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saperne di più della canoa italiana [Storia]
Francesco Iacobelli:
Mi piacerebbe sapere un pò di più della storia della canoa italiana ma non so a chi rivolgermi. Dalle mie parti si narra dei "Gladiators" di Roma ma non so neanche se si chiamavano così di precisione e chi fossero. Sarebbe bello poter raccogliere tutti i personaggi che hanno dato un contributo al mondo della canoa italiana in un libro o almeno in dei racconti personali.
Grazie
oneworldoneriver
FBoys
marter:
--- Citazione da: Francesco Iacobelli - Novembre 18, 2009, 05:23:13 pm ---Mi piacerebbe sapere un pò di più della storia della canoa italiana ma non so a chi rivolgermi. Dalle mie parti si narra dei "Gladiators" di Roma ma non so neanche se si chiamavano così di precisione e chi fossero. Sarebbe bello poter raccogliere tutti i personaggi che hanno dato un contributo al mondo della canoa italiana in un libro o almeno in dei racconti personali.
Grazie
oneworldoneriver
FBoys
--- Termina citazione ---
Un libro del genere esiste, per quanto riguarda la canoa agonistica italiana dalle origine al 1999 anno di edizione di "scie da leggenda" di Marchesi Bruno, Martellini Augusto, Morabito Franco, editore GS.
Saluti.
Marco
Vittorio Pongolini:
Ciao Francesco.
Se invece vuoi saperne di più riguardo alla storia della canoa italiana esplorativa, e chiedendo riguardo ai Gladiators mi sembra che questo sia il tuo target, devi consultare le vecchie riviste "Fiumi" del Canoa Club Milano. Qui si parla dalle origini della canoa (inizi anni '60, con citazioni, sui primi numeri dei "sixtyies", anche riguardo agli anni '50 e fino al dopoguerra) fino a tutti gli anni '80. Poi, da quella data, ci sono state altre riviste quali "la Canoa", " Canoa & Rafting" e altre molto più recenti.
Se invece ti interessa la storia cosiddetta "contemporanea" della canoa, ovvero quella degli '80, in cui si cominciarono ad usare canoe in polietilene, allora puoi sicuramente andare dai "Gladiators" di Roma e penso che non avranno problemi, i gemelli Dall'Oglio, nonchè Stefano Carbonara (è parecchio che non lo sento, e vedo, però) e altri di cui mi sfuggono i nomi, a raccontarti delle loro imprese.
Quindi devi vedere fin dove vuoi spingerti indietro.
Le origini del canoismo esplorativo italiano risalgono comunque alla fine degli anni '40 e moltissima parte la si deve a Guglielmo Granacci, ferroviere, che già dalla fine di quegli anni scendeva fiumi con mitiche canoe R1 Klepper smontabili, che potevano essere caricate sui treni in sacconi, nonchè dell'ex presidente Vittorio Visconti che anch'egli ha "prodotto" moltissimo riguardo la canoa italiana, fin dagli anni '50.
C'è anche il libro di G. Granacci "Guida ai fiumi d'Italia" e la "Nuova guida ai fiumi Italiani", riedizione aggiornata (agli anni '90), che anch'esse ti permetteranno di risalire agli inizi della storia della canoa italiana esplorativa.
Dal sito del CCM ti riporto:"L' A. S. Canoa Club Milano nasce nel 1955, su iniziativa di A. Pagani, presidente dal '55 al '60, e di G. Granacci, segretario per innumerevoli anni, come un club di canoa dalla vocazione prettamente turistica ed esplorativa, ed è tra le primissime associazioni canoistiche fluviali italiane. Con ogni probabilità, è la terza più vecchia d'Italia, preceduta solo dalla società di Merano, che deve la sua nascita alla vicinanza con il territorio austriaco, e dall' ormai dissolto G.M.C. (Gruppo Milanese della Canoa), essendo stato inglobato nell'Idroscalo Club.
E' però la prima in assoluto che nasce come società turistico - fluviale, considerando, comunque, già da allora, nei suoi orizzonti esplorativi, anche le acque ferme, dolci o salate che siano".
