Spazio Kayak Marino e lacustre > Chat - Kmare
techno-dipendenti
nolby:
Da parecchio mi capita di riflettere su quanto la tecnologia sia indispensabile anche per... liberarsi dalla tecnologia.
Ovunque: in kayak, in montagna, in bicicletta o come volete.... più l'intenzione è quella di allontanarsi dall'antropizzazione più aumenta la necessità di avere con se cose tecnologiche.
Se faccio una gita sul lago di Pusiano mi basta il kayak, la pagaia ed il paddle-float. Più la gita diventa complessa e fuori porta più tecnologia serve (gps, radio, luci, per non parlare dei problemi di ricarica tra batterie di riserva e per i più estremi pannelli solari).
Mi sono sempre tenuto per me questa considerazione, mi capita di farci caso maggiormente ad esempio quando Tatiana Cappucci pubblica sui blog lista e foto di tutta l'elettronica che si porta nei lunghi trekking.
Oggi ho deciso di aprire questa discussione, tanto per parlarne un pò, perchè dalla pagina facebook della "Sea Kayaking UK" è stata condivisa questa immagine:
Oggi ci sembra fantascienza, ma del resto tutta la tecnologia che oggi diamo per scontato e ci sembra indispensabile al punto di non poterne fare a meno era considerata fantascienza poco più di 20 anni fa.
Andrea Ricci:
ciao Nolby, io quest'anno sto facendo una proficua esperienza di navigazione invernale in kayak, e francamente la elettronica che ho mi basta e avanza. Non mi sento dipendente dagli oggetti che elenco sotto: me li porto per piacere. Per i miei modesti viaggi lungo la costa italiana:
- ho un vecchio cellulare Nokia di emergenza (l'unico dispositivo elettronico che metto al primo posto e a cui non rinuncerei)
- ho uno smartphone che accendo la mattina e la sera (se c'e' campo), con una batteria esterna. Li tengo il piu' possibile avvolti in uno straccio di lana per limitare la perdita di carica causata dal freddo.
- ho un termometro digitale, di quelli che si usano per gli acquari
- ho un anemometro, che uso per curiosita'
- infine ho una fotocamera impermeabile
A parte tutto l'equipaggiamento di campeggio e di navigazione, che ognuno modula secondo la propria esperienza e necessita', due sono le esigenze primarie in inverno:
1 - limitare il freddo, in acqua e a terra
2 - provvedere a un pasto caldo mattutino e serale
Per il punto 1/acqua sto ancora cercando di capire se in inverno la muta stagna e' l'abbigliamento migliore da portarsi dietro. Infatti se con meteo sfavorevole e' probabilmente indispensabile, invece navigarci in una bella giornata di sole invernale fa sudare e occupa molto spazio a bordo se non indossata.
Per il punto 2, uso ancora un fornelletto camping gaz degli anni '80 :D
Devo ancora procurarmi 2 accessori importanti:
- una pompa di svuotamento
- un paddle float
Lorenzo Molinari:
Ciao Andrea, pure io sono essenziale e francescano nella mia atterzzatura da mare.
Il paddle float puoi costruirlo: prendi un piccolo galleggiante gonfiabile di forma allungata, grande più o meno quanto la pala di una pagaia - io l'ho recuperato ritagliando una delle camere d'aria di un vecchio e roobusto canottino -; lo infili in una sacca abbastanza aderente di naylon, che si chiuda con un fermacorda, di dimensione tale da poter accogliere facilmente la pala della pagaia. In caso d'uso la pala verrà infilata nella sacca e bloccata, strozzando la corda di chiusura sul manico della pagaia col fermacorda. Io lo tengo gonfio sulla coperta del kayak.
Svolge ottimamente la sua funzione e, per quanto rudimentale, l'ho anche impiegato in un corso di avviamento al kayak da mare.
marco ferrario (eko):
Ecco le mie riflessioni su ciò che utilizzo di tecnologico durante un trekking nautico.
La tenda autoreggente è una fantastica tecnologia, leggerissima e poco ingombrante; ricordo negli anni '70 come si era limitati nel trovare il suolo necessario per sistemare la pesante tenda canadese retta da bastoni, corde e picchetti. Oggi la tenda a igloo si regge da sè e perciò si può montare facilmente anche su una piattaforma in cemento, sui sassi o sopra una scogliera. In alternativa alla tenda, o in aggiunta, a volte utilizzo un tarp per ripararmi dal sole e/o dall'umidità notturna.
Sarà anche per la mia non più giovane età, ma non rinuncio alla tecnologia di un buon materassino, comodo e isolante, poco ingombrante, la tecnologia moderna consente confort impensabili qualche decennio fa e con peso e volume davvero contenuti.
Non rinuncio poi a un buon sacco da bivacco e sopratutto
non rinuncio a un buon sacco a pelo per l'inverrno, magari riscaldato anche da una boule d'acqua calda quando la temperatura scende abbondantemente sotto lo zero.
Non rinuncio al fornelletto e a tutto l'occorrente per cucinare al campo compreso un piccolo frangivento.
Non rinuncio a una pratica seggiolina poco ingombrante, smontabile e robusta, sedermi a cucinare e pranzare con la schiena appoggiata o anche solo in riva ad osservare il mare, mi rilassa molto e la tecnologia viene anche qui in soccorso con prodotti leggeri, poco ingombranti, comodi e robusti.
