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Se n'è andato Carlo Grigioni
Vittorio Pongolini:
Vecchia e nuova gente,
è con grande dispiacere che devo darvi la triste notizia del trapasso, l'altroieri, 11 ottobre 2011, all'età di 78 anni, di Carlo Grigioni, da sempre socio del C.C.M. e socio onorario del Canoa Club Milano, per meriti sportivi, dagli anni '90.
Egli è stato il primo, ma davvero il primo vero esploratore dei fiumi italiani ed europei, a partire dai primissimi anni '60.
Fece decine di prime, sia per ciò che riguarda fiumi e, più ancora, torrenti nuovi, in Emilia, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Marche e, non vorrei sbagliarmi, anche in Abruzzo e Toscana, in compagnia di impavidi compagni di discese, che gli garantivano la formazione di team alle prese con canoe in legno e tela, prima, e, poi, in vtr, per esplorare in "sicurezza" tratti superiori di torrenti vergini.
Egli intraprese anche avventure su fiumi svizzeri, francesi (Verdon, in primis), austriaci e tedeschi nei secondi anni sessanta e si spinse fino ai torrenti della Grecia sul finire degli anni '70, primo tra gli italiani e solo secondo ai tedeschi, che gli diedero le istruzioni preliminari su quali fiumi scendere nell'Epiro. Epica la sua discesa integrale dell'Aoos, con canoe in vtr e dyolen, nei primissimi anni '80 con Michele Romano e Casimiro Righini.
Egli fu anche atleta slalomista di rango, partecipando come atleta della Nazionale ai Mondiali del '61, del '63 e del '67 e raggiungendo un 5° posto sul Lieser a Spittal in Austria nel K1 a squadre nel 1963 (http://ergebnisse.kanuslalom.de/int/index/index_71.html , vedere al nome Grigioni, Carlo), e, incredibile ma vero, effettuando i primi anni, queste gare con Kayak in legno e tela (vedere, a questo proposito, una sua foto di metà anni '60, sul sito del CCM dove, privo di casco, alla destra di suo fratello Mario, impartisce lezioni sull'Inn ad altri canoisti dotati di poveri caschetti da ciclista http://www.canoaclubmilano.it/index.php/pages/lastoria , nonchè più sotto, in piena gara con, appunto, un kayak in legno e tela negli anni '50).
Ho parlato col suo vecchio amico Michele Romano. E' riuscito a vederlo 4 giorni fa ancora in vita. E' molto provato per la perdita di un così importante amico canoista e mi ha detto "...tutti i miei più cari amici e colleghi di canoa degli anni epici se ne stanno andando ad uno ad uno... che tristezza infinita...". E mi ha anche riferito che l'anno scorso è stato in grado di fare ancora un giro sui fiumi della Grecia insieme agli amici di Guastalla... a 77 anni!
Il mondo perde anche un valido medico che per quarant'anni ha esercitato a Monza.
In linea con il suo carattere, spesso schivo e riservato, egli non vuole che le esequie siano corredate da funerale. Non sono pertanto in grado di riferirvi nulla al riguardo.
Ma la sua immagine di canoista agonista ed esploratore, come sportivo entusiasta, rimarrà per sempre scolpita negli annali del Canoa Club Milano e della canoa italiana.
Se volete saperne di più di Carlo, alla pagina della Storia del CCM ci sono, appunto, le sue foto e altre notizie. Per chi ha la fortuna di possedere i vecchissimi numeri di "Fiumi" degli anni '60, rivista dei canoisti del CCM, spesso si legge negli appunti a piè di pagina "...effettuata la discesa in prima del torente.... partecipanti: Carlo Grigioni... etc... etc... ".
Un ultimo saluto pieno di cordoglio dal mondo della canoa italiana a cui hai dato moltissimo, Carlo.