Se vuoi leggerla direttamente vai sul sito all'indirizzo:
http://www.canoaclubmilano.it/index.php/pages/lastoria .
E' solo un breve riassunto di trenta-quarant'anni di canoa, ma sono abbastanza chiare le tappe iniziali che hanno portato al presente del canoismo italiano.
Un saluto.
V.P.
maurizio bernasconi:
Assemblando le più interessanti fotografie e i documenti dell’archivio del Canoa Club di Monaco (e non solo), è stato realizzato nel 1989 un insuperabile e sorprendente libro sulla storia della canoa. E’ un volume di quasi duecento pagine con immagini di qualità eccezionale che stupisce poiché documenta quanto fosse intensa ed evoluta l’attività canoistica su fiumi europei fino al terzo quarto grado già negli anni tra il 1925 e il 1940 e poi via via fino al 1955. “Der Hadernkahn” Geschichte des Faltbootes di Ursula e Christian Altenhofer è pubblicato da Pollner Verlag, un importante editore specializzato in letteratura canoistica. (Pollner Verlag Rotdornstrasse 7 D- 85764 Oberschleissheim 3 Auflage). Il libro riporta in perfetto ordine le principali discese in prima con il nome del protagonista e le foto: (ne cito solo alcune tanto per dare l’idea) 1929 Fiume Ammer Ger., 1937 Loisach, 1914 Drau Aut., 1926 Inn, 1929 Salzach, 1931 Isar, 1934 Lieser, 1935 Rosanna, 1940 Rosanna e Trisanna, 1954 Gail, 1931 Reno Anteriore Ch, 1933 Alto Inn da Maloya in giù, In Italia: 1932 Noce, 1933 Piave e Brenta, 1938 Adda da Tirano, Toce, Dora Baltea, 1951 Sarca, Passirio e poi nei Balcani: 1926 Drina (nel 1932 discesa anche in Albania), 1932 Tara; il Canion del Verdon è del 1932, 1929 Duero e 1951 Tago in Spagna. Fra il 1955 e il 1958 esplorazione dei fiumi scandinavi. Le canoe erano smontabili in tela e legno. I canoisti indossavano un semplice costume da bagno e di rado si vede qualcosa che somigli a un salvagente. Alcune sequenze fotografiche documentano rapide di quinto grado con tanto di eschimi ben eseguiti. Si vedono paesaggi con estesi campi di tende canadesi e centinaia di canoe. I personaggi sono eleganti e allegri. Le signore abbandonano ben presto ombrellino e gonna vaporosa e le si vede partecipare a gare di slalom e discesa su fiumi di terzo. Ai nostri occhi di pronipoti cascati male, i fiumi sembrano tutti eccezionalmente pieni e potenti. L’opera è sponsorizzata tra gli altri dalla ditta Klepper, la più importante e longeva (esiste tuttora) azienda produttrice di canoe smontabili. Si ricordi che lo stesso Anton Prijon all’inizio era un semplice operaio di questa ditta. Si produceva una gamma completa di canoe fino a otto posti. L’ultima sezione del libro è dedicata ai progetti di queste canoe e ai personaggi storici del tempo. In questo contesto si può capire la storia dei canoisti italiani i quali non sono venuti fuori da nulla.
