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STORIE DI PAGAIE E NON SOLO

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Ettore Ivaldi:
Aveva e ha avuto ancora  la capacità di sorprendermi! La prima volta  lo fece  nella prova non-stop ai campionati del mondo di discesa a Garmisch nel 2004. Io ero all'ultimo intermedio a pochi minuti dall'arrivo. Avevamo concordato tutto a tavolino nei lunghi giorni dell'attesa di un avvenimento così spettacolare qual'è una prova iridata giocata in  un'unica battuta. Avevamo piazzato sul percorso diversi punti di riferimento per i tempi intermedi e creato un sistema di collegamento radio particolare, visto che il fiume è in mezzo alle montagne e neppure i telefonini lavorano come dovrebbero o come si desidererebbe. In sostanza, visto un ordine di partenza piuttosto svantaggioso  per i nostri atleti, avevamo di comune accordo deciso di dare, in ciascuna postazione, riferimenti precisi non tanto sul punto in cui l'atleta transitava, ma sul tempo di passaggio  all'intermedio precedente. Questo per dare all'atleta, nella prova non-stop dove si decide l'ordine di partenza definitivo  della gara, una collocazione presunta, ma il più possibile veritiera, sulla start-list del giorno successivo. In questo modo potevamo risparmiare o viceversa spingere sugli ultimi 4 minuti di gara onde evitare di perdere inutilmente energie oppure, se in ritardo,  per cercare di recuperare posizioni utili al fine di partire in gara nella posizione più consona ad ognuno. Quindi i dati da riportare al volo e coodificati erano due: il primo era  la posizione in classifica sull'intermedio precedente e il secondo numero si riferiva invece alla posizione in quell'ultimo intermedio rispetto agli atleti già transitati. Due numeri, chiari, precisi, che avevi la possibilità di elaborare in pochissimi secondi: il primo veniva comunicato all'operatore via radio e il secondo era frutto di un veloce calcolo. Pochi secondi dall'apparire dell'atleta in gara  per fare mente locale, ricevere i dati, memorizzarli, elaborare i propri, schiarirsi la voce e stare pronto ad urlare. Ma  a volte quando pensi di avere tutto sotto controllo ti accorgi che non è sempre così, tanto più se stai per passare le informazioni a Carlo Mercati! Ora l'umbro è un tipo decisamente particolare, unico e grandioso per la semplicità che esprime con gli occhi. Un atleta di spessore, un pagaitore che ci ha regalato momenti esaltanti, momenti indimeticabili e che  ha dedicato la sua vita, fino ad oggi, alla canoa discesa. Credo che non ci sia altro discesista che possa dirsi puro, fedele alla sua specialità, onesto con lo sport come Carlo: non l'ho mai visto cercare altre vie se non il K1 discesa. Non gli ha fatto mai gola o non lo ha mai portato in tentazione la canoa da velocità, eppure lui un pensierino ce lo avrebbe potuto pur fare, sfruttando le sue potenti leve. Una tempra che non teme freddo, gelo o neve. E quando nel 2000 si annunciava l'inserimento dello sprint lui ha sempre e comunque tenuto fede alla prova classica cercando proprio nella più tradizionale  distanza lunga soddisfazioni e gloria, anche se nello sprint certo non si è risparmiato. "Io certo non mi considero fortunato" mi ripeteva spesso "visto che non ho il talento di tanti miei compagni, devo lottare sempre duro e restare concentrato se voglio battermi alla pari". Lui in realtà di talento ne ha sempre avuto tanto non fosse altro per quella forza che nei momenti più difficili è riuscito a tirare fuori e con cui  ha trasformato le sue paure in  splendide vittorie. Proprio per questo il sapore dei suoi successi sono ancora più dolci, più amabili, più apprezzati.
In quei pochi secondi, negli ultimi minuti in una non-stop di  un campionato del mondo, mi sorprese perché preso dalla concitazione della prova mi urlò a gran voce la sua richiesta di informazioni decisamente diverse dalle comunicazioni che avevamo concordato. Voleva sapere il distacco da un atleta Ceko e la sua posizione in classifica: in sostanza nulla che avesse a che vedere con le informazioni in mio possesso in quel momento! Non mi persi d'animo riccaccia l'urlo in gola con tutti i bei numeri preparati e ripescai nella memoria visiva il tempo dell'avversario, lo elaborai il più velocemente possibile. Lo piazzai, sempre immaginariamente,  in una classifica ipotetica dove Carlo era giusto alle spalle del suo, ma non nostro,  riferimento. Questa volta l'urlo usci dall'italiano che proseguì sui suoi ritmi con la richiesta esaudita. Giusto per la cronaca quel mondiale porta il suo nome e sempre lo porterà!
La storia, gli eventi, alcune  scelte non condivise,  l'orgoglio, la politica sportiva  ci divisero per molto tempo fino a pochi giorni fa. Ma i suoi occhi e il suo abbraccio hanno avuto ancora una volta la capacità di sorprendermi comunicandomi con il linguaggio degli sguardi e del calore umano le ingiustizie che Carlo ha patito e che lo hanno penalizzato non poco in questi ultimi anni, privi di successi agonistici veri da ricordare. Poco importa nel peregrinare della vita anche  se un atleta vive essenzialmente di tutto ciò.  Mercati, da pochi giorni,  è tornato a gareggiare per la società che gli ha regalato il sogno della sua vita. Una bella cosa se fosse la conseguenza naturale di una libera scelta, ma purtroppo invece è il frutto di un abbandono, di un degrado di ideali e progetti, di un usa-getta, tanto caro alla società di oggi. E' la scelta di chi si sente tradito  e che in punta di piedi e senza clamore ha voluto volgere lo sguardo al suo futuro e  ancora una volta sarà la Canoa a perderci. Per Carlo si prospetta sicuramente un futuro radioso, con o senza la forza della corrente che resterà però sempre in lui qualsiasi strada intraprenda. Silenzioso se ne è voluto andare, come silenziose erano le sue vittorie che però ci lasceranno per sempre l'onore di averle con orgoglio condivise ed amate. Forse lo vedremo ancora gareggiare per i colori di Città di Castello e non più per la Forestale, sempre che il suo lavoro gli permetta di allenarsi come lui ha sempre fatto: meticoloso, attento, senza risparmio. Io lo spero tanto non fosse altro per rivedere all'opera una forza della natura come Carlo Mercati che sa invece sorprendermi  e  farmi gioire ogni volta che mette la pala in acqua per spingere avanti il siluro che indossa come una seconda pelle, come una sorta di coperta di Linus che lo difende e lo carica per superare molte volte le difficoltà della vita!

