviali.
Altrove, in Europa e nel mondo, la valorizzazione del fiume, dei suoi paesaggi culturali ed ambientali è un criterio fondamentale nella piani di gestione dei bacini idrografici.
In tal senso il mantenimento ed il ripristino della naturalità e della continuità fluviale è un valore acquisito e condiviso.
Ad es. in Francia sulla Loira, grazie anche alla forte mobilitazione della società civile, da anni si è avviata una profonda trasformazione dei criteri di pianificazione degli interventi in alveo. Un approccio multidisciplinare, non solo idraulico, che ai progetti di dighe e sbarramenti ha privilegiato il recupero e la promozione del patrimonio naturale, paesaggistico e culturale arrivando a conseguire un significativo riconoscimento della “Val de Loire” nella lista del Patrimnio Mondiale dell’UNESCO. Promozione del turismo culturale e sportivo, valorizzazione dei savoir-faire, degli antichi mestieri, dell’artigianato e dei prodotti locali hanno sviluppato, una particolare attenzione alla qualità del contesto di vita offerto dal quadro paesaggistico e ambientale.
In Italia, la progressiva frammentazione degli alvei causata dalla proliferazione di impianti idroelettrici di ogni tipo e dimensione, come quelli previsti sul Tevere. Si contrappone alle esigenze sempre più sentite dalla collettività di tutela degli ambienti fluviali.
E’ nella organizzazione della Discesa Internazionale del Tevere in canoa che da 33 anni si svolge dal 25 aprile al 1 maggio da Città di Castello a Roma che viene acquista dai nostri associati una particolare conoscenza dei luoghi interessati dai progetti.
Al tratto del Tevere interessato era anticamente attribuito un ruolo di infrastruttura economica di comunicazione e trasporto sulla quale si è storicamente sviluppato un antroposistema complesso basato principalmente sulle interazioni tra comunità riparie e il fiume. Nei secoli la sua importanza come risorsa infrastrutturale è gradatamente diminuita fino a scomparire, determinando il graduale distacco delle comunità riparie dal fiume.
Un fiume che nella prospettiva del navigante fluviale (in canoa e kayak) conserva ancora la sua piena dignità di ambiente naturale, nonostante le devastazioni antropiche dovute alla attività estrattive sulle aree riparie. Dette premesse consentono alla scrivente associazione di esprimere una serie di osservazioni in merito ai progetti:
1) le opere, destinate al soddisfacimento del bisogno energetico di un soggetto privato a scapito dell’interesse comune di tutela ambientale, insistono in un tratto del Tevere già pesantemente interessata da un complesso sistema idroelettrico che ne regola la portata lasciando a secco lunghi tratti dell’alveo a valle degli sbarramenti.
2) I progetti delle quattro dighe sono sostanzialmente avulsi da ogni logica di sostenibilità ed integrazione con le progettualità già avviate dalle amministrazioni riparie e regionali per il ripristino della navigazione turistica come strumento di valorizzazione delle risorse storico paesaggistiche : vedi il “piano approdi” già avviato dalla Regione Lazio – non ancora esteso alla Provincia di Viterbo – o alle attività fluviali dei Comuni sulla sponda umbra, come Otricoli (TR).
3) riesce difficile non prevedere un impatto significativamente negativo sull’ambiente fluviale e ripario dei 4 sbarramenti che insisteranno in un tratto di soli 20 km. Questa ulteriore e drastica frammentazione dell’alveo compreso tra gli sbarramenti di Alviano e Gallese produrrà una sequenza di 4 invasi alternata da tratti fluviali dove non potrà essere garantito il minimo deflusso vitale.
4) l’incoerenza del progetto è dimostrata dalle misure di mitigazioni indicate nel documento istruttorio di V.I.A. finalizzate unicamente all’occultamento delle opere al fine per attenuare la percezione di un impatto realmente devastante sull’ambiente fluviale e ripario.
5) nelle misure di mitigazione non viene considerata la fruizione ludica sportiva del fiume. La prevista realizzazione di un canale di passaggio per i pesci, peraltro imposta dalla normativa di tutela della fauna ittica, esclude la possibilità di adeguare il suddetto passaggio alle canoe che consentirebbe il mantenimento della continuità fluviale, sia pure limitata alla navigabilità leggera. Una carenza presente nella totalità degli sbarramenti in alveo sul territorio nazionale che inibisce lo sviluppo di un turismo fluviale legato agli sport di pagaia auspicato dalla scrivente associazione.
Nella convinzione che la conservazione degli ambienti fluviali è un bene comune da preservare al patrimonio della collettività
UISP Area Acquaviva
Il Coordinatore Nazionale
Gian Piero Russo
Davide Sandini:
Per quanto riguarda le scale di risalita pesci /discesa kayak, avevo corrisposrto con il prof. Timo Pohjamo dell'università di Oulu in Finlandia, che aveva lavorato nel campo:
http://www.dirnat.no/multimedia/47970/Development-in%20fish-passage-structures.pdf
Per quanto riguarda la società che ha redatto lo studio di impatto ambientale, è meglio che imparino le leggi italiane prima di pontificare:
Regio Decreto 11 dicembre 1933, n° 1775
Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque
e impianti elettrici
Articolo 43.
Gli utenti che hanno derivazioni stabilite a bocca libera con chiuse, sia permanenti che temporanee, stabili ed instabili,
fisse o mobili, sono obbligati a provvedere perché si mantengano innocue al pubblico ed al privato interesse seguendo le
consuetudini locali.
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