maurizio bernasconi:
I primi centri importanti del canoismo fluviale italiano all’inizio erano Merano, Milano, Ivrea e poi Verona. Il rappresentante del Gruppo Milanese alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 aveva fatto una discreta figura. Almeno dal 1940 esiste un calendario di gare con Campionati Italiani su fiume e acqua piatta. Merano è legata all’iniziativa dell’Ing.Bruner (da Steyr Aut.) e dei Fratelli Gerstgrasser e culmina con l’organizzazione dei Campionati del Mondo nel 1953 (e ancora nel 1971), ma questa storia bisogna che la racconti qualcuno che la sa meglio di me. La storia di Ivrea è raccolta nel recente libro di Roberto D’Angelo: “Una storia Eporediese”. Di Milano si conosce abbastanza bene l’evoluzione del Canoa Club Milano attraverso la rivista FIUMI e altro, ma ancora non sono stati ricordati alcuni personaggi rimarchevoli, soci anche del CCM, tra l’altro credo ancora in attività: Mario e Carlo Grigioni e Andrea Alessandrini. Quando ho cominciato a frequentare i campi di gara (1972), vedevo arrivare il pulmino dello Sport Club Merano con una vistosa scritta pubblicitaria Jagermeister e credevo che i meranesi fossero dei maghi e possedessero le tecniche dei canoisti austriaci, ho scoperto solo quest’anno che la storia è diversa. Mi ha spiegato Mayr infatti che lui e gli altri giovani dello Sport Club non erano riusciti a farsi insegnare niente da Willy Gerstgrasser il quale aveva promesso e poi aveva sempre trovato il modo di mancare gli appuntamenti. Dunque venivano al sud su Enza, Brembo, Sesia, Trebbia, Orco eccetera e guardavano invece a noi per imparare qualcosa. Equivoco curioso alimentato dal fatto che non si comunicava. Loro parlavano tedesco e noi non osavamo avvicinarci troppo. Il buon Mayr, che adesso è diventato veramente socievole e quasi logorroico con un italiano scorrevolissimo, a quel tempo stava zitto. Sia D’Angelo, sia i Grigioni e Alessandrini invece avevano avuto esperienze in gare internazionali con i Gerstgarasser, con Prijon e con altri campioni (ai mondiali di Bourg St. Maurice ecc.). Inoltre, Alessandrini nel Gruppo Milanese aveva avuto la possibilità di conoscere le tecniche perfette di pagaiata degli olimpici che arrivavano dai danesi (Jansen e altri) attraverso soprattutto Alberto Speroni che aveva partecipato come riserva del K2 Beltrami/Zilioli alle Olimpiadi di Tokio. Chi frequenta oggi il suo negozio di canoe a Milano, Tuttocanoa, magari non sa che anche lui è un capostipite importante e ha partecipato a gare sul Ticino, sul Lys, sull’Enza e su altri fiumi. In verità, in tutto il Canoa Club Milano, senza nulla togliere a Granacci, a Vittorio Visconti (personaggio signorile e geniale che ho sempre venerato, faceva praticamente da solo la rivista FIUMI) e agli altri numerosi elementi, nessuno poteva confrontarsi con lo stile e con la tecnica dei Grigioni e di Alessandrini. Mi sono appassionato alla canoa grazie alla possibilità che ho avuto di vedere il loro modo di scendere i fiumi. Neppure Alberto Biagi, grande fotografo, neppure Roberto Bruno detto Brunotti, che oggi produce Barbaresco e Dolcetto, neppure Luigi Paracchini, notevolissimo teorico e pratico della vita intelligente all’aria aperta e grande kayakista dal quarto grado in su, potevano imitarli, almeno non sempre. Luigi avrebbe avuto lo stile, ma passava più tempo a costruire tende e sacchi a pelo ultraleggeri piuttosto che allenarsi. Toccare i sassi per loro era inconcepibile. Sapevano bene quanto tempo ci vuole per costruire una canoa. Occorreva avere un’idea precisa e poi si disegnava nella rapida. Era un lavoro di immaginazione e di forme, era pittura sulle onde. Era una variante seria del volo sulla materia liquida. I Grigioni, insieme a Biagi, alla moglie Tatiana e ad altri del loro gruppo, riuscirono negli anni sessanta e settanta a soffiare ai tedeschi la prima discesa sui più bei fiumi della Grecia, della Jugoslavia e ovviamente della nostra penisola. Forse i figli d’arte Lodovico Biagi, Francesco Paracchini, i quali sono stati messi sul fiume col biberon, o qualcun altro volonteroso, avranno la pazienza di raccontare qualche episodio; ‘sta volta mi sono un po’ dilungato.
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