Occhio all'onda! Ettore Ivaldi 

Mauro Canzano:
Mi permetto di riscrivere su CKI per aggiungere qualche parola a quelle già scritte da Ettore...

I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall'interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere l'abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell'abilità.


Questa è una citazione del grande Mohamed Ali  che si adatta benissimo a quello che è stato , che è e che sarà Carlo Mercati nella  canoa italiana.
Una persona speciale e un atleta formidabile. Basta ricordarlo dare consigli agli junior in occasione di raduni ed eventi internazionali negli ultimi due anni o ricordare la sua grinta e cattiveria in ogni test o gara che fosse. Un esempio di umiltà , semplicità, talento, voglia di arrivare ed alto profilo morale. Un esempio che la canoa italiana dovrebbe sfruttare in altra maniera e non lasciare che si allontani dal mondo della canoa italiana sempre più spoglio di personaggi.

Il mio desiderio sarebbe quello di ritrovarmi fra qualche anno sulla sponda di un fiume con il sole sul viso, il rumore dell'acqua che scorrre mentre si trasforma in buchi e onde spumeggianti , il sorriso sulle labbra scambiando impressioni, parole e consigli con Carlo ...

Complimenti per tutte le emozioni che hai saputo trasmetterci campione, grazie per la felicità che ci hai trasmesso nei tuoi anni di gloria, per le splendide emozioni nel guardarti pagaiare, nell'alzare la bandiera italiana con un urlo di gioa sul gradino più alto, nel rispetto che vedrai negli occhi di tutti che per sempre ti accompagnerà come uomo ed atleta.

