Skillo mi serve una pietanza su un piatto d’argento! mi invita a nozze, mi porta su un’onda così alta e bella che mi fa godere per il solo fatto di poterla forse un giorno cavalcare con tutte le persone a cui sono particolarmente legato… e sono molte. La libidine non ha confini quando la memoria si rituffa nel passato a ripescare le gioie di una gioventù passata ad ammirare campioni e sognare a occhi aperti.
Ho fisse nella mente le facce sorprese e stupefatte di Eugenio Salvi e Tony Benciolini quando in un rigido autunno del 1988 sbarcammo ad Augsburg e ci trovammo davanti ad una sorta di mostro disumano di nome “Manta”. Andavamo spesso ad allenarci sul canale olimpico che aprì la storia a cinque cerchi della nostra disciplina, quella volta in particolare proprio per allenarci con i campioni europei Frank Hemmer e Thomas Loose. Fra atleti che praticano la stessa disciplina nasce sempre un particolare rapporto, ma devo dire sinceramente che nella canadese doppia molte volte questo rapporto è molto più intenso, molto più particolare. Se pur non abbia mai gareggiato in slalom in questa specialità ho potuto rendermi conto negli anni di questo singolare rapporto proprio osservando alcuni miei compagni di squadra e poi atleti che ho avuto modo di seguire. Condividere alla partenza con i pochi compagni-avversari gli ultimi momenti di “vita” prima dell’abisso di una gara ti rafforza e ti stimola. In forza a questa loro amicizia armati di bagagli e coraggio ci presentammo alla porta di questi omoni tedeschi che già preannunciavano un futuro nel loro nome. Loro avevano realizzato questa particolare canoa “Manta” che come ricorda Skillo aveva un fondo triconcavo.
Dante avrebbe usato la sua celeberrima terzina del canto XXV nel cerchio ottavo:
“Ogne primaio aspetto ivi era casso:
due e nessun l'imagine perversa
parea; e tal sen gio con lento passo”
[/i]
Ogni originario aspetto era stato cancellato dalla figura perversa che non era né due né nessuno, ma soltanto una mostruosa immagine che se ne andò con lento passo trascinandosi sulla via della vita quale diabolica distorsione del Divino Pensiero Creativo. Ecco il Manta era tutto ciò!
Ci salivano sopra una sorta di due ergumeni: Frank Hemmer e Thomas Loose. I I due arrivavano da due canoa club distanti fra loro poco più di un centinaio di chilometri nella regione Nord-Reno – Westfalia. Il primo gareggiava per il HKV Hohenlimburg, mentre il secondo era iscritto al KFL Wesel e si misero assieme perché le loro caratteristiche fisiche coincidevano tanto da essere scambiati, molte volte, per fratelli. Vinsero, oltre agli europei nell’88, i mondiali nell’anno successivo e ancora gli europei nel ’90. I due dominarono letteralmente la scena internazionale per tre anni chiudendo la loro carriera sportiva alle olimpiadi di Barcellona con un deludente 13esimo posto.
Crearono questo scafo con Prijon: aveva soprattutto come scopo principale quello di offrire loro la possibilità di galleggiare molto bene ad alte velocità e, proprio grazie al loro peso, girava molto sfruttando principalmente la loro forza brutale. Mi ricordo che ci scherzavo dicendo che sulla loro parte anteriore ci potevano atterrare i jumbo 747 della Pan-Am!
Il fondo era triconcavo, con lo scopo evidente di creare l’effetto catamarano e quindi meno superficie di attrito, più velocità e conseguente stabilità.
Al Canoa Club ne possediamo ancora una. Fa ancora la sua bella figura tanto più che quando entri in sede la vedi “riposare” frontalmente. In quella posizione ha proprio l’aspetto di un grande “diavolo del mare” e i giovani passando davanti hanno sempre un grande timore reverenziale, forse impauriti, forse timorosi non hanno mai avanzato nemmeno l’idea di salirci sopra… forse si sono convinti che nulla condivide con il resto del nostro parco canoe eppure al Canoa Club Verona quella barca ha regalato belle ed indimenticabili emozioni.
Occhio all’onda! Ettore Ivaldi