Non rinuncio a tutti quei magnifici indumenti tecnici che asciugano in poco tempo, tengono caldo, proteggono dal sole, sono traspiranti, poco ingombranti e se bagnati di sudore tengono comunque caldo.
Non rinuncio a una tecnologica muta stagna per i mesi freddi, oggi ne esistono con tessuti traspiranti che sotto lasciano abbastanza asciutto dal sudore.
Non rinuncio alla macchina fotografica digitale, piccola, leggera e waterproof e nei lunghi trekking porto sempre alcune batterie di ricambio e il carica batterie.
Non rinuncio allo smartphone, rigorosamente spento in navigazione ma all'occorrenza utile per eventuali emergenze (a patto di non essere in una baia contornata da alte pareti) e per tenere brevi e indispensabili contatti preferibilmente whats-app, ma oggi lo consulto anche per il meteo e per molto altro.
Porto con me anche una piccole torcia e una strobo, il paddle-float, la pompa di svuotamento, la sassola, la pagaia in carbonio e la pagaia di scorta, un salvagente, la spugna.
Indispensabile, per il mio modo di viaggiare in kayak, la scorta di viveri, ma questi ultimi di tecnologico non hanno nulla, anzi forse ... anche qualche barretta energetica è pur sempre frutto di moderna tecnologia.
Porto sempre anche il mio kit per eventuali riparazioni.
Tecnologica è anche una robusta palettina da giardiniere, utile per scavare un piccolo foro latrina che ricopro di terra dopo l'utilizzo.
Importantissima, la scorta d'acqua in pratiche bottiglie di plastica, anch'esse frutto di tecnologia, ma ahimè è pur sempre plastica, comunque sono robuste, comode e facili da stivare nei gavoni e nel pozzetto.
La tecnologia viene in aiuto anche per le sacche e i contenitori stagni, i migliori sono resistenti e durevoli, ma spesso anche piuttosto costosi.
I miei occhiali protettivi e il cappello hanno anch'essi peculiarità tecnologiche.
Per il resto, anche in occasione di trekking di molti giorni nel nostro Mediterraneo, considero superfluo e non uso l'anemometro (tanto non possiamo abbassare l'intensità e la violenza del vento), nè utilizzo il GPS specifico (sapere a che velocità si procede non è importante) mentre una buona mappa cartacea in busta stagna mi dà molta più sodfisfazione.
Ovviamente non porto il PC, anche se conosco chi lo porta durante lunghi trekking. Preferisco la vecchia e semplice tecnologia di carta e penna per gli appunti in viaggio, qui le batterie non servono, se mai serve una biro di scorta.
Perció non ho la necessità di ingombranti pannelli solari collegati a batterie.
Una cosa mi manca e ne sento l'esigenza da quando anni fa, mentre trasportavo il kayak lungo lo scivolo di Portofino, feci un terribile volo; non riesco a trovare in commercio dei calzari con suole veramente antiscivolo anche sulle rocce bagnate e con vegetazione. Qui la tecnologia mi pare ancora un poco carente. Nei negozi di canoa ho acquistato scarpe con suole per rocce bagnate, sono meglio di altre, ma non le percepisco sicure al 100%. Avete suggerimenti?
Lorenzo Molinari:
Marco Ferrario è sempre ben organizzato e la sua attrezzatura è impeccabile. Ogni volta che pagaiamo insieme per più giorni, mi meraviglia ciò che tira fuori dal suo kayak, altro che Mary Poppins! Eppure il suo kayak ha lo stesso volume del mio, e non potrebbe essere altrimenti, essendo identici.
Anche il saper stivare, l'aver a portata di mano e saper trovare in fretta il necessario tra le innumerevoli sacche e sacchettine richiede talento.
La tecnologia può rendere più confortevole un trekking e allora ben venga, comunque sarà sempre limitata dallo capacità di carico della canoa, e non necessariamente rende il trekking più sicuro.
La citazione successiva è stata maturata da un grande nome dell’alpinismo in ambienti ben diversi da quelli di un trekking in kayak nel Mediterraneo. Tuttavia ricorda un mondo e un modo di viverlo che anche noi canoisti in una qualche misura conosciamo e apprezziamo. Soprattutto è noto a coloro che percorrono fiumi impegnativi in luoghi remoti per più giorni, magari in solitaria, dove il bagaglio è veramente essenziale e dove spesso neppure un elicottero può arrivare.
“Trovo affascinante che sul nostro pianeta ci siano ancora luoghi dove nessuna tecnologia può salvarti, dove le persone sono ridotte alla parte più essenziale di sé. Questo spazio naturale crea situazioni impegnative che possono portare alla sofferenza e alla morte ma anche generare ricchezza interiore.
In definitiva, non c'è modo di conciliare queste contraddizioni. Tutto quello che posso fare è viverne ai margini, nel confine sottile tra la gioia e l'orrore. Tutto sulla terra è un atto di equilibrio.”
Jean-Christophe Lafaille, circa un mese prima di sparire nel gennaio 2006 durante la salita in solitaria del Makalu 8.462 m.
Navigazione
[0] Indice dei post
Vai alla versione completa