Grazie Carlo

Mauro Canzano

Ettore Ivaldi:
L’eleganza del gesto nel ruotare le spalle al palo e con lo sguardo seguirlo per intimorirlo. La pagaia sospesa nell’aria immobile  disegna una lunga linea orizzontale sull’acqua. Il movimento è plastico, morbido, naturale come sempre, come molti anni fa.
Sono cambiati  scenari, obiettivi, motivazioni, ma non possono cambiare leggende che hanno fatto dello slalom una vera e propria religione. Qualche chilo in più, diversi capelli in meno, uno sguardo però che rimane sempre quello di un tempo, quello che ha intimorito tanti avversari, quello che lo ha reso unico nell’interpretare la specialità fra i paletti dell’acqua che corre. Ha trasformato lo slalom in un’arte e ha lasciato agli altri  lo sport. Ha messo in scena una danza più che un competizione,  ha ballato sulle note di una musica acquatica e cantato la gioia della forza della corrente come nessun altro sia mai riuscito a fare. Le onde, i riccioli, i ritorni d’acqua e le porte sono state le sue vallette dal 1979 al 1993.
Ecco, a tutto questo mi ha riportato  ieri la vecchia “Volpe” mentre accompagnava in acqua la più piccole delle sue creature. Quel suo pennellare le porte, quella sua dinamicità nel gesto, quelle emozioni che trasmetteva in ogni sua pagaiata. L’uomo dalla “manche perfetta” – The ultimate run – Bill Endicott ci ha costruito sopra un intero libro – oggi è il vice presidente dell’ICF e il team manager della canoa in Australia, quell’uomo che entrò in noi attraverso racconti e leggende che di volta in volta si arricchivano di particolari ad umore del diverso narratore. La sue eroiche gesta arrivarono  molto prima dell’estate del 1982 quando d’incanto si materializzò davanti agli occhi di noi piccoli canoisti sul fiume Noce. Era reduce da un esordio mondiale bronzeo all’età di 18 anni e d’oro al mondiale successivo nella sua Bala. Di titoli iridati individuali  ne vinse ancora quattro, disegnò canoe, abbigliamento, pagaie. Fu ispiratore di libri, video ed immagini. Viaggiò  per il mondo e fu senz’altro il primo Marcopolo della canoa slalom in assoluto. Divenne e fu per molto tempo la guida dello slalom mondiale, la canoa gli deve molto, noi gli dobbiamo molto: grazie Richard Fox.

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

roberto.bussolino:
una sola piccola aggiunta a quanto già detto da Ettore, durante i mondiali della val di sole, lo ricordo scendere nella seconda manche, in cui gli applausi del pubblico e degli atleti di tutte le nazioni, sovrastava il rumore di un Noce in piena dopo le piogge della notte, e che la dice lunga sul rispetto e ammirazione che aveva saputo conquistare nel corso degli anni.

Ettore Ivaldi:
In un certo senso anche l’Italia dello slalom ha avuto la suo “Riccardo  Volpe”! Lo stile, la sensibilità sull’acqua, le abilità canoistiche fra i pali dello slalom, la sua voglia di ricerca di elementi a molti sconosciuti lo ha reso uno fra i più  grandi slalomisti italiani a dispetto dei pochi risultati di prestigio raccolti. Forse è stato il primo vero  azzurro che ha interpretato lo slalom come una danza e non come espressione di forza bruta. Forse se fosse stato guidato bene avrebbe regalato molto di più che un quinto posto ai campionati del mondo di Augsburg nel 1985. Per la verità quel quinto posto fu il primo vero successo italiano nel kayak maschile, nessuno prima di lui aveva fatto meglio. Arrivò a poco più di un secondo dalla medaglia e per vedere migliorata quella posizione in una prova iridata, si dovettero aspettare molti e molti  anni ancora.
Giocava con l’acqua con maestria, non amava allenarsi sull’acqua piatta e preferiva qualche ora di corsa alla palestra. Da junior era potente anche nella specialità della discesa che poi lasciò completamente per dedicarsi allo slalom. Pagaiò in squadra nazionale dal 1980 al 1987 e segnò un tempo felice dello slalom tricolore pionieristico e alla ricerca di una sua vera identità. Di lui ho l’immagine fissa mentre scende da un pullman sconquassato a Turrialba – Costa Rica - con un canoa tagliata in due pezzi e uno zaino più grande di lui, anche se per la verità non ci vuole molto! La sua teoria sull’allenamento e sulla tecnica era chiara e precisa e poteva essere riassunta in una frase che per noi è diventata una sorta di carta di identità per parlare di lui: “tanto zèo”! Concetto chiaro: che cosa ci vorrà mai per andare forte in slalom, basta salire sopra un canoa e pagaiare: ecco la vera essenza dello slalom, poche parole e tante ore su onde, porte, fiumi a pagaiare per il piacere di pagaiare con la mente libera e fresca per dialogare con lo spirito dell’acqua che corre. 
Dimenticavo! Lo hanno battezzato con il nome di Dario Ferrazzi è nato a Valstagna, si è diplomato all’ISEF a Padova, ha fatto l’allenatore della squadra nazionale dal 1993 al 1996 e ogni tanto lo incontro sul suo Brenta per qualche discesa come ai vecchi tempi oppure lo chiamo per rinfrescarmi la mente su quesiti storici canoistici dubbiosi! 

Occhio all’onda! Ettore Ivaldi

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