maurizio bernasconi:
Un uomo di pochissime parole, Carlo, caratteristica comune anche ad altri della prima generazione del 4° grado in kayak: come il fratello Mario, Alberto Biagi, Luigi Paracchini, Roberto Bruno e molti altri. Uomini non solo taciturni, ma anche in possesso di educazione perfetta e di preparazione scientifica e umanistica oggi forse introvabili (sebbene la custodissero quasi in segreto per via della loro discrezione priva di incrinature). Per come lo ricordo, portava una zazzera abbastanza impertinente e guardava le persone negli occhi. Qualunque donna l'avrebbe certamente trovato molto bello e seducente, inoltre possedeva distinzione e classe naturali da vendere. Incontrarlo all'imbarco del Sesia mi metteva sempre una certa soggezione. Per quelli della mia età era abbastanza difficile trovare fiumi e rapide che i vecchi del C.C.M. non avesserto ancora disceso. Nell'ambiente dei primi canoisti da 4° e 5° grado, si accettava di riconoscerlo come il migliore. Persino Andrea Alessandrini, più giovane e molto più carico di titoli e di successi agonistici, parlava di Carlo con deferenza e rispetto e l'ammirava per lo stile. La pagaiata di Carlo era piuttosto riconoscibile e largamente improntata a una ben riuscita ricerca estetica. Considerando che non si allenava certamente come sono abituati a fare molti di noi oggi, le sue prestazioni restano assai rimarchevoli. Non credo che i suoi training abituali dagli anni 70 in poi, andassero molto oltre a qualche lunga passeggiata in montagna. Sono fortunato per averlo conosciuto e mi dispiace di non essere riuscito a penetrare maggiormente la sua cortina di riservatezza.
maurizio bernasconi:
Ho sentito Andrea Alessandrini al telefono e mi ha chiesto di aggiungere due righe a suo nome. Mi ha detto che Carlo aveva inventato la propria maestria partendo quasi da zero, come tutti in quei tempi, ed era estraneo a qualsiasi esibizionismo; insegnava con semplicità dicendo: "guarda me se vuoi, così funziona". Di quel periodo pioneristico sui fiumi, anni sessanta, Andrea rimpiange la comunione d'intenti, l'affetto e la stima personale che legava i protagonisti. Ammette che sarebbero poi arrivati canoisti molto più forti, più bravi (dice lui, ma questo sarebbe complicato da dimostrare), è chiaro che oggi s'effettuano discese di gran lunga più spettacolari, difficili e temerarie, tuttavia, prosegue: "procedevamo insieme, e questo per moltissimi anni, con sperimentazioni che rendevano la scoperta sempre più esaltante ed è stata un piccola, sicuralmente marginale, ma per noi decisiva, epopea".
Aggiungo di mio che il principio fondamentale che si imparava subito da quei (allora) giovani (canoisti, liberi campeggiatori, alpinisti, viaggiatori) era il rigoroso e spontaneo stile di vita, essenziale in tutte le cose. Contava solo la discesa, la canoa doveva essere efficiente ma niente di più, poca attenzione veniva prestata al comfort, alle chiacchiere, alle ragioni della civile società più convenzionali, alle polemiche. Anche nella vita di tutti i giorni ci si abituava volentieri a una precisa integrità e a disfarsi degli orpelli, degli accessori inutili. Era il contrario del consumismo, era ecologia ante litteram. Lo stesso modo di vedere valeva anche per Walter Bonatti, deceduto di recente e amico di Alessandrini.
Nonostante la mestizia della circostanza, Andrea è stato abbastanza spiritoso da commissionarmi il proprio coccodrillo. Dunque tutti gli ultraottantenni che non vogliono farsi trovare impreparati possono inviarmi il loro curriculum e sarà fatto.
stefano caprile CCN:
Mi unisco al cordoglio per la perdita di un precursore della canoa fluviale in Italia. Non conoscevo Grigioni, ma leggendo i messaggi di Toio e Maurizio mi sono trovato a rivivere i tempi epici della canoa fluviale, quando scendere un fiume significava esplorarlo, perchè nessuno l'aveva mai fatto prima, quando al termine della discesa era spesso necessario tirare fuori la resina e le pezze di fibra di vetro per riparare l'imbarcazione, quando invece della muta si usava un maglione di lana con sopra un K-way ed il caschetto era un optional e, soprattutto, la tecnica dovevi studiarla e scoprirla da solo.
Quando scompare un protagonista di quei tempi, la perdita è immane.
Non solo cordoglio quindi, ma anche gratitudine.
Gratitudine nei confronti di Carlo e degli altri canoisti che hanno vissuto quell'epoca e ci hanno fornito le basi per praticare lo sport più bello del mondo.
Stefano
Marco Pedroletti:
Ho vissuto forse gli ultimi tempi del pionerismo, non lo spirito.
Alla fine degli anni settanta Grigioni non rimandava ad un Cantone, era il nome di un mito della canoa, inarrivabile per un "Granacciano" come me.
Le sue discese travalicavano il puro aspetto tecnico (e mi trovo totalmente d'accordo con Maurizio circa la bravura di ora e di allora !), mi affascinava soprattutto il modo in cui affrontava e portava a termine le sue imprese. Ricorderò sempre il racconto di un viaggio sull'Evinos in Grecia, in totale autonomia ed autosufficienza di gruppo.
Ciao Carlo !
Marco Pedroletti
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